Scrittori per sempre

Posts written by vert/mcb

  1. .



    Una antica fiaba della nostra famiglia
    racconta la storia di come e perché
    nacque la donna su pianeta Terra

    by Mcb



    Nei millenni in cui Dio creò la Terra,
    si trovò a dover risolvere
    un grosso problema…

    Ovvero... come creare una donna
    non disponendo di altri materiali solidi
    d'una certa bellezza
    e di una certa importanza.

    Dopo profonda meditazione,
    ecco cosa fece…

    A quei tempi ero un ragazzetto
    un po' sfaticato
    e me ne gironzolavo per il paradiso
    senza combinate nulla d'importante.

    Quel giorno Dio mi vide e volle affidare a me
    l'incarico di trovare una soluzione
    a quel problema.

    Per la verità non sapevo neppure
    cosa significasse la definizione "problema"…
    e allora lui me lo spiegò…

    Mi piacque talmente
    mettere le mani su quel problema,
    che iniziai subito…

    Per prima cosa chiesi di poter
    utilizzare la rotondità e la luminosità della luna,
    poi le soavi curve delle onde del mare,
    le aderenze delle campanule
    e i tremolanti movimenti delle foglie degli alberi.

    Lui mi disse di fare del mio meglio, e…
    «Ce la farai?» Mi chiese?
    Annuii... ma in verità
    non sapevo neppure
    cosa fosse una donna...

    Allora mi abbandonai alla mia natura e rischiai...

    Presi la snellezza dei palmeti,
    le tinte delicate dei fiori,
    l'amoroso sguardo del cerbiatto,
    la gioia dei raggi del sole,
    la timidezza della tortorella
    la vanità del pavone e per finire,
    la leggerezza delle piume del cigno

    e a quel punto mi parve una cosa talmente bella
    che osai chiedere a Dio se,
    per non farla consumare,
    avessi potuto dotarla
    della durezza del diamante,
    della dolcezza della colomba
    e l'eleganza dell'incedere della tigre.

    Lui mi sorrise… scosse la testa
    ma mi autorizzò...

    ed io pensai bene di inserire in lei
    i colori dell'arcobaleno,
    l'ardore del fuoco e il pregio della pazienza.

    Poi...
    dopo che Dio mescolò
    tutti quegli ingredienti così diversi,
    tornò a sorridermi sussurrando…

    «Ehi bimbo! Hai fatto un buon lavoro... ma bada...
    devi promettermi che non le farai mai del male,
    altrimenti con te maledirò tutta la tua stirpe»

    ed io promisi...

    … da quel giorno Dio creò la donna,
    facendone dono all'umanità!



    Mi raccomando… non dite nulla a nessuno di questa fiaba,
    non vi crederebbero,
    ma se avete qualche amico maschietto,
    ditegli di non fare del male alle loro compagne,
    altrimenti potrebbero fare la fine degli scemi…



    Edited by vert/mcb - 1/3/2020, 10:07
  2. .


    I miei Inverni...

    by Mcb/vert


    ...nascevano in silenzio,
    un giorno dopo l'altro,
    e mentre attorno tutto
    si assopiva
    io vivevo intimamente
    il suo arrivare.

    Dapprima era l'aria
    a perdere il tepore,
    poi il mattino che tardava
    a farsi chiaro,
    gli echi della valle
    che smarrivano il vigore,
    e le sere che invitavano
    al riparo.

    In cielo a volte si accendeva
    un lampo,
    oppure sulle cime brontolava
    un tuono.
    Due gocce d'acqua,
    poi qualche temporale,
    e alla sera sempre un po'
    di vento.

    Ma quando lui arrivava
    guidando il carro bianco,
    il cielo s'ispessiva e tutto
    si ovattava,
    come se il mondo intero
    volesse riposare.
    Poi, silenziosa come
    una farfalla,
    mamma neve ammantava
    la mia valle.

    Quella era l'ora degli addii
    ai campi riarsi al sole,
    agli aceri infuocati,
    alle mie corse folli,
    ai canti a viva voce,
    ai giochi nella valle
    alle canottiere rosa
    e alla mia compagna orsa.

    Vivevo un mondo nuovo
    in cui la vita un po' mutava.
    E se nei campi ci si andava tardi,
    non c'era un'ora sola,
    dell'intero giorno,
    che non avessi qualcosa
    da ultimare.

    All'alba nella stalla ad accudire
    gli animali
    e mungere le mucche,
    poi fuori a tagliar legna,
    o nel fienile a sistemar le balle.

    Riparare gli steccati
    o rinforzare i tetti,
    le bestie lungo i pascoli
    e poi rifare i letti.

    Riordinare un po' le stanze,
    il bucato,
    il pane da infornare,
    preparare da mangiare.

    Senza dire delle serre,
    dove c'era da estirpare,
    trapiantare, raccogliere,
    pulire ed irrigare.

    Pomeriggio rammendavo
    i miei maglioni,
    i calzini,
    i pantaloni e le camice
    di mio padre.

    A volte le stiravo recitando
    qualche verso,
    e a volte
    (mi vergogno a confessarlo)
    sognando d'essere Giulietta.

    Nei giorni in cui la neve
    non dava moto al passo,
    perfino piatti nuovi
    provavo ad inventare.
    Provavo e riprovavo,
    però la zuppa non cambiava.

    Mondo nuovo in cui tutto
    un po' mutava,
    mia madre, mio padre,
    la valle ed io.
    L'aria si mondava,
    la terra irrobustiva,
    il cuore si quietava
    e lo spirito volava.

    La casa, immersa
    nella neve,
    rifletteva il caldo sole
    su di noi

    e sentendosi più usata,
    grata,
    per quel sentirsi amata,
    ci fasciava donandoci calore.

    Gli aromi dell'estate
    restavano in soffitta,
    raccolti fra pannocchie, mele,
    grosse zucche appese
    e mazzi di spighetta nei bauli.

    Non più fraschette di lavanda,
    di muschio o biancospino
    rallegravano la casa,
    da allora dominava
    l'odore del camino,
    inconfondibile, pesante,
    ma fortemente vivo.

    Il fumo della griglia
    inzaccherava i muri,
    i mobili, i vestiti...
    ed anche un po' di sopra
    se ne sentiva traccia.

    Poi,
    a sera,
    nei momenti miei,
    cedevo alla lettura
    e alle chiacchiere infinite
    con mio padre.

    Non si usciva,
    (ma chi ne aveva voglia!)
    ce ne stavamo in casa
    davanti il fuoco del camino.

    Lui,
    mio padre,
    fingendo una lettura
    a volte dormicchiava mordendo
    la sua pipa,
    ed io,
    distesa sul tappeto con un
    libro in petto,
    sognavo i miei tramonti,
    i cieli colorati,
    Brontolo, Pinocchio
    e Rikki-Tikki-Tavi.

    Fin quando la mamma
    non mi prendeva tra le braccia
    e mi portava nel loro letto.
    Allora ogni istante,
    ogni frase, ogni sorriso,
    erano parte
    di quel mio fantastico mondo.

    Indimenticabili sere
    degli inverni miei,
    com'era dolce udire le faville
    schioccare nel camino
    mentre le inseguivo su,
    nell'antro, verso il cielo,
    smaniosa di volare
    in loro compagnia.

    Quanto silenzio,
    quanta pace,
    quanto amore,
    quanto lavoro...
    ...ma che gioia vivervi,
    inverni miei!

  3. .
    Ciao Nadia sei sempre in pizzico oltre... Brava!

    Legend.
  4. .
    Grazie per il commento!
  5. .



    Eternità




    E’ finita amore
    non soffro più.
    Ora che il mio respiro
    è un battito d’ali
    ricordo io sarò,
    ma non sono andata via.


    Io resterò in eterno
    nel tuo cuore.


    Assieme trascorreremo ancora
    infinite notti


    e l'amore colorerà
    i nostri sogni.


    Sono qui, al fianco tuo
    figlia mia
    e tu non avrai bisogno
    di cercarmi.


    Mi troverai
    nei giardini dove
    giocavamo,
    nell'aria fresca del mattino
    e nella sere di luna.


    Io sarò sempre con te.


    Chiudi gli occhi amore
    e ascoltami tra un
    bum e l’altro del tuo cuore,


    ora aprili e inseguimi
    tra i raggi del sole del mattino.


    Urlami il tuo nome
    me lo porterà il vento
    col profumo dei capelli.


    Bagnati a questa pioggia
    falla scorrere sulle labbra…


    io ti sto baciando.


    In ogni istante
    sarò con te.


    Ci sarò
    quando piangerai,
    quando la gioia infiammerà
    i tuoi occhi,


    sarò con te
    per mille e mille anni.


    Io non sono andata via…


  6. .

    2VMcg




    Eccoti…amore mio!
    by vert/Mcb


    sei qui...
    ed ora nutrimi del tuo cuore
    in ogni istante di questo tempo,
    stringimi a te
    quando la mia luce si spegnerà
    e la notte si riempirà di stelle.
    Tienimi stretto quando non saprò
    più viverlo questo mondo imperfetto…

    Tienimi sul tuo cuore…
    ed io chiederò a Mosè di condurci
    sui campi di neve
    dove tu potrai insegnarmi a vincere la sofferenza
    di questo mondo malsano.

