Scrittori per sempre

Posts written by Lycia

  1. .
    Dobbiamo crederti sulla parola? Esibisci documenti fotografici,
  2. .
    Mi hai fatto venire voglia del ghiacciolo alla menta che mi aspetta nel frigor
  3. .
    Molto carina Pet!
  4. .
    Pure gratuito!
  5. .
    Grazie Gian di leggermi e commentarmi sempre!
  6. .
    Prova costume?
  7. .
    Secco è l'inchiostro
    Rotto il pennino
    Stanco il poeta
    Dorme sul foglio
  8. .
    ROBY MIO!

    In terza elementare , “lui” le aveva detto: “quando sono grande ti sposo”.
    Più che altro, perché la sua vanità era gonfiata da quell’ amorevole adorazione dipinta negli occhi neri e zingareschi puntati su di lui come delle pistole in attesa dello scatto del grilletto.
    In realtà, la fanciullina, pur bella negli occhi, nei capelli e in qualche tratto del viso, non gli piaceva e, anzi, lo ossessionava con una presenza sempre più assillante: a scuola, nel cortile, al citofono, al telefono, nella buca delle lettere, sotto lo zerbino . sul banco. “Roby qui” “ Roby là” “ Vieni” Vengo” “Bacini” Bacetti” “ Ti amo” “ Mi ami?”. I compagni, pur invidiosi, lo deridevano e cantavano canzoncine sciocche, come si usa in terza elementare.
    Ma, da quando gli erano sfuggite, malauguratamente, quelle parole, si era sentito impegnato a considerarla la sua fidanzata anche agli occhi degli altri e non poteva più ridere di lei, anzi doveva difenderla e fingersi innamorato per un minimo di infantile coerenza.
    Così questo rapporto, ambiguo e contraddittorio, si era trascinato fino alla terza media. Roby soffriva assalti di tenerezza e dovuta riconoscenza a momenti di odio feroce e di voglia di sopprimerla. Non che non si fosse fatta una bella ragazza, anzi! I compagni di scuola la guardavano leccandosi gli incipienti baffi ma sapevano che era inutile cercare di corteggiarla perché lei aveva un solo amore.
    Poi, la vita li divise. Roby cambiò città: individuato da un talent scout, mentre giocava a pallone all’oratorio, fu inserito nel vivaio di una grande squadra e da lì partì una sfolgorante carriera calcistica che lo portò dritto in Nazionale nel giro di una decina di anni.-
    Beniamino delle donne, per il piede, il portafoglio e il faccino, si dimenticò completamente di lei e delle sue promesse e neppure le faceva visita nelle brevi puntate al paesello.
    Rassegnata ad un amore unilaterale, continuò ad amarlo con indomita passione, seguendolo, passo, passo, nelle vicende di una carriera parecchio travagliata. Perché il nostro Roby, come tutti i grandi della storia, era altrettanto odiato quanto amato. Sollevava, nel suo lieve passare nei campi di gioco, polveroni di gelosia e di invidia che si tramutavano in spiate, attacchi personali, esclusioni da finali importanti, espulsioni, picche e ripicche, polemiche infinite pro e contro sui giornali. I suoi primi piani bucavano le pagine sportive e non mancavano le malignità più assurde sul suo conto. Gli si attribuivano avventure con mogli e fidanzate dei più noti ed esposti personaggi che facevano agli occhi degli italiani la parte dei babbei.
    Ma lei, la fedelissima, lo amava anche così. Più lo attaccavano con ignobili menzogne come quella del calcio di rigore sbagliato apposta alla finale dei mondiali per punire il CT per averlo troppo tardi inserito tra gli undici campioni, più lei lo proteggeva con strani incantesimi, copiati da certi libri di magia, rinvenuti nella soffitta di un nonno esperto in questi affari. E, quando gli incantesimi funzionavano, Roby volava, i bellissimi piedi sospesi sull’erba, verso portieri paralizzati ed increduli e i suoi avversari soffrivano le più strane avversità: s’azzoppavano senza che nessuno li toccasse, perdevano il posto da cronisti presso giornali di prestigio , venivano cacciati da panchine di primo piano. Così si incrociavano il suo indiscusso genio calcistico con le serpi dell’invidia e con le misteriose vie dell’amore e della magia.
    Ma lui, povero piccolo Roby,nulla sapeva e nulla ricordava. Segnava i suoi goal scoccava gli assit vincenti, raccoglieva gli applausi dei fans, leggeva le critiche, sorvolava sugli insulti, benignamente accontentava, per quanto gli era possibile, le mogli e le fidanzate, e guardava sempre avanti, verso orizzonti di gloria e di luce. Non sapeva di essere “covato” da un religioso amore di madre e di amante.

