Scrittori per sempre

Votes taken by Renè C.

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    CITAZIONE (mangal @ 13/4/2020, 18:26)
    fammi sapere quando cominci, così parlo con Guido e lo istruisco su come fare
    partytime

    XD XD XD
    ma come hai notato basta poco eheheh
  2. .
    Avevo appena letto un commento di una che era stanca di stare a casa e che voleva andare al mare.... Siamo tutti stanchi.
    A quel punto mi è salito il bollore perché conosco gente che davvero non può permettersi di uscire da un letto da sempre
  3. .
    GRAZIE A TUTTI!!!! E SCUSATE IL RITARDO MA DAL CELLULARE HO AVUTO PROBLEMI
  4. .
    Grazie ragazzi. La vostra fantasmina vi pensa sempre :tisupplico.gif: :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
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    grazie di nuovo a tutti.....
    :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
  6. .
    Non dissi nulla, la lasciai fare, e ogni suo movimento, ogni suo gesto, mi fece rimanere a bocca aperta.

    Mi chiese un favore, però: se potevo darle una mano a tagliare la bistecca.
    Le feci cenno di si, che problemi c’erano? Nessuno.

    Dopo pranzo, ci rilassammo davanti ad una tazza di caffè.
    L’osservai. Vedevo che si sentiva un po’ a disagio, ma ugualmente le chiesi se potesse continuare il racconto lasciato in sospeso qualche giorno prima. Accettò.
    Confidò di avere avuto diverse storie amorose, ma una peggio dell'altra.
    Un ex non voleva che la gente li vedesse assieme, così la faceva camminare sola, davanti a lui. Un altro si era abituato ad averla vicina e pensava che, forse, essendo handicappata, nessun altro l’avrebbe voluta, quindi si era adagiato. Ma anche in quella situazione e nonostante tutto, lei ebbe il coraggio di chiudere la storia.
    A sentire queste cose mi venivano i brividi, come potevano comportarsi così con lei?
    Disse che fu un bene far finire quelle storie. Sono situazioni che fanno crescere e capire chi hai davanti, sono esperienze brutte che servono, purtroppo. Non ci sono solo rose nella vita. Le spine? Sì, servono anche quelle.

    La gioventù la visse così. Triste.
    Quando passeggiava non faceva altro che guardarsi nelle vetrine, osservava le persone che la fissavano e spesso ridevano, oppure si mettevano la mano davanti come per dire: “Oh, poverina!”
    Purtroppo questa era la sua vita, l’esistenza di una persona con disabilità in cerca di qualcosa che nessuno voleva offrirle, un qualcosa chiamato amicizia.
    Poi sorrise e con sorpresa mi disse che per qualcuno era diventata importante, fantastica.
    Le Brillavano gli occhi.
    Mi brillavano gli occhi.
    Sapevo che in lei migliaia di pensieri e dubbi avevano avuto il sopravvento fino a che non aveva deciso di alzare la testa e iniziare davvero a vivere, nonostante le difficoltà.

    Nel pomeriggio decidemmo di fare un giro per le vie del centro.
    La gente l’osservava, ma vi era talmente abituata che aveva imparato a guardarli fissi prima che loro distogliessero lo sguardo.
    Così facendo, li metteva in imbarazzo.
    Quanto pregiudizio, quanta stupidità, quanta discriminazione e quanta voglia di andare davanti al loro viso e chiedere qual era il problema. Ma la sua intelligenza aveva il sopravvento: con un cenno negativo di testa e una smorfia di disgusto, le persone, dall'imbarazzo passavano al disagio.

    Non c’era chiarezza, nessuno domandava. Per lei sarebbe stato più facile da sopportare, ma preferivano ignorare le diversità comportandosi da veri mostri di altri tempi, essenze negative sparse per il mondo.
    Alcune mamme scansavano i loro figli quando la incrociavano per strada, eppure quando in TV si vedono programmi che parlano di disagi e problemi, chissà perché sono tutti bravi, tutti commossi, con la voglia di parlare, piangere e pregare...
    Ma per favore!
    L’importante per molti è lo stile, il fashion, l’eleganza, il super cellulare che tra poco prepara pure il pranzo e la cena, la discoteca, i ristoranti alla moda e se non hai queste cose sei il nulla più assoluto.
    L’handicappata che cammina per strada, quella che fa girare la testa, ma non per la bellezza o i vestiti firmati che forse indossa, ma perché è diversa, come lo è lei.
    Si girano a guardarla per curiosità o semplicemente per sfottò.
    Non pensano minimamente che tutti al mondo siamo a rischio.

