Scrittori per sempre

Posts written by Naif1988

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    Sì, dovrebbe essere così. Non tutte le storie si possono raccontare allo stesso modo. Laddove puoi ironizzare va bene, altrimenti no. Si corre il rischio di rendere grottesca e inverosimile una storia che invece merita serietà. Questo è il mio pensiero, quindi condivido con te Lycia.
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    Grazie, ragazzi. Sì, qualche periodo scricchiola. Poi piano piano metto tutto a posto.
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    − Alzati, Madonna di Dio! Alzati! Non la senti la sveglia?
    Tommaso Ristori fu svegliato da una presenza inquietante che gli gridava nei lobi e lo strattonava come se lo volesse ammazzare.
    Chi è? si chiese il ragazzo.
    Si tirò su di scatto e riuscì a riconoscere in sequenza: il cespuglio di capelli brizzolati che gli coprivano il cranio, la faccia picassiana, le spalle a gruccia, la pancia gonfia come se avesse ingoiato un pallone da basket, la Fruit imbrattata, i pantaloni intrisi di vernice... di quella bestia in piedi davanti a lui che sembrava uscito da una brutta copia di un film horror di Serie B.
    Suo padre afferrò il cellulare e con un dito picchiettò sul display. ‒ Hai visto che ore sono, deficiente?
    ‒ N-no, ‒ balbettò Tommaso. Si stropicciò gli occhi. ‒ Non l'ho sentita... lo giuro.
    ‒ Allora te lo dico io: sette e mezza. Sai che vuol dire?
    Che doveva subito alzare il culo e vestirsi. Se no suo padre, prima gli schiaffava le guance come due piatti Charleston, poi lo buttava giù dal letto di peso.
    Ma che doveva fare? Mica l'aveva fatto apposta.
    È che ho il sonno pesante. Non è colpa mia.
    Ogni tanto, come oggi, era costretto ad alzarsi presto e andare a lavorare per la Ristori imbiancature. Ditta di cui era proprietario suo zio, Anselmo.
    A imbiancare palazzi, ville, appartamenti, chalet, a spennellare case di ricchi e poveri che fumavano la pipa sul divano e davano ordini. E, milf che si tagliavano le unghie sul tavolino in salotto.
    Mentre lui si spaccava la schiena e si schizzava la faccia di vernice fresca. Che poi nemmeno lo pagava bene suo zio. Giusto quegli spiccioli per comprarsi il fumo e mettere benzina allo scooter. Ma lo faceva controvoglia.
    Quando aveva deciso di lasciare la scuola dopo la terza bocciatura di seguito, suo padre gliel’aveva detto: «Se non hai voglia di studiare vieni a lavorare con me. Io un parassita non lo mantengo».
    Che detto da lui era tutto un programma. Voglia di lavorare zero. Ogni tanto andava a dare una mano a suo cugino quando proprio rimaneva senza nemmeno un soldo, perché sputtanava tutto nelle scommesse e alle sale poker. Per cui figurarsi. Nella sua concezione, lavorare è da sfigati.
    E Tommaso aveva obbedito.
    C’era da stare attenti con quello.
    Non che fosse violento. Mai stato. Aveva solo qualche leggero problema di autocontrollo. Dipendeva tutto da come usciva dal Bingo. Se vinceva potevi ringraziare il santo protettore dei giocatori e dormire sonni tranquilli. Ma se perdeva...
    − Quindi? − fece suo padre, aggressivo.
    − Ora mi alzo. Tranquillo −. Non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia da quanto gli si erano irrigidite le ossa.
    Renato sembrò soddisfatto. Fece per andarsene e disse: − Bravo. Sei già in ritardo. Alzati e cammina... − poi si fermò. − Chi lo disse? − Sguardo attento e occhio semichiuso alla Clint Eastwood in Per un pugno di dollari.
    Tommaso scosse la testa. Che razza di domande faceva a quell'ora? Mica normale.
    Cazzo ne so, io.
    Renato sbuffò. − Muoviti, va'. Che è meglio. Non sai un cazzo −. Si accese un Toscano e uscì sbattendo la porta.
    Prima o poi l'ammazzo, pensò Tommaso bestemmiando dentro di sé. Giuro che lo faccio.
    Tronfiando, si alzò dal letto. Il lungo sipario di capelli corvini alla Brandon Lee ne Il corvo gli nascose la faccia giusto il tempo di riprendere conoscenza. Ma non celò il resto del cranio, rasato e lucido come una palla da bowling.
    All’orecchio sinistro un dilatatore gli gonfiava il lobo di quattordici centimetri, e dietro al collo una barretta con due palline d'argento gli si infilzava nella pelle come uno spiedino.
    Diciotto anni appena compiuti. Un metro e settantacinque d’altezza. Due barche a vela al posto degli occhi nere e spente, piccole e inespressive, gli dividevano un naso grosso come una fragola. Sulle mani gli scorrevano vene ispide e sporgenti come bisce.
    Controllò i bicipiti pompati con i pesi comprati da Decathlon. Fece una smorfia disgustata. Erano ancora troppo molli per quel corpo esile e glabro.
    Si fece la coda ai capelli, infilò le infradito brasiliane e, con i pensieri ancora dentro al lenzuolo spostò la telecamera oculare verso la stanza.
    Che casino. Non devo più invitare nessuno. Guarda come me la riducono. Sembra uno zoo.
    C’erano calzini sparsi per terra. Mutande che sbucavano da sotto al letto. Una sedia Route 66 su cui erano accatastati vestiti alti come palazzi. Un’altra sedia di legno con due cartoni di pizza vuoti. Un posacenere zeppo di cicche poggiato sul comodino. Lattine di birra accartocciate dentro a un cestino e abbandonate per terra. La scrivania intrisa di aloni di tazzine da caffè.
    Il computer e lo scaffale porta cd sommersi di panni.
    Una stanza ubriacata di sporcizia totale.
