Uno sguardo terrestre

fuori concorso :(

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    Scrivano supremo

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    Higgs

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    Il suo amore per me sembrava un esperimento.
    Mi spiego meglio.
    All’epoca, oltre a frequentare un paio di corsi virtuali facilitati, lavoravo in una piccola libreria, un bar più che libreria, dove non c’erano testi importanti, né vini importanti, c’era solo un recinto di amichevoli buone voci e l’aroma di caffè. Conoscendo la mia passione per la lettura i clienti più generosi avevano cominciato a lasciare un libro come mancia e poco a poco i libri impilati avevano coperto un terzo della superficie sbiadita del pavimento. La voce si era diffusa e anche a imposte chiuse qualcuno veniva a portare il suo contributo all’unica biblioteca estemporanea e gratuita della città, bastava infilarlo nella cassetta esterna con sopra la scritta essenziale: il tuo libro qui.
    Una sera, ché l’orario di chiusura non esisteva proprio, sento dei colpi sulla saracinesca per metà abbassata, mi inchino e vedo un lembo di quello che sembra un pigiama che non spiega un bel niente, solo che spunta da un cappotto femminile.
    - Non so come tu la pensi, - dice la proprietaria del pigiama afferrando con brutale rapidità la mano libera dal panino con cui stavo cenando.
    - Puoi spiegarti meglio, - dico semi infastidito.
    - In questo che sembra un rifugio quanti libri distribuisci?
    - Tanto per cominciare io non distribuisco un bel nulla, - dico da dietro la grata con la sfrontatezza di un pesce in scatola. Il suo modo di comunicare è stravagante, le parole sono accompagnate da una gestualità esagerata e dopo ogni gesto appare un sorriso raggiante. I suoi capelli all’indietro spettinati e spugnosi ricordano lontanamente il pelo di una barboncina rossiccia infilata nel tunnel del vento.
    -Vuoi entrare? - Dico distraendomi con l’acrobazia di un ragno sulla saracinesca fresca di vernice color carne. Mentre l’ellisse della sua ombra mi circonda sento il respiro accelerato di chi prova a nascondersi dietro il polpaccio di ferro di una grata. Pure lei ha paura.
    -Ti faccio entrare, - ripeto, per non far somigliare quel colloquio a un castigo infinito.
    - No vado via, sono convinta che tu sia particolarmente impegnato, - dice.
    - A fare nulla, sì, - dico e sorrido.
    Avevo improvvisamente in mente di riuscire a trattenerla e nessuno al mondo sarebbe riuscito a farmi cambiare idea.
    Accendo tutto il neon possibile e sparita tutta la semioscurità interna alzo la saracinesca. Quando entra sento l’intensità del suo profumo in ordine decrescente di latte scaduto, funghi di bosco, cipolline. La faccio accomodare su una sedia di alluminio vicino a un tavolo di alluminio. Io resto in piedi a osservare la sua fronte spaziosa, l’attaccatura delle sopracciglia, la testa ovale, i suoi occhi viola.
    Si toglie il cappotto. Quello che sembrava un pigiama è una tuta spaziale che copre un corpo malnutrito, o solo acerbo. Le scarpe sono delle buffe appendici infiocchettate.
    – Bevi un sorso di questo, - dico. Poi ne parliamo.
    E lei beve senza sapere cosa, mentre la luce fredda del neon ne illumina la fronte. Nel frattempo cerco di riordinare i libri accatastandoli uno sull’altro per farmi spazio accanto a lei. Inconsapevolmente creo una stanza di libri tra i libri, tutto diventa fatto di pagine: il soffitto, le pareti, il pavimento, la luce, l’aria.
    – Se volevi restare solo con me non c’era bisogno di tutta questa fatica, - dice e ride.
    Adesso è lei a osservarmi, il panorama sono io con una mano in tasca per l’imbarazzo.
    - Perché sei qui, - dico, osservando il muschio delle copertine dei vecchi libri, unico a restare intatto nella
    stanza.
    - Faccio il diavolo a quattro per essere qui, mi piace la vostra terra.
    - Se ti intendi di diavoli vieni da molto lontano, - dico e rido.
    - Mi intendo di viaggi spaziali, ho avuto uno strano incidente, per capire di più dove mi trovavo sono entrata
    in questo posto e ho preso un libro per informarmi.
    - Solo un libro?
    - Solo un libro: Bel Ami. – Ci somigli, sei tu? E questa è Parigi?
    Stando al gioco rispondo: - Sì, sono io, ma non so dirti se sia proprio Parigi. Rido. Segue la mia manovra per raggiungere l’arsenale alcolico del bar e agguantare l’aggiunta di qualcosa di forte. I suoi occhi viola si stringono sonnacchiosi e felici come quelli di un cartone animato mentre mi accendo una sigaretta.