    Tornammo a casa, ne avevamo viste fin troppe e non capivo come facesse lei a sopportare tutto ciò. Fossi stata al suo posto, sicuramente avrei imprecato e insultato parecchia gente.

    Cenammo con una pizza.
    La sera la passammo raccontandoci aneddoti e ricordi, pure io le narrai alcune cose di me. Si era davvero instaurata una bella amicizia.
    Il giorno dopo ripartì, ma prima riprese un discorso lasciato a metà.
    Aveva conosciuto una persona splendida ed era in procinto di trasferirsi da lui.
    Ero contentissima di ciò e ora comprendevo l’emozione che aveva negli occhi quando mi aveva detto che qualcuno la trovava speciale. Ci salutammo.

    Il tempo vola troppo in fretta, quasi non ti lascia di respirare.

    Sapevo che Renè aveva molto da fare, tra trasferimenti e cose varie, quindi non volevo disturbarla, ma i suoi racconti mi mancavano. Dovevo telefonarle.
    Era contentissima di sentirmi.
    Dopo i soliti saluti, le raccontai a che punto stavo col mio progetto.
    Trattandosi di una ricerca molto ampia, qualsiasi cosa mi potesse dire sarebbe stata utile, perché quando si affrontano certi argomenti, è giusto parlarne nel bene e nel male e in modo vasto e articolato.
    Mi raccontò di essersi trasferita nella regione marchigiana.
    Si era avvicinata a me ed ero contenta di questo perché così sarebbe stato più semplice vedersi.
    Mi accennò anche che non era stato facile, per lei, il trasferimento.
    Le capitava spesso di passeggiare sul lungomare, ma ogni volta si sentiva osservata.
    Seduti sul muretto, arzilli anziani e qualche giovanotto parlavano tra loro fissandola e, mentre lei passava, loro istintivamente si mettevano una mano davanti alla bocca perché forse pensavano che essendo così “strana”, potesse riuscire a leggere anche il labiale.
    Erano persone che parevano non aver capito proprio niente della vita, dei problemi, dei sacrifici, ma questo a lei non importava perché si sentiva superiore a molti altri.
    E faceva bene. Anzi, benissimo.
    Mi diede anche una bella notizia, si era sposata.
    Finalmente aveva trovato un uomo che la faceva sentire viva, sana, ma non normale, quello no.
    Le chiesi il perché di quella affermazione e mi rispose che “la gente che crede di esser normale, è più anormale di lei”.
    Quindi, era contenta così. Mi misi a ridere dandole ragione.
    Dalle sue parole riuscivo a intuire che con me si trovava finalmente a suo agio, le piaceva parlare e chiacchierare con chi ci teneva.
    Mi narrò che era stata in Svizzera per qualche giorno: tutto un altro mondo. Si era accorta da subito che le persone non la fissavano e, se lo facevano, non si mettevano a ridere e a parlare sottovoce.
    E’ stata bene quei cinque giorni, spensierata. Per la prima volta si era sentita un'altra, più carica di energia, più viva, più donna; lì aveva accumulato forza ed era tornata più grintosa che mai.
    Sorrisi.
    Grazie a questa telefonata scoprii un’altra cosa che non mi aveva mai detto.
    La sua vena artistica.

    Edited by Renè C. - 9/4/2017, 08:43
  7. .
    CITAZIONE (bucaneve88 @ 6/4/2017, 14:47) 
    @Renè, non vedo l'ora di leggere "e qui arriva il bello"...

    :appaluso:


    - intravvidi

    Se troverò altre pulcette, te le segnalerò, ma non ora. Adesso ho INK fra le mani, ed è una bestiaccia.

