| VOGLIA DI FILOSOFIA: UNA VISITA IMPORTANTE
La nostra signora protagonista era donna piuttosto insignificante: di mezza età, di mediocre bellezza e di mediocre cultura. A mo’ dei vecchi filosofi, amava passeggiare in uno spoglio giardino, limitrofo alla sua abitazione (caseggiato popolare a più piani), con la scusa di far passeggiare il cane e, intanto, litigava con se stessa sui temi principali della vita. Ma, mancando di ogni e qualsiasi attrezzo del mestiere, a cominciare da una adeguata intelligenza, non veniva mai a capo di alcun ragionamento e ingarbugliava i fili del suo pensiero tal quale fa il gatto con il gomitolo della lana. Così che, al rientro dalla passeggiata, il cervellino, pur scottando come un fornello rimasto troppo a lungo acceso, era più confuso e privo di conclusioni di prima. Poi, la casa, mai sazia di cure, la fagocitava nel suo stomaco caldo e la costringeva a danzare, al suono degli elettrodomestici, il noto “ballo della casalinga” che dura fino allo stramazzamento serale su di un letto, solitamente, a due piazze. Una sera alla “nostra” (chiamiamola filosofa, così per scherzare) la stanchezza aveva chiuso gli occhi con due francobolli da cinquemila lire e si trovava in quello stato, tra veglia e sonno, in cui le immagini che si formano sotto le palpebre non sono ancora sogni ma, piuttosto, residui stracciati ed incoerenti dell’esperienza diurna: oggetti deformati, fantasie, voci familiari amplificate a megafono o esili fili d’argento. Fu in questa situazione che le apparve Socrate, con i suoi occhi bovini e mansueti e il volto coperto dalle cicatrici del pensiero. Si dondolava su di una altalena senza fili con la bocca ancora atteggiata ad una smorfia di disgusto che, in greco antico, significava: “Quanto è amara questa orribile cicuta” Lei, a questa così augusta presenza, entrò in agitazione e avrebbe voluto alzarsi per un caffè o qualche altra cortesia di rito. Ma la stanchezza e il sonno le incollavano la schiena al materasso. “Signora, non si incomodi” disse lui, prevenendo ogni giustificazione, “non son qui in visita ufficiale. Mi piace solo vederla dormire e scambiare quattro chiacchiere alla buona” La donna si sentì scottare le guance appoggiate al cuscino. “Ma io sono così...insignificante” balbettò confusa, “mentre lei…” Socrate alzò un sopracciglio, visibilmente contrariato. “Insignificante?” domandò severo “e chi è che stabilisce i significati? Lei, con la sua povera testolina confusa? Il Congresso Universale dei filosofi? Il signor Pinco Pallone?” “Pallino” corresse lei a voce bassissima, per la paura di apparire saccente. “Secondo lei, una goccia d’acqua è meno significante di un’altra goccia d’acqua o dell’intero mare? Conosce lei, signora, il canto dell’Universo? No? Non ha mai appoggiato l’orecchio alla corteccia di un albero? Sa quello che dicono le foglie al vento? Non domandano: “Chi sono?” ma cantano “Ci sono”. Il senso della vita è la vita. Mi dia retta signora, mandi in vacanza il suo povero cervellino affaticato e ascolti le foglie, impari e canti anche lei la canzone dell’Universo: ci sono, ci sono…..” |
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