Scrittori per sempre

Posts written by asbottino

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    CITAZIONE (tommasino2 @ 28/5/2020, 08:15) 
    A volte penso che tu sia così generoso con me perché mi vedi come un tuo ammiratore.
    Gli idoli sono sempre carezzevoli con i loro fan.
    Ma pure se stai mentendo, lo voglio considerare un prestito, il tuo giudizio, e anche se non ho tanto tempo per farlo, giuro che migliorerò.
    Per non farti più mentire.
    Per vederti contento.
    Un abbraccio.

    Difficile che io menta, Tom. Il tuo modo di scrivere mi è sempre piaciuto, lo sai. Quando leggo i tuoi racconti trovo sempre dentro qualcosa che mi colpisce, interi pensieri che mi stendono. E non a caso quando ti commento riporto spesso delle tue frasi per intero. Non sono un idolo e tu non sei un fan. Sei uno scrittore coi fiocchi, credici.
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    Il racconto sorvola delicatamente il Grand Canyon e Manhattan, le riserve dei nativi e le sale del potere risolvendosi in un sorriso candido, quello del protagonista, e con l'immagine dei segnali di fumo e della vittoria dell'antico sul moderno. La trama è davvero azzeccata e l'incidere lento (ma tutt'altro che noioso) della narrazione e i toni così pacati ne fanno quasi una parabola. Tommy ha la nobiltà di un guerriero del passato ma le conoscenze di un uomo moderno e il contrasto è forse un po' poco esplorato. Il cinismo di cui parla Aki nel suo commento. Il personaggio di Jenny poteva essere un'occasione, una sirena della modernità cui distrarre il protagonista mettendo un po' di incertezza nel lettore. Ma il racconto è molto piacevole e funzione bene anche così. A questo punto sono curioso di conoscere il futuro della grande nazione indiana.
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    Gran bella trovata. Tutta la parte iniziale è molto fluida e accattivante e distrae totalmente. Quando sono entrati in scena i dirottatori mi son detto: ma in che anno siamo? Sono tornato sopra e ho controllato e giustamente non avevi messa alcuna data per non spoilerare il lettore. E allora ho capito in che giorno eravamo e ho capito a che genere di film avrei assistito e mi sono messo comodo godendomi la storia. E me la sono goduta. SI forse potevi prenderti un po' più di tempo e lavorare di più sulle differenze tra il tuo presente e quello in cui viviamo, che invece si limitano a un paio di citazioni sportive, ma magari lo farai nel prossimo step. Anche così il racconto è chiuso in se stesso, richiama quello precedente, ma senza dipenderne totalmente e senza zoppicare in attesa di un sostegno dal successivo, quindi dal mio punto di vista sono più che soddisfatto.
    Un buonissimo lavoro.
    PS Lo sai che nel step ucronico di Ink avevo scritto un racconto in cui cadeva una sola delle due torri? :)
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    Anche io come gli altri non posso che notare i miglioramenti dallo step precedente. La scrittura ha sicuramente più precisione e più controllo. Oltretutto una delle cose migliori del precedente era l'unica scena d'azione, quella dell'assassinio, e qui di azione ne abbiamo parecchia, gestita molto bene. Lo sforzo di tenere via l'attenzione del lettore c'è e non si vede, nel senso che lo stile è molto disinvolto e funzionale e in tanti passaggi non si nota quanto lavoro c'è dietro. AL di là della confusione verbale di certi punti, che ti hanno già fatto notare, per me il difetto, come già la volta precedente, resta solo uno: la quantità di materia condensata in uno spazio breve. Il fatto c'è che ci sia un romanzo dietro e che tu ci stia offrendo dei piccoli squarci di un disegno molto più grande in questo secondo step è ancora più evidente. Anche per via del finale sospeso. Tu conosci tutta quanta la storia e noi no. Un racconto di solito è appena la punta di un iceberg. Chi scrive sa quanto c'è sotto e lo fa intuire al lettore, ma se decide di non raccontarlo lo fa con consapevolezza e quello che mostra è sufficiente e chiuso in se stesso. Anche se singole parti di qualcosa di più grande ogni racconto può dire qualcosa di suo e non semplicemente portare avanti un arco orizzontale. Quello che nelle serie TV (quella di una volta, eh, mica quelle di adesso) viene chiamata trama verticale. Magari c'è un arco stagionale, una storia portata avanti puntata dopo puntata, ma ogni puntata è godibile e chiusa in se stessa e per assurdo può essere vista anche da uno spettatore occasionale. Ovviamente qui è diverso e TAS è comunque un concorso a step, ma tutto sto sproloquio (scusa) era per dirti che, proprio conoscendo tutta quanta la storia, forse potevi lavorare di più sulle trame verticali. Comunque un buon lavoro e un altro seguito da aspettare con interesse.