    Abbracciami
    nei momenti in cui piangerò,
    indicami le stelle su cui ce ne andremo.

    Amami in silenzio,
    e non permettere che il tempo
    possa portarmi via da te…

    Stringimi più che puoi
    e non lasciarmi andar solo,
    unisciti al mio respiro…

    Leggimi ed io ti racconterò
    come diventare parte della mia anima
    per poi entrare nell'infinito…
    per l'eternità…
    io e te…

    ***

  7. .
    Grazie! Scusatemi, ma sempre più spesso sento la necessità di tornare indietro nel tempo per riprendere nelle mani quella che è stata la mia vita per tentare di migliorarla... o almeno tornare a sognarla assieme a chi mi è stato caro... sogno troppo ardito?
  8. .


    Vorrei parlare a mio padre
    by vert/Mcb


    Vorrei tornare nel tempo
    per un sospiro, un istante,
    una parentesi dopo la corsa
    e andare dove mi spinge
    il cuore.

    Vorrei ritrovare le tracce
    della mia vita,
    del posto da cui vengo
    e conservare l’oro
    del mio passato
    al caldo del mio
    giardino segreto.

    Vorrei attraversare l’oceano,
    incrociare il volo
    dei gabbiani,
    pensare a tutto quello
    che ho visto,
    o al contrario andare
    incontro all’ignoto.

    Vorrei nascondere la luna,
    vorrei salvare
    la Terra,
    ma prima di tutto vorrei
    parlare a mio padre
    si proprio lui… mio padre.

    Vorrei scegliere una nave,
    non la più grande né
    la più bella,
    poi la riempirei di immagini
    e di profumi dei miei ricordi.

    Vorrei sedermi e cercare,
    in fondo
    alla mia memoria
    la voce di chi
    mi ha insegnato
    a vivere
    non di sogni proibiti.

    Vorrei ritrovare i colori
    che ho nel cuore,
    i colori di quella nostra casa
    dalle linee pure
    dove mi vedo
    e mi sento sicura,
    vorrei nascondere la luna,
    vorrei addirittura
    salvare la Terra,
    ma prima di tutto vorrei
    parlare a mio padre,
    si proprio a lui… mio padre.

    Vorrei partire con te papà,
    vorrei sognare con te,
    ricercare sempre
    l’inarrivabile,
    sperare sempre
    nell’impossibile,
    vorrei riaccendere la luna,
    e perché no,
    rendere la Terra più bella,
    ma prima di tutto
    vorrei parlare a te…
    e dirti ancora

    ti voglio bene!


  9. .

    Fermo immagine
    vert


    Ora dimmi tu
    vecchia laguna,
    quali ali mi sosterranno
    questa notte
    quando mi addormenterò
    sul tuo respiro?

    Tu sei lui,
    il suo ricordo,
    occhi luminosi
    in un ciuffo ribelle,
    sorrisi da togliere il respiro
    e quella vecchia gondola...
    un fasciame sulla sabbia
    spogliato e capovolto al sole,
    sul quale scrivemmo un nome caro
    al gondoliere.

    Quel nome è il fermo immagine
    d'una vita,
    una immagine che né il sole o la pioggia
    potranno mai più cassare.

    Quando la vita ti rubò al mio cuore,
    tu che di luce splendevi
    e i miei pensieri accendevi
    dipingendo la tua pace dentro me...
    maledissi quel Dio che ti
    rivolle a se...
    ma oggi per me
    scrivi note di una dolce melodia
    che verso quel Dio poi sale
    in piena libertà.

    Sai?... quel giorno
    io morii con te,
    ti nascosi dentro a riempirmi l'anima,
    e attesi di ritrovarti infine.


  10. .
    Vi ringrazio tutti!
  11. .

    Canto di cigno nel lago del tempo.
    vert


    Rideresti di cuore
    se conoscessi i miei sogni.

    Per venire a te,
    che hai acceso di luce
    i miei ultimi sogni,
    indosserei un abito stinto
    dall'alito caldo del tempo,
    portando con me
    racconti racchiusi
    in ampolle di vetro.
    Verrei a lasciarti
    il mio lento respiro,
    preghiere in voci
    di antiche brezze,
    profumi di mare,
    campagne silenti,
    visioni di stelle
    e frammenti di sogni
    per fartene dono.

  12. .




    Passeggiando con te
    by Mcb

    Ricordi quella sera?

    Eravamo io...
    tu,
    il mare
    e l’infinito.

    Ci prendemmo per la mano...

    - Dove andiamo?
    mi chiedesti...

    - Verso l’alba…risposi.
    Ti presi tra le braccia
    e iniziai a salire…


    ***

  13. .




    Passeggiando con te
    by Mcb

    Ricordi quella sera?

    Eravamo io...
    tu,
    il mare
    e l’infinito.

    Ci prendemmo per la mano...

    - Dove andiamo?
    mi chiedesti...

    - Verso l’alba…risposi.
    Ti presi tra le braccia
    e iniziai a salire…


    ***

  14. .



    Il nostro ultimo viaggio
    by Mcb




    L’ultima volta che la vidi fu in una lontana notte di pioggia.

    Furono attimi di batticuore
    a ricordare anni di oblio,
    anni in cui rividi me stesso,
    perso nelle sue mani e sulle sue labbra,
    nel suo profumo.
    Non riconoscevo più quella compagna
    di mille giorni e di altrettante notti.

    Luci sempre spente,

    "Cucciolo" mi chiamava,
    per assaporarmi nel silenzio della vita.

    Quella notte di pioggia
    si mischiava al fumo,
    il vento al dolore.
    Stavo male,
    lei stava cambiando strada.

    Quella donna aveva scelto per me.

    Lei,
    fredda e distante,
    mi salutò gelidamente,
    occhi vitrei,
    un tempo così caldi ed amorevoli.

    Distaccata,
    feroce, altera, insolente.
    Ma chi era quella donna?

    Non era ciò che sembrava,
    un angelo,
    delicato e dolce…
    invece mi stava uccidendo col suo forcone,
    con la sua coda di fuoco sapientemente nascosta.

    Quella notte di pioggia
    per la strada non c’era nessuno.

    Solo un barbone ubriaco,
    perso nei suoi perché.

    Fu un attimo.
    Un momento lungo una vita.

    Lei indossava il montgomery scuro
    e pesante come la sua anima.
    Le mani in tasca, fredde come il suo cuore.
    - Addio!
    - Fu l’ultima parola che sentii pronunciare
    da quella bocca morbida e carnosa,
    da quelle labbra volitive e turgide.

    La vidi farsi sempre più piccina,
    nel suo incedere superbo.

    l mio respiro si fece affannoso,
    le gambe pesanti.


    Un moto di gelida,
    programmata rabbia
    mi avvolse come un mantello.

    Lei si allontanava...
    sempre più per non tornare.

    La mano mi scivolò nella tasca,
    il braccio si allungò.

    Ancora una volta
    lei aveva deciso il mio futuro.

    Un lampo squarciò la notte.
    Un boato interruppe il silenzio
    e si mischiò al placido ticchettio della pioggia.

    Lei cadde a terra esanime.

    Era finita quella lontana
    notte di pioggia
    che non voglio ricordare!


    Estrassi il cellulare e feci il numero...


    ... ho ucciso mia moglie...

    ... venite a prenderci...

    ... non voglio vivere
    senza di lei!

  15. .

    Una storia assolutamente strana




    Quella sera già da un po’ lei girava per la casa dandosi un gran daffare.
    Aveva acceso il fuoco nel camino di sopra e in quello della sala, immaginando che al suo rientro suo padre avrebbe dato inizio al suo show riempiendo la casa di fumo.
    E a proposito di quella pantomima che lui recitava ogni volta che c’era carne per cena, lei, inizialmente, aveva fatto qualche tentativo per fargli cambiare abitudine, ma quando comprese che quel sottile gioco fatto di esclamazioni e borbottii apparteneva ad un rituale che lo riportava ogni volta agli anni della sua infanzia, non soltanto aveva deciso di rinunziare all’idea, ma addirittura di assecondarlo.
    Ed egli, in cambio di quell’affettuoso consenso, ogni fine mese lavava i mobili della sala con acqua e sapone.

    Certi lavori, come rifare i letti o spazzare, spolverare o mettere in ammollo i panni da lavare, non li faceva con nessuno impegno più di quanto fosse necessario. Tant’è che rifare i letti era un compito che rimandava sempre molto volentieri alla sera, prima che suo padre rientrasse. E sebbene lui le avesse fatto intendere di non volere intromettersi in quelle che erano le sue mansioni, a volte, quando alla sera vedeva ancora nel tino il bucato da stendere, iniziava a mugugnare.
    Non era un mistero che avrebbe preferito vederla dedicare più tempo alla casa, ma aveva trovato pane per i suoi denti, poiché lei trovava sempre qualche scusa per confessargli, (Con tanto di lacrime agli occhi) di sentirsi un verme a starsene al calduccio mentre lui sgobbava nei campi.
    E così, accadeva sempre che sul tardi della mattina lo raggiungeva nei campi per poi restare con lui fin quasi al tramonto, quando, per evitare i soliti brontolii, lo lasciava per rientrare in casa a terminare quelle faccende che aveva trascurato.
    In realtà, anche quello che faceva in casa, era come un andargli incontro, mentre fuori il crepuscolo incupiva i colori e le voci della campagna si smorzavano lentamente.