    La sera prima erano venuti Loris e Piggy per la canonica serata nerd pizza+canna+The Walking Dead. Con una chimica esagerata avevano ordinato da Braccio di Ferro una Margherita, una Cipolla e Salsiccia e una Vegetariana. E dopo due rutti disumani alla Ugo Fantozzi si erano tolti dalle palle lasciando la camera immonda.
    Non prima di discutere l’argomento.
    La situazione era grave. Gravissima. Bisognava trovare un rimedio. Subito. Altrimenti c’era il rischio degenero.
    Erano arrivati a una decisione. La troia la doveva pagare.
    Li aveva abbandonati tutti e tre. All’improvviso. Senza una spiegazione. Li aveva esclusi dal giro. Dalle sue amicizie. Da tutto. E già questo era inaccettabile dopo anni di conoscenza. Ma la cosa che li mandava più in bestia e in special modo a Tommaso erano certe voci che da un po’ di tempo correvano in paese.
    Voci che a quanto pare sembrava trovassero conferme.
    Era il suo oggetto dei desideri da sempre. Da quando erano piccoli e andavano a scuola insieme. Aveva vinto il guinness dei rifiuti, e ora quella faceva la puttana con tutti?
    No. Questo non andava per nulla bene. Lui aveva la priorità. O anche con lui o con nessuno. Che ci aveva scritto in fronte: «L’escluso?».
    Si mostrava fiero, come un playboy d’annata, e quella non mostrava nessuna misericordia ad apostrofarlo: «Perdente! Perdente!».
    Tutta colpa di quella roscetta della sua amica che, l'aveva fuorviata. Da quando aveva iniziato ad uscire con lei, lui non esisteva più. E la cosa lo stava facendo impazzire. Gli stava dilaniando il cervello.
    Insomma, Tommaso non riusciva ad uscire da quell’ingorgo mentale targato... Aurora Pratesi.
    «La troia!» aveva specificato.
    «L’infame!» aveva aggiunto Piggy, tagliando una fetta di pizza e spruzzando odore di trota dai piedi. L'igiene non era mai stato il suo forte.
    Tommaso aveva deglutito. «Penso che ci vorrebbe un bel piano punitivo. Io me la voglio scopare».
    «Anch’io» gli aveva detto Piggy, serio, ombroso. «E come potremmo fare?».
    «Non lo so. Ci vuole qualcosa di peso».
    «Ma me la posso fare anch’io?» aveva chiesto Loris eccitato di fronte a lui a gambe incrociate mentre tossiva e spegneva la canna nel posacenere.
    «Certo. Tutti ce la facciamo. Deve tornare a casa a gattoni».
    Ridendo, Loris aveva lanciato una melanzana a Piggy. «Così la smetti di farti le seghe!»
    «Vaffanculo! Io non mi faccio le seghe. Tu te le farai».
    «Sì, come no. Ma se non riesci nemmeno a pisciare da quanto l'hai consumato».
    Piggy gli aveva mostrato il terzo dito. «Fottiti».
    «Smettetela» era intervenuto Tommaso, blando. «Dobbiamo solo trovare un modo per agganciarla. Si è anche tolta da Facebook, la troia».
    «Una trappola!» aveva azzardato Piggy. «Tipo non lo so, attirarla da qualche parte con una scusa».
    Tommaso aveva annuito. «Sì, ma non lo possiamo fare da soli. Abbiamo bisogno di qualcuno di cui si fida, altrimenti non verrà mai». Poi aveva fatto una pausa. «L’ha combinata davvero grossa. Chi si crede di essere, Belen? Gliela facciamo passare noi la voglia di fare la figa. Di andare a trombare con tutti. Se la dà agli altri la deve dare anche a noi. Che siamo più scemi?»
    «Esatto. Che siamo più scemi?» aveva fatto eco Loris.
    Era una delle sue poche qualità. Ripetere sempre a pappagallo quello che dicevano gli altri. Soprattutto Tommaso. Adorava il suo capo. Per lui si sarebbe anche reciso l'uccello.
    «Va bene», aveva concluso Tommy, sbuffando. «Andate che se no domani chi si alza. Stanotte ci penso e poi vi dico».
    Era l'ora di andare a letto. Il giorno dopo l'avrebbe aspettato una giornataccia a lavoro. Si sarebbero rivisti nel pomeriggio per discuterne a mente fresca, quando le loro teste fossero state più lucide.
    Stasera ho fumato troppo. Non connetto.
    Loris e Piggy se ne erano andati e Tommaso si era addormentato poco dopo girando mentalmente il suo film a luci rosse.
    Stavolta suo padre non gli avrebbe più detto che era un palle mosce, Aurora non lo avrebbe più rifiutato, e lui finalmente avrebbe realizzato l’unico sogno della sua vita.
    A stomaco vuoto, Tommaso si fumò veloce la prima sigaretta della giornata e spalancò la finestra.
    Il tanfo impregnava anche le viscere. Sembrava di stare al mercato al bancone del pesce.
    MERLUZZO E CAPESANTE IN OFFERTA.
    Si vestì indossando una Polo bianca, jeans slavati e scarponcini incrostati di vernice. La tenuta da lavoro.
    Poi andò in bagno. Con una mano si appoggiò al muro e con l’altra pisciò.
    Da un’altra stanza una voce rauca chiamò: – Tommy! Che cazzo stai facendo? Sei in piedi o no?
    Spense la cicca nel cesso, tirò lo sciacquone e con voce impastata e mesta rispose: – Sì… Arrivo.
    Mentre in testa il sangue gli ribolliva pensando a come poter irretire la zoccola. Quella non lo voleva nemmeno vedere. Lo scansava come un cane pieno di zecche.
    Ci voleva un pretesto confezionato ad hoc.
    Possono un’amicizia negata, o delle avances rifiutate diventare il preludio di una tragedia?
    Le cose che puoi salvare e quelle che invece non puoi.
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    Edited by mangal - 3/8/2022, 15:39
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    Tra poco il primo capitolo. Tempo di sistemarlo.
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    Troppo forte? Ha-ha. A breve il primo capitolo. Così mi date una mano a capire quello che ho scritto.
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    CITAZIONE
    Io credo nel karma. Credo che si riceva ciò che si è dato.
    RANDY PAUSCH

