Scrittori per sempre

Posts written by Giancarlo Gravili

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    Una sosta al bar Bone o perlomeno ex Bone oppure in caso di lockdown da Trapasso e asportare quel che resta di noi in tuta mista kevlar da gastronauti del caffè e col manuale del podista microchippato agonista via verso i tombini degli scoli che non scolano nulla e le buche sono il corollario mentre l'asfalto è quello da evitare, si fa prima a immergersi nel fosso, e da Capannelle Alberto Giubilo non giubila nel vedere tali maradoneti del piede che scalpitano e scalciano fango, ma la vita è questa meglio una tuta che un tutù e vuoi mettere il gusto della strigliatura in doccia dopo che l'irta salita par di fango colma e il deretano porta stampato una mano di qualche fanciulla che voleva solo incitarti al gareggio, ma non era meglio il trotto?
  2. .


    Er vello

    C’è er vello?
    Quello d’oro
    Quello dell’argonauti
    C’è o non c’è?
    Insomma me volete da risponne…
    C’è er vello?
    No
    Er cervello se lo so trafugato li ladri
    nottetempo se so ‘ntrufolati a casa mia
    e li hanno razziato tutti l’ori
    e siccome che avevo lasciato il prezioso avere
    in una cassapanca lo hanno trovato e se lo so piato
    Dovemo capii in fonno feceva freddo e coprisse con
    un vello era utile specie se era puro de orificeria.

    Ma mo me sto a chiede
    come devo da fa si non lo posso più indossa?
    E di che me serviva proprio dimani, ci ho un colloquio
    de lavoro e come se po fa?
    Me ricordo quanno che c’era er vello... come se stava bene
    sempre ar carduccio, me potevo permettere pure de pensa
    pe li fatti miei e poi ansai quanti che me invidiavano er vello mio.
    Me sa che quarcheduno ha fatto la spia…
    Ma si lo pio, je smozzico tutto er culo.
    Nun se po campa senza er vello
    so scoperto nelle idee, nun ci ho protezione
    me se intruppa il pensare
    Io ar carduccio me sento mejo
    protetto e accudito
    In fonno si c’è er vello pe ognuno
    sai quante cose meno agghiaccianti che avrebbero meno ner monno...
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    A proposito Man ma non è che ci trasferiamo in codesta località, la musica mi pare caruccia... http://radio.garden/visit/mangaluru/AZhYJs4F
  4. .
    Sorride 'n ciel astro gemello
    d'esser 'n parte faccia esposta
    che niuna orma mai sposta
    porta pur uno strano fardello

    Vagan taluni in tal guisa pel bello
    ch'alma cattura a cercar risposta
    e speranza nel sognar par riposta
    in cotanta Petunia abbandona fardello

    E dulce m'è il pensiero nell'astro
    sempre teso nel goder di cose belle
    che del viaggiar siam forieri

    Ma poscia sarem detti stranieri
    a riveder 'sì amate stelle
    ch'ognun di vita sarà mastro
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    Va bene nome e cognome per me...
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    E così sarà, perché deve essere così, quando ci si rende conto che il sentiero è bloccato da un albero caduto, si cerca un qualcosa che serva per non fermarsi e spesso, se avanti è impossibile andare, non è male nemmeno ritornare sui passi e cercare nuove vie.
    La ricerca e un po' la metafora del cammino di Santiago, in definitiva oltre la meta ci siamo noi e l'oceano, siamo noi che dobbiamo scoprire il nostro viaggio.
    Posso citare l'amico Tom che è sempre in viaggio dentro se stesso e questa sua ricerca interiore inquieta e incessante lo tiene vivo sempre proteso nella ricerca di quel "Fare" che lo sostiene realmente nel suo cammino principale che avviene all'interno della sua anima.
    «Nella consuetudine muore l'intelletto»
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    Il viaggio

    Oh quante belle novelle
    Tutte tue sorelle
    E non credere che sian solo quelle…

    Declamerò ora

    Mala tempora currunt
    e c’è del marcio in Danimarca
    C’è anche qui
    «E il sole se ne scende
    e mi viene una certa malinconia
    ma sotto una finestra vorrei stare
    oh sole mio»

    Iniziai un viaggio tanto tempo fa,
    fa nulla se non ve lo racconto
    tanto poco importa dove la strada porta

