Chi ha paura dell'uomo nero?

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    Dio della penna

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    "La radio chiama, il mercante grida, il giornalista rincorre menzogne,
    il mio amore sorride in silenzio, conosce il vero, conosce le cose.
    "




    «Chi ha paura dell'uomo nero?»
    Mentre attraversava il cortile, Teo fu preso dal ricordo delle centinaia di ricreazioni passate in quel posto. Erano passati quanti? Vent'anni, almeno. Se non di più.
    Che partite! Era uno dei migliori, modestia a parte. Bravo a scappare tanto quanto a prendere, se toccava a lui fare l'uomo nero.
    Non era più tornato, da allora. Non ce n'era più stata l'occasione. Nessun fratellino più piccolo da accompagnare, e nemmeno figli. Lui non era sposato, o "impegnato": nulla faceva presupporre che potesse diventare padre a breve.
    E, in ogni caso, la scuola elementare era in disuso da qualche anno, ormai. Tagli delle spese, riforme sull'insegnamento, adeguamento agli orari europei... ne aveva scritto anche lui, sul giornale. Insomma, le sezioni di quella scuola erano sparite per unificarsi a quelle di un altro plesso.
    Un peccato, era un gran bel cortile, ragionò.

    «Basta! Andate via, siamo in troppi!»
    «Non è Marrakech! Tornate a casa vostra!»
    Le urla dalla strada continuavano a giungere a intervalli irregolari.
    Da alcuni giorni la gente del quartiere faceva capannello attorno all'edificio. Sul cancello campeggiava uno striscione: «Al posto dei bambini, i clandestini!»
    Ma a nulla erano valse le proteste degli abitanti della zona, anche perché il resto della città si era ben guardata dall'appoggiarle troppo, nel timore che sarebbe altrimenti toccato alla palestra ics, o all'asilo vuoto ipsilon, forse vicino a casa loro.
    Insomma, un gruppo di cinquanta profughi era arrivato il giorno prima.
    Il ping pong tra la Prefettura e il Comune era stato veloce. Edificio individuato, profughi spediti via pullman dalla Sicilia.
    Del resto se non è qua è là, pensò Teo. Che le quote ci sono e le quote rimangono. Come le quote latte.
    Anche se questi uomini erano così neri da far fatica a vederli.

    Conosceva bene l'edificio della scuola, ma mentre entrava si sentì, suo malgrado, a disagio.
    Facce scure, stanche e timide, spuntavano dalle aule. Uomini fuori posto, troppo alti in quella struttura per bambini.
    Inglese? Italiano? Francese? Che lingua tentare? E poi, soprattutto, cosa chiedere?
    Teo, come davanti a un muro, sentì l'imbarazzo dell'incapacità di comunicare.



    Arianna osserva dalla finestra.
    Aspetta da diverse ore, ormai. Aspetta di vedere la barca all'orizzonte.
    Ha tanti pensieri per la testa, tante preoccupazioni. Per chi sta arrivando, e per chi già c'è.
    E poi, finalmente, la vede apparire.
    Vola giù per le scale, vuole correre al porto.
    «Arianna, dove vai?» la ferma suo padre.
    Lei fa un gesto di rassegnazione, senza rispondere. Come a dire a suo padre che non capirà mai. E che lei non sarà mai d'accordo con lui.
    «Ma lo sai dove finiscono?» dice poi, già delusa dalla conversazione.
    Ride. «Certo che lo so. Si perdono. Qui, in Creta. L'isola di cui non si può più trovare l'uscita.»
    «Ma perdono le proporzioni del mondo, del tempo, dell'ess...»
    «Arianna» taglia secco il padre, «confido che non ti farai venire strane idee in testa.»
    È crudele, pensa lei, ma non lo dice.
    Esce da palazzo e corre. Li vuole vedere bene, i nuovi arrivati.

    Al porto, Arianna guarda la barca ormeggiare.
    Arrivano da prigionieri, pensa, ma temono il pericolo sbagliato.
    Osserva le sette ragazze e i sette ragazzi. Li guarda negli occhi, per catturarne lo sguardo, le intenzioni. E quando giunge agli occhi scuri di un giovane dai lunghi capelli ricci, sussulta. Quello sguardo è diverso, capisce. È risoluto.
    Mentre lo pensa ecco che la folla fa largo all'arrivo di suo padre: il grande Minosse.
    Non ha corna, non ha coda, suo padre. Eppure a lei sembra il diavolo in persona. Ma non perché spaventa i giovani, no. Perché quella della bestia mezza umana e mezza toro che li divora è una bugia, e basterebbe un briciolo di buon senso, per capirlo.
    No, è una cattiveria silente la diabolicità del padre. Sottile, furba.
    Ordina di accompagnare i giovani a palazzo, prima di condurli nel labirinto di Asterione, il Minotauro.