    sisi segnala, poi vedrò il da farsi... domani arriva la quarta parte :appaluso:
  8. .
    CITAZIONE (Lycia @ 5/4/2017, 10:23) 
    Cara René, come è istruttivo tutto ciò che la tua intervistatrice e amica racconta!
    La prima cosa interessante è questa: non è l'handicap in sé il problema ma è la gente così indifferente o, peggio, in qualche modo ostile, a renderlo gravoso: un fardello che pian piano bisogna togliersi dalle spalle. Io, che sono credente in un Dio Personale e Creatore, penso che ognuno abbia un compito preciso nella sua vita e tu sei stata scelta per spiegare agli indifferenti quale sia l'atteggiamento giusto verso la diversità che spesso fa paura come tutti i fenomeni che non si comprendono. Anche se il corpo umano è bellissimo nella sua perfezione, è comunque bello anche nell'imperfezione in quanto contiene la mente e l'anima che sono infinitamente più importanti del corpo stesso.Se le tue braccia e le tue dita fossero state perfette, secondo i canoni ai quali siamo abituati, forse la tua intelligenza e la tua arte non si sarebbero potute sviluppare altrettanto bene. Continua così e sarai di aiuto non solo agli svantaggiati ma anche a coloro che nel sentirsi "superiori" non sanno di essere stupidi.

    Vi ringrazio entrambi per i commenti.

    CITAZIONE (Achillu @ 5/4/2017, 13:45) 
    Sinceramente ho fatto fatica ad arrivare in fondo a questa terza parte. Ho l'impressione che sia troppo raccontata e poco partecipata, probabilmente perché quasi tutta la telefonata è riportata come discorso indiretto. Mi riservo di rileggere e vedo se riesco a tirare fuori qualche consiglio su come migliorare la resa.

    Nulla da dire su cosa racconti, è il come lo racconti che mi lascia un po' così.

    Se ho voluto farvi partecipe di questo testo, è anche per questo, e chissà se riuscissi ad arrivare ad un certo numero di battute, magari inserendo altro o togliendo. Certo è che prima o poi lo dovrò pubblicare.... :)
  9. .
    Mi uscì spontanea una risata, sebbene non riuscissi a comprendere se dicesse sul serio o se fosse la notte a darle questi consigli, per giunta ottimi.

    Accennò poi che il suo handicap le aveva creato tanti problemi e i più critici si manifestavano durante l’estate.
    Oltre alla malformazione alle mani, aveva un piede più piccolo di due numeri, quindi, ogni volta che iniziava la bella stagione, poteva solo indossare scarpe ortopediche.
    Sognava sandali aperti, ciabatte all'ultima moda e tutto quello che si poteva utilizzare come calzatura estiva, ma per lei rimanevano una chimera.
    Ogni anno doveva fare una richiesta al medico che, a sua volta, le prescriveva la scarpa ortopedica adatta. Solo un paio all'anno e non del tipo che desiderava lei.
    Anche qui raccontò un paio di episodi particolari.
    Un giorno si era fermata davanti a un negozio di scarpe per ammirare quelle esposte, e qui fece un ragionamento, inizialmente poco chiaro, ma che, ascoltandolo bene, faceva intuire la difficoltà che aveva nel relazionarsi con la vita.
    Era triste pensare che per lei comprare un paio di scarpe del genere sarebbe costato il doppio o il triplo del prezzo che le altre ragazze avrebbero speso. Se le sarebbe dovute far fare su misura se le voleva simili, e la scarpa su misura costa ben più di quella normale che si trova nei negozi.
    Il secondo episodio consisteva nel fatto che provò solo una volta a farsi fare un paio di infradito su misura da un calzolaio con negozio, ma mentre le altre ragazze pagavano dai venti ai trenta euro per un paio di belle infradito, lei ne dovette pagare circa ottanta, per giunta le son durate solo una stagione.
    Rimasi scioccata.
    Per l’inverno, invece non aveva problema. Portava stivali o scarpe da tennis, non le importava se una scarpa la sentiva pochino più grande.
    E del mare ne vogliamo parlare?
    Era lei che doveva chiedere a qualcuno se la poteva portare al mare, ma mai nessuno di chi si considerava suo amico pensava a lei quando ci andava.
    Se lei non chiedeva, nessuno si proponeva.
    La sentiva come una forma di pregiudizio. Forse avevano vergogna?
    Oppure pensavano che essendo lei in quelle condizioni, al mare non ci doveva andare senza l’aiuto di un famigliare. Oramai era abituata a sopportare tutto.
    Continuò dicendomi che, nella sua sfortuna, si sentiva fortunata perché era riuscita ad adattarsi a ogni cosa.
    Mi tirò una frecciatina, sostenendo che ciò “raramente succede a chi problemi fisici non ne ha”.
    Non compresi questa frase e lei mi disse: «È raro sentir dire da chi ha tutti gli arti al proprio posto che si sente fortunato.»
    Con questa affermazione mi spiazzò, perché diceva una gran bella verità.
    Erano gli altri che non si adeguavano a lei.
    Non provava vergogna e non si faceva problemi ad indossare magliette mezze maniche o canotte. Erano gli altri a essere imbarazzati e a fare sempre in modo che i loro figli non la guardassero.
    La sua freddezza si toccava con mano, ero quasi impressionata da questo tipo di carattere.
    Quando passeggiava in luoghi affollati, la gente la guardava e parlava a bassa voce, un bisbiglio impercettibile e fastidioso. Sopportava anche questo, aveva trovato il modo di affrontare tutto.
    La sua tecnica si chiamava, “conta fino a tre e voltati”.
    Tecnica assurda ma funzionante, perché le persone erano convinte di loro stesse e di quello che dicevano, talmente accecate delle loro convinzioni da non rendersi conto che in realtà lei già sapeva cosa stessero bisbigliando. Ecco cosa voleva farmi capire col “conta fino a tre e voltati”, quando lei si voltava dopo esser passata, loro rimanevano impietriti.