    Anche quella sera, quando udì il passo di lui del tutto diverso da quello del mattino, lei uscì sulla veranda per prendergli la giacca che teneva senza cura sulla spalla
    – Ciao, sei stanco? – Gli chiese
    – Vuoi scherzare? Mi sento un leone – Borbottò lui scompigliandole i capelli
    – Allora sarà meglio che vada io nella stalla. Non è prudente che quelle povere bestie si spaventino vedendo un leone
    – Cosa farei senza il mio pulcino. Abbiamo carne stasera?
    – È già nel piatto accanto alla brace

    Rispettando ciò che ormai era divenuta una consuetudine, quando lei rientrò dalla stalla, lui dette il via a quella specie di commedia che lei chiamava “Il tormentone”. E come sempre, mentre lui canticchiava, fingendo di essere indaffarato con la carne e lei apparecchiava la tavola, iniziò tra loro un complicato gioco di sguardi e di piccole movenze in cui ognuno osservava furtivamente l’altro, ben sapendo di essere osservato.
    Quel gioco lo divertiva talmente che a volte, rischiando di carbonizzare le bistecche, se ne restava incantato ad osservare la figurina svelta di lei che, sapendo di divertirlo, si esibiva in quella commedia disponendo e ridisponendo in perfetta simmetria i bicchieri, le posate e le sedie, muovendosi con grazia e con fare distaccato.
    – Cos’altro abbiamo? – Domandò lui annusando l’odore forte e appetitose del pane
    – Ho preparato una zuppa di carote, le tue uova con contorno di carote, torta di carote e la carne... Sempre che tu non la faccia bruciare – Rispose lei interrompendo la recita
    Suo padre tolse la carne dalla griglia portandola sulla tavola. Andò a lavarsi le mani e la raggiunse proprio mentre lei spazientita stava per chiamarlo.
    – Forse ho commesso un errore a coltivare tante carote – Mormorò lui sorridendo
    – Le nostre le abbiamo vendute, non ricordi? Queste le ho avute in prestito
    – E chi ti presta le carote?
    – Sono quelle del campo dopo il meleto
    – Cos’è? Ai tuoi amici conigli non piacciono più?
    – Effettivamente erano un po’ troppe e poi tu non puoi mangiare cavoli tutti i giorni
    – A me i cavoli piacciono
    – Ah si? Lo terrò presente
    – Stavo scherzando, ma cosa significa te le hanno prestate?
    – Per la verità si è trattato di uno baratto
    – Uhm e i tuoi amici cosa hanno preteso in cambio?
    – Ho permesso loro di mangiarsi un po’ dei nostri cavoli
    – Visto che sei in affari con loro, perché non ti fai prestare un po’ di quel radicchio?
    – A me piacciono le carote
    – Vorrei proprio sapere se c’è qualcosa che non ti piaccia
    – Quelli che borbottano troppo! Dai siediti
    – Cos’è successo a questa tavola?
    – Ora cos’altro c’è? Non ti va bene neanche la tavola
    – Mancano soltanto i fiori – Commentò lui sedendosi
    – Desideravi che mettessi dei fiori? – Domandò lei sorpresa
    – Oh no! Scherzavo, possiamo farne a meno. Accidenti, ma cosa ho fatto per meritare tanta grazia di Dio?
    – Non lo ricordi?
    Lui la guardò grattandosi la barba
    – Lasciami pensare, è la festa di qualcuno?
    – La nostra papà! – Esclamò lei piegando le labbra ad un leggero broncio – Lo hai già dimenticato?
    – Noi abbiamo una festa da ricordare? – Chiese lui con voce sorpresa
    – Davvero non ricordi?
    – Ti chiedo scusa, ma non lo ricordo
    – È il secondo anno che sono con te
    – Oh! Avrei giurato che mancassero ancora molti giorni
    – Venti per la precisione, ma non ce la facevo più ad aspettare. Non è che ti dispiace, vero?
    – Ma certo che no! Hai fatto benissimo e sai cosa ti dico, che dovremmo festeggiare più spesso
    – Non prendermi in giro, io non ho mai avuto una festa tutta mia
    – Vieni qua pulcino! – Esclamò lui, invitandola con un cenno del capo ad avvicinarsi Lei si accostò timorosa – Cos’ho combinato?
    – Perché non sali a dare un occhiata, mi pare di avere visto qualcosa sul tuo letto
    Suo padre aveva appena terminato di parlare che lei era già di sopra esplodendo in una serie di rumorose esclamazioni quando trovò sul letto un maglione e un paio di jeans nuovi.
    Quella sera lei fu particolarmente esigente, ed egli dovette assecondarla raccontando momenti della sua gioventù e descrivendole minuziosamente i luoghi della sua infanzia.
    Terminato di mangiare suo padre sedette davanti il camino masticando la sua pipa e lei, dopo aver sparecchiata la tavola, si sdraiò sul pavimento, tra le due poltrone, con un libro fra le mani.
    Se ne stette in assoluto silenzio per più di un ora, ma poi, notando l’insolito atteggiamento silenzioso di suo padre, si decise a domandargliene la ragione
    – Qualcosa non va? Sei stanco? – Chiese
    Lui abbozzò un sorriso – Non più del solito
    – Forse non ti è piaciuta la cena?
    – Cosa? – Chiese lui distratto
    – Ho chiesto se la cena era di tuo gusto
    – La cena? Oh si! Stai diventando una splendida donna di casa. E qui si vede tutta l’abilità di tua madre
    – Non tentare di barare, so bene quanto tu sia bravo ad imbrogliarmi. Allora vuoi dirmi cos’hai?
    – Nulla, sto benissimo
    – Allora perché così silenzioso?
    – Ero in ascolto
    – Di cosa?
    – Non lo so, ma mi è parso di udire segnali che non riesco a decifrare
    – Non puoi perché sono turbati
    – Li ricevi anche tu?
    – Si, è da un po’ che li ricevo, ma sono troppo deboli per interpretarli – Ammise lei annuendo
    – Non riesco a comprendere se si tratta di segnali emessi da una mente umana
    – Sono umani Pà, ma in loro riconosco soltanto dolore e paura. Vuoi che provi con una sonda?
    – Non è necessario, lasciamo che si avvicini. Potrebbe essere un animale in cerca di cibo
    – Se fossero stati loro li avrei riconosciuti – Disse lei scuotendo il capo – Non si avvicinano mai senza avvisarmi
    – A volte la loro fame supera anche la paura
    – Ti assicuro che non sono loro
    – Ma davvero sei in grado di riconoscerli?
    – Certamente, che razza di amica sarei se non li riconoscessi
    – E come accidenti fai a sapere chi di loro ti è vicino?
    – Non è così difficile come credi. Ognuno di loro emette segnali diversi… Dai, lasciami tradurre quei segnali
    – No, – Disse lui scuotendo il capo – non è così importante. La vita può essere vissuta in modo meraviglioso anche senza l’uso dei nostri poteri. Però se ritieni che possa farti sentire più tranquilla fai pure
    – A te dispiacerebbe?
    – Sei libera di fare ciò che vuoi
    – Ho fatto una promessa Pà e neppure quella tua parlantina riuscirà a farmi cadere nel tranello
    Lui sorrise credendo di non essere visto.
    – Sei un vecchio fariseo, ecco cosa sei! Lo sapevo che prima o poi saresti riuscito a farmelo ammettere – Gridò lei – Perché mi tratti a questo modo? Mi fai continuamente sentire una povera stupida
    – Lo confesso, sono un pessimo soggetto, ma adoro vederti infuriata
    – Vuoi sapere la verità? – Sussurrò lei con un filo di voce
    – Hai forse intenzione di dirmi che mi ami?
    – Ma neanche per sogno – Reagì lei
    – Non mi ami più? – Chiese lui mostrando un atteggiamento imbronciato
    – Smettila di burlarti di me o mi vedrai davvero inferocita
    Il resto della serata trascorse tra l’ascoltare qualche disco e molte chiacchiere, poi, quando lei si addormentò, lui la prese tra le braccia e la portò di sopra. La svestì, le infilò il pigiama e la mise sotto le coperte.
    Prima di lasciare la camera la baciò sui capelli, attizzò il fuoco nel camino e aprì gli scuri della finestra, ma mentre stava per uscire la sentì borbottare con voce impastata dal sonno
    – Hai dimenticato il bacio
    – L’ho fatto – Rispose lui sottovoce
    – Sui capelli non vale – Borbottò lei girandosi dalla sua parte offrendogli il volto

    Tornato di sotto suo padre sedette di nuovo sulla poltrona accomodando l’incavo della schiena al cuscino.
    Dalla finestra aperta un raggio di luna, che filtrava attraverso gli alberi, faceva di un ocre pallido il davanzale di legno.
    Intravide il cielo punteggiato di stelle e rimase come sempre stupito nel rimirare quella volta cupa, brillante e fredda, che l’immaginazione non riusciva a rendere umana.
    Improvvisamente nella sua mente si accese un grido di dolore che lo colse impreparato. Si alzò in piedi e il grido si rinnovò.
    Dilatò la percezione emettendo una sonda schermata, ma tutto era cessato così come era iniziato.
    Mentalmente controllò lei, che abbracciata al gatto se la dormiva profondamente.
    Tornò a sedersi nella precedente posizione considerando che gli uomini dovevano essere ben differenti se davanti allo spettacolo di una notte così bella avevano voglia di gridare.
    Si rinnovò il miracolo del silenzio in cui scoprì una nuova fragranza che gli riportò alla mente ricordi lontani.
    Quel grido era dimenticato.