    - Me lo sentivo che eri tu, -Georges, mio caro Georges.
    Ha tutta l’aria di essere irrimediabilmente pazza, poi penso che è troppo garbata per essere pazza e forse è solo delicatamente brilla, lo testimonia il suo sguardo ora perso nel vuoto come quello di un lanciatore di frisbee.
    Alle 3 del mattino promette di mostrarmi la sua astronave. Usciamo dal bar e prendiamo la direzione del quartiere abbandonato senza nessuna cautela superando al buio muri e macerie come due campioni di parkour. Alle spalle del bosco di eucalipti l’apparizione luminosa di quella che sembra l’apparecchiatura bianca di una TAC adagiata sullo scolo di un canale. Resisto alla tentazione di una risata e chiedo:
    - Questa è la tua astronave?
    - Sì, si sta riparando.
    - Da sola?
    - Da sola.
    - Siete in molti da queste parti?
    - Migliaia, ma non ci conosciamo, né riconosciamo.
    -Quindi sei sola?
    - Sola soletta.
    Mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi, quando corteggiavo le strangers a Piazza di Spagna, ho la stessa tonalità di voce per dimostrarmi buono e affidabile e meno pezzente possibile.
    - Cosa pensi di fare?
    - Per ora aspetto, aspetto e basta. Non ho altre alternative, altre possibilità per riprendere la mia rotta. Non sono stata capace di prevedere la tempesta. Hai mai sentito parlare di substorm? Gli elettroni che acquistano velocità quando sono vicini alla vostra Terra possono essere mortali per qualsiasi viaggiatore planetario, e io mi sono trovata lungo il percorso a ritroso delle particelle.
    - In teoria potevi morire.
    - Potevo.
    - Sono perplesso, non posso credere che un’astronave si ripari da sola.
    - Tu hai presente il sistema con cui le ferite si rimarginano? La riparazione funziona così, come le cellule del tuo corpo che si riuniscono. Nessuno potrà garantirmi che la mia astronave sarà sana, ma se riparte, ripartirò.
    - Come capirai se è a posto?
    - Hai presente quando la demenza ha la meglio sul tuo cervello e tutto diventa scolorito e confuso? Ora la mente dell’astronave è così, quando ritroverà luce e colori sarà a posto e i suoi due emisferi cerebrali diversamente specializzati ritroveranno la loro efficienza totale.
    - Pazzesco, ma ti credo, la tua astronave è straordinaria e tu donna pallida e misteriosa sei formidabile nel comandare un aggeggio simile.
    - Non troppo formidabile se sono qui non è per passatempo. Ride.
    Il giorno dopo lei è ancora convinta che io sia Georges. Incremento quella idea con affascinante distacco interpretando bene la mia parte. Una passeggiata sul davanzale del Tevere sotto l’ombra di platani curvi di foglie durante una breve chiusura del bar diventa testimone oculare del nostro primo bacio e di tutta l’emozione che lo accompagna. Il suo timore improvviso per quella sensazione forte la fa apparire buffa, diversa, manovrata, ma non le fa perdere punti. Confortata dalle mie parole gentili e dal mio abbraccio parla a voce alta della sua astronave come quando si parla a un soffio dal banco di un bambino, con tono dolce e dottrinale che tutti possano sentire. Evitando di rappresentare nella mia mente una sua partenza penso che se per una ragazza l’innamoramento può avere una cadenza mensile misurata dal sanguinamento della sua vagina, il mio non poteva avere una tempistica precisa e poteva benissimo essere unico e solitario per tutta la vita. Morivo dal dubbio, anzi più speranza che dubbio, che un’aliena non avesse sanguinamento preciso e che anche il suo amore potesse essere infinito. Se qualcuno crede che fossi io a tirare i fili si sbaglia. Ovviamente mi si sarebbe spezzato il cuore a vederla andar via, ma era la macchina a decidere, a comandare, a farle prendere i rischi di una vita diversa da quella pattuita sul suo pianeta.
    L’astronave non si aggiustò, lo fece apposta. Penso.
    Per chi sa a malapena della mia esistenza posso aggiungere che la mia esistenza continuò a essere la stessa, pure con qualche turbamento per il futuro: apertura del bar alle sette, graffiti romantici sul tetto dei cappuccini per le signore, brioche calde a ripetizione, caffè bollente irresistibile, controllo della fila alla cassa dove una cassiera con lo smalto color menta, i capelli rossi da barboncina e gli occhi viola faceva i conti senza bisogno di consultare le somme, sostenuta in ogni azione dal suo hobby per Georges che la osservava con un amorevole sguardo terrestre.