    La ascoltavo senza commentare, mi sembrava una brutta fiaba con qualche sfumatura colorata, segno di qualcosa di diverso e positivo. Mi confidò che sarebbe stato bello per lei svegliarsi e vedere che era come gli altri ragazzi.
    Mi sorprese quando, a un certo punto, disse che, nonostante tutto, trovava che la sua diversità era bella, perché fuori dal comune. Si sentiva “diversamente tecnica” e “unicamente diversa” dalla massa nazionale.
    Sorrisi…
    Mi venne in mente di chiederle come faceva a scrivere, lei mi rispose che non era semplice spiegare, avrebbe dovuto farmelo vedere.
    Continuò col racconto dicendo che i primi anni di vita scolastica le erano piaciuti; i suoi compagni di scuola erano gentili con lei, non si scansavano davanti alla sua diversità, l’aiutavano, così come un'insegnante di sostegno che le faceva fare degli esercizi particolari.
    La sua malformazione l’aveva colpita anche alla bocca.
    Le chiesi che tipo di esercizi facesse. Le venne da ridere, ma lo spiegò.
    La maestra portava sempre con se una caramellina di zucchero, quelle rotonde con la carta colorata, la scartava e gliela poggiava sulle labbra e le diceva che se riusciva a toccare la caramella con la lingua, gliela dava come premio.
    Un esercizio faticoso per una persona come lei che aveva il frenulo della lingua corto.
    Invece, nell'età dell’adolescenza, le scuole medie furono più difficili da sopportare. Non aveva ritrovato nessuno dei vecchi amici d'infanzia e i nuovi compagni li sentiva lontani, anche se erano a pochi centimetri da lei.
    Brutto a dirsi e brutto a vedersi.
    Da sola, durante la pausa merenda in quella classe vuota e spenta, li osservava dal finestrone ma non le importava nulla, sapeva già il suo destino. In quel campo chiamato amicizia iniziava a vedere tra il grigio e il nero.
    Nella pausa pranzo andava in mensa e, dopo aver inghiottito quei sapori poco prelibati, si divertiva a giocare a calcio con i ragazzetti che la prendevano simpaticamente in giro chiamandola "Maradona", non per la sua bravura, bensì per la chioma castana e selvaggia.
    Questo era tutto il suo divertimento in quella scuola. Per tre anni consecutivi.
    Terminate le medie, iniziò a cercare un'altra scuola.
    Grazie a degli aiuti, si iscrisse a un istituto dove si studiava segretariato di azienda.
    Conobbe molte ragazze perché la scuola era formata solo da personaggi femminili. Nella sua sezione alcune erano simpatiche, altre invece avevano la puzza sotto il naso.
    Mi spiegò che la mattina prima di entrare in classe c’era l'obbligo della preghiera in chiesa, e lei pregava. Lo faceva per non farsi interrogare.
    Non riuscì a trovarsi a suo agio, in quella classe. Studiava poco, quasi nulla, tant'è che dovette ripresentarsi a settembre.
    Durante le vacanze estive qualcuno le disse che era inutile continuare gli studi, perché con le sue problematiche non avrebbe potuto.
    Chiaro e tondo, no?
    Così a settembre non si presentò.
    Questa per lei fu un’ulteriore sofferenza, ma non aveva capito che era solo l’inizio di una lunghissima battaglia, forse l’unica, infinita battaglia della sua vita.