    PROLOGO

    − Piegati, finocchietto! Piegati!
    Tommaso Ristori non riesce ad inquadrare le loro facce.
    Lo stanno immobilizzando su un materasso. Sono in tre.
    Il primo indossa un cappellino a visiera, il secondo uno di lana, il terzo ha la nuca rasata.
    La schiena di Tommaso è pregna di lividi e graffi. Chiazze di sangue sparse qua e là. Delle catene gli inibiscono le mani. Sono legate a due pali di rame.
    I suoi polsi spremuti.
    È nudo. Lo hanno spogliato e picchiato dappertutto. Le gambe divaricate e il culo in su. I piedi freddi sulle piastrelle sporche. Ematomi sugli occhi color vinaccia.
    La sua coscienza è sicura che non uscirà vivo di lì.
    Non ce la può fare.
    (Te lo meriti. Questa è la punizione per quello che hai fatto. Che cosa pensavi? Che non ne avresti pagato le conseguenze?)
    Io non fatto niente. Lasciami stare. Cosa vuoi da me?
    (Cosa voglio da te?! Farti capire che la vita è come un boomerang. Prima o poi torna indietro. Sempre. Ed eccolo qua. È tornato.
    Te-lo… te-lo… ripeto per l’ultima volta: lasciami stare. Non so chi sei. Vattene. Via.
    (Hai davvero un karma negativo, Tommy. Molto negativo. Questo è semplicemente il conto che un giorno o l’altro avresti dovuto pagare. Niente di diverso).

