Un'importante assemblea

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    Scrivano supremo

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    Higgs

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    Il leone presiedeva l’assemblea degli animali e, come sempre, c’erano tre ritardatarie: la formica, la tartaruga e la lumaca.
    Mentre il leone dava segni d’impazienza tirandosi i baffoni, nei quali regolarmente gli artigli si impigliavano, suscitando risatine nei convenuti, le tre ritardatarie procedevano con il loro ritmo solito.
    La tartaruga aveva offerto un passaggio alla formica facendola salire sul suo groppone coriaceo.
    La lumaca, ogni tanto, si riposava sembrandole di avere corso fin troppo e borbottava di malumore: “Non se ne può più di queste convocazioni mattutine!”.
    La tartaruga rispondeva a ogni borbottio: “Che ci vuoi fare, è la democrazia!”
    Quanto alla formica, non le sembrava vero di andarsene in carrozza come una signora. D’altra parte, era stata eletta proprio lei, per le sue virtù e la competenza in ogni materia, a rappresentare tutto il formicaio e certi onori le spettavano d’ufficio.
    Quando Dio volle, furono in vista della grande piazza e cominciarono a provare nel cuore la solita emozione di ogni incontro di quel tipo.
    Lo spettacolo era maestoso: l’elefante, l’ippopotamo e il rinoceronte sedevano in prima fila sul loro grosso deretano.
    Più dietro, la tigre, il leopardo e la pantera si scambiavano commenti sulla stagione della caccia e il bufalo, la zebra e la gazzella allungavano le orecchie per carpire qualche preziosa informazione atta a prolungare loro la vita.
    La giraffa si era fatta due nodi al collo per ricordarsi di quel che voleva dire, mentre il serpente le offriva di farle da cravatta, con molta galanteria.
    La pulce dimostrava alla cavalletta di saper saltare più in alto di lei, mentre il ragno invitava la mosca ad un giro di altalena sulla sua ragnatela, ma la mosca, graziosamente, rifiutava.
    L’ape cercava di spiegare alla vespa che, malgrado la spiccata somiglianza tra di loro, non c’era nessuna parentela in comune tranne il micidiale pungiglione.
    Il canguro stava estraendo dal marsupio la sua merenda, mentre il cane, il gatto e il topo si rincorrevano nel loro consueto girotondo.
    Asino e cavallo discutevano animatamente sulla loro parentela con il mulo.
    La volpe, dal canto suo, lanciava occhiate languide di fame alla gallina, intenta a spettegolare con l’oca sulle arie del tacchino che si credeva il re del pollaio.
    “Fosse almeno bello come il pavone” diceva la gallina all’oca che, giusto in quel momento, si era voltata a guardare la splendida esibizione del già citato uccello.
    La pecora e la capra tenevano d’occhio il lupo poiché, va be’ la circostanza, ma la prudenza è d’obbligo con certi tipi.
    La farfalla muoveva graziosamente le sue ali colorate facendo morire d’invidia la sua nera cugina falena, regina della notte.
    Il gorilla faceva la sua ginnastica del mattino, battendosi il petto vigoroso quasi volesse sfondarlo a suon di pugni e la scimmietta, dal basso, lo guardava perplessa trovandolo piuttosto stupido in verità e alquanto vanitoso.
    Più avanti, in un piccolo lago, nuotava un delfino e faceva le smorfie allo squalo, mentre il coccodrillo mostrava i suoi denti a qualche inesistente preda.
    Più avanti di tutti, regina dell’aria, volava l’aquila reale, superba, maestosa, forse un poco presuntuosa.
    Quando le ritardatarie ebbero preso posto, il leone si schiarì la gola e dichiarò aperta la seduta.
    Quello era sempre un momento solenne, tale da fare venire la pelle d’oca anche alle anitre. Infatti, ogni animale, per piccolo che fosse, in quell’istante si sentiva importante e gli era permesso dire la propria anche se sciocchina.
    Il leone era molto imparziale, non guardava la mole né si lasciava incantare dai colori e dalle smorfie: ogni animale, per stupido che fosse, aveva il diritto di parlare e tutti gli altri il dovere di starlo a sentire in assoluto silenzio e non doveva esserci né un raglio né un sospiro. Silenzio assoluto. Gli animali piccoli potevano arrampicarsi sul collo della giraffa. Solo dopo si poteva commentare, criticare e magari perfino ridere, se ne erano state dette di troppo grosse. Ma ognuno, accidenti, aveva diritto alla sua libertà di parola; dopo, che si facesse pure come volevano gli altri.
    C’era tanta gente competente come si sa.
    Come non riconoscere la saggezza dell’elefante, l’intelligenza del cane e del cavallo, frequentatori abituali dell’uomo o della scimmia, addirittura forse una sua lontana parente? Però bisognava aggiungere che ogni animale aveva la sua piccola competenza di settore. Prendiamo la terra: lì era l’insignificante verme a farla da padrone. Lui sapeva tutto della terra: asciutta, bagnata, grassa, concimata, arida, nera, rossa, gialla, zollata, piena di radici o di semi.
    Prendiamo l’organizzazione sociale: chi meglio della formica o dell’ape poteva insegnare come si sgobba dalla mattina alla sera, aiutandosi a vicenda per portare a casa la pagnotta?
    E il ragno non è un esperto di tessitura? Neanche il mitico uomo sa tessere ragnatele così sottili e geometricamente perfette.