    Il mattino successivo, quando suo padre si svegliò aleggiava nell’aria l’aroma forte del caffè.
    – È già in piedi – Mormorò tra se vestendosi
    Scese nella sala e gironzolando qua e la alla ricerca della pipa entrò in cucina sorprendendosi di non trovarla ai fornelli.
    Sul fuoco il bricco del caffè bolliva rumorosamente.
    – Bimba! – Chiamò ad alta voce togliendo il bricco dal fuoco e uscendo sulla veranda.
    Il riverbero del sole sulla neve lo obbligò a portare una mano agli occhi, ma vide subito la figurina di lei starsene immobile ad osservare qualcosa al di là della staccionata.
    Intuendo che qualcosa non andasse nel verso giusto la raggiunse e lei, afferrando una delle sue mani con un cenno del capo indicò verso gli alberi.
    – È là! – Sussurrò
    – Chi! – domandò lui sorpreso
    – È un cavallo che trascina una slitta, lo vedi?
    Lui polarizzò l’immagine al di la degli alberi nella quale intravide il cavallo e sulla slitta la sagoma di un corpo umano
    – È un bambino – Sussurrò lei
    Suo padre lasciò la sua mano avviandosi verso gli alberi e non appena superato il fosso gli apparve un vecchio baio, che pascolando tranquillamente trascinava una slitta formata da alcuni rami legati tra di loro.
    Con prudenza si accostò rassicurando l’animale con la voce e carezzandolo sul muso, poi si piegò sulla slitta e sollevata la pelle che la ricopriva scoprì il corpo nudo di un bambino indio.
    Non gli fu difficile comprendere che quel bambino ormai morente era stato affidato alle cure degli spiriti.
    Pose una mano sul collo del piccolo, ma in quell’attimo alle sue spalle risuonò la voce di lei.
    – Non toccarlo!
    Lui si volse incrociando il suo sguardo colmo di terrore.
    – Non toccarlo, ci farà del male – Ripeté lei
    – Invece di dire scemenze tieni fermo il cavallo – La rimproverò lui. Poi, senza più degnarla di attenzione, raccolse tra le braccia il piccolo avvolto nella pelle e s’incamminò rapidamente verso casa.
    Salì nella sua camera e dopo averlo liberato della pelle depose quel corpicino magro tra le coperte.
    S’inginocchiò e ponendo le mani sul petto del piccolo agganciò una sonda ad un soffio sottile di vita.
    In quel momento il silenzio si fece ronzante e mentre un fascio di energia unì i loro corpi, una iridescenza bluastra isolò la stanza da ogni altra realtà.
    Trascorse del tempo e soltanto quando il cuore del piccino riprese vigore che suo padre interruppe l’emissione di energia.
    Quando tornò a sollevarsi in piedi il sole stava lentamente scomparendo oltre gli alberi. Dalla porta della stanza l’ombra di lei si allungava sul pavimento
    – Vieni avanti – La invitò lui a bassa voce sedendo sul letto
    Per un attimo sembrò che lei non volesse muoversi, ma poi, trascinando i piedi, lo raggiunse.
    – Vivrà? – Domandò lei
    – No, – Rispose in un sussurro lui – ormai il male ha completato la sua opera –
    – Ora dorme?
    – È sfinito povero piccino, non ha più neppure la forza per respirare
    – Ricordati che dobbiamo scendere ad accudire gli animali
    – Si, certo. Ma uno di noi deve restare con lui
    – Perché?
    – Potrebbe avere bisogno di aiuto
    – Per lui hai usato i poteri
    – Ho semplicemente fatto per lui quanto feci per te
    – Non è la stessa cosa, noi siamo diversi
    – Davvero ti senti così diversa da questo cucciolo?
    – Pà, lui è soltanto un uomo!
    – È vero, è soltanto un piccolissimo cucciolo d’uomo, ma se mi fosse concesso sarei disposto ad offrirgli la mia vita
    – Oh Pà non dirlo! È un terrestre
    – Ma che possiede un’anima simile alla tua – La interruppe lui
    – Non è vero, quello che dici non ha alcun senso. Non puoi paragonarmi a lui
    – Cosa stai dicendo? Ma chi credi di essere?
    – Io sono quella che sono
    – No, tu non sei nessuno. È ancora lunga la tua strada
    – Io posseggo cose che lui non potrà mai avere
    – È vero, ma lui ne ha altre che tu dovrai avere
    – Quali?
    – Lui sa amare
    – Anch’io conosco l’amore
    – Lui è capace di amare chi gli ha fatto del male
    – Che genere di amore è?
    – È la stupenda, irragionevole e meravigliosa necessita di perdonare
    – È assurdo Pà, gli uomini non sanno cos’è il perdono
    – Non è vero, molti uomini di questo pianeta lo conoscono
    Intuendo quale confusione potevano aver provocato quelle parole e le mille domande che inevitabilmente le avrebbe rivolto, suo padre chiuse il contatto imponendo nuovamente le mani sul petto del piccino.
    Trascorsero altre ore in un assoluto silenzio e quando suo padre abbandonò il contatto senti una mano posarsi sulle sue spalle.
    – Tu dici che potrei amare anch’io chi mi fa del male?
    – Mi auguro proprio che tu ci riesca
    – Non è facile, si deve possedere una grande forza
    – Molto più di una grande forza
    – E lui ce l’ha? – Chiese lei volgendo lo sguardo verso il letto
    – Si
    – Allora dovrò chiedergli d’insegnarmi
    – Non credo possa più farlo
    – Allora dovrai guarirlo
    – Io posso soltanto alleviargli i dolori
    – Ma cosa dici? Tu soffriresti per lui?
    Suo padre annuì senza dare una risposta.
    Sentendosi a disagio, ma intuendo che stava per accadere qualcosa di cui non riusciva a capirne il senso, lei si portò ai piedi del letto senza più parlare.
    – Va tutto bene? – Le chiese suo padre
    Lei annuì ma sentì la paura lambirle la mente e con lei quella dolorosa emicrania che l’aveva torturata alcuni anni prima. Il pensiero che suo suo padre volesse donare la vita ad un terrestre la fece star male. Avrebbe voluto scappare da quella camera e dalla valle, ma dando fondo a tutte le sue energie mantenne su livelli normali l’accesso di adrenalina nel sangue. E soltanto più tardi, quando le mani di suo padre le massaggiarono le spalle per alleggerire la rigidità che l’aveva presa, scaricò le sue tensioni cingendolo in un abbraccio violento.
    – Ho avuto paura – Singhiozzò lei
    – Qui non c’è nulla che possa farti del male
    – Ho avuto paura per te
    – Per me?
    Lei annuì asciugandosi gli occhi con le mani.
    – Il mio pulcino si preoccupa per me? Ti ringrazio amore, ma devi stare tranquilla, non corro alcun pericolo. Tu come ti senti?
    – Un po’ trascurata – Mormorò lei
    – Scusami, non era mia intenzione, ora va meglio?
    – Tienimi stretta Pà
    Le prime ore della notte trascorsero lentamente. Lei scese in cucina, preparò del caffè e lo portò di sopra.
    – Hai mangiato qualcosa? – Le chiese suo padre
    – Si – Mentì lei – Vuoi che scaldi un po’ di latte per lui?
    – A lui non occorre latte, ha soltanto bisogno di un po’ del tuo coraggio
    – In questo momento ne avrei un gran bisogno anch’io
    – Quello che hai basterà per tutti e due
    – Io non so come donargli il mio coraggio
    – Restagli accanto e lo capirai
    – Non posso farlo. Scusami, ma è più forte di me
    – D’accordo, vai pure a dormire. Resterò io
    – Tu desideri che resti?
    – Devi essere tu a volerlo
    – Ti detesto quando fai così. Oddio no! Non è vero... Va bene resto con voi
    – Cosa farei senza il mio pulcino – Mormorò lui scompigliandole i capelli
    Nelle ore successive il piccolo riprese a lamentarsi costringendo suo padre a contatti sempre più frequenti per assorbire i dolori che lo tormentavano.
    – Cos’è che non va? – Chiese lei notando l’espressione preoccupata sul volto di lui
    – Non posso più frenare i suoi dolori
    – Cosa vuol dire non puoi?
    – Semplicemente che il suo dolore non mi appartiene più.
    L
    Lei non comprese il senso di quelle parole, ma non le sfuggì qualcosa di diverso nella sua voce.
    – Prova ancora. Avanti, prova
    – È inutile, per lui possiamo soltanto pregare
    – Io non so farlo… Oh Pà! Ma perché deve morire? Salvalo ti prego
    – Non posso – Urlò lui
    Lei lo guardò sorpresa prima di chiedere – Perché?
    – Perché lui ti sta offrendo la vita!
    – Ma cosa dici! – Esclamò lei facendo un passo indietro – Non è vero, io non voglio nulla da lui! Aiutalo Pà non permettere che muoia, ti prego fa qualcosa
    – Non posso, la sua vita ora appartiene a te
    Ci fu un attimo di silenzio assoluto nel quale lei, trattenendo a stento le lacrime, chiese aiuto al modulo.
    Il suo volto assunse un pallore estremo e una luce vivissima illuminò i suoi occhi.
    Pochi attimi dopo tornò ad essere la figlia di sempre.
    – Cosa lo fa morire – Chiese con un filo di voce
    – Un tumore alle ghiandole surrenali. Sai cosa sono?
    – Si, ma non so cos’è tumore. È come amore?
    – È molto diverso, è una malattia che conduce l’uomo alla morte
    – È cattivo?
    Lui scosse il capo sorridendole – Nella natura non c’è nulla di cattivo, quello che sta accadendo è del tutto naturale. Sono cellule che invece di creare distruggono
    – Anche Alba è morta di questo male?
    Lui non rispose, annuì soltanto e lei, raccolto il volto tra le mani, silenziosamente iniziò a singhiozzare.
    – Un giorno dicesti di essere capace di sconfiggere la morte. Perché non provi ora?
    – Non chiedermi questo Pà, ho promesso...ricordi?
    – Lui sta morendo per te
    – Non l’ho scelta io la sua morte
    – Neppure lui ha potuto scegliere
    – Non m’interessa! Non sono venuta sulla Terra per salvare la vita ai terrestri
    – Guardalo, credi davvero che non meriti un piccolo miracolo?
    Gli occhi di lei cercarono il volto del piccolo e quando incrociò il suo sguardo fu come se uno scintillante sipario si alzasse sul quadro magico di quella stanza in penombra. Allora, mentre la sua mente si colmò di una comprensione sconosciuta, le sue mani si avvinghiarono tra di loro divenendo pallide per la tensione.
    – Bimba, mi ascolti? – Sussurrò suo padre
    – Sto piangendo Pà, ti prego lascia che almeno possa piangere per lui
    – Vuoi restare un poco con lui? Io debbo scendere nella stalla
    – Vado io – Si offrì lei
    – No, lui vuole te
    – Io non posso restare, ho paura. Conosco gli uomini
    – Tu credi di conoscere gli uomini perché hai assistito ad una nascita? Aspetta a dirlo, prima dovrai vederne morire uno
    – Si muore tutti alla stessa maniera
    – Davvero? Allora perché non provi a leggere nel mio cuore
    – Ho giurato di non farlo
    – È la mente che non puoi invadere, il mio cuore è sempre aperto, avanti, leggilo.
    Lei chiuse gli occhi e il suo volto divenne pallidissimo.
    – Non puoi crederlo, vero? – Proseguì lui a bassa voce – Non puoi credere che io sia pronto a morire per questo piccino
    Lei scosse violentemente il capo – Non è giusto – Singhiozzò
    – No? Allora prova a dire al mio cuore che sta sbagliando. Avanti dirglielo!
    – Non avevo bisogno di leggere il tuo cuore, conosco i tuoi sentimenti – Sussurrò lei guardandolo intensamente
    – Non sono il solo, ce ne sono milioni di uomini come me. Cosa ne dici di tua madre? Sarebbe capace di morire per lui?
    – Oh si, lei ne sarebbe capace
    – Non ti chiediamo di morire per lui, ma di restare al suo fianco, vuoi farlo?
    – Per te lo farò
    – Non per me, tu non mi devi nulla
    – Ti prego Pà scusami. Hai ragione, credo che per me sia giunto il tempo della ragione. Vai pure, rimarrò con lui, ma tu prega il tuo Dio che mi dia il coraggio
    – Non temere, – Sussurrò lui carezzandole i capelli – lo hai quel coraggio