    Arianna corre. Deve avvertire suo fratello di quel che ha visto nello sguardo di quel giovane.




    Era meglio scrivere di rotonde e buche nell'asfalto, pensò Teo, mentre cercava il coraggio di tentare un approccio con qualcuno di quei ragazzi.
    Quando era entrato nella redazione di "Notizia Oggi", dopo una collaborazione esterna durata anni, non se lo immaginava. Certo, desiderava avanzare di grado nel mondo del giornalismo, se pur locale. Certo, desiderava il lavoro fisso, nella sua formula mutua, ferie e tasse. Certo, sapeva che, statisticamente, prima o poi gli sarebbe toccato parlare di qualche fatto di rilevanza nazionale. Ma quando te lo figuri pensi a un brutto omicidio, o uno sfortunato incidente di cronaca o, massimo, un'alluvione.
    Quale giornalista si aspetta davvero, a un certo punto, di avere sotto gli occhi una tesserina di un mosaico nazionale, anzi no, mondiale, e di doverne parlare obiettivamente? Ecco, a lui sembrava di essere davanti a un prisma con troppe facce, da rischiare di non avere idea del resto. Un prisma talmente sfaccettato da sembrare... una sfera. Il mondo, in pratica.
    Non aveva più la bussola. Non sapeva qual era il nord.
    Anche se, con quei leghisti là fuori pronti alla guerriglia, era meglio non dirlo forte.
    Mentre la sua testa zippava quei pensieri, vide una ragazza uscire dall'aula di fronte.
    Rideva di una battuta in inglese scambiata con una donna, di cui lui non aveva afferrato il senso.
    Quando lo vide, il suo sorriso illuminò il corridoio.
    «Sei del giornale?»
    «Yes, I am» rispose Teo.
    Lei rise di nuovo.
    «Vieni» gli disse, «ti aspettavo.»
    «Chi sei tu?» Che sollievo rifugiarsi nella certezza dell'italiano.
    «Mi chiamo Anna. Ti presento qualcuno di questi uomini, vuoi?»
    «Tu li conosci?» chiese Teo.
    «Certo, sono miei fratelli» rispose lei, seria.
    Teo sbatté gli occhi.
    Oddio un'invasata hippie, pensò. O cattolica, peggio ancora.
    Lei vide la sua espressione ed esplose in un'altra delle sue risate tranquille.
    «Che faccia! Dovresti vederti. Stai pensando che sono matta?»
    «Nooo» mentì Teo, senza essere per nulla convincente. Poi sorrise anche lui.
    «Sono fratelli, perché non te li scegli. I fratelli o ci sono già quando nasci, oppure ti arrivano in casa proprio quando pensi che tutto sia tuo. E ti rovinano l'equilibrio, i giochi, e i cassetti.
    Puoi solo accettarli. O non accettarli, certo. Ma lo sanno tutti che a non accettarli si vive peggio.»
    «Beh, si possono prendere strade separate» contestò Teo.
    «Sì, se è possibile. Se si è già adulti e maturi» ribatté Anna. «Ma poi le strade si riunirebbero ancora, comunque, quasi sempre davanti a un notaio, o un avvocato.»
    Camminavano nel corridoio, Anna stava guidando Teo.
    I muri erano spogli. Non c'erano tutti quei cartelloni di disegni, foto o lavori di classe che tappezzano in genere le pareti di una scuola. Tuttavia era sopravvissuto un planisfero politico un po' consunto, proprio a lato della planimetria dell'edificio, ben incorniciata, con relativo piano di evacuazione antincendio. Teo pensò che la piantina sembrava un labirinto, accanto al mondo tutto colorato.
    Lei seguì il suo sguardo.
    «Un bel contrasto» disse Teo.
    Anna alzò appena le spalle. Poi si prese qualcosa dalla tasca e glielo lanciò.
    Teo era un tipo dai riflessi pronti. Mica era stato il campione di "chi ha paura dell'uomo nero" per niente. Afferrò l'oggetto e lo guardò. Era una pallina soffice, anzi, un gomitolo.
    Guardò interrogativo Anna, che, con un movimento della testa, gli indicò la donna con cui si era scambiata la battuta in inglese, ancora visibile al fondo del corridoio. Stava lavorando all'uncinetto a qualcosa di particolarmente sgargiante.
    «Me l'ha regalato lei» spiegò. «Per non perdermi, mi ha detto. Tienilo» ammiccò.
    Svoltarono un angolo e arrivarono nell'atrio, riempito da un gruppo di una dozzina di uomini.
    «Costa d'Avorio» disse Anna a Teo. «Lo sai il francese?»
    «Certo, l'ho imparato a scuola» disse lui. Qui dentro.



