-
.
Grazie Ester è così, spesso mi hanno massacrato pensando che io volessi apparire chissà chi, ma io sono questo parlo penso e scrivo così lasciando libera la penna... -
.
Tu poesia
Cerco nella falce dei pensieri
un taglio di tempo…
E sere d'ideali e passioni
e ore d’entusiasmi nella luna del pozzo.
Puoi dirmi quel che vuoi,
tu che leggi...
Luci s’accendono a piacimento
e poi un vento spazza via voci.
Canta poesia che non sei
d’interminabili istanti
ora da me distanti.
Dirigi la tua ragione
come se governassi un carro guidato da buoi.
Eppure mi colse il giudizio
nudo nel campo
prigioniero nel filo spinato
senza fuga
o scampo.
Sì, condanna venne affissa
eppure stonai nella scrittura
errai nel conoscere amici
fui carne putrida
da pasto per porci.
Allora canta poesia che non sei
che non vuoi.
Tu che hai padroni
che dileggi
e sorreggi,
tu che sorridi all’animo nero ed empio.
E spade non pendono sulle menti
e parole…
Sì, parole non fulminano
come saette il cuore dello stolto
Fui creazione ipocrita e illusoria
e ora
che chiudo il vaso di Pandora
lascio vuoti contenitori
riempiendo me dei mali del mondo. -
.
Ghiaccio e fuoco, antitesi nel bruciare e convergere allo stesso tempo.
Negli opposti l'uguaglianza del troppo essere, ecco allora che come al caldo d'un camino s'erge la placida fiamma a riscaldare l'anima senza opprimerla, ma facendola sognare nel tepore giusto che ogni cosa vela col tono amorevole della delicatezza che spesso cerchiamo nella vita.
Letta diversamente colgo l'amore per la semplicità e la giustizia giusta come ideale, i fronzoli a volte non curano le mancanze. -
.
La bellezza della scrittura risiede proprio nell'empatia che s'annida nel lettore, diversa e varia, guai se non fosse così.
Se non esprimessi la volubilità umana sarei un bugiardo e non avrei "valore" in quello che scrivo, a volte sono nero, altre bianco, semplice o cupo e in ogni cosa trovo rinascita anche nelle più banali. Ciao Vlad! -
.
Un fluire di sensazioni legate al silenzio che è simbiosi del percorrere ogni anfratto dell'anima ascoltando voci che non sono più voci e che nel silenzio sanno parlare a noi, intensa e profonda visione del tempo e di ciò che noi siamo in esso e dentro di noi.
Edited by Giancarlo Gravili - 15/11/2020, 09:29 -
.
Il senso Tom è nel trasportare se stessi nella vita rimanendo se stessi sempre con tutti i dubbi che la cosa comporta... -
.
Il viaggio
Passano gli anni e
... ancora costruisco trenini
e cerco
e osservo
e rido e... calpesto la mia vita.
Passano gli anni
e forse metterò il trenino in un presepe
o nello scantinato della memoria,
ma sarò io maledetto e santo,
vivo e morto...
Ma sarò io che vissi per morire,
che morì per dire d'aver vissuto.
Fui io allora trenino di me stesso
nella valli dove nulla è stabilito. -
.
Ol ola ho colletto la l scappata
plima che a Tomocatzu sfugga pule 'na cag... -
.
Grazie Pet! -
.
Tomocatsu Nakagata
Tomocatsu Nakagata ela glan capitano di flegata
in cielo, in tella e male
conosceva benissimo l’alte del comandale
fosse stata pule una tinozza
lui teneva dlitto il timone supelando ogni pozza.
Soplaffino intenditole di supplì e blaciole
allestiva sul ponte della nave
balbecue e panini al caviale
Tomocatsu Nakagata
capitano di flegata
combatteva in ogni dove
pelsino con un paio di flesche ove
Temelaio come nessuno
non si tilava mai indietlo
e pul d’essele il plimo in ogni campo
a nessuno dava mai scampo
Ela pule intellettuale
un pennino niente male
che tra guella e pace
mai fu calta che tace.
Tomogatsu Nakagata
pultloppo ola non c’è più
pelché a fulia di fale il gladasso
molì pel un glan attacco di pupù...
Che solo in appalenza fu colaggioso
ma semple nello stomaco
aveva un glan moto ondoso.
Edited by Giancarlo Gravili - 11/11/2020, 18:17 -
.