    Lei ascoltò i passi di suo padre allontanarsi e quando tornò il silenzio un’improvvisa emissione di dolore la fece ritrarre stupita e confusa.
    Lei non era nuova al dolore, ma quanto aveva appena provato era qualcosa di estremamente cattivo.
    Decise di provare con una sonda schermata e la sua sorpresa fu veramente grande quando comprese che quel dolore era stato creato per lei.
    Colta dalla rabbia si ritrasse dalla mente del piccolo.
    – Se soltanto volessi potrei trasformarti in un lampo di luce. – Urlò – Io non voglio nulla da te, non ho bisogno della tua morte, hai capito? Ma chi sei tu per farmi questo? Credi davvero che io possa permetterlo?
    Dal letto il piccolo prese a lamentarsi facendola ritrarre impaurita verso la porta.
    – “Bimba no! Non andartene, restagli accanto, lui ha bisogno di te e tu di lui” – Le urlò suo padre nella mente
    – Non voglio – Gridò lei
    – “Pà tu mi ami”
    – Non è vero, tu sei mio padre
    – “Perché mi ami, chi sono per te?”
    – Mi hai aiutata, sei come me
    – “Aiutandoti ho dunque meritato il tuo amore?”
    – No, io non ti amo
    – “Bugiarda”
    – Basta Pà! Non confondermi
    – “Cosa faresti se al posto di quel piccino vi fossi io? Mi abbandoneresti?”
    – Tu non ci sei!
    – “Un giorno potrebbe accadere”
    – Smettila! Quel giorno non verrà mai
    – “Oh se verrà! Verrà come venne per Ellen, ti ricordi? Lei l’abbandonasti”
    Un immenso dolore lontano, ma così vivo e potente tornò a straziarla facendola scoppiare in un pianto disperato.
    – Non è giusto, non dovevi. Oh Pà, io non volevo farle del male
    – “Chi era per te?” – Continuò lui crudelmente – “Non era come te eppure ti amava, ma tu cosa hai fatto per lei?”
    – Basta! – Urlò lei tra le lacrime
    – “L’abbandonasti! Ecco cosa sei stata capace di fare, l’hai abbandonata come farai con quel piccino”
    Le lacrime ormai scendevano copiose e inutilmente lei cercò di asciugarle con la manica del maglione.
    – “Non lo abbandonare,” – Proseguì suo padre – “è soltanto un piccolo uomo che da sempre vive in quel dolore che hai appena provato. Lui sa di aver ha perso sua madre e tu non puoi tradirlo. Fonditi con lui e comprenderai cosa ti è stato tolto. Devi farlo amore mio, devi conoscere l’amore così come hai conosciuto l’odio. Devi scoprire perché quel sentimento è gioia e sofferenza. Vai con lui, non lasciarlo, segui il suo destino. Vai cara scopri come si può soffrire amando”
    Con il volto completamente bagnato di lacrime lei emise una sonda che penetrò la mente del piccolo e subito fu avvolta da fasci di dolore che raggiunsero i centri nervosi.
    Immediatamente il suo metabolismo produsse endorfine in grande quantità che disciolsero quei fasci, ma quando il piccolo cadde in un sonno tranquillo, ella non seppe cos’altro fare ed ebbe nuovamente paura.
    Ebbe voglia di gridare, di chiamare suo padre, di ritirarsi, di lasciar perdere, ma un improvviso barlume ruppe la barriera di buio e lei si trovò sommersa in un universo di strane visioni.

    “Sebbene quella mente galleggiasse nella paura e nel dolore, lei non ne soffriva. Quelle atroci punture lui le riservava per se.
    lei vide montagne altissime con le cime nascoste da soffici nuvole bianche, grandi distese verdi e tanti animali galoppanti in enormi mandrie.
    Sentì il suo cuore gonfiarsi di gioia alla visione di infiniti cieli azzurri e fiumi così limpidi da sembrare inesistenti, notti stellate d’incomparabile bellezza e un volto di donna con grandi occhi scuri colmi di pianto”