    Arianna è angosciata.
    Asterione cerca di tranquillizzarla.
    «Io lo so che ti ucciderà, e non voglio!» grida.
    «Arianna, non importa» continua a ripetere lui, con muggiti dolci.
    «Lui è diverso, tu non l'hai visto. È risoluto.»
    «E allora aiutalo a non perdersi. Provaci.»
    «Scamperà al labirinto, ma ti ucciderà comunque.»
    «Dagli la possibilità di uscire, Arianna.»
    «Ma come faccio Asterione? Sei mio fratello!»
    «Un fratello di cui vergognarsi. Un mostro, lasciato solo da tutti. Sono stanco, ormai. Ti prego, lascia che lo faccia.»
    «...»
    «Vai via anche tu, lontano dall'isola, da tuo padre. Solca il mare, vai via da Creta.»
    «No, andiamo via io e te! Ci sarà pure un posto dove sarai accolto.»
    «No, Arianna, non c'è. Promettimi che darai a quel giovane la possibilità di uscire, e che farai in modo di andare via da qui. Chiedigli di portarti via. Promettimelo.»
    «...»
    «Non piangere, sorellina. Vedrai che ci rivedremo. Un giorno, tra le stelle.»
    Stanno vicini tutta la notte, fin quando lei non si addormenta. Allora il Minotauro la porta dolcemente fuori dal labirinto.




    Teo aveva fatto il pieno di storie.
    Rotto il ghiaccio, era stato un attimo. Anzi, la scusa di essere giornalista si era rivelata ottima per comunicare, chiedere, sapere e anche ridere con loro.
    Avrebbe potuto sfruttarla anche con qualche ragazza, pensò.
    «Sai, sto facendo una ricerca sociale. Ti faccio qualche domanda. Dove preferiresti che ti portasse un ragazzo, per il primo appuntamento? Eh, Anna? Ah, ecco, bel posto! Che ne dici, ci possiamo andare insieme?»
    Gli aveva detto che le piaceva guardare le cose dall'alto. Che buffo, lei che era così piccola davanti a quegli uomini giganti. Eppure non pareva mai a disagio.
    Ghana, Costa d'Avorio, Sudan... quella gente aveva attraversato l'Africa. Per poi prendere il mare.
    Gente che scappava, gente che sperava, e anche gente che veniva costretta a partire.
    Gente che provava a fermarsi, e chiedeva il diritto d'asilo; gente che invece voleva proseguire, e chiedeva il diritto di passaggio.
    Gente stanca, ma che non mollava.

    Teo era in cortile. Non aveva ancora voglia di uscire, e affrontare il capannello.
    La piantina dell'edificio accanto al planisfero, pensò. Ecco cosa gli ricordavano i manifestanti, accanto a questa gente.
    Si sedette su una vecchia altalena. Era un buon posto, decise, per buttar giù due appunti.
    Frugò in tasca in cerca di una biro.
    Le sue dita si chiusero attorno a una piccola pallina pelosa.
    Sorrise, poi estrasse la penna e iniziò a scrivere:
    "Chi ha paura dell'uomo nero?"



    Arianna piange. Teseo ha ucciso Asterione.
    Delle volte l'ottusità degli uomini è davvero epica.
    Lo sanno tutti che i tori sono erbivori!
    Teseo è riuscito a uscire dal labirinto, ma si perderà comunque, nel mondo.
    L'ha abbandonata, lì su una costa, come uno scafista colpevole.
    Ma ora non le importa. Pensa alle parole di suo fratello, il Minotauro.
    Perderà altre cento, o mille volte. Ma ha deciso: stenderà gomitoli.
    Un lungo filo rosso, seppur sottile e fragile, a disposizione di chi voglia provare a non aver paura dei mostri.



    "Incalza il giorno, si affrettano gli anni, gli orologi inseguono ore,
    il mio amore cammina tranquillo, nessun tempo la riesce a ingannare."