    Le persone si mostravano per quelle che erano, se poi ci si metteva pure la scuola, non prevedeva un bel futuro.
    Rimase così a spasso per anni, commettendo errori su errori, facendosi prendere in giro da chiunque, vivendo una vita poco agiata e poco reale.
    Usciva poco, si sentiva usata e gettata, distrutta nell'animo, non vedeva e non sentiva considerazioni.
    Quel pomeriggio facemmo una bella chiacchierata e scoprii un sacco di cose su di lei, ma tutto si stava trasformando in una ricerca anche per mia crescita personale.
    Incontravo un mondo a me ancora sconosciuto.
    A un certo punto la sentii poco attenta. Evidentemente aveva difficoltà a concentrarsi per i troppi pensieri. Le diedi un abbraccio virtuale, la salutai e chiusi la telefonata.

    I giorni passarono, io continuai a studiare e, negli spazi di tempo libero, ebbi modo di incontrare altri ragazzi con disabilità.

    Renè però era quella che mi stava a sentire, era sincera, o almeno così sembrava.
    Pensai d’invitarla a passare un fine settimana qui nel mio paesino, ma non sapevo come chiederglielo.
    Chissà, magari non si sarebbe trovata a suo agio, o forse avrei dovuto imboccarla. Era un gran dilemma per me. Presi il telefono e la chiamai.
    Come al solito rispose quasi subito.
    A volte però la voce andava e veniva, dai rumori di sottofondo mi dava l’impressione che si trovasse vicino a una metropolitana.
    Parlammo del più e del meno, poi presi una scusa e le proposi quello che avevo pensato.
    Ricevetti un sì secco. Era contenta, perché non aveva amici con cui passare qualche giorno lontana dai suoi pensieri, però avrebbe dovuto chiedere a sua madre.
    Mi parve strano che alla sua età dovesse chiedere il permesso ai suoi genitori, ma forse potevo capire. Forse.
    Purtroppo siamo circondati da tanta delinquenza e la preoccupazione spesso è giustificata.
    In attesa di una sua telefonata, organizzai la casa, preparando una stanza.
    Mi chiamò dopo un’oretta. Era un po’ giù di morale, aveva discusso per poter ottenere una risposta positiva, ma ce l’aveva fatta.
    Mi svegliai presto quel sabato mattina. Mi attendeva prima di tutto una bella corsa al parco, poi doccia e infine dovevo andare a prendere Renè in stazione.

    La intravedi tra la gente, assorta nei suoi pensieri, le andai in contro e l’abbracciai. Oramai eravamo diventate amiche.
    Percorremmo il lungo viale alberato che portava a casa mia e dalla sua espressione mi resi conto che di quanto c’era oltre le sue mura di casa conosceva ben poco.
    Ci fermammo nel bar che frequentavo di solito, salutai tutti e ordinammo la colazione. Tutto a un tratto mi chiese del mio progetto.
    Non me l’aspettavo, ma era doveroso spiegarle per filo e per segno cosa avevo in mente di fare, così le raccontai le ultime novità.
    La mattinata passò in un lampo. Giungemmo a casa e preparammo insieme qualcosa da mettere sotto i denti.
    Ecco, qui arrivava il bello: e ora come farà, mi chiesi.
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    CITAZIONE (caipiroska1 @ 4/4/2017, 15:46) 
    L'arte è terapia, un modo per salvarsi.

    in tutte le sue forme.....
  11. .
    CITAZIONE (bucaneve88 @ 4/4/2017, 12:07) 
    ....scrivi proprio bene. :emoticons-saluti-6.gif?w=593:

