Scrittori per sempre

Votes taken by allerim 4

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    Complimenti ai vincitori di questo step difficile che ha appassionato tutti i partecipanti, come si evince dal numero delle letture e dall’impegno profuso nel commentare.
    Grazie a chi ha votato il mio racconto; grazie per l’attenzione, le letture, i suggerimenti.
    Mi fermo ancora un attimo per chiarire alcuni punti ed eventualmente discuterne, se qualcuno avrà la bontà di leggere quanto segue e di rispondere.

    L’oasi felice è un vero incubo. Per dirla con Parnassius, è un sistema caratterizzato dalla mancanza assoluta di speranza. L’atmosfera è angosciante: questa è l’emozione fondamentale che ho inteso trasmettere.
    Il protagonista vi è catapultato senza sapere come e perché (come l’uomo è “gettato nel mondo”) e deve passare attraverso una serie di esperienze frustanti per sopravvivere.
    Egli s’illude di essere diverso dai compagni di sventura perché riesce a eludere, attraverso la velocità di intuizione, il meccanismo che rende trasparenti i pensieri. (Dalca Rodo, è ovvio che c’è un meccanismo, anche se non viene descritto. Mi propongo di farlo; grazie del suggerimento.) In realtà è anche lui un cyborg, uomo macchina, anzi il clone di un ibrido, come tutti destinato alla rottamazione. La diuturnità si rivela una folle aspettativa.
    Come qualcuno ha notato (Psicogrigio) il testo, pur nella sua dimensione fantascientifico-distopica, vuole offrire spunti di riflessione sulla condizione esistenziale dell’uomo.

    Spero di aver chiarito cosa sono gli ibridi o copie di ibridi (vengono clonati più volte). In quanto uomini-macchina non sono impossibilitati a pensare, perché la loro componente umana ne è capace; è solo proibito. Potrebbero dunque trasgredire, ma non lo fanno perché il sistema proietta i loro pensieri sugli schermi, disseminati ovunque. Il deterrente sta nelle punizioni.
    Nel corso della durata novantuno, il dirigente permette a U Enne di pensare, infatti nella durata successiva gli assegna il compito di redigere dei messaggi, attività che non potrebbe svolgere senza pensare. Né i capi hanno intenzione di liquidarlo – finché non raggiunge il limite di usura: 7300 –perché funzionale al sistema. Chiaramente il narratore è onnisciente fin dall’inizio; pdv in terza persona. Altrimenti chi è a narrare? Se fosse il protagonista, si esprimerebbe in prima persona. Il finale non è raccontato dall’autore, ma dal narratore.
    Grazie ancora. Per me, questo step è stato divertente oltre che interessante; arrivederci al prossimo!
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    Aki! Mi va che ci sei!
    Perdonami l'intrusione, autor. Aki non lo sentivo dai tempi di SETTE.
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    Anche a me il racconto è piaciuto, ma non lo voterò. Se il senso di questo concorso è nel cimentarci in generi diversi, l'aderenza al genere richiesto dallo step dovrebbe essere parametro fondamentale di valutazione. Cmq faccio i miei complimenti all'autore: bellissimo fantasy!
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    Non mi soffermo sugli errori di forma e punteggiatura che già ti sono stati segnalati da Arianna con dovizia di particolari. Secondo il mio parere, il risvolto metafisico inficia la plausibilità del testo perché Dio non è luce fisica, ma spirituale e pertanto non è possibile prelevarne particelle da inviare sulla terra. Visto che qui si fa riferimento al Dio dei cattolici, come si evince dal citato episodio della trasfigurazione del Cristo e da altre considerazioni. Diverso sarebbe stato se si fosse concepito un Dio/Energia. Ma in questo caso sarebbero sorti altri problemi.
    Dante nell’ultimo canto del Paradiso parla della visione di Dio utilizzando la metafora della luce, ma la sua è una visione poetica “Cotal son io; che quasi tutta cessa Mia visione , e ancor mi distilla Nel cor lo dolce che nacque da essa.”
    La fantascienza non esclude la fantasia o la poesia, ma bisognerebbe rifarsi a teorie scientifiche plausibili, invece qui siamo nel surreale.
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    L’idea non è certo originale come non lo è il riferimento alla favola di Alice. Anche la ragazza che muore mi sembra un espediente d’effetto – sempre commovente – ma sfruttato.
    Per me il racconto non è molto accattivante e anche un po’ melenso. Figurerebbe meglio in un step dedicato al fantasy. La forma mi sembra corretta ma prolissa, appesantita da rimandi e ripetizioni.
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    Si dispone oggi di studi scientifici sull’allattamento indotto - pratica già nota fin dal 1800 (uppa.it) – per cui ho trovato strano, ancorché inutilmente sadico, il metodo della dottssa Bergmann che qui viene immaginato e descritto. Sarebbe stato sufficiente utilizzare il farmaco adatto (domperidone).
    Il racconto non mi ha coinvolto; mi è sembrato piuttosto ingenuo e per certi aspetti più vicino all’horror, non però quando si accenna al businnes di formaggi, ricotte, budini e saponi. Lì mi ha strappato un sorriso.
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    PREFERITI DA ALLERIM 4

    1- L’ULTIMA BATTAGLIA P 5 perché mi ha commosso

    2- CARO CONTE PADRE P4 perché è un piccolo capolavoro di stile, sentimento e amor di patria

    3- LINEA GOTICA P3 per l’abilità dell’intreccio presente/passato, reso con naturalezza attraverso il dialogo tra nonno e nipote

    4- IL CAFFE’ DELLA RIVOLUZIONE P2 da cui traspare una visione disillusa della Storia in linea con il racconto storico postmoderno, ma lascia trapelare la speranza