    Sballottato dai rimproveri della coscienza, Tommaso sente la cassa cranica rimbombare come un dj set di Nina Kravitz.
    Aghi pungono come vespe.
    Il tipo con il cappellino di lana si sgancia la cintura. Tira giù lentamente la lampo. Fa scendere i jeans.
    Si toglie le mutande. Si asciuga la fronte imperlata di sudore su un braccio. Si prende il cazzo in mano e inizia a sbatterlo sulle natiche di Tommaso. Ridacchia. Guarda i suoi compari e aspetta un cenno affermativo dai due. Ridacchiando tutti e tre.
    Possono iniziare.
    Quello con il cappellino di lana estrae dai jeans a pinocchietto un cellullare. Accende la telecamera.
    L’evento deve essere immortalato.
    Lo devono vedere tutti.
    Chissà quante visualizzazioni.
    Possono diventare famosi con questo video.
    L’altro, tira fuori anche lui il suo pezzo e comincia a masturbarsi mentre a Tommaso viene tappata la bocca con un fazzoletto. Il tipo in mezzo sorride contento al suo uccello e, blocca per sempre quel tempo minimo che ci vorrebbe perché le cose vadano diversamente.
    E invece la lancetta si ferma. Clic. Time is over.
    Signori, non si può più tornare indietro.
    Siete in viaggio verso l’eternità. Allacciate le cinture!
    La finestra, un rettangolo senza griglia, rotto, da cui può entrare chiunque è un occhio da cui guardare la campagna toscana con i suoi alberi in fiore, le sue colline, i suoi campi, quando ancora il silenzio è sovrano, quando tutto...
    Un urlo.
    Straziante.
    Tommaso sente qualcosa di grosso che lo penetra dentro.
    Bruciore. Dolore. Buciore. Dolore.
    E per un attimo spalanca gli occhi prima che il buio si trasformi in tenebra.
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    Simpatico. A parte le "d" eufoniche e un modo di dire tipo "muto come un pesce" che, in narrativa vanno evitati come le pillole a stomaco vuoto mi è piaciuto. Pollice in su.
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    Ciao a tutti ragazzi, volevo segnalarvi l'uscita del mio libro "Fermo! Che la scimmia spara", edito da Porto Seguro Editore. Vi lascio il link di Amazon dove se vorrete potrete acquistarlo e una breve sinossi. Grazie a tutti.

    https://www.amazon.it/dp/8832021161/ref=as...&language=it_IT

    Cosa succederebbe se la notte di due ragazze sotto allucinogeni, si trasformasse improvvisamente in un set di un film horror, con zombi assassini e cantanti che si tramutano in bestie cannibali? Se un ragazzo, senza arte né parte, fosse tormentato dalla sua pornostar preferita? E se tua moglie ti stesse osservando di nascosto da delle telecamere, e la tua sorte dipendesse da un dipinto di Banksy? E se la notte di due ladri strampalati, durante l’ultimo colpo prima di cambiare vita, fosse minacciata da un serial killer che taglia i piedi alle sue vittime?
    Dieci racconti che mescolano tutti i generi: grottesco, commedia, pulp, horror, thriller, noir ma, che trovano in una vena ironica, il loro punto in comune.
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    CITAZIONE (tommasino2 @ 30/10/2018, 12:38) 
    Auguri, David, piccolo genio.

    Non esageriamo, haha. Comunque grazie, appena sarà disponibile vi linko l'indirizzo dal quale se vorrete potrete acquistarlo.
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    CITAZIONE (Cristina Lombardo @ 10/10/2018, 19:46) 
    Curiosità, il titolo è ispirato all'opera di Bansky o hanno un'origine comune?

    Sì. E' ispirato all'opera di Banksy. Mi fa piacere che tu la conosca.
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    Grazie ragazzi. Ci sentiamo presto.
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    Ciao a tutti, è un po' che non entro qua dentro, stavo lavorando al mio libro, motivo per cui scrivo questo post. Vi segnalo l'uscita della mia prima raccolta di racconti dal titolo "Fermo, che la scimmia spara!" che uscirà sabato 29 in anteprima per la fiera del libro di Firenze - Firenze Libro Aperto - in cui verrà presentato; colgo l'occasione per invitarvi tutti e se qualcuno si trova nei paraggi passi perché sarà una bella occasione anche in vista di altri interessanti eventi. Alcuni dei racconti sono già apparsi qui sul forum, che dire? Era iniziato tutto per gioco, e adesso invece mi ritrovo (quasi) con un libro in mano. Ringrazio tutti coloro che hanno commentato, giudicato, impreziosito, ogni racconto perché se sono qua è anche grazie a loro (voi). A presto, vi linkerò l'indirizzo del libro in cui se vorrete potrete acquistarlo.

    David.
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    Potresti musicarla, verrebbe fuori un'ottima canzone.
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    Ciao Lycia, grazie dei tuoi suggerimenti, ho voluto solo raccontare un momento più che raccontare una storia vera e propria, sicuramente allungandolo si potrebbero delineare meglio i caratteri e dare maggior impatto alla storia. Non so se sia un po' un cliché, è una realtà italiana, purtroppo le notizie di cronaca ce lo raccontano spesso, stavolta non ho voluto azzardare mi sono solo chiesto che cosa avrebbe fatto un figlio di fronte all'ultima richiesta di perdono del padre, molti lo avrebbero forse perdonato, lui non lo ha fatto.
77 replies since 14/6/2017
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