Scrittori per sempre

Votes taken by allerim 4

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    Mi è piaciuta molto questa storia italiana e contadina – un’Italia della memoria forse – perché parla di ragazzi che, invece di impasticcarsi in discoteca, vanno a fare il “campus” tra i filari di mais, che sembrano <<alti fino al cielo>> e si divertono con cose semplici. (Come gli spettacoli ingenui di Mago Universus.)
    Un bel racconto senza citazioni dotte, né versi di canzoni in inglese, tutti orpelli inutili a rendere accattivante un racconto. Basta a coinvolgere il lettore una storia così, che parla di lavoro, fatica, sudore e di Laura, un tipo “da mortadella” (ma quanto è buona, altro che bresaola!) che ti resta in mente per quelle «campane che le suonavano nella testa», mentre «le zanzare facevano la serenata» e quel «bouquet di smansarine e una bandana che le fa da velo e strascico insieme.» Una storia pulita e forse perché pochissimi ormai scrivono di questi temi, (abbondano invece gli stupri, anche quelli presi in prestito dalla mitologia) mi sembra – guarda un po’ – una storia veramente originale. Complimenti.
  2. .
    Trovo intrigante l'idea di un racconto/saggio, ma qui non mi sembra ben realizzata perché - più che una tesi da dimostrare con lucidità - porta avanti una serie di riflessioni trite e ritrite scollegate dall'incipit. Quindi non rispetti la forma del saggio e nemmeno quella del racconto. L'idea interessante poteva essere questa: "Eva ne rappresenta lo “Spirito” seppure generi “Materia” col parto, mentre Adamo che è “Materia” deve evolvere a “Spirito”. Ma tu, caro autore, ti limiti a descrivere il già detto, senza argomentare con opportune e personali riflessioni. Tanto per fare un esempio, avresti potuto spiegare come e in che modo Marta avrebbe contribuito all'evoluzione spirituale del marito, magari attraverso una serie di episodi raccontati in flash back, che ti avrebbero consentito di rendere il testo un vero racconto e di riagganciarti all'incipit. Non mi fermo sugli errori e sulla forma su cui hai già avuto diversi commenti.
  3. .
    CITAZIONE (vivonic @ 19/7/2013, 01:26) 
    Embè, che c'è che non va in questo racconto? C'è un bel riferimento spaziotemporale che ci permette di collocare la scena in un contesto sociopolitico ben determinato. A parte che se fosse stato Campo dei Fiori 2013 non sarebbe cambiato un accidenti, ma sorvoliamo.
    L'autore usa un linguaggio sofferente, pacato, insomma mi crea un'emozione in cento parole. Porca miseria!
    E poi quel finale, che io ho interpretato a modo mio probabilmente... Parliamone:
    CITAZIONE
    Ricordo quando ti vestivi da donna

    . Chi si vestiva da donna nel '39? Dice pure:
    CITAZIONE
    Sono sempre stato il più impulsivo

    e qui mi pare che quindi non sia un gesto impulsivo vestirsi da donna... Insomma, queste due frasi, lette con l'ultima, mi fanno pensare che non stiamo parlando di un rapporto omosessuale, ma trans. Hai scelto lei, ovvero di essere lei, quella che si vestiva da donna. Non "hai scelto lei" quindi mi lasci per vivere una vita "normale". Mah.
    Ma che cavolo sto dicendo non lo so, solo che vorrei votare questo minerrimo ma mi ricorda troppo Maurice che ho portato alla Maturità e sto cercando di svincolarlo dalla morsa attanagliante di Forster. Ma forse non ci riuscirò... :(

    Concordo Viv. Questo mini m'ha ricordato un incontro con un trans. Ero in gita con un gruppo di amici in un paese della provincia di Catania. Ai tavoli di un bar ci sedemmo per fare colazione,... un casino. A un certo punto una strana tipa vicino a noi cominciò a inserirsi nella conversazione e a raccontarsi. Fu la cosa più interessante della giornata. Quel giorno m'è rimasto in mente per lei.
  4. .
    Il testo s’ispira chiaramente al film ”NO” di Larraìn, (Cannes 2013). Tornano così d’attualità le vicende recenti della storia cilena e, in primo piano, l’importanza della comunicazione.
    Il tema è centrale: l’arcobaleno è il simbolo della campagna pubblicitaria vista da una prospettiva inedita che rappresenta una vera novità culturale. No alla dittatura ma sì al marketing tv.
    “Signori, il simbolo della campagna del No è l’arcobaleno! Mettetelo dappertutto: su magliette, cappelli e bandiere, sui manifesti. Mettete l’arcobaleno nelle mutande, nei cessi, sui muri, per le strade. Tappezzate il paese di arcobaleni. Oltre a disegnarlo cercate di farlo parlare. Fatelo cantare. Non so come, ma fatelo cantare e danzare."
    Non sempre gli uomini di buona volontà sono dei grandi comunicatori, ma Esteban Serrano (E. Garcia) lo è. Con uno spot seppellisce la dittatura, diventa un combattente per la libertà.
    "Giunto nella piazza vidi qualcosa di strano: due ragazzi volteggiavano sul lastricato come danzando, cantando il motivo degli spot del No. Indossavano le magliette con l’arcobaleno. Quando mi avvicinai uno di loro gridò:
    “Vinceremo, signore, vinceremo!”
    Bisognava farlo cantare e danzare l’arcobaleno, aveva detto il senatore. A quanto sembrava, c’eravamo riusciti."


    Il racconto si snoda sul filo di un’intervista che – senza voler essere drammatica, quasi in linea con la pragmatica della comunicazione raccontata – presenta motivi di interesse e spunti di riflessione per chi scrive (e quindi si rivolge a un pubblico cui comunicare) Originale davvero.
109 replies since 5/7/2013
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