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    "Ho la testa piena di belle cose da raccontare, cose semplici, la corsa è storia semplice". E come al solito hai centrato il punto. Funziona così la scrittura. Quello che Carver chiamava "niente trucchi da quattro soldi". Scrivere onestamente, di quello che conosci. Scrivere con il proprio tono, che non è solo tecnica ma il proprio modo di vedere il mondo. E tu ci riesci sempre.
    "Mi scendono lacrime, per fortuna si mischiano al sudore. Nessuno le vedrà." Scrivere ci rende consapevole dei nostri difetti, del nostro "essere umani". Lacrime e sudore mischiati insieme, fino a quando non si distinguono tra loro.
    "Non capisco il perché di tanta commozione, è una gara come le altre." Non è mai una gara come le altre quando corri anche tu.
    Bellissimo il finale con gli anelli dell'uovo di Pasqua. "Per non aggiungere altro alla nostra conversazione solleviamo le tazze per misurare il nostro livello di felicità". E io sollevo la mia.
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    Procedi in punta di piedi, trattenendo le emozioni. Rapide occhiate, frasi di una parola sola, gesti studiati. Poi quel finale forse un po’ affrettato. Sbilanciato come tempi rispetto alla calma con cui apri con la scena del ritrovamento dell’aereo. Livio piange e pronuncia una delle battute di dialogo più lunghe del racconto, forse la più lunga in assoluto. La scrittura è splendida e precisa, chirurgica come sempre. Il racconto è all’altezza del precedente ma si intuisce che hai bisogno di spazio, che sei uno scrittore da romanzi, che forse il racconto finisce perché finiscono la parole a disposizione ma che vorresti dire molto di più. Per certi versi con meno Storia a dettare l’intreccio l’ho apprezzato di più. Ottimo lavoro.
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    Un passo indietro rispetto al racconto precedente, che mi aveva sinceramente colpito per la qualità della scrittura e la gestione della trama, ma pìù di ogni altra cosa per la capacità di parlare al lettore tramite una lingua carica, complessa, elevata, eppure totalmente funzionale alla storia. Qui parti altrettanto bene, nei primi due paragrafi, poi ti ritiri in te stesso e il racconto smette di essere racconto e resta solo quell'ossatura di cui parli nei tuoi commenti, quell'indagine attorno alla quale avresti dovuto organizzare una storia ma che diventa più importante e urgente e necessaria di tutto il resto. "Ma questo è un racconto poi? O una storia vera? Oppure è un saggio?". Non a caso tu per primo ti poni le stesse domande. Anche lì scrivi molto bene e riesco a seguirti perchè hai un modo splendido ed elegante di organizzare i tuoi pensieri, però mi manca tutto il resto. Scrivere per se stessi è sempre il primo passo e credo che chiunque di noi lo abbia intrapreso. Cercare conforto a un'autostima traballante è quello successivo. Non ti dirò quale è il terzo: hai le qualità per arrivarci da solo. Bravissimo comunque.
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    Inizio dicendoti mi è piaciuto molto. Te lo dirò anche alla fine. Mi è piaciuto perchè ovviamente è uno di quei racconti in cui l'immedesimazione scatta in modo quasi istantaneo e tu fai davvero del tuo meglio perchè il lettore ci finisca dentro fino al collo. Trama be strutturata, il giusto spazio per ogni cosa, scrittura assolutamente funzionale, dialoghi che suonano veri. Però se mi scrollo di dosso un po' dell'inquietudine che mi ha messo addosso riesco a guardarlo in modo più freddo e analitico e mi sento di darti un paio di consigli. Forse un difetto che ha è che è un po' squilibrato. Spendi molto nel creare le premesse del virus, con una narrazione molto intima, familiare, racchiusa. Tutta la prima parte è quella che mi è piaciuta di più. I preparativi, no? come se fosse una specie corteggiamento che fai con il lettore. In questo forse la partita di rugby, per quanto ben riuscita, nell'economia generale del racconto perde un po' di funzionalità, se non per marcare il passaggio dalla vitalità dei piccoli atleti al momento in cui perdono le forze. Forse con il senno di poi si poteva contenere come numero di righe. Però come detto è davvero ben riuscita e originale. Lo squilibrio di cui dicevo però è nel momento in cui introduci Erode, quando all'improvviso dai un nome alla malattia, quando la fai diventare un problema mondiale invece che il dramma di una sola famiglia. Lì lo scenario si spalanca in modo improvviso e un po' disorienta. Chiaro che era uno sviluppo necessario, ma forse si poteva preparare di più e o renderlo più graduale, non so. Intendiamoci, il racconto funziona benissimo comunque. Però la seconda parte oscilla tra l'intimità della prima parte e la necessità della pandemia e quindi la trovo meno coesa. Sempre appassionante, ma un pochino meno efficace. Per esempio sorvoli un po' sulla morte del secondo figlio, concentrata come sei nel preparare il finale.