    A questo testo ci sto dietro dal 2010, anno in cui ho vinto il premio (per due o tre anni l'ho riposto in un cassetto, poi l'ho ripreso e l'ho continuato). Non è uno scritto semplice, ho cercato di essere il più dettagliata possibile. Ho cercato anche di non essere troppo dura, per questo dopo averlo scritto, letto, riletto, sistemato, corretto, riscritto, ricorretto anche con l'aiuto di una persona a me tanto cara che sta qui sul forum, sono arrivata alla conclusione. Man mano posterò tutto fino alla fine e poi (visto che il primo editore che ho contattato per la pubblicazione non si è fatto vivo, proverò a contattarne altri, seguendo i molti consigli che date qui sul forum per non inciampare in delinquenti, semmai ultima chance, me lo auto-pubblicherò).
  12. .
    CITAZIONE (Akimizu @ 2/4/2017, 18:18) 
    Non scrivo mai nulla finiti i concorsi, non mi spiace spiegare. Il racconto deve spiegarsi da sé, se non ci sono riuscito ho fallito, inutile parlarne. Ma in questo caso è diverso, perché per la prima volta da quando scrivo ho deciso di parlare di una parte della mia vita che ho sempre cercato di dimenticare. Non so perché l'ho fatto, per esorcizzarla forse, o forse perché qua sono Akimizu, non Alessandro, e posso nascondermi, non so, sentirmi meno in imbarazzo. Buio e aria calda, il titolo è una metafora, io preferisco narrare per immagini, lo faccio sempre, è la metafora di come mi sento quando ripenso a quegli anni, mi sento vuoto e leggero. Quando mi chiedono cosa ricordi di quel periodo, sto parlando delle scuole medie e del ginnasio, io dico che non ricordo nulla, e in un certo senso è vero, anche se ricordo tutto anche troppo bene. Ne ho passate tante, comprese quelle che ho scritto, non tutte lo stesso giorno almeno e non erano in cinque (quello ho dovuto inventarmelo per la boa), ma la cosa che più mi fa stare male è il pensiero che nessuno si fosse interessato a salvarmi, nessuno mi avesse sentito gridare, anche se non dicevo mai nulla. In prima media son stato anche minacciato di morte, capirete, avevo undici anni. Uno dei ricordi peggiori che ho è quando mi prese per il culo anche il preside, davanti a tutti in classe. Non credo di essermi mai sentito più solo. In prima liceo smisi di andare a scuola, per tre mesi ho vagato senza meta, mi addormentavo nei bus e facevo tutto il giro della città. Infatti ho un buco educativo, ad esempio non conosco i presocratici. Poi ci siamo trasferiti in un paese in campagna e ho avuto la fortuna di poter rinascere, ma ho fatto tutto da solo, senza aiuti. Mia madre ancora non sa nulla di cosa ho passato. Se ci rifletto a mente lucida devo dire che quegli anni mi hanno temprato, ora sono una persona forte, non mi demoralizzo mai, certo, non mi fido delle persone, cammino ancora guardandomi la punta delle scarpe, ma ho una scorza parecchio dura.
    Non commento i vostri commenti, qualcuno si è lamentato della punteggiatura, qualcuno del finale troppo enfatico, e forse è vero, il fatto è che mi ero convinto di scrivere un flusso per ink4, ma non ce l'ho fatta, non sono riuscito a scrivere di più e meglio (il mio 100 era bello pronto, l'ho anche pubblicato in mini, poi l'ho sostituito). Vorrei dire però che mi ha colpito molto e fatto riflettere il fatto che tutti avete scritto: argomento attuale. Io ho raccontato una storia di venti anni fa.

    Posso immaginare. Anche a te ho lasciato un commento sintetico inizialmente, perchè capisco che purtroppo, ai voglia a fare giornate sulla consapevolezza, ecc ecc, ma purtroppo sono situazioni che non so se riusciranno ad avere una fine. Ma vorrei che arrivasse la fine per queste situazioni che odio con tutto il cuore.
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    CITAZIONE (bucaneve88 @ 2/4/2017, 20:15) 
    Sono qui per ringraziarvi tutti; i vostri pareri oggettivi mi sono stati molto utili.
    Sono qui per ringraziare chi ha votato questo pezzo e per spiegare cosa avevo intenzione di scrivere: volevo fosse una pagina un po' stralunata, tipo quelle dell' Antologia di Spoon River: nella prima parte, pesante e paludata, ho esposto la vita del "giornalista famoso", nella seconda, che voleva essere scanzonata, la caduta nel dirupo, la rottura della bara e la fine nel brago, elemento che gli era affine; la vipera che lo elegge a nursery avrebbe dovuto i"intimorire" tutta la gentaccia che "soffia sugli scandali" e che e propone robaccia orribile in televisione avvelenando la nostra gioventù sempre più fragile e smarrita.

    Rinnovo il mio grazie. :www.MessenTools.com-Hallowen-at

    Il titolo era sbagliato. Non c'entrava niente la vendetta. Errore mio.