Grazie Vlad, e grazie anche dell'idea del latifondo e degli ulivi, chissà che non riesca a trovare il giusto attacco per scrivere qualcosa di buono si potrebbe anche tentare un pezzo in due parti a due idee pensanti con Bar... -
.
Una notte a Gavrilu
Fame.
La strada del buio porta a valle…
E nebbia avvolge il carro e ruote girano nel fango.
Piove a sprazzi dalle nuvole e misti sono i sapori e gli odori, ho fame, apro gli stipiti della madia.
Un dipinto sulle scale scende con la tela imbrattata.
L'ultimo mio pasto, immagino.
Ho fame e il temporale bagna l'ingresso al castello, aspetto ospiti che non verranno.
Chiamo la domestica sorda e faccio cenno al maggiordomo cieco, nel frattempo suonano alla porta e cade la statua sul tetto.
Ho fame: “Aprite!”
Non ci sono più i servitori d'una volta.
Mi siedo nel salone delle feste e il tavolo segna dodici alla sedia, sono solo e ho fame, apro una bottiglia di vino.
Passa un topo e ci faccio lo spuntino, spolpo le zampette e succhio poi la coda con risucchio di acqua, il resto lo mangio al sangue con due olivette.
Un brodo che non è brodo nella padella vuota.
«Prego accomodatevi la cena è tra mezzora, mettetevi a vostro disagio»
Ho fame e la compagnia di nessuno mi stufa, lo stuzzichino mi ha stuzzicato la fame, mangerò qualche larva del legno, mi procuro un bastoncino e passerò il tempo alla ricerca di qualche tenera prelibatezza fresca.
Il castello è illuminato dai candelabri e il tempo peggiora di ora in ora, in paese nessuno vuol sentire nominare il luogo: Gavrilu.
Peggio per loro, intanto ho finito le larve ma ho ancora fame, trovata geniale: un coltello nel culo del maggiordomo, parte tenera e molle e poi amo la carne arrosto.
Beh, non è stato difficile.
Non si trova un coltello decentemente affilato in questo castello. Ecco finalmente, giusto per tagliare quello che devo tagliare, ho fame e mangio, ma non sono cannibale, ho solo fame...
Quanto pesa questo maggiordomo, ma quanto cazzo mangiava?
Lo metto sul tavolo di marmo della cantina.
Comincio dai piedi, direi di strappargli le unghie... Le metto con l'acqua a lessare… Un bel taglio longitudinale lungo la gamba sinistra e trovo la safena.
“Plic”, “slurp, slurp.”
Buono questo sangue, “Burp” Sono pieno, meglio assaggiare i muscoli, incido con tagli scelti la pelle e la sfilo via facilmente: sono un esperto. Metto la pelle delle gambe nella pentola con le unghie, poi si vedrà. Domani brodino, naturalmente ho provveduto prima a depilare il corpo, intanto mi seziono i polpacci da fare arrosto, conserverò i tendini da spolpare in seguito.
Le parti intime non mi attirano: taglio e butto via e, siccome sono schizzinoso, non mi interesso nemmeno delle interiora, budella, stomaco, fegato, tutti buoni per il cane che con il suo continuo miagolare mi ha rotto i timpani.
Il resto lo impacchetto con la carta d'alluminio e lo metto in frigo: dovrei avere, nascosto da qualche parte, un libro di ricette, domani se ne riparla.
Ha un bel culetto questo maggiordomo: lo mangio domenica.
Però questa pioggia e questa aria frizzante mi hanno messo fame, esco a fare una passeggiata verso il paese, mi tengo in forma e cerco qualche cosa particolarmente golosa.
Ma sì, oggi ho sentito suonare le campane a morto.
Si va al cimitero.
Dunque vediamo: qua abbiamo il morto fresco, non mi va, uhm, si questo è morto qualche anno fa.
Un bel piatto ceneroso e muffico ci sta, bei tempi quando andavo in cerca di funghi nel bosco.
Bene, bene, questo tipo ha un aspetto tra il consunto e la muffica, ci sono pure le costolette da succhiare.
Intanto porto la bara al sicuro dove smanducare tranquillo, accidenti, mi fanno male le spalle. Quanto pesa, sto diventando vecchio.
Che buoni questi lembi di pelle attaccati alle ossa della mano: che buon sapore.
«Volete assaggiare? Beh, sapete che vi dico, me lo gusto un po' per volta. Oh, ci sono pure i vermetti per contorno! Accidenti che mangiata, basta per oggi, me ne torno al castello.