    (Modena City Ramblers - "L'amore ai tempi del caos")

     
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    Penna suprema

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    Storia scritta da una gran mano e da un'altrettanto grande testa.
    Affronta IL tema per antonomasia, quello che rimbalza da ogni telegiornale e subisce strumentalizzazioni di ogni tipo.
    Il racconto dell'intervista, le considerazioni, la descrizione della scuola, i ragazzi profughi...tutto mi ha catturata e avrei letto ancora e ancora, ma...

    Non so decidere se Asterione/Diverso può avere attinenza con Profughi/Incognita. Forse no, forse poco.

    Il toro doveva entrarci per lo step, certo, il pezzo è scritto benissimo, certo, ma penso che le due situazioni abbiano poco in comune.

    PS: un toro è erbivoro, ma l'altra metà di Asterione era carnivora e provvista di un solo stomaco senza rumine...
     
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    Penna suprema

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    Qui qualcuno ha copiato, i primi due racconti che ho letto hanno la stessa struttura.
    La stessa bravura.
     
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    Penna suprema

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    Fosse rimasto nell'aria il paragone, a volare leggermente tra i nomi accennati e quel gomitolo, avrei applaudito ancora di più. L'accostamento, invece non è molto di mio gradimento. L'ho riletto due volte a distanza di un po' per vedere se faceva lo stesso effetto, e sì purtroppo è così. Vedo due storie che vogliono essere accomunate ma risulta il tutto un po' forzato. Vdei, mi avessi presentato le due storie come due racconti diversi, una rivisitazione del mito il primo e questa nuova e moderna versione del famoso mito il secondo, allora mi avrebbe entusiasmato tanto. Ma così il tutto, sinceramente, mi lascia perplessa
     
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  5. LEG
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    Innanzitutto complimenti per non aver essere scivolato nel tranello dell'opinione personale su un tema da prima pagina come quello dell'immigrazione (e grazie per averci trattato in modo intelligente). Ma devo accodarmi sul fatto che sia un po' forzato l'accostamento delle due storie....fatico ancora a capire il laccio. Pardon, limite mio.
     
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  6. Vlad
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    I.Ss.S.G

    1. TECNICA & PADRONANZA LINGUISTICA — media
    (coerenza genere/registro; personaggi/linguaggio; padronanza grammaticale, sintattica)

    2. ADERENZA AL TEMA — congrua
    3. TRAMA — bilanciata
    (complessità, interesse, solidità, coerenza interna)
    4. PERSONAGGI — articolati
    5. REGISTRO NARRATIVO — appropriato
    (corrispondenza coordinate spazio temporali- realtà storica, livello di dettaglio, infodump)
    6. INCIPIT — ininfluente
    (attrattiva; originalità; coerenza con sviluppo)
    7. CONCLUSIONE — coerente
    (coerenza interna; efficacia; utilizzo fili narrativi)
    8. NOTE LIBERE –
    (punti di forza/debolezza)
    certo è davvero singolare che su un numero così ristretto di testi incentrati su un argomento decisamente vasto, ben tre si siano lasciati guidare da una bussola estremamente particolare quale quella della interpretazione “alternativa” del “mito” di Asterione/Minotauro; ancora più singolare che due di essi ( e vi/ci risparmio la percentualizzazione) abbiano attinto e/o reinterpretato un racconto di Borges dichiarandolo o meno. Forse questo ha a che fare con la psicoanalisi —non tanto con il Minotauro quanto con il labirinto— che ha da sempre rappresentato la complessità del percorso di formazione (mistica, culturale, alchemica) intrapresa dal singolo individuo. Ma non è questo il luogo deputato a queste pur interessantissima discussione e mi scuso con l’Aut-rice/ore per questa riflessione OT che mi urgeva.

