Scrittori per sempre

Votes taken by Arianna 2016

  1. .
    Sì. Nell'estate del 2016 tornai a casa da Anghiari, dopo la settimana estiva di scrittura autobiografica, con l'intenzione di trovare un'occasione per tornare a scrivere, dopo due anni praticamente di fermo. Spulciando tra i concorsi letterari, trovai Ink: ad attirarmi fu proprio la clausola dell'obbligo, per i partecipanti, di commentare tutti i racconti in gara, quindi la necessità di condividere le opinioni. Mi piaceva anche l'idea di una sorta di "ruolino di marcia", anche se non troppo pressante.
    La formula, nel mio caso, si è rivelata positiva.
  2. .
    "Ucronia" significa "una storia che non si è mai realizzata"
    "quello dell'ucronia (dal greco "senza tempo") o, come dice la scuola americana, della "storia controfattuale", è sempre stato considerato come un giochino ozioso e addirittura guardato con sospetto, rappresentando un'« evasione » dal rigoroso studio della storia così come esso era concepito nella sua veste tradizionale. I più lo catalogavano nel capitolo della "fantascienza", e quindi riguardavano ad esso come un genere letterario minore e buono tutt'al più per studenti e massaie."

    "Ma, come spesso avviene, il brutto anatroccolo è diventato un bianco cigno, e l'ucronia si è trasformata, da genere letterario di evasione, in un vero e proprio metodo di analisi della storia: chiedersi cioè come sarebbero potute andare le cose se un solo particolare fosse risultato diverso da quello della nostra Timeline (il cosiddetto POD, Point of Divergence), allo scopo di studiare quali dinamiche politiche, economiche, etnologiche, eccetera sono all'opera dentro la nostra storia. Come ha detto Isaac Asimov in uno dei suoi romanzi, basta spostare un barattolo di vernice da un ripiano all'altro di un armadio, per allontanarci in maniera significativa dalla « nostra » storia così come noi l'abbiamo conosciuta.
    .
    Tipi di ucronie
    Ciò non toglie naturalmente che l'ucronia rimane un genere letterario particolarmente affascinante, soprattutto quando si presenta nella sua versione « simmetrica », cioè quando i personaggi sono gli stessi della nostra Timeline, ma i loro atti hanno un diverso esito: una situazione che gli storici di professione di solito non accettano. Se infatti i Barbari di stirpe germanica non avessero invaso l'impero romano, l'attuale popolazione europea non avrebbe potuto nascere dalla fusione di latini e germani, e dunque un « me stesso » simmetrico non avrebbe potuto esistere.
    Siccome però è sempre possibile inventare un espediente letterario che giustifichi ugualmente quest'esistenza, è possibile sfornare una miriade di racconti ucronici, che forse non hanno la rigorosità di un saggio storiografico, ma certamente conservano tutto il fascino di un'opera di fantasy. L'espediente più comune, nato nell'ambiente di Star Trek e sfruttato spesso da William Riker per scrivere le sue ucronie, è quello del « campo simmetrizzante », uno sconosciuto campo di forze che agisce tra due multiversi, cioè tra due Timeline (linee temporali) tra loro parallele, forzandole a far sì che in esse nascano gli stessi personaggi, ma con i ruoli invertiti. Ad esempio Roma nasce in America, o Napoleone in Russia, e così via. Ovviamente i veri "storici" di questo gruppo (Falecius, Never75, ecc.) non accettano quest'impostazione e preferiscono fare nascere personaggi diversi cui affidare ruoli completamente diversi nei loro "romanzi".
    Oltre al campo simmetrizzante ne esiste uno « neutralizzante », se si può chiamare così: in altre parole, qualunque sia il POD, dopo un tempo più o meno lungo gli eventi finiscono per confluire di nuovo nella nostra Timeline, come se la storia tendesse a "correggersi" per effetto di una sorta di « forza d'inerzia », a fronte anche di cambiamenti particolarmente importanti nel tessuto spaziotemporale; il genere di ucronia con ritorno alla Storia reale è quello prediletto da Bhrig, il nostro List-Owner. Di solito chi sostiene quest'impostazione è convinto dell'esistenza di una « Forza » interna alla Storia, che le imponga un certo tipo di cammino: qualunque deviazione finisce prima o poi per confluire nuovamente nel fiume principale degli eventi. Al contrario, altri sono convinti che l'agire umano sia svincolato da qualunque urgenza legata a una presunta Necessità, e che ogni diramazione sia possibile: tra i nostri collaboratori, Dans preferisce nettamente il genere "geopolitico a diramazioni", in cui ad ogni nuovo evento sono prospettate diverse possibilità, e si fornisce l'elenco delle conseguenze di ogni scelta."