    :appaluso: :appaluso: :appaluso: Grazie della spiegazione... ^_^
  14. .
    Una donna dal carattere difficile, introversa, una persona a cui non sfuggiva una parola di troppo.
    E come faceva a scrivere, a vestirsi, allacciarsi le scarpe, farsi la doccia? Aveva un fidanzato? Come poteva essere la sua vita affettiva? Aveva amici? E la sua famiglia?
    Tante, troppe domande che forse sarebbero rimaste senza risposta.
    Spensi la sigaretta e, dopo essermi alzata dal divano e cambiata per la notte, anziché andare a dormire iniziai a lavorare sul progetto.
    Prima, però, cercai quello che mi aveva detto. Ero troppo curiosa.
    Si prospettava una lunga nottata contornata da pc, quaderni, caffè e sigarette e l’uomo che non c’è.

    Focomelia congenita:
    Malformazione congenita dello scheletro, caratterizzata da mancato sviluppo del segmento prossimale di uno o più arti. In genere mani e piedi sono di grossezza e conformazione normali ma uniti a membra molto corte, così che sembrano inseriti direttamente alle spalle e alle anche. Essendo fornite di muscoli, queste appendici sono capaci di compiere movimenti di flessione e di estensione, come appunto si osserva nelle foche e da qui il nome dato a questa malformazione. Le cause della f. sono in generale le stesse dei processi malformativi. In diversi casi la f. è stata messa in rapporto con l’assunzione di particolari farmaci contenenti talidomide da parte della madre durante la gravidanza.

    Continuai, non immaginando che la sua disabilità avesse tutte queste “sfumature”.

    Focomelia da Talidomide:
    Durante gli anni sessanta si osservò un incremento netto dell'incidenza di focomelia. Studi successivi dimostrarono che questo evento era correlato con l'uso durante la gravidanza di un farmaco sedativo dotato di proprietà antiemetiche, la talidomide. Questo farmaco è composto da una miscela racemica nella quale uno dei due enantiometri si è successivamente dimostrato possedere attività teratogena.
    Il periodo di sensibilità maggiore, da parte del feto, rientra tra il 34° e il 50° giorno di gravidanza.
    La talidomide agisce sulle creste gangliari, inibendo la formazione dei gangli spinali i cui neuroni sono indispensabili per il normale sviluppo delle ossa lunghe degli arti. Fu uno scandalo che scosse profondamente la società, il mondo della medicina e della ricerca scientifica inducendo ad una maggior cautela e a un maggior numero di prove sperimentali prima di immettere sul mercato nuovi farmaci.
    Il caso della talidomide ha rappresentato il primo esempio di farmacovigilanza. Le prime ipotesi di una connessione tra la somministrazione di talidomide e la focomelia si ebbero grazie a una segnalazione spontanea di un medico nel 1960.
    Gli individui affetti da questa forma di focomelia sono stati denominati dai mass media “figli della talidomide”.
    Documento preso su http://it.wikipedia.org/wiki/Focomelia


    Decisi di fare una ricerca più approfondita su questa anomalia. Erano molte le informazioni che potevano essermi utili.
    Continuai a spulciare e trovai una notizia molto interessante:

    TERATOGENESI:
    La teratogenesi (dal greco "creazione di mostri") indica lo sviluppo anormale di alcune regioni del feto durante la gravidanza, che si traduce nella nascita di un bambino che presenta gravi difetti congeniti. La scienza che studia le malformazioni e le anomalie congenite è detta teratologia. La teratologia si occupa anche delle malformazioni nella pubertà dell'uomo, come di altri animali e piante.
    È detta teratogena una sostanza che può provocare tali malformazioni qualora la madre venga esposta ad essa durante la gravidanza o, in alcuni casi, anche prima di essa.....
    Documento preso su: http://it.wikipedia.org/wiki/Teratogenesi

    (la spiegazione di questa parola riportata sul testo, è più lunga, quindi ho accorciato perchè è di facile reperibilità seguendo il link da me riportato)

    Ciò che stavo leggendo cominciava a farmi paura.
    Purtroppo il mondo continuava a essere tanto disinformato, me compresa.
    Però veniamo al dunque: io leggo, mi sale la paura, ma nello stesso tempo mi informo e, di conseguenza, faccio prevenzione. Solo pensando così forse si può iniziare a prevenire veramente. Invece molto spesso si finisce col "non leggere" e “non voler conoscere”, proprio perché fa paura ciò che non conosciamo.
    Proseguii la ricerca.
    Alcune parole erano descritte in modo sintetico, come in questo caso:

    La Microgenia è l’incompleto sviluppo del mento.