    Tutte quelle visioni erano così vere e grondanti di languido piacere da sentirsene imprimere il ricordo nell’anima.
    Improvvisamente percepì un lieve contatto mentale.
    – Chi sei? – Sentì chiedere
    – lei – Rispose lei con un filo di voce
    – Perché sei nei miei ricordi?
    – Volevo aiutarti – Sussurrò lei ritirando la sonda
    – Perché?
    Lei era frastornata. In quella mente c’era qualcosa che non riusciva a comprendere. – Non lo so… Non vuoi che ti aiuti?
    Trascorsero attimi lunghissimi, poi lei percepì nuovamente il contatto.
    – Si, ma non voglio che tu soffra
    – Il tuo dolore lo conosco, non mi fa male
    – Cosa puoi fare per aiutarmi?
    – Nulla che non abbia già fatto, ma dovrò entrare nella tua mente
    – Cosa cerchi?
    – Risposte
    – Quali?
    – Per poterti aiutare debbo sapere perché riesci a trasmettermi i tuoi pensieri
    – Non lo sai?
    – No
    – È la legge
    – Quale legge?
    – Quando si è sulla soglia dei grandi pascoli è possibile fare molte cose… È la legge
    – Cosa sono i grandi pascoli?
    – La mia mamma mi ha detto che è un bel posto
    – Allora è bello morire
    – Non lo so, ma ho paura… Tu non ne hai?
    – Io ho paura del dolore
    – Io e il mio ci conosciamo da molto tempo… Verresti con me?
    – Non mi è concesso, ma posso fare un po’ di strada al tuo fianco
    – Dammi la mano… Dove sei?
    – Accanto a te
    – Avvicinati, voglio toccare il tuo viso
    Il piccolo distese un braccio cercando il volto di lei e lei, guidando la sua mano, glielo offrì.
    – Sei una femmina! – Esclamò il piccolo sorpreso
    – Come lo hai capito?
    – Hai le labbra grandi come la mamma
    – Noi ragazze siamo tutte uguali
    – Anche la tua tribù vive in questa valle?
    – No, la mia gente vive oltre le stelle
    – Così lontano? Perché sei nella mia valle?
    – Sono venuta per imparare ad amare
    – Oh! Hai fatto bene, questo è un bel posto per imparare… Tu non sai amare?
    – Non come dovrei
    – Devi essere bella. Mi piacerebbe vedere il tuo viso
    – Vuoi che accenda la lampada?
    – Non servirebbe… Io non vedo
    – Non è possibile, nella tua mente vivono ricordi registrati da messaggi sensoriali
    – I miei occhi si sono spenti poco alla volta
    – Oh Dio! Dev’essere terribile
    – All’inizio lo è, ma poi s’impara e il buio non fa più paura
    Lei dovette serrare forte gli occhi per evitare che le lacrime bagnassero le mani del piccolo
    – Vuoi vedermi? – Chiese portando le mani del piccolo alle labbra
    – Oh si, mi piacerebbe. Tu puoi farlo?
    – Si
    – Ho po’ paura
    – Che sciocchino, io non potrei mai farti del male
    – Va bene, ma non lasciare le mie mani
    Mentre lei serrò forte le mani del piccolo, il modulo cristallizzò la sua immagine nel buio della sua mente
    – Sei molto bella, – Mormorò il piccolo – somigli alla mamma
    – Grazie. – Rispose lei con un filo di voce – Parlami di lei, è una buona mamma?
    – Si, lei ha negli occhi il cielo della notte, ed è la migliore mamma della tribù...ohi!
    – Cosa c’è? – Chiese lei percependo le sue mani serrare forte le sue
    – Nulla, non è nulla
    – Hai dolore?
    – Un po’, ma ora passa
    Colto da spasmi dolorosi il piccolo si contorse stringendo ancora più violentemente le sue mani.
    – Dimmi cosa posso fare – Sussurrò lei sentendo in lei aumentare la rabbia
    – Nulla. – Rispose il piccolo – Non puoi fare nulla
    – Lasciami provare
    – Non posso
    – Ti prego, lasciami provare
    – Si… Aiutami, non ce la faccio più
    Allora lei serrò forte gli occhi e fu lui.

    “Ora non soltanto sapeva di morire, ma si sentiva morire cosciente di allontanarsi dalla vita terrena in piena serenità mentale.
    Sospinta da una luminosa energia lei volteggiò in cieli limpidi, si bagnò in oceani di luce melodiosa e quando si scontrò con il male un grido le esplose nel petto raggiungendo il cielo.”

    – Dio perché gli fai questo? È dunque questa la tua giustizia? Ma cosa vuoi che ne sappia lui di peccato. Ti prego Dio non puoi chiedere la sua vita, prendi me
    Un istante dopo migliaia di fitte lancinanti la scossero fino alle lacrime.
    – Grazie, – Sussurrò contorcendosi – e tu Dio non permettermi di perdere i sensi. Non posso lasciarlo solo
    Non appena pronunciate quelle parole un nero baratro di follia la stordì straziandola nel corpo e nella mente fin, quando la voce del piccolo la ricondusse alla realtà
    – Fermati, non andare oltre
    – Zitto! – Ansimò lei – Lascia a me questo dovere
    – Non farlo… Questo dolore è mio
    – Io lo odio per quello che ti sta facendo… Non è un buon Dio
    Il piccolo le carezzò il volto e allora, uniti in un grande atto d’amore, l’uno e l’altra percorsero un tempo infinito dove la conoscenza si accosta al sublime.

    “In principio il suo cuore non comprese l’immensità di quel dolore, ma via via che la ragione tornò comprese come quello strazio, sentito nel corpo, non sarebbe mai stato paragonabile a quello che provò il suo spirito.”

    E mentre una parte di se combatteva con quel terrore nero la mano del piccolo le sfiorò le labbra.
    – Mamma sei tu?
    – Non parlare – Mormorò lei
    – ...La mia mamma non avrebbe voluto abbandonarmi, ma le dissero che per me non c’era più posto e ha dovuto obbedire. Povera mamma, l’hanno fatta soffrire… Ma io saprò attenderla
    – Ssst...ora riposa – Sussurrò lei tra le lacrime
    – Non dovevi prenderti la mia sofferenza, perché l’hai fatto?
    – Perché sono tua amica
    – Cos’è un amica?
    – È chi non si vergogna di te, chi ti sta accanto, è chi piange con te, chi soffre e gioca con te
    – Allora sei la mia mamma
    – Si, come lei
    – Perché mi fai questo regalo? Io non ho nulla da darti in cambio
    – Lo hai già fatto donandomi la tua vita
    – La mia vita non vale granché
    – Non è vero, tu sei il mio cuore, ed io vorrei poterti dare di più
    – Sei buona tu…ed io vorrei lasciarti i miei sogni
    – Ti ringrazio
    – Vuoi fare una cosa per me?
    – Si… – Rispose lei con un filo di voce
    – Tu vivrai, ma se avrai un poco di tempo gioca per me… fa per me tutti i giuochi che non ho mai potuto fare
    – Lo farò… te lo prometto
    – Sono contento… Avevo paura di dover portare con me i miei sogni…Sapessi quanto ho desiderato correre nei boschi, raccogliere i fiori, salire sugli alberi, giocare con la neve... vuoi farlo per me?
    Riuscendo a stento a controllarsi rispose singhiozzando
    – Ti prometto che giocherò per te… ma tu dovrai portare con te i miei sogni di bambina
    – Ormai a me non occorre più sognare
    – Allora permettimi di donarti i miei giochi
    – Si... li porterò con me
    – Guarda, ora sei me, hai le mie gambe e i miei occhi. Ora potrai correre, salire sugli alberi e godere dei loro colori… Non temere amore mio immergiti in quest’acqua e gioca con lei, non ti bagnerà e la neve non gelerà le tue mani. Gioca mio sfortunato amore, gioca finché vuoi e lascia a me il compito di cullare i tuoi sogni
    lei fu scossa da un segnale nella mente.
    – Se incontrerai la mia mamma non dirle del mio dolore, le farebbe male. Lo prometti?

    Un senso di mortale impotenza la fece fremere. Uno struggente desiderio di stringerlo a se s’impossessò di lei, ma lui abbandonò il contatto rifugiandosi nel sogno.
    Lei lo seguì scivolando nell’onda silente del coma, ed ecco che erano in quella stessa stanza e giocavano felici sopra il letto quando un improvviso rumore di qualcuno che tentava di aprire la porta li distrasse
    – Cosa c’è? – Domandò lei percependo il suo tremore
    – Ti prego mamma non farla entrare, è la mia morte! – Sussurrò il piccolo avvinghiandosi a lei
    – Non aver paura, sono qui con te
    – Aiutami non voglio che mi porti via! – Gridò il piccino
    Stringendolo forte a se lei cercò di tranquillizzarlo
    – Qui, tra le mie braccia.– Sussurrò stringendolo a se – Non aver paura, c’è la tua mamma
    – Non lasciarmi
    – No piccolo mio… la tua mamma è con te
    Improvvisamente il piccolo sussultò esclamando con un filo di voce
    – Oooh mamma… la porta si è aperta... Quanti colori... ed io ti vedo... Che bella sei!

    In quell’attimo l’animo del piccolo s’illuminò e il velo che fino ad allora nascondeva l’ignoto si sollevò davanti lo sguardo spirituale di lei, ed ella sentì la liberazione di quello spirito prigioniero in un corpo malato… E quando comprese che era morto, qualcosa di tremendamente doloroso le raschiò l’animo facendola urlare

    – Nooo, non andartene, io sarò i tuoi occhi... soffrirò per te, ma non andartene. Ti prego Dio rendimelo, sii buono... ti prometto che cambierò, sarò come tu mi vuoi, ma lasciamelo... Oddio cosa ti ho fatto... – Sussurrò carezzando il volto del piccolo finalmente disteso nella serenità della morte – ed ora chi mi darà il coraggio per guardare suo padre negli occhi?