    Scorgevo nel salotto di casa alcune figure di refluo rifiuto
    alcune erano finte
    altre pure finte
    ma erano tutte figlie a mammà
    e ogni scarrafone si sa…

    Iniziai un viaggio
    vi era un mulo e quattro carri
    e un topolino che al mercato mio padre comprò
    «Alla fiera dell’est per due soldi
    un topogigio mio padre comprò
    e venne lui,
    si ma lui chi è?
    Una testina di cetriolo
    e una rosa blu sul tuo seno
    ci impiegò cinque giorni a morire»

    Iniziai un viaggio con un torpedo
    e forse qualcuno mi seguì in torpedone
    e mangiammo panini al salame e salami
    mangiarono panini.
    Era un giorno di maggio e da un locale dislocato male
    usciva fuori un new yorkese jazz
    Jack faceva lo squartatore dopo la Brexit
    e in Europa si festeggiava il capodoglio
    Per le vie della grande mela il sindaco Giuliani aveva spazzato
    via la melma dai quartieri
    Brexit e Bronx…
    Charles Bronx era il giustiziere della notte e gli stupratori non avevano
    vita facile, un colpo di 44 sui coglioni e poi non dirti che non ti avevano avvertito.
    Il tenente Harry Callaghan ripuliva con la sua 44 le vie di San Francesco
    Forse qualcuno faceva ancora il presepe e i poveri erano la chiesa
    Iniziai un viaggio in torpedone e vidi cose che voi umani non avreste potuto veder mai
    né immaginare…
    Vidi chiare di uovo che si montavano da sole e viaggiai, si viaggiai con Lucio Battisti e Mogol oltre i confini della RCA. Spaccai 33 giri e feci volare dalla finestra un giradischi automatico della Thorens ma non riuscii a farmi assumere da nessuno.
    Nessuno volle avere a che fare con me, avevo una voce da tacchino e vestivo magliette Sergio Tacchini e Borg vinceva in cinque set a Wimbledon mentre Mc Enroe mangiava il budello delle corde e la Bertè Loredana convogliava a nozze un paio di racchette.
    Il viaggio lo feci davvero, non penserete che vi prenda per i fondelli?
    C’erano luci e profumi nella notte e il signor cinquepalle non mi conosceva e io non conoscevo lui,
    alla malora allora, un autobus procedeva seguendo le strisce confinate a bordo strada…
    Declamerò:
    «Non vedevo luci e ascoltavo musiche balcaniche mentre dei danzatori bulgari guardavano i film di 007 e cercavano di inseguire Octopussy e disinnescare quel muro di Berlino»
    Provai a telefonare al tenente Callaghan ma era troppo impegnato sul set e io che vivevo di set non mi feci pregare rifilando tre set a zero nella finale del campionato a squadre del circolo tennis.
    Dicevo e dirò ancora del viaggio e magari vi stuferete pure di leggere.
    E l’autobus viaggiava pure lui verso due piatti di maccheroni al forno e a San Marino s’organizzava già il veglione 2020 per fottere il covid italiano, era un sabato italiano, un sabato qualunque e l’orchestrina suonava delle note jazz e poi io a Posillipo non ci volevo andare, ma cosa m’hai portato a fare signor FFSS, io non ci volevo venire. Papocchio e papocchi aguzzavano la vista e sapevo che in futuro m’avrebbero spiato.
    Scrissi molto in quel viaggio, anzi per tutto il viaggio che non finì mai e per soddisfazione personale buttai il giardino delle orchidee nere sulle mani d’un amico e in cambio mi fu lanciata una racchetta da un treno in corsa.
    Continuai a cazzeggiare e guidando una Lancia color bronzo cercai di fare lo stronzo ma non era indole buona e allora strappai il carrozzone, i pennini e ogni foglio bianco o macchiato d’inchiostro.
    Detto fatto fu così che il sacro libro fu archiviato e…

    Iniziai un viaggio nuovo e scrissi su SPS e vomitai molto della mia vita senza pensarci, senza remore e senza coscienza pensante, volevo solo scrivere di me della mia scrittura, volevo mangiare
    le vocali, le sillabe, volevo divorare gli anni persi, volevo tante cose e null’altro che una penna per scrivere o una voce per raccontare.