    Passiamo al testo.
    Dal pdv. tecnico, ti segnalo: l’ausiliare essere preferisce l’avverbio “qui” piuttosto che “qua”; punteggiatura ballerina: carente in alcuni passaggi, presente dove non dovrebbe esserci (troppo spesso tra soggetto e predicato); la locuzione “Perché quella della bestia mezza umana e mezza toro” è imprecisa. O mezzo uomo e mezzo toro oppure mezza umana e mezza taurina;
    Il testo inizia con un corsivo virgolettato. C’è qualcuno che parla? Chi? Se, al contrario, è un pensiero (mi sembra più probabile) va mantenuto il corsivo ma senza le caporali, al limite le virgolette alte.
    “Mentre attraversava il cortile, Teo fu preso dal ricordo”, ti segnalo una consecutio errata (ce ne sono altre): l’imperfetto prevede il trapassato, non il passato remoto: “Mentre attraversava il cortile, Teo era stato preso dal ricordo”. Mi fermo qui, ma mi sembra opportuna una attenta rivisitazione grammaticale e sintattica.
    Dal pdv. del contenuto, mi sembra ci sia un po’ troppa folla. Folla di concetti, di argomenti “a la page” strizzati, tutto sommato, in uno spazio esiguo, poco più della metà di quello disponibile; questo aspetto mi restituisce una sensazione di confusione: forse è proprio quello che perseguivi, ma può mettere in imbarazzo il lettore.
    E veniamo al secondo piano di lettura: il Mito.
    Apprezzabilissimo il cambio (al presente) di tempo verbale per separare i piani, ma ti chiedo: trovandosi a parlare di un tempo lontano(Mito) e uno vicino (Teo… a proposito, diminutivo di Teo-filo? Teo-sofo? Teo-logo?) non sarebbe risultato più efficace invertire i tempi? Altrettanto acuto l’inversione corsivo/normale per rappresentare i pensieri: brav-a/o.
    Torniamo al Mito in cui hai infilato anche una citazione dantesca (Minosse = diavolo).
    All’arrivo a Cnosso, Arianna riflette sulla perfidia del padre precisando che i giovani temono il pericolo sbagliato, che quella del Minotauro è una fola, lasciando pensare al lettore che chissà quale sorte ha riservato Minosse alle vittime sacrificali. Ma poi te ne dimentichi e ci catapulti nel colloquio fra fratello sorella reincanalandoti nel Mito. Non mi è chiaro questo passaggio.
    Recuperi punti nella chiusura di questa linea narrativa.
    Arianna abbandonata da Teseo ( un gran figlio di p…. per questo e per altro!) denota una approfondita conoscenza del mito, e la padronanza ti consente di riallacciare i fili con la quotidianità altrimenti davvero labile.
    Interessante, infine, la scelta di fare “gomitoli”, una scelta da “mediatore culturale” che mi lascia pensare a una sovrapposizione Arianna/Anna (che incarna, in fondo, solo una crasi.[A…nna])
    Efficaci i dialoghi.
    Bel lavoro con parecchi punti da migliorare.
    Lo so, lo so che ti prudono i polpastrelli, che vorresti precipitarti alla tastiera e ribattere punto su punto: ma non puoi, come non ho potuto io quando è capitato a me.
    Porta pazienza, ci incontreremo in una diversa agorà, diversa solo perché il Tempo modifica le cose e avrai tempo per articolare le risposte più adeguate. Buon proseguimento.

    9. DIMENSIONI (11.299) –
     
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  7. ASTARTE
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    Un accostamento passato- presente molto difficile, pertanto molto interessante. Il filo risulta ingarbugliato per la difficoltà, ma si distende nella conclusione, con l'universalità di concetti.
    Sotto stimolo la mente umana sorprende. La riuscita passa in secondo piano; il primo spetta all'impegno.
     
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    Già l’uomo nero. Spesso il clandestino lo è, senz’altro lo sono i profughi dell’Eritrea e di altri paesi africani. Questo racconto ha evocato in me immagini televisive recenti. Mi riferisco a quelle di Ventimiglia, dei neri sugli scogli e a quella scena terribile dell’uomo che scalciava e urlava come un ossesso, mentre quattro agenti cercavano di caricarlo su un’auto.
    Mi ha impressionato perché ho pensato: chi riuscirà mai a sedare tanta rabbia? Lo si sa: “il sonno della ragione genera mostri”, svegliamoci! Tante parole per dire che se un racconto fa pensare, di certo è stimolante, offre spunti di riflessione.
    Le due parti del racconto mi sembrano legate con un filo troppo sottile. A una prima lettura non l’avevo colto, ma c’è: eccome! C’è da limare qualcosa nella struttura del testo, ma il significato è chiaro. Piaciuta la conclusione.
     
