Scrittori per sempre

Posts written by Arianna 2016

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    Questo racconto è scritto da uno che scrive bene: si nota la padronanza del mezzo espressivo.
    Arrivano bene l’atmosfera e il significato complessivo: una storia sul punto di chiudersi o forse no. Le foglie in bilico ne sono il simbolo.
    Invece lo svolgersi della narrazione rimane spesso forse un po’ troppo ermetico, anche se questo può essere in sintonia con il linguaggio di una coppia, che di solito è fatto più di sottintesi che di parole esplicite.
    Non sono riuscita a lasciarmi coinvolgere sul piano emotivo.
    “La luce perde la lotta con il liquido torbido e prende la rivincita sul bordo della coppa; un lampo rimbalza sulla buccia verde della fettina di lime e mi fende la mente”: trovo questa frase un po’ pesante.
    Buona la chiusura.
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    Non so se è solo un deja-vu, ma ho la netta impressione di avere già letto questo racconto, anni fa, proprio qui sul forum, per un cento. Non del tutto identico. Questo racconto sembra quasi un suo ampliamento e arricchimento.
    Probabilmente me lo immagino. A volte mi capita.
    A parte questo, testo corretto, con un bel significato. L’elemento che mi è piaciuto di più è proprio quello del frammento di piatto, simbolo di quello che non si vuole che accada più nella propria vita.
    Non male.
  3. .
    Qualche virgola in più aiuterebbe la fruibilità del racconto, che mi ha richiesto alcune letture, per capirne bene il senso.
    Non ho invece capito il collegamento con il brano della canzone.
    Alcuni passi sono interessanti e originali (guardo la fila come una rata da pagare, la tribolazione diventa dono).
    Nel complesso, mi rimane un senso di grande malinconia.
  4. .
    Avevo già scritto nel mio file pre-commento una serie di annotazioni sulla forma, poi mi sono accorta che Petunia aveva già scritto esattamente tutto quello che anche io avevo segnato, quindi non sto a ripetere quanto già detto.
    Confesso che, per alcune righe, mi sono chiesta se la forma sintattica e lessicale che hai usato avesse un intento parodistico di un qualche genere letterario ottocentesco, però credo che invece non sia così, che invece tu sia molto serio. Immagino che, se hai scritto un pezzo con queste modalità, non ti importi molto se piaci o no a chi legge. Quindi, ti prego, continua a scrivere come piace a te, per farti sentire bene ed esprimerti come ritieni giusto.
    Si vede che questo è il tuo mondo interiore.
    Non è facile avvicinarsi al mondo di un altro senza fare danni, quando lo sentiamo molto lontano dal nostro modo di esprimerci.
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    Intanto ti do una dritta per la formattazione. Per eliminare lo sgradito spazio che si crea ogni volta che dai l’a capo col tasto invio, devi selezionare il testo, poi vai, nel menù home di word, nella sezione “paragrafo”, trovi il sottomenù “interlinea e spaziatura paragrafo” (indicato con alcune righine con accanto una freccina orientata alto-basso), clicchi e, nel menù a tendina che ti si apre, trovi, come ultima voce in basso, “rimuovi spazio dopo il paragrafo”.
    A parte questo, non ho appunti particolari da fare al racconto, nel senso che è lineare e corretto. Il problema è che è anche troppo lineare e piano, non ho trovato un guizzo di emozione. Non so se l’effetto è voluto, ma sinceramente non è una scelta che io avrei fatto.
  6. .
    Confesso di non essermi trovata a mio agio, nella lettura di questo racconto, a partire dalla stesso titolo.
    “A una certa”: immagino che sia un modo di dire locale, ho anche l’impressione di averlo già sentito, ma trovarlo come titolo… “a una certa” che cosa? Immagino significhi “a un certo punto, a una certa ora”, ma sinceramente non mi piace. Mi ha dato quasi l’impressione che la parola “certa” sia stata usata solo per fare rima con “scelta”.
    A questo punto, mi aspetto un racconto in cui sia compiuta la promessa fatta nel titolo, invece non riesco a trovare agganci tra il titolo e la narrazione.
    Una narrazione che si muove tra realtà e metafora, credo. Quindi, che la persona che tallona la donna sia la morte? In questo è il legame con il titolo? Perché allora però la morte è una scelta?
    Insomma, mi perdo anche nel corpo del racconto.
    Arrivo all’ultima frase, che davvero non riesco a collegare a niente di quanto scritto prima.
    Insomma, mi dispiace, ma davvero non ho capito molto e, soprattutto, da lettrice ho trovato una mancanza di coerenza narrativa.
    Spero che dopo la conclusione del contest le spiegazioni illuminino il tutto.
  7. .
    A me non dispiace. Nel senso che è il dialogo ha ritmo, è vivace, ha un certo contenuto. Mi lascia però anche perplessa perché sembra estrapolato da un’opera più vasta e lascia in modo eccessivo senza riferimenti il lettore. Immagino che questa lettura aperta sia voluta (quale posto gli sta facendo male? Chi sono i due? Cosa gli fanno se li trovano? Perché? E via dicendo… ), però la trovo forse un po’ eccessiva. Da una parte, è vero, caratterizza il racconto, dall’altra forse lo penalizza.
    Comunque, nel complesso, non male.
  8. .
    Mi è piaciuto questo racconto, questa capacità di tirare fuori letteratura dalla quotidianità e dalla normalità. A contraddire il titolo, ha un suo ritmo, scandito da quell’”Eppure”.
    La punteggiatura… ma che sto a dirtelo, tanto lo sai, vero?