    Prendi queste osservazioni per quello che sono. Come lettore io ragiono di solito più con lo stomaco che con la testa e il pugno allo stomaco è arrivato forte e chiaro. Il racconto è davvero appassionante e ben scritto e mi è piaciuto molto.
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    Si, la prima cosa che senti è che non sia abbastanza, che ci fosse spazio per uno sviluppo maggiore. I personaggi, le loro motivazioni, restano un po' tra le righe. Questo mancato approfondimento però è andato a favore dell'efficacia narrativa. Tutto quello che volevi dire è arrivato, tipo raffica di mitra, e anche se c'era la possibilità di dire di più, alla fine il lettore resta comunque pienamente soddisfatto: dallo stile, dall'azione, dalla facilità con cui certe scene si sollevano dalla pagina e diventano visive. Se dovessi azzardare un consiglio per ampliare il racconto, forse avrei utilizzato i discorsi di Gore, come fai all'inizio, intervallandoli alle scene di azione e accompagnando così il lettore dalle promesse di un discorso di insediamento alla loro concretizzazione in un'azione militare. Ma solo in un racconto più ampio e con una maggior spazio alle motivazioni di Relly. "C’era nel tono un anticipo di delusione e disprezzo che non poteva sopportare. Non avrebbe retto la rabbia, la condanna e la solitudine dell’abbandono." C'è molto in queste due frasi, probabilmente un mondo. E tu ci fai dare appena una sbirciatina. Io sono un fan delle sbirciatine, ma uno sguardo più approfondito avrebbe aggiunto maggior sostanza al personaggio.
    Appunti sulla scrittura ovviamente non ne ho. Il tuo talento non si discute.
    Ultima osservazione: "Distanza centocinquanta… No: centoquaranta metri". Sono americane, quindi ragionano in "piedi".
    Buonissimo lavoro. E qui il seguito ci sta proprio.
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    CITAZIONE (Akimizu @ 30/3/2020, 10:42) 
    Ciao Asbo, c'è da dire che una delle conseguenze della mancanza dello Squalo nelle nostre esistenze sarebbe l'assenza di " una barca più grossa", non dimentichiamolo.

    Sei troppo buono, amico mio. Probabilmente non mancherebbe soltanto quello. Non ce ne sarebbe nessuno altro.
    Ne approfitto per ringraziarvi tutti. Ho notato una grande attenzione nei commenti e il fatto che non ci fosse l'anonimato ha reso tutto molto più intenso e personale.
    Avrei voluto dirvi tante cose, giorno per giorno, ma alla fine le storie devono stare in piedi da sole.
    Questo è uno dei commenti che mi ha fatto più riflettere e ci tenevo a dire qualcosa:
    CITAZIONE (Bar Abbas @ 3/3/2020, 13:09) 
    Quanto all'ucronia, se la mancanza di uno dei tre registi, o anche di tutti e tre, avrebbe potuto cambiare le cose? La mia risposta è un secco no. Le idee che cambiano il modo di vedere il mondo provengono da ben altre menti. Avresti dovuto eliminare Platone o Aristotele e non Lucas o Spielberg.

    è buffo. Ho una laurea in filosofia, ma non mi spaventerebbe un mondo senza Platone e Aristotele. Quando studiavo non era mai importante quello che dicevano, ma come lo dicevano. La filosofia mi ha insegnato poco del mondo. Forse l'unica cosa che mi ha insegnato è a mettere ordine nei miei pensieri. Immaginare un mondo senza Lo Squalo o Star Wars, tutte le storie e i film con cui sono cresciuto, quello sì che mi spaventerebbe. Forse non si portano dietro idee che cambiano il modo di vedere il mondo, ma per alcune persone, me compreso, sono le opere di finzione a rendere il mondo un posto più sopportabile in cui vivere. Certo, come ha scritto Byron, il loro buco potrebbe essere stato riempito da altri, ma credo che l'idea alla base dell'ucronia non sia quella di riempire il buco, ma di crearlo. Il probabile fallimento della carriera di Spielberg è solo il primo effetto della morte di Lucas, diciamo il più vicino nel tempo. Lucas non è solo l'inventore di Star Wars, ma è molto di più. Se sarà davvero tutta un'altra storia, non lo so, ma so che ci vorrà del tempo per riempire quel buco.