Un attimo, non guardate per favore sono timido. Ah, che pisciata… »
Nel quadrante del cielo le nuvole facevano a gara nell'inseguirsi, un vento tempestoso accarezzava le cime degli alberi e le vie di campagna che portavano al castello non si distinguevano più, l'acqua scorreva in rigagnoli che parevano canali e i tuoni illuminavano a lampi i campi.
Forse erano i lampi che illuminavano i campi e che qualcuno da loro ci scampi, un cipresso pareva nei rami depresso e i rumori della pioggia, che batteva sugli occhi, spaventavano persino gli spaventapasseri.
Perché parli al passato, sono stanco e poi il temporale mi mette paura, mia madre aveva ragione quando mi diceva che non ero degno di discendere i discendenti, vado a dormire è quasi l'alba.
«James, maledetto imbecille dove ti sei cacciato? Apri questa porta, non vedi che sono fradicio» -
.
-
.
Grazie Tom... -
.
L’ultima cena
Demoni morti calcano le scene,
dalla quinta Mangiafuoco urla
contro gli spettatori.
«Pagate il biglietto o vi mangerò a fine spettacolo»
Lauta cena per gli attori
a ognuno toccherà un gentleman seduto in prima fila.
Frattaglie a mo’ di spiedini
nel barbecue allestito nel retroscena
«In morte della vita»
«Sono Dermidion carne degli inferi e amico di Mangiafuoco
chiederemo a testa una testa, per prenotarsi al botteghino mettersi in fila»
Fila di uomini paganti e pagani, la maschera fornisce singolarmente un coltello.
Non importa il sesso o la provenienza o il colore, basta infilzarsi il cuore,
colui che lo farà nel giusto e nel modo giusto avrà l’onore d’essere divorato per primo,
a seguire la massa in silenziosa attesa.
Tuona Dermidion dalle scene
«Che ogni testa sia segata a metà del cranio, che si frulli la materia grigia con il frullino a immersione dopo aver levato il coperchio dei pensieri.
Sia servito il ghiaccio tritato e si mischi con l’intelligenza e… servite il cranio con cucchiaio d’argento avendo cura di riporre la mezza testa come coperta dell’anima che altrimenti evaporerebbe per il troppo dannato fuoco.
Si conceda il privilegio di vedersi mangiare al mangiato, possibilmente in seguito gustando gli occhi del prescelto in salsa capricciosa e con mousse di melone alla panna.
Sia servito lo stomaco sfilato e condito con sugo d’ostriche e paprika, avendo cura di apparecchiare a crudo il duodeno con fiele estratto dalle menti umane.
Poi tagliate a fettine cosce e glutei e ogni singolo pezzo sia frollato a dovere che nessuna pietanza
è mai abbastanza per le genti degli inferi, non tralasciate il “sesso”, quello è il più gustoso di tutti.
Sia...»
Una campanellina da il via alla pro cessione di sé…
Fila d’uomini piangenti ripensano all’entusiasmo della morte, diniegano il piacere e annegano il passato delirio chiedendosi il perché dell’imbecillità comprovata, ora vorrebbero non immolarsi al dio pagano dell’ipogeo… Troppo tardi Dermidion deve imbandire la grande tavolata allestita sul palco e poi, poi cos’è la morte per uno spettatore non pagante, poco appagato e illusionista di se stesso?
«Oh morte accogli l’uomo che guarda il teatro dei burattini e ora che egli s’immola al tuo altare pagano, anche se riluttante vomita già il sangue raggrumato.
Sì, morte dona la pace ai puri che privi di purezza sedevano sulle sedie senza pagare, sei forse tu
oh amata morte, pura e bella?
Dona allora a questi corpi succulenti la grazia dell’inferno che poi cos’è altro la vita se non un bruciare continuo?»
Va in scena il banchetto dell’ultimo atto e Mangiafuoco, buono e mite in fondo al cuore, piange
e mangia l’ultimo spettatore e brinda con Dermidion e… alla fine del lauto convivio l’inchino
dovuto alla sala…
Vuota oramai, come le anime di chi le viveva.
Suona un putto vestito di fiamme e squillano le trombe del peccato e scende il sipario sul teatro,
il Teatro della vita.
Applausi arrivano da fuori il teatro
da quelli che la vita…
Hanno avuto il privilegio di non averla vissuta.