    Ora il viaggio si ferma e anche SPS andrà a dormire e quel nome mi seguirà in un altro viaggio,
    forse butterò ancora pennini fuori dai finestrini, oppure ululerò alla luna o mangerò caramelle con uno sconosciuto…

    Ma un viaggio è sempre un viaggio e ciò che resta dentro di noi non si fermerà mai perché noi siamo il viaggio.
  8. .
    In morte...

    E giaci ora
    inerme
    nel tuo spazio
    per un futuro che non sa
    Giaci tra legni rozzi
    e travi senza cuore
    e chiodi arrugginiti serrano il piombo…

    Va il becchino a consolar il fosso
    e terra salta
    un badile va e l’altro viene
    e tu non sei

    Piange un tizio con un martini on ice in mano
    brinda e non sa perché
    Suona la banda jazz dimenticati
    e un ritornello s’infila pe i platani dormienti
    e scuote i larici e gli abeti
    e lascia muti e tristi pur i cipressi

    E giaci ora ascoltando suoni lontani
    immagini rubate
    voci interpretate
    Ma non senti
    Come puoi sentire oramai
    Tu morto tra i morti
    che nei vivi eri pur morto?

    E giaci nudo di pelle cotta
    dai mali
    dai veleni
    e giallognolo appare il viso
    e scarti la confezione del tuo corpo
    e litighi con il becchino
    e urli dicendo il tuo nome

    Ma chi t’ascolta?
    Il vento forse?
    Il tizio che beve martini?
    Una pagina d’un libro rubato?

    Urla pure che niun ascolta
    e declama nel viaggio tutti i compagni
    e chiedi a ogni voce d’urlare
    e ti scuoti
    Tu morto nei morti…

    Un corteo funebre s’avvicina e una dopo l’altro
    s’ammucchiano i legni sepolcrali
    uno sull’altro
    nella strage dell’uno e del molto
    e un nome non si scrive
    e cento se ne sussurrano
    e una è la lapide
    Bianca
    spoglia

    Piantata la felce
    Acceso un lume
    Una scritta inesistente adorna il mausoleo
    e gli uomini in silenzio
    sfilano fra cipressi
    e la banda suona jazz serale
    e la pioggia ti saluta
    ticchettando sulla nuda terra
    e vive la felce
    piangendo nomi che non sa
  9. .
    Ove

    Ove il vento parla
    e l’alberi tremano al cospetto
    Ove il folle parte
    dimenticando di innestare il passo
    Ove un ove è senza ove
    e nessun posto vale
    Ove trecento volti si mangiano tra loro
    e l’ultimo rimasto scopre di non aver volto
    Muore ogni ove misero piangendo
    tutti gli ove dove non è stato
    e quanti ove ha perduto
    e ove avrebbe potuto andare
    e l’ove tace silente
    dove il giglio spunta
    dove una cassa che non è panca
    si serra nella fine
    e lì or giace l’ove
    e trema il pensiero
    di non aver un ove futuro
    e nulla giace invano senza ove
    e ove il fulmine cade
    ove
    ove
    ove
    ove s’ode il silenzio delle mortadelle
    il vecchio ove assaggia pistacchi
    e tra un dente cariato e altro
    declama l’ove

    «Ove s’ode, ove s’ode…
    Chi vole ove sode fresche di iornata, ove sode fresche e belle
    avvicinatevi al furgoncino…
    Ove paesane fresche e sode, gente venite a comprare l’ove sode
    dall’ovaio sodo il vostro ovomo di fiducia.
    Gente venite a comprare l’ove sode, forza non aspettate che poi
    si marciscono in fretta, ove sode col pepe nero, avanti gente
    ci metto pure il pepe nero, comprate le mie ove sode...»
  10. .
    Triste quando non si può entrare in stazione o il treno ci fa scendere prima dell'arrivo e poi in chi prosegue il viaggio rimane solitudine...
  11. .



    Lo sgrammaturgo
    (dialogo interiore)

    «Essere o non essere.
    Quale essere può dire di non essere nella sua essenza.
    Qual è l'essenza se misero mi ritrovo in questo stanzino vuoto del teatro.
    Misero...
    Ah, me misero.
    Come è triste la vita e come è duro recitare la vita stessa.»

    Il copione...
    Non lo ricordo
    Oh misero.

