Tutti i mondi mutevoli e spregiudicati

Il problema

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    Dio della penna

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    Più che altro per dare un’occhiata al lavoro e a mia madre avevo sempre trascurato la faccenda.
    Passavo le vacanze a casa, passavo le feste a casa, ed ero comunque indietrissimo nella cosa che mi
    riguardava: un neo grande come un seme di zucca che cresceva e non era affatto decorativo. Ogni volta che
    lo guardavo allo specchio mi sentivo in colpa, in ritardo a un appuntamento. Era sfrangiato come il bordo di
    un jeans che tocca spesso l’asfalto e aveva il colore della chiglia di una nave in secca da molto tempo.
    Quella mattina mentre aspettavo il mio turno ero consapevole di fare la cosa giusta e avevo un senso di
    orgoglio forse esagerato che mi donava un’espressione stravagante per un paziente, quasi impassibile.
    Su una speciale attrezzatura luminosa appare il mio numero tremulo e arancione, che riconosco.
    Entro in una stanza piccola, poco accogliente, fredda, con una finestra oscurata da una velina bianca, opaca.
    Sulla destra una specie di giaciglio coperto da carta stropicciata che non sembra un comune letto
    d’ospedale. Sulla sinistra un tavolo. Seduti al tavolo un uomo con camice bianco, una donna con camice
    bianco, un uomo, più giovane, con camice bianco. Senza motivo evidente sono pietrificato. Servendomi di
    una mano sola sbottono la camicia e mostro al team in bianco il mio problema. La donna e l’uomo si
    avvicinano a un quarto di centimetro. L’uomo più giovane fruga in un armadio emettendo lo stesso rumore
    di chi cerca le chiavi in una borsa di cuoio.
    -Ha allergie a farmaci?
    -No.
    -Ha già fatto qualche tipo di intervento?
    -No.
    -Ha avuto malattie infettive?
    No, faccio molto sport, dico con voce bitonale
    Da più vicino di vicino mi è facile cogliere lo sguardo di intesa tra i medici, come se avessi fatto una brutta
    figura. Con tono clemente uno del gruppo dice: -Sportivo o non sportivo questo lo togliamo.
    Mani gelide sfiorano il mio neo.
    -Quando lo toglierete?
    -Subito, o ha da fare?
    -No no, va bene subito se serve.
    -Serve, ma per il risultato dell’esame istologico ci vorrà una settimana.
    -Perché cosa ho?
    -Una forma molto appariscente di cancro e quella è la sua debolezza, essere molto appariscente e quindi
    operabile. Tolga la camicia e si sdrai sul lettino, l’infermiera le farà un paio di punture per non sentire
    il minimo dolore.
    Deve avvisare qualcuno?
    -No nessuno.
    Quello più giovane che ormai ho capito essere un tirocinante ha in mano una macchina fotografica e
    fotografa da tutte le angolazioni il mio piccolo capolavoro.
    L’infermiera mi prepara all’intervento con un paio di punture di anestetico locale, me ne accorgo perché
    resto vigile e la osservo. Ha il viso grassottello, solo il mento sodo, gli occhi infestati di ciglia, non
    riesco a distinguere il colore.
    -Oh per bacco.
    -Qualcosa non va?
    -Ma io la conosco, ma io ti conosco.
    Il passaggio al tu non mi sconvolge davanti agli altri la mia figura si conquista spesso il posto di
    -amichevole-.
    -Frequento un circolo culturale, forse mi ha visto lì.
    -Ma quale circolo culturale, penultimo banco, Massetti, sezione b ragioneria. Mi sei stato davanti per
    cinque lunghi anni. Ride.
    -Si…sono io, però non ricordo, ne è passato di tempo.
    -Già, quasi trent’anni e io sono grassa e brutta ora, non ricordi no. Ride.
    -Non lo dica nemmeno per scherzo, è una bella donna.
    -Be’ grazie, e puoi darmi del tu, ti ho seguito sempre, eri un capopopolo, mi hai insegnato a fare scioperi e
    occupazioni. Che belle le occupazioni.
    Sospira.
    -Solo questo ti ho insegnato?
    -Solo questo, eri molto timido. Ride. Ma ti intendevi di politica come nessuno, politica di sinistra, io sono
    rimasta di quell’idea proprio grazie ai tuoi ragionamenti.
    Solo ora mi accorgo della sporgenza della testa del chirurgo in mezzo ai nostri discorsi che ascolta come
    santa messa, con devozione. L’apparizione strana di una compagna di scuola ha fatto diventare - il
    problema- qualcosa di secondario, un binario morto che non interessa più nessuno, solo al chirurgo per
    deontologia professionale.
    L’intervento dura pochissimo, il dottore sembra un dipinto non un uomo. Di mobile restano gli occhi e le
    mani. L’infermiera lo assiste con pazienza secondo una procedura consolidata. Pure i suoi occhi sono
    mobili, ma a differenza di quelli del chirurgo hanno una tenerissima pietà incorporata.
    Abbiamo finito, tra tre giorni tornerai per un controllo dei punti, e poi per toglierli, spero di essere di turno
    io così ti maltratto un po’. Ride. Ride pure il chirurgo, poi dice:
    -Non le dia retta è un angelo, la migliore.
    -La conosco bene, lei non immagina quanti compiti di matematica mi ha passato.
    -Ah, ora scommetto che ricordi pure il mio nome.
    -Mi… Mirella?
    -Si.
    Ci sono un paio di minuti di silenzio. Lei ha gli occhi umidi. Non capisco se per il ricordo o per la mia
    malattia. Il chirurgo scrive qualcosa di complicato sul computer, forse la sua diagnosi, forse i vari passaggi
    dell’intervento, e poi stampa.
    -Non deve prendere antibiotici, ne ha in circolo già una dose massiccia. Si riguardi.
    L’occasione è buona per salutare con un fin troppo amichevole: -grazie per tutto, vi voglio bene.
    Mirella abusivamente mi placca per un braccio e mi accompagna all’uscita, ha silenziose crocs bianche e
    calzini dello stesso colore evidenti.
    -Che fai mi guardi le gambe?
    Rido.
    La porta verdolina somiglia, almeno nel colore, a quella della classe.
    Mirella scansa un paio di pazienti e fa da scudo ai miei punti.
    Con lei ricordo di essere stato sempre corretto, non c’entra niente confessarlo, ma così è.
    Con tutti i farmaci dell’intervento nelle vene barcollo un po’, baciato dalla fortuna di avere chi mi sostiene.
    L’andirivieni degli sguardi tra noi due si ferma sulla strada.
    -Hai salutato dicendo –grazie per tutto, vi voglio bene.
    -Credo di si, bè?
    -Vuoi bene pure a me?
    -Certamente, perché no?
    Fingo di dare la risposta giusta, in realtà cerco di rassicurarla, dentro di me penso che sia stupido e inutile contraddirla.
    Quello che sto cercando di dire è che sono io quello smarrito e disperato, lei vuole solo curarmi.
    Ho un istante di vuoto centripeto. Come se all'improvviso io non ci fossi.
    Il colore sgargiante di un bel mattino autunnale restaura la realtà.
    Sono l’erede non malinconico di un uomo malinconico. Ora.
    Tutti i mondi mutevoli e spregiudicati dentro di me affiorano.
    Senza comunicarlo, sbilenco la bacio.
     