    Edited by Arianna 2016 - 29/9/2020, 11:35
  9. .
    Il racconto fila e ha un significato che – sarà che lavoro con gli adolescenti – mi sembra interessante: il momento della rivelazione, di chi si decide di essere, al di fuori di un’identità di gruppo.
    Pensandoci adesso mentre scrivo, credo che anche inserire un gemello all’inizio (il cui nome non compare nell’elenco semplicemente perché lui sta elencando gli amici arrivati per la partita), elemento che in un primo momento mi era sembrato superfluo, vada in quella direzione: essere gemelli significa spesso essere percepiti dall’esterno come “uguali”, mentre non lo si è affatto; la ricerca della propria identità e individualità distinta deve quindi forse affrontare anche quell’ostacolo.
    Non male.
  10. .
    Mi ero chiesta quali spiriti arditi o ironici avrebbe attirato questa traccia.
    Questo racconto è davvero divertente, tanto da avermi fatto arrivare alla fine, prima di accorgermi che mi ero dimenticata qual era la citazione da usare.
    Immagino quindi che il collegamento sia il filo sottile della autonegazione dell’irriverenza, che però qui purtroppo non serve al protagonista per raggiungere l’obiettivo.
    Mi sono divertita e ho capito il racconto, pur non conoscendo le regole di Scarabeo.
    Complimenti all’inventiva.
  11. .
    Anche a me sono state necessarie per due letture, ma mi sembra di essere arrivata a capo di tutto.
    Chi sogna è Ricky (nome credo all’inizio volutamente lasciato in una ambiguità di possibile maschile/femminile, in modo da rendere più rivelatoria la frase finale, anche se gli indicatori grammaticali al maschile già portavano in quella direzione; dopo Ricky occorre la virgola).
    Nel sogno, Ricky ci dice (e lo dice anche a Max) che Max è come immobilizzato in una vita sempre uguale, quasi senza più emozione e quindi senso, per poi lamentarsi che tutto scorre sempre uguale.
    Ma, dice Ricky, in realtà tu sai che non è così, che le cose non sono sempre uguali, perché una notte da amici ci siamo scoperti amanti.
    Quindi, quel “Svegliati, Max”, è urlato nel sogno da Ricky, che soffre vedendo l’apatia di Max e vorrebbe “svegliarlo”, in senso metaforico.
    Non male, anche se la parte centrale è forse un po’ didascalica.

    Riletto: in effetti, Ricky può anche essere una donna. Immagino che l'ambiguità sia volutamente lasciata.

    Edited by Arianna 2016 - 29/9/2020, 11:38
  12. .
    Un racconto allegorico. All’inizio avevo pensato alla passione in senso erotico, poi però il fatto che lei ignori il divano e tocchi il pianoforte mi ha fatto deviare verso un altro tipo di passione, quella musicale. Immagino quindi che il mercato rappresenti i tanti impegni della vita che fanno sempre perdere di vista il tempo da dedicare a ciò che si ama, e le curve piene di neve siano le difficoltà che rendono pericoloso e insidioso il cammino.
    Mi piace il senso del racconto. La resa è forse un po’ rigida.
  13. .
    Io sistemerei un po’ la punteggiatura, la cui imprecisione complica la lettura e la fruibilità del racconto. La vicenda nel sul complesso è chiara: una donna attirata con l’inganno e poi rinchiusa. Alcuni particolari lo sono meno. Il racconto inizia con “la mano del mio uomo mi stringe fin quasi a stritolarmi”, quindi la frase ci proietta una certa immagine, di loro due insieme, poi però il qui e ora della narrazione diventa “ora sono rinchiusa in una stanza assolata”, immagino da sola, visto che riesce a scrivere il biglietto di stoffa che lancia nella scatoletta di tonno. Io come lettrice sento un po’ una caduta di logica narrativa interna.
    Mi sono sentita un po’ sballottata anche tra quel “donna del profondo sud” e “volata da Goteborg”.
    Alla seconda lettura ho capito che il “prezioso contenuto” della scatoletta di tonno non era il tonno stesso (ero stata portata a pensarlo perché mi sembrava che la donna stesse morendo di fame) ma la lettera che la donna ha scritto col proprio sangue sul lembo della camicia.
    Comunque, il messaggio essenziale del racconto arriva.
    Non so se la citazione è voluta o casuale, ma proprio l’altro giorno stavo guardando un video dello storico Alessandro Barbero nel quale lui racconta un aneddoto (si pensa probabilmente vero) su Garibaldi, per fare capire quanto fosse famoso in Europa. Una sua figlia illegittima si trova proprio nella situazione della tua protagonista: prigioniera in una casa a Creta, non aveva modo di comunicare con nessuno. Allora gettò dalla finestra una richiesta di aiuto per suo padre, in una busta con scritto soltanto “Da recapitare al generale Garibaldi”, e niente altro. Sembra che la lettera sia arrivata a Garibaldi in una settimana.
  14. .
    Pezzo molto d’atmosfera, giocato sull’incertezza di chi sia in realtà il fantasma. Mi piace come è stata resa questa ambiguità, anche se ho dovuto rileggere un paio di volte, per scioglierla.
    Quindi, il racconto funziona e hai usato bene le duecento parole. Unica caduta, come una nota dissonante in una melodia piacevole e ben suonata, quel “Mon Dieu”, che trovo un po’ artificioso e inutilmente sentimentale, perché l'atmosfera e il sentimento erano già ben resi con il resto del racconto.
  15. .
    Che bello! Bravissima, Petunia!
    Megacongratualazioni!
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1491 replies since 27/9/2016
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