    BUM!

    Il CT della Nazionale aveva i suoi guai. Si era isolato in una stanza per difendersi da ogni interferenza estranea che interagisse con le sue decisioni. Era al suo quarto mondiale: eccezionale carriera che voleva chiudere in bellezza con un successo sempre sfiorato e mai raggiunto. Questa volta, poteva contare su di un branco di giovani leoni pronti a ruggire nell’arena internazionale. Ventidue promesse già, parzialmente, mantenute nelle squadre di appartenenza. Ora scalpitanti di voglia di fare sfracelli.
    Ecco, sulla scrivania , il curriculum di ognuno: i bio-ritmi, le caratteristiche tecniche e psicologiche, la situazione familiare, lo stato attuale di forma rivelato dalle ultime prestazioni. Già tutto studiato, formazione perfetta, finale assicurata.
    Ma.
    Si c’era un “ma” terribile. Un “ma” di 36 anni compiuti. Un “ma” idolatrato dalla folla dei fans, anche odiato ma sempre grande ed importante nella storia del calcio. Come telefonargli e dirgli: “scusa Roby ma questa volta non ci sarai. Guarderai la partita dal televisore, con i tuoi magnifici piedi chiusi nelle pantofole, ma sei troppo vecchio, trentasei anni sono tanti anche per un leone come te. Sei come un figlio, lo sai, ma questa volta dobbiamo vincere. Lo aspettano i ragazzini che non hanno ancora visto un mondiale e i vecchi per i quali sarà l’ultimo. Rimani il più bravo, lo sanno anche le pietre, nessuno uguaglierà le tue magie ma gli anni passano inesorabili e i tuoi polpacci non sono più quelli, né il ritmo del cuore è lo stesso di quando driblavi quattro avversari come stupidi birilli messi sul tuo cammino. Vedrai: vinceremo anche per te e sarai la nostra bandiera.
    Lo fece e Roby rispose: “capisco”-
    Il giorno dopo, furono annunciate le convocazioni , con grande eco di stampa. L’Italia si divise in due. Nei bar non si parlava d’altro. Se fosse scoppiata la guerra sarebbe passata inosservata.
    Peggio di tutti stava “lei”, la piccola strega. Consultò i suoi libri di magia per vedere come e quando avesse sbagliato. La protezione che lo aveva accompagnato per tutta la carriera non funzionava più. Camminò , a passi veloci, per la soffitta del nonno che era divenuta il suo abituale soggiorno, dove lo spirito di Roby quasi si materializzava, concentrato nelle reliquie del loro lontano amore: un fiore secco, un coltellino, la sua prima maglietta da calciatore, le foto di classe, una letterina dalle vacanze, un fazzoletto che era stato intriso del suo sudore e poi ritagli di giornali e poster a grandezza d’uomo e pile di cassette con la registrazione di tutte le partite.
    Una rabbia cieca la soffocava. Come aveva osato, quello stupido ometto da quattro soldi, fare un simile affronto al più bravo calciatore di questo mondo? Quale assurda mancanza di rispetto e di riconoscenza! Andava punito subito! Bisognava allontanarlo dalla Nazionale prima che fosse tardi!
    Il giorno dopo, venne al CT un febbrone di misteriosa diagnosi e di inefficace terapia. Alla fine, i curanti conclusero che era una febbre da stress e fu esonerato dall’incarico.
    Ma il successore, suo giovane braccio destro, non osò modificare di una virgola i programmi e, anzi, lo consultava di continuo, facendo la spola tra il luogo del ritiro e l’ospedale.
    Passarono i giorni e venne la vigilia del massimo campionato. Svettavano le bandiere su molti balconi. I radiocronisti si lucidavano le corde vocali. I bagarini erano in frenesia. Le mogli e le fidanzate si preparavano ad una lunga vedovanza che le avrebbe private, oltre che del marito, anche del televisore. I ragazzini si volevano vestire solo d’azzurro.
    La sera prima della partenza il vecchio CT, pur nel delirio, chiamò il sostituto e gli disse: “Prenota un altro posto sull’aereo, voglio che Roby faccia il 23 esimo. Anche se non giocherà voglio che indossi la maglia. Gli spetta di diritto. Vedrai che ci porterà fortuna ma, per ora, non dare la notizia alla stampa, sarà una sorpresa.
    Roby che, in qualche modo se lo aspettava, fu subito pronto. Si guardò allo specchio prima di uscire di casa.
    “Trentasei anni ? Ma chi l’ha detto? Sono ancora un ragazzino”
    Perché gli venne in mente quella sua prima innamorata? Forse perché si stava ammirando con quei lontani occhi compiaciuti? Forse perché gli stava inviando, per vie misteriose, un messaggio d’amore?
    “Che fine avrà fatto?” si chiese.
    “Bah!” si rispose.
    Lei, intanto, si stava allenando alla più grande impresa. L’operazione richiedeva un livello di odio a cui non era giunta ancora. Bisognava allenarsi, caricarsi, pensare, pensare.
    Quell’aereo su nel cielo con quei ventidue, più il CT, il massaggiatore, il medico, il pilota, la hostess e qualche altro innocente. Era sufficiente l’odio a tanta catastrofe? Era diventata, per troppo scellerato amore, abbastanza cattiva? Poteva il signore del Male ammetterla alla sua illustre casata, conferendole tutti i suoi poteri?
    “ Roby” invocò in un rantolo “mio Roby, dammi tu la forza di annientare i tuoi nemici!”
    La passerella si chiuse dietro l’ultimo passeggero. I ragazzi già giocavano a carte guardando il culo della hostess niente male. I grattacieli parevano casupole. Poi le nuvole basse coprirono ogni cosa e Roby si addormentò mentre l’aereo si disfaceva in mille pezzi d’argento che brillarono, per un attimo al sole.
  9. .
    Anche l'età e l'interesse a uscire.
  10. .
    Incoraggiamento a vivere questa nostra breve giornata. Brava Geno!
  11. .
    E io pure lo conosco bene e ci ho scritto, a suo tempo, parecchio su.
  12. .
    Troppo gentile Tom.
    Si tratta di un discorso fatto ad una persona per far capire che l'efficienza non basta.
  13. .
    Dal diario di Luciano P