  3. .
    "L'ucronìa (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.
    Per la sua natura, l'ucronia può essere assimilata al romanzo storico (specie per opere ambientate in un passato molto remoto) o alla fantascienza e si incrocia con la fantapolitica, mescolandosi all'utopia o alla distopia quando va a descrivere società ideali o, al contrario, indesiderabili."
  4. .
    "L'ucronìa (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria) è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.
    Per la sua natura, l'ucronia può essere assimilata al romanzo storico (specie per opere ambientate in un passato molto remoto) o alla fantascienza e si incrocia con la fantapolitica, mescolandosi all'utopia o alla distopia quando va a descrivere società ideali o, al contrario, indesiderabili."

    Questo non toglie che il racconto possa avere delle incoerenze, anche se a me sembra che si faccia comunque riferimento al "percorso storico" della linea evolutiva dei dinosauri, che avranno avuto anche loro una loro preistoria e una loro storia, magari con razzismo nei confronti di certe "razze".
  5. .
    Grazie, Stefia! Sì, per arrivare a questa decisione prima ho dovuto "sentire" che il romanzo non era più così "intoccabile", rispetto all'inizio. Non ho cambiato tanto, in quest'anno, però ho dato qualche sforbiciata e ho alleggerito qua e là la forma.
    Per questo mi è stato utile tutto il lavoro di commento fatto a Ink: dover lavorare sui testi di altri mi ha fatto vedere il mio in modo diverso.
    Poi, ho iniziato a pensare che forse posso anche scrivere altro. Anche se non so ancora cosa...
  6. .
    Simpatico, ironico, surreale, divertente, frizzante, ben scritto.
    “Si sapeva che sarebbe avvenuta: ora no, l’anno venturo forse, ma da qui a cent’anni di sicuro. E perciò, visto che il tempo era lungo, tanto valeva non pensarci.”: veramente carina!
    Mi piace anche l’idea satirica, giocata in modo surreale, che poi alla fine la gente si abitua a tutto e non capisce più il rischio di una situazione pericolosa: la Sicilia sta per sfracellarsi contro l’Africa, ma gli abitanti, dopo il primo smarrimento, si rimettono tutti a fare le stesse cose. Addirittura c’è chi trova da guadagnarci. I turisti no, loro fuggono, ma non sono siciliani.
    Il finale fantastico-surreale dell’inabissamento della Trinacria con citazione dantesca è la ciliegina sulla torta. Insomma, mi sei piaciuto e mi hai divertito.
    Unico neo: non è un racconto ucronico! Quindi, cito Achillu, se non ti voterò sarà solo per quello, perché del resto ti ho veramente apprezzato.
    Sarebbe stato un ottimo racconto anche per il genere umoristico/ironico/satirico.
  7. .
    Mah… Confesso di essere rimasta un po’ perplessa, forse perché ho peccato di sovrainterpretazione, vale a dire che, istintivamente, la mia mente ha dato al racconto una interpretazione valoriale che invece, immagino, l’autore non volesse assolutamente attribuirgli. Mi spiego: leggendolo, mi è sembrato che il modo in cui è scritto esprimesse un pensiero positivo dell’autore sul mondo che viene raffigurato. Un pensiero esageratamente positivo.
    A meno che, invece, non si tratti di un modo ironico di scrivere.
    Se infatti sono assolutamente convinta che la donna sia portatrice di capacità ancora inespresse nella società, che una partecipazione della donna ad ogni campo dell’esistenza che abbia lo stesso peso di quella dell’uomo farebbe solo bene all’umanità, se, insomma, penso che questo continuo porsi il problema di chi debba essere superiore all’altro sia una assurdità che si perpetua nei secoli, perché uomo e donna sono entrambi parti necessarie, in modo differente, dell’umanità, d’altro canto non mi sembra che il mondo dipinto in questa ucronia sia giunto a una sistemazione ottimale.
    Un’ucronica utopica che poi tanto utopica non è, in cui la poligamia ha solo cambiato di segno.
    Un mondo perfetto, in cui si decide chi vive e chi muore, di nuovo.
    E in questo mondo perfetto, che si fa dei figli maschi in sovrappiù che hanno la brutta idea di farsi concepire?
    Comunque, come dicevo all’inizio, probabilmente sono io che ho peccato di sovrainterpretazione, per cui questa è semplicemente un’ucronia che vuole mostrare che poi, alla fine, anche le donne al potere finirebbero per commettere sbagli molto simili a quelli che vengono commessi nella realtà.