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  2. wyjkz31
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    chissà se il protagonista avesse incontrato la ex compagna di classe in un altro luogo e in un altro momento se avrebbero rievocato con la stessa intensità gli anni della giovinezza...
    pezzo che punta dritto a solleticare i sentimenti e ci riesce.

    forma da rivedere, specie nei dialoghi che a volte sono confusi.
     
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  3. allerim
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    Tema: centrale
    Trama: semplice
    Personaggi: strutturati. Non approfonditi, a eccezione dell’io narrante. Il personaggio di Mirella forse avrebbe avuto bisogno di un tocco in più. Il bacio del “paziente”, alla fine dell’incontro, lascia intuire che il protagonista si accorga solo ora dell’interesse di Mirella per lui al tempo della scuola
    forma: fluida ma poco corretta specie nella formattazione.
    originalità: Il racconto presenta una situazione abbastanza comune. Può capitare di trovarsi davanti in camice bianco un compagno di scuola.
    incipit: Buono, presenta la situazione.
    finale: Richiama il titolo. Immagino che “i mondi mutevoli etc” sia riferito al mondo degli adolescenti, ma non ne sono sicurissima
    intreccio: non molto articolato
    struttura: semplice
    spazio: interni
    tempo: qualche flash back intrigante avrebbe fatto la differenza, oltre a giovare alla psicologia del duetto paziente/infermiera
    messaggio: A volte capita di non accorgersi dei sentimenti che gli altri nutrono per noi.
    gradimento: non male, ma non mi entusiasma
     
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    Penna suprema

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    La crisi individuale, il dramma, sostituiti dall'amore.
    Devo rileggerlo, ma credo che questa sia l'interpretazione giusta.
     