    Le mani di suo padre sulle spalle squassate dai singhiozzi la ricondussero alla realtà.
    – Non può più sentirti, ora lui non soffre più
    Con la mente confusa e l’animo colmo di amarezza lei si sollevò in piedi. Aveva gli occhi arrossati dal pianto ma ancora colmi di visioni di grandi distese e cieli azzurri.
    Coprì le braccia del piccolo, gli carezzò la fronte sistemandogli i capelli scomposti e lo baciò sulle labbra
    – È morto per me e io non ho saputo far nulla per salvarlo, ho saputo soltanto offrirgli i miei sogni
    – Gli hai dato ciò che desiderava da te – Sussurrò suo padre
    – Lui sapeva che sarebbe dovuto morire per me e mi ha concesso di essere sua madre. In lui non c’era odio. Oh Dio, ma quant’è terribile la tua verità se hai scelto di sacrificare una vita. Io lo amavo, non volevo la sua morte, mi vergogno tanto
    – Non devi – Sussurrò suo padre stringendola a se – non devi mai vergognarti dei tuoi sentimenti, sono la cosa più vera che la vita ci ha dato
    Ancora scossa da un pianto inarrestabile lei si abbandonò tra le braccia di lui e cercando conforto nella sua mente ascoltò il suo ringraziamento.

    – “Signore ti ringrazio per averla resa tanto forte da comprendere quant’è debole. Fa che sappia giudicare le sue azioni prima ancora di giudicare quelle degli altri. Concedile un animo limpido e fa che l’amore sia sempre presente nel modo di vivere la vita che le hai donato.”

    Fu come se quei pensieri avessero messo in moto un meccanismo e mentre tutti i risentimenti e le paure scomparvero dalla sua mente, si augurò disperatamente che tutto finisse in breve.
    Vestirono il piccolo con un abito di lei.
    – Il più caldo! – Pretese lei e quando suo padre ebbe terminato lei gli calzò ai piedi le sue vecchie scarpe
    – Dovrà fare molta strada – Disse guardando suo padre – e queste sapranno condurlo
    Trasportarono il corpo in giardino e mentre suo padre scavò una fossa deponendovi il piccolo corpo avvolto nella pelle in cui lo avevano trovato, lei osservò ogni cosa con il volto serio sul quale spiccavano profonde occhiaie scure.
    – Vuoi salutarlo prima che lo copra? – Domandò suo padre
    Lei si chinò, raccolse un pugno di terra e la lasciò scivolare nella fossa. – No, non dobbiamo salutarci, ora egli vive in me
    Suo padre la baciò sui capelli prima di raccogliere un po’ di terra con la pala
    – Non così Pà! Ti prego, non così, non dobbiamo disturbarlo. Aiutami a riempire la fossa con le mani
    S’inginocchiarono e quando tutto finì si avviarono verso casa tenendosi per mano.
    – Pà! – Esclamò lei arrestandosi nell’oscurità
    – Cosa c’è
    – Debbo andare sulla collina da Holy
    – Sei certa che sia li?
    – Si. – Sussurrò lei – Debbo aiutarla prima che commetta una sciocchezza
    – Holy non può commettere sciocchezze
    – Ha bisogno di me… Ed io non posso lasciarla sola
    suo padre stava per ribattere quando lei lo interruppe con un cenno della mano.
    – Non chiedermelo Pà… Io ancora non so ancora perché senta questa esigenza… ma debbo farlo. Forse è il tuo Dio a volerlo… o forse sono pazza… so soltanto che debbo andare. Vieni con me?
    suo padre restò un attimo interdetto osservando la sua sagoma sul viottolo già oscurato dal buio della notte.
    – Andiamo – Rispose semplicemente
    Fecero di corsa il viottolo fin dove iniziava l’erta della collina.
    – È lassù… – sussurrò lei con il fiato grosso – ed è disperata
    – Non Holy – Ribatté lui – lei non è come gli altri
    – Pà… quella ragazza sta uccidendosi
    – Ti sbagli, lei è...
    Con un cenno della mano lei lo zittì – Ascolta – Sussurrò

    Dapprima suo padre pensò che fosse il vento, ma poi, lentamente, iniziò a percepire un suono che si fece man mano più profondo e più forte, fino a trasformarsi in una melodia possente e allo stesso tempo dolce e struggente.
    Quando lei avanzò verso a collina e suo padre fece per seguirla, lei lo fermò con un cenno della mano
    – No Pà, non seguirmi, ora è giunto il momento che attendevi. – Bisbigliò lei – Debbo andare sola, ma tu non andartene, ho bisogno di sapere che ci sei
    Man mano che s’inerpicava fu avvolta da un fluido di note che le piovvero addosso stordendola e quando raggiunta la sommità e vide Holy seduta sotto la quercia, tirò un sospiro di sollievo
    Una luce opaca, che sembrava non illuminare la notte, l’avvolgeva rendendola appena visibile e attorno a lei centinaia di animali la osservavano attoniti e silenziosi.
    All’apparire di lei alcuni di loro si voltarono salutandola con i loro segnali e un falco, alzatosi in volo, andò a posarsi sulla sua spalla.
    – Holy! – Chiamò lei entrando nel cerchio
    Holy sollevò lo sguardo su di lei – Chi sei? – Chiese lei uscì dal buio scivolando nell’aria verso di lei.
    – Oh sei tu! – Esclamò Holy riconoscendola
    – Cosa stai per fare?
    – Sto per congiungermi a mia madre
    – Non puoi, significherebbe morire
    – Meglio morire che vivere con gli altri... Sono stanca
    – Cosa ti hanno fatto per costringerti a preferire la morte?
    – Guardami, – Disse sollevandosi nell’aria – gli altri non fanno questo. Tu puoi dirmi perché io posso?
    – Tu non sei come loro, sei diversa
    – Io sono soltanto uno scherzo della natura
    – Qualunque cosa tu creda di essere appartieni a questa razza
    – Non me ne importa – Gridò Holy
    – È la tua gente
    – Per loro sono soltanto un animale con cui divertirsi
    – Non è vero! Tu sei la cosa più bella e più importante che possa accadere ad una razza. Tu puoi dare vita ad un uomo nuovo, un uomo che potrà avvicinarsi a Dio
    – Mi odiano, sono cattivi
    – Ma no! Non ti odiano. Loro non sanno chi sei perché ti sei negata. Quello che tu sei in grado di fare è assolutamente inconcepibile per le loro menti, ma spetta soltanto a te mostrare quella che sei. A cosa ti serve saper volare se prima non impari a camminare e a cadere come un uomo?
    – Sei cattiva come loro
    Quelle poche amare parole, dette con calma e marcate intenzionalmente, fecero rabbrividire lei.
    – Io credo che tu sia molto infelice perché non sai ancora chi o cosa tu sia, ma non puoi sperare di nascondere la tua identità nella morte – Le sussurrò lei
    – Non è vero io so bene chi e cosa sono
    – Ma cosa sai, da quando hanno ucciso tua madre ti sei preoccupata soltanto di nascondere i prodigi che sai compiere
    – Hanno ucciso la migliore donna di questo mondo
    – Io non l’ho conosciuta, ma so che non è certo la morte che sognava per te, non è certo per vederti in questo stato che ha sopportato la fame, le umiliazioni, il terrore. Holy tu la stai tradendo, stai gettando al vento le sue aspirazioni, stai cancellando i suoi sogni
    – Vattene a predicare da un’altra parte e lascia in pace mia madre, lei non c’entra – Urlò Holy – Io sono soltanto un animale stanco di vivere. Ti prego lasciami morire e sarà più facile per tutti. Vattene lei, vattene!
    Sentendo crescere in lei un furore inumano lei dovette sostenersi alla quercia per non cadere mentre udì la sua voce gridare
    – Bastarda! Che tu non possa più avere pace. Sei una bastarda vigliacca, una nullità, un essere spregevole
    – È vero, – Sussurrò Holy con voce calma – non ho il coraggio di andare avanti, ma tu non dovevi offendere mia madre. Lei è stata una donna meravigliosa, non dovevi farlo. Io non so perché lei fosse in grado di leggere nelle menti degli altri e non so neppure di dove venisse, ma non m’importa, lei è stato l’unico essere da cui abbia ricevuto una carezza. Tra le sue braccia mi addormentavo sognando cieli stellati. Lei non era come questa gente che mi fa soltanto del male. Sai dirmi perché dovrei restare?
    – Fallo per loro – Disse lei indicando gli animali che le circondavano
    – I miei cari amici sono la mia famiglia, loro mi hanno compresa. Ti prego amica mia, lascia che il mio destino si compia
    – Non è la morte il tuo destino, tu devi vivere
    – Lascia che muoia
    – Non farlo, morrei anch’io. Io ti amo
    – Anch’io ti amo e non permetterò che tu possa seguirmi. Nei tuoi occhi c’è la gioia di vivere, tu sei amata. Io non sono nulla per nessuno, non posso più continuare a vivere tra la pazzia e il sogno, non ci riesco
    – Non è vero che non sei nulla
    – Lo sono amica mia, lo sono
    – Fino ad ora hai vissuto nella convinzione che il tuo dolore fosse il più grande, ma guarda attorno a te e scoprirai di non essere l’unica a cui è stata uccisa la madre. Tu puoi fare molto per la tua gente, sei la prima e loro hanno bisogno di te. Ti prego trasforma le tue paure in amore
    – Non posso, nel mio cuore non c’è più amore
    – Non è possibile, tu sei speciale
    – Non sono speciale, sono pazza
    – Smettila! – Urlò lei – Ma che donna sei? Cosa dirai a tuo figlio, che sei fuggita per il timore di vivere?
    – Lui non subirà le mie torture, lui morrà con me
    – Anch’io ho vissuto con il vuoto dentro. Non pensavo, non provavo né commozione e né amore. La mia mente era colma di nulla. Vivevo una vita in continua fuga, esattamente la stessa che vivrai tu. Poi qualcuno mi spinse sul tuo pianeta e qui ho scoperto il vero senso della vita. Tra la tua gente ho imparato a soffrire, a piangere e ad amare. Soltanto pochi minuti fa ho sepolto una parte del mio cuore con un cucciolo di questa Terra, un uomo così piccino da occupare il posto di un fiore, ma con sentimenti così grandi da far impallidire i miei poteri. In nome di Dio non abbandonarli
    Holy si guardò bene dal tentare di decifrare quelle parole, lei non voleva sapere, lei doveva conservare la pace così faticosamente ottenuta.
    – Per l’amor di Dio Holy, rispondimi! – La supplicò lei
    Nel vento gelido che si era levato il volto di lei stava congelando, ma sebbene Holy indossasse quel solito abitino nero, sembrava che neppure rabbrividisse.
    D’un tratto ogni luce scomparve e lei comprese di averla perduta per sempre. Allora si voltò e mentre un dolore sconfinato le attanagliò il cuore facendola piangere, si allontanò incespicando in quel buio attorno a lei.