    5- IL PONTE FREDDO P1 per l’originalità della scelta narrativa

    Segnalo: LA MORTE DI SENECA; JACK DANIEL’S END, LA SPADA DI ALBOINO; STORIA D’AMORE E DI LIBERTA’

    Inoltre COME UNA NUBE GRIGIA eliminato dalla cinquina per autoesclusione dell’autore
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    Questo racconto, a mio parere, rientrerebbe perfettamente in uno step a tema su “I primi anni ottanta”, se non altro perché ci presenta Giancarlo Siani vivo.
    Il punto è che il giornalista de “Il Mattino” acquista dimensione e valenza storica quando viene assassinato dalla camorra. Di questa morte, del come, perché e quando, della lunga vicenda giudiziaria nulla viene detto.
    Vero è che ci offre un quadro vivace di vita napoletana, vero che è scritto con partecipazione, né posso dire che non mi sia piaciuto come racconto, ma come ”storico” lo trovo piuttosto superficiale.
    Concordo con il commento di Mangal: “Lo amplierei, piuttosto che asciugarlo”
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    Scrivere un racconto storico non è – diciamo – cosa semplicissima. Bisogna documentarsi; magari trovare informazioni poco note e inoltre conoscere, almeno in parte, quello che è stato già scritto sull’argomento. Non è sufficiente parlare di guerra o citare l’Operazione Barbarossa per suscitare interesse intorno a una vicenda "rosa" abbastanza comune.
    Oltre tutto la scrittura è poco curata, refusi, errori(un salma), espressioni involute( ai bambini … a chi che ne avevano più bisogno/ all’evidenza che lei di emozioni ne aveva bisogno) inadeguatezza lessicale ( si etichettava tanto uomo/ pelle di ceramica/ giaciglio) e poi perché quegli spazi prima della virgola?
    Scusa la franchezza, autore, vedrai che la prossima volta farai meglio.
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    Mata Hari, simbolo e vittima del suo tempo - tra la belle epoque e la prima guerra mondiale - è la protagonista di questo bel racconto. Scelta azzardata perché è difficile scrivere di un personaggio che oltrepassa i limiti cronologici della sua epoca per sconfinare nel mito, perché di lei tanto si è scritto e si scrive ancora ( P. Coelho, “La spia”, pubblicato in questi giorni) e la splendida interpretazione cinematografica di Greta Garbo rimane nell’immaginario di più generazioni.
    La questione “colpevole o innocente?” difficilmente troverà risposta definitiva, in quanto il processo fu celebrato a porte chiuse. Il nostro bravo autore tuttavia non elude il quesito e mi sembra propendere, tra le righe, per l’innocenza. In più ci regala una interpretazione umanizzata dell’agente h21, della donna e della madre, senza però trascurare la verità storica, sintetizzata nel testo attraverso brani - direi - di virtuosismo sintattico, che qualcuno considera “spiegoni” ma mi sembrano scritti molto bene e rivelano una documentazione impeccabile.
    I personaggi citati sono tutti storici, ad eccezione di suor Leonide; però si sa che la Hari fu affidata in carcere alla cura delle suore.
    Forse troppi i personaggi citati? Forse. Non è facile sintetizzare una vicenda e una vita così complicata in ventimila battute. Ci sono alcune improprietà nell’ortografia - errori di battitura, come maim invece di main, m ed n sono vicine nella tastiera - e nella punteggiatura, ma il racconto è così interessante che quasi non si notano. Riuscito il mix di onirico e reale.
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    Più che l’eccesso di informazioni - ci stanno in un racconto storico - quel che infastidisce è la pedanteria di certi dettagli. Per esempio: «- Nel retro della casa, dove una volta c’era l’hortus. Passa per l’andron e raggiungilo nel peristilio.» Poiché Gaio conosce il percorso, sarebbe bastato dire «Raggiungilo nel peristilio.»
    Come altri, ho notato che la battaglia è descritta in modo distaccato: dici quello che Gaio ha visto, senza però trasmettere lo stupore o le emozioni suscitate da un momento drammatico in chi lo vive in prima persona. Anche la reazione del padre mi sembra piuttosto indifferente. Come dire: ora è finita, pensiamo alle cose nostre e al tuo futuro. A prescindere da queste considerazioni, il racconto mi sembra adeguato al genere. Il che non è poco.
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    Il pregio del racconto è che si intuisce subito di quale personaggio si parli. L’argomento scelto è interessante. La prima parte, lunga e dettagliata, è la cronaca di un evento storico di cui il bambino è testimone poco consapevole. Nella seconda parte dove – ormai adulto – il protagonista avrebbe potuto entrare nel vivo della storia del personaggio e del “dopo Tito” diventa molto sintetico e avaro di dettagli e punta di nuovo sul personale, raccontando la morte della madre.
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    Forte il richiamo al Piave e alla battaglia di Vittorio Veneto.
    «Abbiamo vinto, Beppe, abbiamo vinto…» finale che “giustifica” la morte del soldato.
    Bello quest’omaggio al 25° Reggimento Lancieri Mantova e ai “ragazzi del’99.
    Su quel fronte c’era anche mio nonno. Non ci crederete… mi sono commossa.
    Bello che, ogni tanto, qualcuno ci ricordi una pagina di gloria italiana. Approvo la scelta di “narrare in prima persona da parte di un protagonista che nel finale muore” perché penso che – in qualche modo – i morti parlano, anche attraverso gli altri che li ricordano.
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    Congratulazioni, Man!
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    Mi è piaciuto tanto che ne ho scritto la recensione.
109 replies since 5/7/2013
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