    Me misero 'na dentaura nova che persi i denti in una caduta dal palco essendo finito sopra l’orchestrale che suonava la tromba.
    Che trombata.
    Il medico di turno mi ha consigliato una pane e ramica dentale dell’arcata superiore
    A me non piace pane e ramica e non so nemmeno se mai l’assaggerò.

    Ora che ho i denti novi nessuno vuol vedere il mio spettacolo e la platea è deserta.

    Me misero, me misero, sì.

    Me misero due dentici d’ argento smaltito nel piombo che non si levavano manco colla bomba monoclonale.
    Bene me mi son detto, farò un successione co sta faccia bella nova e invece mi sono ri trombato a recitare sul palco a una platessa che non c’è.
    Eppure sono il miglior attore da e dramma e spurgo in cir colazione, quando fui giovine il sul cesso non mancava mai, m’hanno voluto morto bene.
    Ma, ma sono un tipo testardo e non ammollo mai in candeggina e tornerò limpido a recitare.
    Anzi di più, sarò scrittore, sceneggiatore e sempre un attore dalla bava pronta a mo di lumaca.

    “Oh teschio con rutto d’omo sciapito.
    Parlami di te.
    Chi fosti?
    Qual assenza coltivi oltre la morte?
    Chi sei dunque, tu dal liscio osso che levi e gatto mi guardi senza occhi?
    Sai qualcosa di me?
    Dimmelo allora, parla ti scongiuro!
    Perché non parli?
    Perché mi lasci in due buoi e senza soldi?
    Ora e dunque rispondimi allo squisito quesito che ti pongo.
    Non parli vignacco!
    Co tardo e vi gnacco, e io che pure ti tengo in mano.
    Ma io ti ripongo nella barra din e don vieni
    e la... potrai parlare anche con la morte
    Io, non perderò ulteriore tempo con te.”

    Or ti seppellisco nella spogliata terra
    e là ti consumerai nelle vermische viscide che sgusciano del profondo umore.

    Beh, me sembra codesto uno attimo lavoro, mo pubblico e che non se ne parli più

    Sai che in sul cesso clamoroso…
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    Ciao Tom, il verso chiave è volli essere e non fui. In definitiva lo scrittore si sente fuori dal contesto storico comunque e dovunque egli si trovi, come mettere un'auto in un film medievale senza che il film sia di fantascienza. Insomma, incoerente e fuori posto.
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    L'anacronista del tempo

    «Ero come un improvviso temporale…»

    Terrore di me stesso.
    Ero inconsapevolezza nella notte della certezza.
    Non semplice il vivere.
    Volli non essere e non fui.
    Breve il tempo
    e il destino bussò tante volte.
    Allora fui e accettai.
    Impossibile dare spiegazioni,
    non v'erano canoni prestabiliti,
    tutto avveniva su un foglio bianco
    scritto con l'inchiostro dell'oltre.
    Solo io leggevo senza leggere.
    Spesso vagavo disgiungendomi dalla realtà
    e dal vuoto dimensionale tornavo
    con l'animo colmo di nozioni.
    Non esistevano leggi,
    l'universo chiamava all'improvviso
    rapendomi completamente.
    Poi... il risveglio.

    E questo ero io
    “l'anacronista del tempo”,
    viaggiatore per parallelismi dimensionali non consueti.

    Scrivevo fedelmente dei miei viaggi,
    mi sentivo come Gulliver...
    Per cui nulla era scontato e tutto relativo.
    Si può essere giganti in un mondo piccolo
    e piccoli in un mondo di giganti.
    Non potevo dare dimissioni,
    il mio datore di lavoro era l'universo.
    Continuai le mie avventure,
    in fondo non dovevo preoccuparmi
    con un capo così...


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    Ciao grazie... Ecco un esempio in cui la prosa prevale in quanto non considero questa una poesia e forse nemmeno prosa. Potrei definirla un contenitore di visioni che non vuole regole e si dà forma propria. Nella sua elaborazione la mia scrittura non consta di strutture barocche ma gode di flussi di pensiero immediato che a fiume vanno a coprire il vuoto riempendolo nella forma, senza costruzioni a priori, che odio alquanto... se così fosse odierei molto scrivere. Ti ringrazio ancora del passaggio sullo scritto.
3255 replies since 30/5/2017
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