    Quando giunse al piano suo padre le tenne stretta una mano tra le sue e mentre si avviarono verso casa lei lottò per non urlare il suo dolore al cielo. Il pensiero che la sua Holy si fosse persa in quella follia dalla quale non era stata capace di liberarla, la faceva star male
    – Vedrai che cambierà. – Le sussurrò suo padre tentando di confortarla – L’hai indotta ad ascoltarti, a riflettere, non sarebbe stata ferma per tanto tempo se non avesse compreso
    – Troppo tardi! Un attimo troppo tardi – Mormorò lei
    Quando salì nella sua camera si rannicchiò sul letto lasciandosi soffocare dall’angoscia della perdita
    – Dio mio, ci hai abbandonate. – Singhiozzò
    – Improvvisamente, mentre una lieve fragranza sembrò invadere la stanza, il buio fu rotto da uno scintillio sfarzoso nel quale prese forma una tremula figura.
    – Holy sei tu? – Chiese lei sollevandosi in ginocchio sul letto
    – Si – Le rispose la voce di Holy
    – Cos’è questo profumo – Chiese ancora lei
    – È il profumo di mia madre… ed io sto varcando la soglia
    – E a me non pensi?
    – Tu hai mio padre
    – Non tradirmi, lascia che venga con te
    – Lasceresti tuo padre per me?
    – Tutto, se fossi capace di farti comprendere
    – Addio amica mia… io non ho più bisogno di nulla
    – Dio non permetterlo – Urlò lei mentre il modulo si attivò trasportando il suo spirito verso luci sommesse che la guidarono all’incontro con strane presenze e brezze tiepide che l’avvolsero in un volo infinito dove la realtà è parte del nulla e tutto è pace.

    Quando il viaggio si concluse nella penombra della sua camera, sentì il suo corpo irrigidito dal freddo. Raccolse una coperta, vi si avvolse e accostatasi alla finestra restò ad osservare le ombre spettrali degli alberi che oscillavano al chiarore lunare.
    Vinta dalla sofferenza poggiò i gomiti sul davanzale raccogliendo il volto tra le mani
    – Holy ti ho perduta – Sussurrò singhiozzando
    – No, non mi hai perduta, sono qui, sono tornata
    Sussultando lei sollevò il capo cercando attorno a se. La voce che aveva appena udita era così sommessa che pensò di averla immaginata.
    – Sono qui, sotto di te – Ripeté Holy uscendo dall’ombra e muovendosi con una sicurezza diversa dalla sua abituale andatura un po’ goffa.
    – Holy! – Esclamò lei portando una mano alle labbra per non singhiozzare, ma la sua voce si spezzò pronunciandone il nome.
    – Ora ho compreso – Disse ancora Holy
    – Mi dispiace aver detto quelle brutte cose, io ti amo
    – Amo la mia gente e sarò come loro e se vorranno...
    lei si sporse dal davanzale interrompendola – No, tu non potrai mai essere come loro, vivrai per loro, ma sarai sempre te stessa. Non ti è concesso vivere come un comune mortale e per questo dovrai soffrire ancora
    Holy annui guardandola con lo sguardo fulgido – Mai più nessuno potrà farmi rinunciare alla mia natura
    Sommessamente, (Perché è così che avvengono i miracoli) nel medesimo istante in cui Holy pronunciava quelle parole e mentre ogni altro suono cadde, lei udì salire verso l’alto una melodia che crebbe piena e possente.
    In quell’istante le acque cessarono di scorrere e la notte s’illuminò di una fantastica aurora che serpeggiando il cielo illuminò la valle. Poi, così com’era iniziata, la musica cessò e il buio, il vento e l’acqua tornarono a vivere la valle e gli uomini a sperare.
    Un istante dopo Holy la raggiunse mentalmente.

    – “È magnifico sentire l’impeto della vita che scorre nelle vene. Il suo calore ha sciolto il gelo in cui vivevo e ora io sento la carezza di questo vento e il profumo delle cose. Attorno a me la vita parla, mi dice che c’è luce e a chi appartengo”
    – Tu appartieni a te stessa
    – “Io appartengo alla mia gente”
    – Cosa ti è accaduto amica mia?
    – “Non lo so, ma ora in me si agitano concetti che non mi è dato ancora decifrare... Eternità, infinito, immortalità, spirito…”
    – Sei rientrata nella tua natura – Sussurrò lei
    – “Tu mi hai donato la tua anima”
    – No, non avrei potuto, lei appartiene a mio padre. Io ti ho soltanto aiutata a riconquistare la tua
    – “A tuo padre… Dio che grandezza!”
    – È la grandezza di un sentimento
    – “Lo conosco, ho visto cos’ha saputo fare il tuo amore per quel piccolo indio”
    – Holy, tu eri qui?
    – “Ero con voi quando ancora c’era buio attorno a me e non sapevo comprendere”
    – Io l’ho soltanto amato
    Holy scosse il capo – “Non l’hai soltanto amato, tu sei stata il suo mondo, tutto ciò che non aveva mai avuto, la sua amica, i suoi sogni, sua madre, i suoi giochi... E lui si è scaldato al calore del tuo amore... È stato bellissimo e io ti ringrazio”
    – Non tu, tu non devi
    – “Forse dovrebbe essere l’umanità, ma lascia che sia io a farlo, per loro e per me”
    – Sono io a dover ringraziare il mio piccolo amore...così caro, così dolce. Lui non voleva il mio aiuto per non cedermi il suo dolore e sapeva che stava morendo per me
    – “Per noi”
    – Dio, perché ci fai questo? Ma quando finirà?
    – “Per me è giunto il momento di tornare alla mia esistenza, ma a te ha voluto concedere ancora del tempo… Usalo per essere migliore e non spaventarti”
    – Se avrò suo padre al mio fianco nulla potrà spaventarmi
    – “Fortunata te. Chissà se a me concederà un essere straordinario a cui appoggiarmi”
    – Hai la tua musica
    – “Tu ami la mia musica?”
    – È meravigliosa
    – “Si, è vero… Te la regalo, la vuoi?”
    – Oh no! Non devi privarti del tuo sostegno
    – “Quando mi vorrai pensami e io sarò in te”
    – Tu sei già in me
    Holy le lanciò un bacio – “Addio amica mia, ora lascia che vada ad incontrare mio figlio”
    – Il tuo bambino! Oddio come vorrei essere con voi
    Il volto di Holy s’illuminò – “Verrà il tempo che potremo congiungerci in lui”
    – Resta ancora un poco, non andare
    – “Non posso, ma prima che vada promettimi che abbraccerai per me la nostra valle”
    – Lo prometto
    – “E non permettere che distruggano questo pianeta… È un bene troppo prezioso”
    – Com’è strana la vita… Questa terra potrebbe essere la culla della prossima civiltà e l’uomo non ne ha nessuna cura. Non sa che la sua salvezza è verde… E noi non potremo fare nulla
    – Ti amo – Mormorò Holy lanciandole un bacio
    Tentando di soffocare il pianto lei l’osservò allontanarsi nell’oscurità
    – Addio mia dolce amica, anch’io ti amo... Abbi cura di te
    Poi, con voce roca, in una lingua aspra e sconosciuta, sussurrò alcune parole che affidò al vento
    – “Ihar arram hratha sraemm hat yhwh”


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