  8. .
    Incollo qui anche l'ultimo testo che ho scritto l'ultimo giorno. All'inizio della settimana avevamo scritto in un biglietto una frase, scaturita da un'attività, che rappresentava un po' quello che ci aspettavamo di trovare. Il biglietto poi andava lasciato in posto che volevamo, in giro per Anghiari.
    L'ultimo giorno dovevamo cercarlo, vedere se era ancora lì o no, poi scrivere.
    Questo è quello che ho scritto.
    "Il mio biglietto non c’è più. C’è stato un gran vento, ieri. L’ha portato via il vento? Se sì, dove? Dov’è andato? Dove è arrivato? Lo troverà qualcuno? Lo leggerà? Lo butterà via? Finirà buttato in qualche sacco degli spazzini? Senza essere mai aperto e letto? Disperso per sempre e per tutti, tranne che per me, che ne ho tenuto copia? Oppure, un solo caso possibile su chissà quanti milioni o miliardi, anche se disperso dal vento, qualcuno lo troverà e lo leggerà? E anche poi lo leggesse, cosa ne farà? Gli dirà qualcosa? No? Cosa?
    Io, a tutte queste domande, posso dare una sola risposta: non lo so.
    E nemmeno lo posso sapere. Non è umanamente possibile saperlo.
    E questo vale per tutte le parole che pronuncerò nel mondo, per tutti i gesti che farò, per tutti i semi che lancerò e seminerò. Una volta usciti da me, il loro destino è nel vento e nella terra che li accoglie.
    Quello che posso fare io è seminare, intanto che sono qui, su questa terra. Vivere, vivendo ciò che per me è bene e buono, per me e per gli altri.
    Il mondo non è nelle mie mani, il mondo è nel vento, nel vento di qualcuno che vede e sa più di me. E ora in quel vento sono Raffaella, Roberto ed Enrica, che devo lasciare andare, perché altro non posso fare. Perché invece io sono qui, e sono ancora viva, ed è giusto che sia così, che io viva e ascolti il vento che ora mi accarezza, mi attraversa e passa oltre.
    Cosa avevo scritto nel biglietto? “Ritrovare i colori nel buio”.
    Non ho trovato i colori che cercavo, ma ne ho trovati altri.
    I ricordi felici della mia infanzia.
    Sentirmi bene in mezzo agli altri.
    La gioia, la curiosità, lo stupore nell’ascolto degli altri.
    La gioia della condivisione positiva.
    Sentirmi guardata con occhi nuovi e buoni.
    Ridere, ridere tanto, di cuore e di pancia, senza paura di farlo, senza paura di essere giudicata nel farlo.
    E anche poter piangere, un po’, perché piangiamo tutti, prima o poi.
    Ma non sentirmi prigioniera delle lacrime. Potere lasciarle lì, e andare oltre."
  9. .
    CITAZIONE (caipiroska @ 5/1/2018, 23:22) 
    Essere o non essere? L'eterno dilemma...
    E poi essere cosa? Essere chi? Non basta essere qualcosa per qualcuno?
    Ecco Arianna, l'effetto collaterale della tua poesia è quello di scatenarmi domande esistenziali!
    Che poi m'innervosisco e... mangio.

    A parte gli scherzi, la tua è una poesia concettuale che richiede molto a chi legge.

    Mah... in realtà a me non sembra concettuale per niente, anzi. Mi sembra fatta di sentimenti ed emozioni molto universali. Diciamo che mi sembra che, durante la notte, il mio inconscio si sia calato nel profondo delle motivazioni umane che spingono a fare qualcosa.
    Alla fine, per fare qualcosa che causa dolore, è necessaria una motivazione forte, un obiettivo che percepiamo come importante, più della fatica che ci costa raggiungerlo, tanto da farci passare in secondo piano la fatica.
    Mi dispiace molto che qualcuno abbia scritto che non c'è contenuto in quanto ho scritto, perché di contenuto penso ce ne sia, e parecchio: le domande che mi sono venute non sono domande della mente, ma del cuore, delle emozioni, della vita.
    In fin dei conti, quello che dà significato e senso alla nostra vita sono le relazioni umane: quanto è importante per tutti noi essere percepiti, visti, sentiti, toccati (in ogni senso) e, alla fin dei conti, amati...
    Certo, sapendo questo, ognuno di noi si impegna a dare le stesse cose agli altri, ma non può farlo se prima non ha capito quanto questo sia fondante per se stesso.