    Finalmente mi hanno dato carta e penna e posso scrivere . Sono un povero vecchio rinchiuso in un ospizio per malandati come me. Sono sempre triste ma come potrei non esserlo? Non avrei pensato che sarei potuto arrivare a questo punto. Le giornate non passano mai. Mi arrivano urla da una stanza vicina alla mia. Qualcuno sta soffrendo più di me. Altri vecchi non fanno che dormire. Magari sognano di stare bene in qualche altro luogo. Uno ha una faccia ebete che solo al guardarla mi intristisco. Le donne sono brutte. Le guardo e cerco di immaginare come potevano essere da giovani, osservando i loro lineamenti liberati dalla rughe. Un tempo le donne contavano molto per me e non mi sono fatto mancare niente.
    Ora mi manca l’affetto. Me ne basterebbe poco. Potrei accontentarmi perfino di un cane.
    L’assistenza sanitaria qui è buona e si mangia discretamente bene. Mi accudiscono due infermiere giovani e carine. Una è perfetta. Sembra appena uscita dall’Università, Facoltà di scienze infermieristiche. Ha mosse sicure e insieme prudenti. Le sue iniezioni sono così precise che neppure sento il dolore dell’ago. Appena arriva mi chiede come sto e poi mi misura la temperatura. Prende nota di tutto sulla mia cartella clinica. I medici la stimano. Io l’ammiro. Ho sempre ammirato la perfezione. Anch’io ero un tipo così. Mi piaceva fare bene il mio lavoro,
    L’altra infermiera è l’opposto: imbranata, pasticciona, confusionaria. Spesso la collega la riprende. A me dispiace. Si perché io le voglio un gran bene. Anche lei me ne vuole. Glielo leggo negli occhi, lo sento nella voce e nel tocco delle mani. Mi sembrano sempre calde le sue mani anche se forse non lo sono
  14. .
    I miei complimenti sono sempre sinceri.
  15. .
    Quando pittura e poesia si fondono, ecco Giancarlo!
6718 replies since 30/12/2016
.