    Edited by mangal - 2/1/2017, 18:00
     
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    Delizioso. Fin dalle prime parole mi pareva di essermi imbattuta in un foglio di alta letteratura. Il finale assomiglia a una pezza impuntata su uno strappo che non c’è. Insomma da scucire in toto e riscriverlo, riprendendo pazientemente la trama. Lo rifaresti per me?
     
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    Forma: qualche "a capo" che non c'entra, qualche inciso non correttamente aperto o chiuso, ripetizione di "esistenza" alla fine.

    Secondo me il cervello dell'astronave è controllato dall'aliena. Posso dire finalmente di aver letto un bel racconto che mi ha fatto volare l'immaginazione, come il barista e l'aliena volano facendo parkour per le vie di un quartiere futuribile di Roma. A parte qualche problema veniale di forma, non riesco a trovare difetti. Grazie autore.

    :tappeto.gif:
     
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    La scrittura è davvero originale e piacevole. Il racconto scorre veloce con ritmo e "allegria". Belle le immagini. Belle le idee... ma fino all'ultimo non riesco a capire se mi piace o no! Come definirlo... strano, originale... sfiora un po' il teatro dell'assurdo. Alla fine decido di abbandonarmici. Il racconto decide per me che mi piace.
    Bello... ma lo rileggerò per esserne ancora più convinto!
     
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  5. DalcaRodo
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    A me purtroppo non convince. L'idea della storia romantica in un ambiente fantascientifico è davvero bella e originale, quello mi piace, ma lo stile mi sembra confuso, ci sono metafore che non capisco, immagini che non mi spiego, mi sembrano forzate (come quando sposta i libri e all'improvviso tutto diventa fatto di pagine, persino l'aria). Anche il primo dialogo non mi sembra quello di due persone che si incontrano per la prima volta.
    La storia d'amore è sviluppata bene, anche la questione dell'astronave che alla fine non si ripara funziona, è il come viene scritta che non mi è chiaro.
     
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    Non convince neanche me. Non solo per lo stile confuso e le immagini forzate (Dalca Rodo). Non mi coinvolge la storiella "rosa" in un racconto di fantascienza
     
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  7. hacherina
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    A me il racconto è piaciuto molto: delizioso, delicato, redatto da qualcuno che ha confidenza con la scrittura creativa e guizzi di originalità. Chiara la scienza che sottende e pregevole la parte fantastica. Non ho letto tutti gli altri racconti, ma penso che possa rientrae tra i miei preferiti.
     