    E in me l'idea di questa cosa terribile, la dieta, può avere un significato solo se finalizzato a questa relazione affettiva...
    Magari per qualcun altro non è così...

    CITAZIONE (Gigggi @ 6/1/2018, 09:00) 
    Riconfermo il primo giudizio...Io amo più la poesia che la prova...Credo mi venga decisamente meglio...E prediligo ironia ed amore.
    Ma tu non sai ancora che Arianna saresti se facessi emergere di più la poetessa nascosta che è in te...Mi aspetto prima o poi una poesia d'amore Ariannesca!!!

    Grazie, Gigggi, chissà che non succeda, prima o poi :super-onion-smiley-111.gif:
  10. .
    Mi hai fatto morire dal ridere. Questo è un piccolo capolavoro di sintesi formale e concettuale: la buona intenzione che cala giorno per giorno, fino a scomparire. Ti dirò che mi è piaciuto.
  11. .
    Auguro a tutti tutto il bene possibile! Che i guai si risolvano, e se non si risolvono, almeno siano tollerabili. :nono.GIF: :nono.GIF: :nono.GIF: :emoticons-saluti-6.gif?w=593: :emoticons-saluti-6.gif?w=593: :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
  12. .
    Ora che il pranzo natalizio si è depositato, passo a dire qualcosa su questo racconto. Intanto, grazie a tutti per le letture e i commenti, sia quelli buoni che quelli cattivi: l'esperienza di Ink di quest'ultimo anno per me è stata molto importante per diversi motivi, uno di questi è che mi ha permesso di capire, o perlomeno di vedere, quali sono le reazioni di un pubblico, reazioni che, in molti casi, sono ben lontane dalle mie aspettative e dai miei desideri.
    Ognuno di noi desidera e spera che il suo "pargoletto" sia immediatamente ben accolto e compreso, coccolato e curato, invece no, non è così, assolutamente.
    E non è assolutamente detto che ciò dipenda dal lettore e dall'attenzione e dalle capacità che mette nell'analisi.
    Si tratta direi, in moltissimi casi, della combinazione dei due elementi, del racconto e del lettore. Certo, ci sono lettori e critici attentissimi e curatissimi, che leggono con attenzione e colgono molto bene ciò che il testo dice e quello che magari dice in modo meno esplicito.
    Ma è vero anche che non va sempre così, e se il racconto suscita troppe domande e lascia troppi dubbi, come nel mio caso in questo step, allora comunque evidentemente qualcosina lo scrittore non è riuscita a farla funzionare alla perfezione.
    Questo anno di Ink mi è servito per imparare a tirare un bel respiro, quando le cose non vanno come mi sembra dovrebbero andare e mi sento la scrittrice più incompresa dell'universo.
    Mi ha insegnato che magari l'universo non ruota attorno a me e a quello che mi aspetto, che mi arriveranno tante bastonate e dovrò essere riconoscente per ogni carezza, non dandole così per scontate.
    Mi ha insegnato che se mi dicono che la mia forma risulta un po' lenta e pesante, forse qualcosina la posso fare, per alleggerirla. Non è necessario fare molto: magari spostare qualche pezzo di frase, in modo da eliminare qualche inceppatura di lettura.
    Mi ha insegnato che se tanti lettori sollevano dubbi sulla comprensibilità, allora devo ringraziare e abbracciare chi ha comunque capito tutto, perché va a suo merito, ma che comunque devo tenere conto anche degli altri, per la mia futura produzione (certo, senza falsare ciò che ritengo buono e fatto bene).
    Più di tutto, questo anno di Ink mi ha fatto tornare a scrivere, dopo due anni di vuoto, e mi ha fatto capire che, anche se la scrittura non nascerà più nel modo strano, meraviglioso e surreale in cui è nato il mio famigerato romanzo (di cui ho parlato in altra sede), comunque può ancora nascere, con risultati forse addirittura letterariamente migliori.
    Questo racconto, come al solito, è nato negli ultimi giorni prima della scadenza.
    Ho visto bene e ho sentito le immagini che componevano le due parti, mentre lo scrivevo. Ed è nato così, senza tante spiegazioni, in modo un po' voluto e un po' no. In questo senso: quando ho iniziato a scrivere, alcuni anni fa, ero ossessionata dall'idea di dare spiegazioni su tutto, perché pensavo che il lettore le volesse, che altrimenti non capisse, per cui mi veniva spontaneo dire tante cose, esplicitare i sentimenti, i pensieri. Non lo facevo in modo forzato, semplicemente non riuscivo a fare in altro modo.