    Anchiloglossia Facciale

    L'anchiloglossia è una malformazione della cavità orale. Consiste nella eccessiva aderenza della lingua al pavimento della bocca....
    Documento preso su: http://it.wikipedia.org/wiki/Anchiloglossia


    Staccai il computer, era troppo.
    Anziché andare a dormire mi rivestii e, anche se erano le 3 di notte, andai a fare due passi, dovevo distrarmi.
    Mentre camminavo i pensieri rimuginavano. “Eppure c’è gente che si lamenta per l’unghietta rotta, quando girovagando per le strade abbiamo la possibilità di incontrare persone che, con ammirevole ritegno e dignità, vivono senza farsi troppi problemi. “
    Avevo bisogno di un bar, un’osteria, un locale. Sicuramente ne avrei trovato uno ancora aperto dove incontrare qualche amico e passare un po’ di tempo senza pensare.
    Passarono alcuni giorni e decisi di richiamarla.
    Dopo qualche parola di circostanza, le dissi che avevo trovato tante informazioni utili a riguardo, ma erano tutte tecnico-scientifiche e a me interessava avere qualche notizia sulla sua vita sociale.
    Accettò di raccontarmi alcune cose.
    Una delle più fastidiose consisteva nel fatto che, nonostante la disabilità ben visibile, veniva ancora chiamata dalle istituzioni a far la visita di controllo. Rimasi ancora una volta incredula.
    «Com'è possibile?» chiesi.
    Due gli episodi a cui faceva riferimento.
    Pochi mesi prima della morte di suo padre era stata chiamata per la solita visita di controllo, ma dopo il lutto si dovette ripresentare a un accertamento per la riscossione della reversibilità. Durante questa seconda visita si alterò.
    Disse al medico che il controllo era stato fatto pochi mesi prima e sicuramente in quell'arco di tempo non erano ricresciute le sue mani.
    Le venne risposto che quella era la prassi.
    Il secondo episodio avvenne anni dopo.
    All'ennesima visita di controllo di nuovo si agitò, perché le dissero che se non voleva essere più chiamata doveva recarsi dall'ortopedico e farsi accertare la menomazione. Non rispose nulla, in quella sede, per non abbassarsi al loro livello, ma il suo stato d'animo era devastato da questi assurdi percorsi che doveva fare in continuazione.
    Ero allibita.
    Avrei voluto dirle qualcosa, ma ogni parola sarebbe stata superflua.
    Poi sul suo viso vedi nascere un mezzo sorriso. Non capivo.
    Mi confidò che se fosse stata nuovamente chiamata al controllo, il suo spietato progetto era quello di iniziare a giocare, dicendo ai medici che si era misurata il braccio sinistro e le era cresciuto di 5 centimetri.
  15. .
    A volte sono criptica, lo so, me ne rendo conto.... (sorriso)
    Alcuni dei vostri commenti mi hanno fatto sorridere, gli altri, giustamente come scrivono, non ne hanno capito molto. è stata una cosa voluta. Per me questo è un gioco, con punti o meno, a me poco importa, sono contenta di aver partecipato perchè volevo solamente prendere parte dei festeggiamenti e basta. La vittoria la lascio a chi se la merita :) Comunque ora è giusto dare una spiegazione :
    Partiamo dal presupposto che io sono unica figlia femmina e ho tre fratelli. Mia madre mi disse anni fa che ha continuato a far figli con la speranza che nascesse una femminuccia, vista la mia disabilità, lei sperava che una sorellina poteva darmi una mano nella vita quotidiana (si perchè la sua idea era quella di non farmi trovar marito e vivere sulle spalle dei fratelli e/o sorelle) (le aveva dato anche un nome, l'avrebbe chiamata Daniela), invece è nato Daniele, l'ultimo dei miei fratelli (io son la seconda) e l'unico con cui io riesco a parlare, anche in quelle circostanze un pò così.
    Ci passiamo 10 anni di differenza.
    Bene. Da allora, mi è rimasta questa idea di una sorellina. Da qui, nasce questo micro mini, una sorella tanto desiderata, che cerco nei momenti più tristi della mia vita, ma che in realtà non potrà mai esserci perchè inesistente.
    Ciò non significa che rinnego i miei fratelli anzi, grazie a Dio o chi per esso che almeno ho Daniele.

    Edited by Renè C. - 3/4/2017, 09:20
36 replies since 7/2/2012
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