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  8. ila*lalla
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    Il racconto mi piace, ma ci sono alcune cose che mi hanno dato fastidio, ma a causa di gusti personali.
    1) diciamo che quando si parla di amore a prima vista storco sempre un po' il naso
    2) mentre leggevo ho avuto l'impressione che il protagonista stesse giocando la donna, solo per avere qualcosa da fare, qualcuno con cui divertirsi... anche quando la donna gli rivela tutte quelle novità tecnologiche non sento vero stupore dall'altra parte, solo finto interesse per conquistarla
    3) alla fine dici "apertura del bar alle 7", ma avendo detto all'inizio che non c'era orario di chiusura, non dovrebbe esserci neanche quello di apertura. O mi sono persa qualcosa?
     
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    Il racconto è dolce, leggero e leggiadro. Mi ha dato l'impressione che l'autore non scriva principalmente di sf, ma sia più un poeta o comunque qualcuno abituato a parlare per immagini piuttosto che per logica; la stanza fatta di libri io l'ho intesa come una allegoria, un modo per fare capire al lettore lo stato d'animo dell'uomo. Il fatto che non ci sia orario di chiusura è un modo di dire; tanto è vero che quando lei arriva la saracinesca è abbassata e le luci spente. Il finale ci sta in pieno. Non concordo con Triss1 in questo. Trovo che il racconto sia piacevolmente concluso. Bello, piacevole da leggere e ben scritto. Ha lasciato insoddisfatta la mia fame di fantascienza ma è un approccio al genere che non ho mai considerato
     
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    Racconto leggero, quasi surreale, che si legge bene. Però, pur avendolo letto parecchie volte, c'è qualcosa che non mi convince appieno. Probabilmente la storia non mi ha coinvolto ed emozionato più di tanto. Lo stile particolare però mi è piaciuto. All'inizio poi ho notato un'incongruenza che probabilmente è da mettere a posto: come fa il ragazzo a vedere che l'aliena gesticola e sorride quando la saracinesca è ancora abbassata per metà?
     
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    CITAZIONE (ila*lalla @ 27/12/2016, 21:03) 
    Il racconto mi piace, ma ci sono alcune cose che mi hanno dato fastidio, ma a causa di gusti personali.
    1) diciamo che quando si parla di amore a prima vista storco sempre un po' il naso
    2) mentre leggevo ho avuto l'impressione che il protagonista stesse giocando la donna, solo per avere qualcosa da fare, qualcuno con cui divertirsi... anche quando la donna gli rivela tutte quelle novità tecnologiche non sento vero stupore dall'altra parte, solo finto interesse per conquistarla
    3) alla fine dici "apertura del bar alle 7", ma avendo detto all'inizio che non c'era orario di chiusura, non dovrebbe esserci neanche quello di apertura. O mi sono persa qualcosa?

    Sul punto 2 entra in ballo Georges del "Bel Ami" di Maupassant. Secondo me l'autore ha ben giocato proprio su questo: è l'aliena che pensa che lui sia Georges, quindi un seduttore professionista; eppure il barista continua a sostenere che sia l'aliena a tenere in mano i fili del loro approccio e dunque che sia lei la seduttrice.

    Sul punto 3 ha già risposto qualcun altro.

    Sul punto 1 non ci sono risposte da dare.
     
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    Cosa vuoi dimostrare autore?
    Che il bene è meglio cercarselo lontano, molto lontano?
    Le versi da bere come un distributore automatico, l'accoppi con tutti i libri che ami, con il libro che ami.
    Manca solo che tu ti metta a strimpellare le canzoni di Battisti con una chitarra scordata.
    Mi fai ammazzare dal ridere.
     