    Poi mi è più volte stato sottolineato che questo era un difetto, che dovevo eliminare e limare, lasciare più spazio al non detto, senza dare tante spiegazioni. E, in effetti, mi sono accorta che, più toglievo, più gli scritti acquisivano in efficacia. E mi sono accorta di un'altra cosa: che, in realtà, al mio cervello le descrizioni dettagliate non piacciono, le considera inutili e superflue ai fini narrativi e, in quasi tutti e casi, superflue per raccontare quello che, invece, gli sembra il cuore di ciò che vuole trasmettere. Un inutile appesantimento.
    Motivo per cui, tutto ciò che non ho visto e non ho sentito, in questo racconto non mi sono sforzata di raccontarlo. Lo sentivo come una forzatura.
    Perché i banditi tengono in ostaggio il paese? Non lo so, come non lo sanno i miei personaggi, ai quali ho messo in bocca le mie stesse domande: come pensate che finirà? Crede che abbiano detto a noi le loro intenzioni? E se decidono di uccidere gli ostaggi?
    Quante cose succedono, ogni giorno, senza che si arrivi a saperne la reale motivazione.
    Invece la storia di Jake, sinceramente, mi sembra molto chiara e, a questo punto, ringrazio di nuovo Allerim, che ho già ringraziato in un altro post.
    Giuro che non l'ho pagata: ha scritto esattamente quello che avrei potuto scrivere io per spiegare il racconto.
    Mi ha risollevato lo spirito, dopo le sequela dei "non ho capito" (Bucaneve, ti voglio tanto bene, ma come fai a dire che al lettore non vengono date le risposte che si aspettava, alla fine del racconto, dopo avere scritto un fantasy con uova di drago che appaiono non si capisce mai come, un casa che viene lasciata non si capisce da chi e via dicendo? Un fantasy che più giocato sulla suggestione, sul non detto e sulla non spiegazione non si può!).
    Ringrazio anche gli altri che hanno capito quello che si giocava sui silenzi.
    Sarà che nella mia testa era tutto così chiaro… La seconda parte spiega che Jake, dopo quello che ha passato, decide di starsene un po’ per i fatti suoi. Prima gira con Hector, poi, passando per Blackwater, viene attirato da questo buco di paese, così isolato e lontano dal mondo. Lì non vuole attirare l’attenzione, vuole solo un angolino tranquillo dove rimanere inosservato: un po’ come il Bartleby lo scrivano di Melville. Solo che, come poi dirà, sono i guai a cercare lui e soprattutto, anche avendo l’occasione di filarsela e fregarsene, non lo fa. Dai dialoghi si capisce che Jake e Nathan sono colleghi, sceriffi federali, e che Jake ha partecipato a un’operazione durante la quale è stato catturato.
    Si capisce che Jake è un tipo forte, che però non si sente più tanto così, dopo quello che gli hanno fatto.
    Fare il lavapiatti rappresenta un po’ il suo “tenere un basso profilo”, cercare di far passare inosservate le qualità che avevano evidentemente fatto di lui un agente federale con una certa considerazione. Per questo, alla fine, non può più tornare a Blackwater: lì ormai hanno visto chi è e cosa sa fare, non potrebbe più vivere quell’anonimato che cerca.
    E arriviamo al punto più controverso: la sparatoria mancata. Come è stato detto, non c'è e non mi manca. Fante, hai ragione: non la sentivo, non è nelle mie corde. Non la vedevo. Nella mia testa non c'è mai stata, fin dall'inizio.
    Certo, con un altro giorno o anche solo altre tre o quattro ore a disposizione avrei potuto mettermi lì a tavolino e strolgare qualcosa, ma erano le 23.30 del giorno della scadenza.
    Se questa scelta è piaciuta a me, purtroppo non ha accontentato le attese della maggior parte dei lettori e di questo, come sopra ho scritto, dovrò tenere conto in futuro.
    Mamma mia, quanto ho scritto, e forse non ho detto tutto.
    Per ora mi fermo qui.
    Però veramente, grazie a tutti per questo anno insieme. Davvero un anno importante e utile.
  13. .
    Grazie mille anche a te, sia per il voto che per la comprensione del racconto!
  14. .
    E' arrivato adesso. Ci ha messo un po'.
  15. .
    Tantissimi auguri, Emy!
    :emoticons-saluti-6.gif?w=593: :emoticons-saluti-6.gif?w=593: :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
235 replies since 27/9/2016
.