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    conoscevo un Teo, tempo fa
    però mi pare fosse un farfallo rosa che svolazzava tra cielo e fiori, quindi non è un parente di questo.
    argomento ostico da affrontare, quello dell'immigrazione
    qui viene fatto in maniera intelligente, senza abusare o tirare frecciate.
    trovo splendido l'abbinamento col minotauro, a mio parere azzeccatissimo

    complimenti
    :ok.gif:
     
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    Penna stilografica

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    A me piace e parecchio! Quello che lega le due storie, a mio parere, non è il toro (nel senso classico del termine) quanto il filo rosso, ciò che rappresenta e tutti i significati che si trascina dietro.
    Il tuo racconto non fa solo riflettere, sbatte in faccia al lettore una realtà senza retorica dicendo: ma ti vuoi svegliare? Non lo senti quel piccolo tarlo dentro che non riesce a emergere dal groviglio di coercizioni mediatiche e pregiudizi infondati??????
     
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    Penna suprema

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    Ho avuto un leggero malore di contentezza: per la prima volta sono d'accordo con Tessa. :)
     
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  12. wyjkz31
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    Ci sono due racconti legati da un filo sottile.
    Ci sono i profughi dei nostri giorni, con tutto il corollario delle reazioni e delle resistenze all'accoglienza descritti con garbo e incisività e con un messaggio piuttosto chiaro dell'autore che una posizione la prende eccome (bellissimo il paragone con i fratelli); e poi c'è la rivisitazione del mito (ellapeppa mi sto facendo una cultura su 'sto Minotauro!) strumentale al rispetto del tema dello step e a mettere in risalto la paura del diverso.
    Il collegamento è il filo, Un lungo filo rosso, seppur sottile e fragile, a disposizione di chi voglia provare a non aver paura dei mostri., che accomuna le Arianna o le Anna di tutti i tempi.
    Pur avendo letto con piacere, grazie a una scrittura coinvolgente, il risultato non mi convince del tutto. Provo a spiegare.
    Hai "forzato" una diversa interpretazione del mito - buonista - per fare il paragone con l'attualità: come finora abbiamo letto il mito in maniera errata, così con i profughi ci stiamo sbagliando. Visto però che il Minotauro non è mai esistito, la rilettura del mito è molto meno efficace a sostegno della tua tesi che se avessi usato un mito senza variarlo oppure se avessi scelto un episodio storico realmente accaduto.
     
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  13. semprefalcone
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    Chi ha paura dell'uomo nero: interessante un racconto sui clandestini, che mi tocca sopportare amici ignoranti che li disprezzano, ma per fortuna ho conosciuto un rifugiato, e lo stimo ed è occasione di aprire il mio cervello. “e basterebbe un briciolo di buon senso, per capirlo”, lo dici bene tu. Precisazione sui leghisti: forse non sai che i leghisti son razzisti ma hanno tra i loro politici un nero dell’africa, e forse non sai che Umberto Bossi ce l’ha coi terroni e ha sposato una terrona che ama da vent’anni e ci ha fatto due figli (in internet mi hanno giusto pubblicato un articolo che parla di questo). Poi leggo che il racconto non è razzista, per fortuna, ma sa che il cuore ce l’abbiamo tutti dello stesso colore. Bello il riferimento a Teseo scafista, azzeccato perché è il diverso cattivo. A parte quello che ho già fatto notare, il racconto è piacevole, si legge bene, istruttivo, attuale, bravo.
     
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    Scrivano supremo

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    Ed ecco l'Asterione numero tre...
    anzi, no, ché uno aveva un altro nome
    Minotauro batte Toro-da-monta 3-2. Giusto? (non lo so, non ho ancora finito i racconti)

    Qui il mito del Minotauro è preso tutto insieme. E Asterione resta un po' al margine in funzione del labirinto, di un nuovo Teseo e di una nuova Arianna.
    Non vedo tanto calcato il paragone tra uomo-nero e Asterione, quanto tra labirinto "fisico" (del mito) e labirinto di testa.
    A discapito del tema dello step.

    Non è facile parlare di profughi. Sono d'accordo con Wy, quando dice che la tua opinione l'hai espressa eccome.

    L'alternarsi delle due storie, non proprio parallele, disorienta. proprio come lo scambio tra passato e presente delle due vicende.
    Dis-orientare, perdere il nord... l'hai fatto apposta?
    proverei a ri-scambiare i tempi verbali, per vedere se scorre più fluido. Ok il labirinto, ma la testa del lettore deve essere un pochino aiutata. No?
     
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    Penna stilografica

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    Interessante modo di affrontare il tema con un parallelismo fra mito e attualità.
    Non c'è corrispondenza biunivoca ma il tentativo è pregevole.
     
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18 replies since 22/6/2015, 13:00   304 views
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