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    Il tono complessivo, piacevole, leggero, svagato, un po’ surreale, porta la mente a cercare di tralasciare i numerosi errori di forma, soprattutto di punteggiatura, che però vanno sistemati, per migliorare il racconto.
    Riporto di seguito alcuni esempi:
    “Conoscendo la mia passione per la lettura i clienti”= “Conoscendo la mia passione per la lettura, i clienti”
    “diffusa e anche a imposte chiuse qualcuno”= “diffusa e, anche a imposte chiuse, qualcuno”
    “Tanto per cominciare io non distribuisco”= “Tanto per cominciare, io non distribuisco”
    “I suoi capelli all’indietro spettinati e spugnosi ricordano”= “I suoi capelli all’indietro, spettinati e spugnosi, ricordano”
    “No vado via”= “No, vado via”
    Per quanto riguarda questo tipo di errore, mi fermo qui, ma nel seguito del racconto si ritrova molte altre volte.
    “Puoi spiegarti meglio,”/” Perché sei qui, - dico”= forse l’autore voleva mettere un punto interrogativo?
    “pensi, - dice”/“meglio, - dico”/“bel nulla, - dico”/ “impegnato, - dice.”/”A fare nulla, sì, - dico”/”un sorso di questo, - dico.”. In questo caso la virgola non ci vuole; occorre eventualmente solo nel caso che, dopo l’inciso, riprenda il discorso diretto.
    “-Vuoi entrare? – Dico…”= occorre lo spazio dopo il trattino, “dico” va con la minuscola.
    A questo punto, credo che balzi all’occhio la quantità di “dico” usati.
    Altri elementi formali:
    “mi inchino”= mi sembra più attinente al contesto “mi chino”
    “distraendomi con l’acrobazia di un ragno”= cosa volevi dire? Forse “districandomi”?
    “il polpaccio di ferro di una grata”= l’espressione rimane un po’ oscura.
    “dottrinale”= in che senso?
    “Avevo improvvisamente”, “sarebbe riuscito”/”Accendo”= cambio di tempo.
    “l’intensità del suo profumo in ordine decrescente di latte scaduto”= sintassi da rivedere, in funzione dell’intenzione comunicativa.
    “Incremento”= userei un altro termine
    “Terra”, come pianeta, lo scriverei con la maiuscola.
    “agguantare l’aggiunta di qualcosa di forte.”= sintassi da sistemare.
    Oltre agli elementi formali, alcuni punti del contenuto non mi hanno convinto.
    “oltre a frequentare un paio di corsi virtuali facilitati”: viene data un’informazione che mi sembra tranquillamente eliminabile, nell’economia del racconto.
    “e poco a poco i libri impilati avevano coperto un terzo della superficie sbiadita del pavimento”: se il bar non è del protagonista, il proprietario deve essere molto tollerante.
    “se per una ragazza l’innamoramento può avere una cadenza mensile misurata dal sanguinamento della sua vagina”= mi sfugge il motivo per cui è stata inserita così, all’improvviso, questa frase, mi sembra senza particolare collegamento con il resto, senza alcuna motivazione.
    “sanguinamento DELLA sua vagina”= tecnicamente, non è la vagina a sanguinare.
    Non ho letto Bel-Ami, quindi immagino che ci saranno dei riferimenti letterari che mi sfuggono.
    In sintesi, una storiella dal tono simpatico, un po’ fanta/surreale, da revisionare.
     
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  14. Elleffe
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    Sono abbastanza in dubbio su questo racconto. Mi piace e allo stesso tempo non mi piace. Lo stile è piuttosto originale e ha un bel piglio. Sorvolo sulla parte della vagina che sanguina… I dialoghi sono talmente assurdi da risultare convincenti e, più in generale, la scrittura nella sua stravaganza è molto coerente. Forse non mi ha particolarmente coinvolta a livello emotivo, ma mi ha convinta a livello stilistico, si fa notare, si distingue, ha molta personalità, insomma, non passa inosservato.
     
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    Domandina: Ma il distopico non è una situazione terribile in cui ci si viene a trovare magari in un futuro (visto che qui si parla di fantascienza)? Un po' arzigogolato in certe descrizioni e la fortissima Arianna ti ha già dato tutta la punteggiatura che ti eri risparmiato più le sue perfette note correttive. Grazioso chicklit inter-alieno.
     
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72 replies since 22/12/2016, 23:01   1176 views
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