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  5. Esterella
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    Questa potrebbe essere una storia vera un po' romanzata, dove l'autore per sdrammatizzare cerca di focalizzare l'interesse sull'incontro tra i due forse perchè teme di sapere se il suo male è grave. Piaciuto. :appaluso:
     
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  6. semprefalcone
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    TUTTI I MODI MUTEVOLI: troppi spazi; bella la virgola prima di medico più giovane, ci sta; bello il team in bianco. Bitonale punto. Carino -amichevole- così. Bello il discorso tra lui e lei, bella questa frase “che ascolta come santa messa”, mi sa che potrei anche copiartela. ”dia retta è un angelo” virgola. Su “-grazie per tutto, vi voglio bene” ho sghignazzato. “La porta verdolina somiglia, almeno nel colore, a quella della classe” eccezionale. “Con tutti i farmaci dell’intervento nelle vene barcollo un po’, baciato dalla fortuna di avere chi mi sostiene” non so se ridere o piangere. Bè con l’acca? “Sono l’erede non malinconico di un uomo malinconico” maestro!
     
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    alcune frasi sono davvero ottime, centrate alla perfezione
    la storia c'è, ma la scrittura lascia un po' a desiderare
    per esempio, non afferro se in certi dialoghi mancano le lineette che li fanno diventare tali o se sono scritti così di proposito, quasi fossero dei pensieri
    in ogni caso colpisce non poco

    formattazione inconfondibile
    :goodmorning.gif:
     
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    Ci sono racconti più forti sull'argomento.
    Questo sembra un disegnino fatto da un bambino.
    Nonostante lo sforzo.
    Tinte tenui con il pennarello.
     
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  9. LEG
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    Ecco un modo alternativo di trattare il cancro-malattia. Ben riuscito, tra l'altro.
    Devo solo ripetere i commenti precedenti sulla scrittura, sfrangiata come il tuo neo a quanto pare...i dialoghi sono un po' confusi, ti tocca rivedere la punteggiatura.
    Bravo/a!
     
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  10. Silma Kemi
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    Carino, idea simpatica, punteggiatura però da fare impazzire!
    Ma te l'hanno già detto.
    I chirurghi sorridono, e tanto, sono dei pazzi furiosi!
    Il mio compagno lo è e me ne racconta di ogni tipo delle cavolate che sparano tra di loro e con i pazienti. E la pietà ce l'hanno anche loro, solo che devono camuffarla altrimenti se cominciano a piangere altro che paziente rassicurato!
    Comunque, racconto che tocca il tema del cancro in maniera lieve e ne approfitta anche per far emergere un amore, o almeno speriamo.
    Chissà se avrà un lieto fine.
    Io ci conto.
     
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    Anche questa mi pare una scrittura inconfondibile :)

    Il racconto affronta il tema nel modo più scontato possibile, il che non sottintende nulla di negativo. Resta in un tono leggero, tanto che il cancro non è il tema principale, quanto forse l'incontro con la compagna di classe. Questo può essere un bene o un male: dipende dal gusto del lettore. A me va benissimo.
    Certo la forma non agevola la lettura, e ci sarebbe proprio bisogno di una bella revisione alla punteggiatura.

    In conclusione: un racconto con diversi problemi di forma che non punta al (mio) podio, con tema non trattato originalmente ma comunque in grado di farsi leggere con piacere. :)
     
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    La forma lo penalizza.
    Ma se vado oltre, è bello e mi piace.
    I dialoghi, i punti di vista, il titolo.
    A me piace tutto.
    Car amic, rivedi la forma e basta.
    Il resto è perfetto nella sua inconfondibile personalità.
    Ele
     
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    Penna stilografica

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    All'inizio ho pensato: strano incipit. Sarà quel "più che altro per dare un'occhiata..."
    Poi ha cominciato a piacermi.
    Complimenti :appaluso:
     
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    Penna furiosa

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    Ok, io non ho riconosciuto chi sei. Ma mi è piaciuto. E molto. Aspettati un voto da parte mia.
     
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    Penna suprema

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    Mio esordio nella competizione di SPS. Racconto la mia storia, vera. E già incontro lettori amici e nemici. Veri. :)
     
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