    Grazie ancora a tutti!
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    Bravissimo Aki, amico mio, come sempre!
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    Eccoti qui, di nuovo, con la tua facilità di produrre parole, di prendere la Storia o qualunque altra cosa e stravolgerla e ridicolizzarla, mettendo a nudo quanto sia alle volte ridicolo l'essere umano stesso. Ogni volta sembra di assistere ai fuochi di artificio, a uno spettacolo pirotecnico, un po' meravigliati e un po' sopraffatti, uno affascinati e un po' storditi. Siamo così lontani, uno d'altro, ma ogni volta mi ripeto che non sono le somiglianze che contano, e che anche se è più difficile per lo tesso motivo è più importante riconoscere e comprendere ciò che è lontano dalla nostra sensibilità piuttosto che no. Alle volte è più facile, alle volte meno, ma continuo a provarci, come fai tu del resto. Non c'è nessuno qui che scrive come fai tu. Non è una cosa da poco.
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    Tono pacato da intrattenitore consumato, più saggio storico che racconto, la grande trovata è quella di aver tirato fuori dal cilindro un personaggio poco conosciuto a tutti, mettendo tutti i lettori sullo stesso piano, pronti ad assorbire la lezione di storia. Ma lo dico in modo positivo, perché se tutte le lezioni di storia fossero così, non sarebbe affatto male. Eppure uno spiraglio per gestire il racconto della vita di Carlo diversamente forse c'era: Toro Seduto volle conoscere la sua vita e Carlo gli raccontò senza troppa enfasi gli episodi salienti della sua esistenza avventurosa. Forse un dialogo tra i due ti avrebbe offerto la possibilità di mescolare un po' le carte e lavorare di più sui personaggi, sul loro modo di pensare, e meno sulle loro vite e sul loro modo di agire. Ad ogni modo il tono e il linguaggio così disinvolti e piacevoli, ci consegnano un piccolo saggio che si legge d'un fiato e che non annoia mai.
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    Scusa,ignoranza mia, l'ucronia mi è sfuggita totalmente, perché ovviamente conosco molto poco il periodo storico, ma le scene sono dipinte con abilità, credo sia la tua qualità migliore, una qualità quasi scenografica. Sui dialoghi in effetti c'è da lavorare. In generale noto che è un'equazione quasi obbligata, quella di cercare di adattare il linguaggio al tempo e provare a ricreare una lingua, quasi si stesse dipingendo la copia di un quadro famoso. Il rischio è che si veda, o meglio si senta come in questo caso, che è un falso. Non saprei cosa consigliarti, credo di non aver scritto nulla che fosse ambientato prima della metà del 1900! Ma credo che il segreto sia nel pensare in modo semplice. Sulle descrizioni invece non mi sento di rimproverarti nulla. Come detto le tua scrittura ha delle qualità scenografiche molto spiccate, architettoniche, e non a caso le più riuscite sono quelle che coinvolgono gli edifici: la basilica all'inizio (un grande volto rivolto verso il mare) o la biblioteca (come se il colore corallino della facciata si fosse scolorito in una notte, sbiadito dalla salsedine portata dai venti di guerra).
    Un buon lavoro, nel complesso.
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    Beh, che sorpresa, un racconto così non me lo sarei mai aspettato. Oltretutto, nella mia consenta ignoranza, non sapevo nulla della teoria degli antichi astronauti, quindi la tua storia è anche occasione per imparare qualcosa.
    Da un punto di vista tecnico credo che ti abbiano già detto tutto. Lo stile pacato, vagamente ironico, quasi non ti prendessi del tutto sul serio (perché dovresti, in fondo è pseudoarcheologia) rendono la lettura molto godibile, ma senza particolari sussulti e in generale si ha l'impressione di trovarsi, come in altre racconti letti, più di fronte a una premessa che a una lettura chiusa in se stessa. Sono scelte, e le rispetto, ma la mia preferenza va verso storie che si chiudono abbastanza per poter vivere come non ci fosse un domani, ma allo stesso tempo si lasciano degli spiragli da cui ripartire. Qui sistemi più che altro le pedine (la pattuglie) ed è chiaro che siamo all'inizio di un gioco. Per cui giochiamo, io ci sto. Sono curioso di leggere il seguito.
1298 replies since 3/2/2012
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