    Sul mare poi, anche il più piccolo pesce sa di più e meglio perfino di re leone. E il cielo è degli uccelli e nessun altro può mettere il becco lassù.
    Queste ed altre cose si dicevano gli animali ogni volta che capitava l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con i vicini.
    ***
    “Signori!” cominciò il leone e aggiunse: “signore e signorine. Oggi si parlerà dell’uomo”
    Un mormorio di sgomento gli fece eco.
    “Dobbiamo cominciare a capire chi è l’uomo e a cosa serve. Se è un animale come noi o cosa altro. Se ci è amico o nemico. Se merita di vivere o di morire. Io mi sono fatto la mia idea ma non voglio influenzarvi. Alcuni di voi lo conoscono bene. Altri lo temono. Altri lo ammirano. Mi giungono rapporti contrastanti. E oggi, finalmente, ci chiariremo le idee su questo essere ambiguo.”
    Il cane, per primo, volle dire la sua:
    “L’uomo è il mio amico più caro. Mi nutre, mi accarezza, mi ama!!”
    Il gatto miagolò: “è vero, l’uomo è buono; solo con il gatto suo però non con tutta la specie. Molti miei amici vivono in pattumiera e io rappresento tutti e non solo i signorini!”
    Il topo squittì: “Magari vivessero tutti di pattumiera!!”
    Il gatto lo fulminò con gli occhi per l’interruzione e il topo si fece piccolo, piccolo per la paura.
    Il cavallo disse: “Anche per me l’uomo va bene, anche se pretende l’ubbidienza in cambio della biada!”
    “Ecco, il cibo sempre in cambio di qualche cosa” dissero in molti, e si sentì parlare di latte, di uova, di carne e di salsicce.
    Anche il cane, a malincuore, dovette confermare: “Eh sì qualche volta, anzi spesso, sono costretto a fare la guardia in giardino, con tutti tempi che Dio manda, mentre mi piacerebbe tanto guardare la TV, accoccolato come il gatto, a prendermi le carezze del padrone che tanto amo.”
    Un brivido di commozione scosse l’auditorium e perfino il coccodrillo perse due lacrime non da indigestione.
    Ormai l’Uomo perdeva quota. Finora ne avevano parlato solo i suoi amici e non ne usciva bene la sua immagine.
    Figuriamoci quando iniziarono le lamentele degli insetti!
    La mosca per prima disse: “L’uomo ci odia e ci perseguita con ogni mezzo e neppure si vergogna di infierire su creature tanto più piccole di lui”.
    “A noi ruba il miele, e non ci chiama neppure amiche come fa con quelli che hanno parlato prima” disse l’ape innervosita al ricordo del furto.
    E la formica: “Ci schiaccia con il piede senza neppure accorgersene”.
    E la farfalla: “Sembra che ci ammiri ma poi ci infila uno spillo nel cuore per farsi bello con le nostre ali e il nostro cimitero lo chiama collezione”.
    “Ah!” disse la zanzara “noi almeno ci vendichiamo e lo spillo glielo infiliamo noi”.
    Solo la coccinella fu più benevola: “Io non posso dir nulla di male. Sembra che gli sia simpatica. Forse per il mio vestitino rosso a pois”.
    Anche la libellula non infierì sull’ uomo: “Sì, certi ragazzi ci danno la caccia, più che altro per divertirsi. Ma poi ci lasciano andare.”
    Alcuni si dichiararono indifferenti e non vollero pronunciarsi né a favore né a sfavore.
    Il ragno fu l’ultimo dei piccoli a parlare: “Sapete cosa vuol dire fare orrore?! Quando le donne gridano con la scopa in mano come vedessero Belzebù in persona? Mi faccio schifo anche io e vorrei non essere nato.”
    “Beh!” commentò la mosca “tanto santarellino non sei e forse il diavolo non tesse ragnatele più pericolose delle tue.”
    A questo punto, il leone sentì il dovere di intervenire: “Vi ricordo che siamo qui per parlare dell’ uomo e non per rinfacciarci le colpe.”
    I carnivori presenti furono d’accordissimo sul punto.
    “Finora” riprese il leone “abbiamo visto che l’uomo è utile solo a se stesso e pericoloso per molti di noi e, anche se non è stato ancora detto da nessuno, sappiamo in molti che caccia non solo per sopravvivere come facciamo noi, ma per puro divertimento e non usa soltanto i suoi denti e le sue unghie ma anche i fucili, e non guarda in faccia nessuno, né in terra, né in cielo, né in mare. Tuttavia non abbiamo ancora capito se sia o non sia un animale”
    Tutti guardarono la scimmia e nessuno poté negare la grande somiglianza. Quindi si decise all’ unanimità che l’uomo, per quanto molto particolare, era pur sempre un animale e quindi, in un certo senso, un fratello. E se qualcuno si stava già leccando i baffi all’ idea di mangiarselo, beh peggio per lui.
    Per quanto riguardava poi le strategie di convivenza, meglio tenerselo buono e continuare a rendersi utili con la speranza che un giorno lui potesse ravvedersi e imparasse a rispettare tutti i suoi fratelli ed amarli disinteressatamente.
    Alla chiusura della seduta, tutti si congratularono con il leone e gli strinsero la zampa in segno di affetto e di rispetto per la carica.
     
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    Ciao Autor, ho letto con piacere la tua favola e più di una volta ho sorriso. Molto fantasiose e simpatiche le descrizioni degli animali, un po' meno brillante la seconda parte, dove perdi decisamente mordente. Alla fine mi è parso mancasse qualcosa, una chiusa più efficace, ad esempio, o una morale più ficcante.
    Comunque una buona prova, complimenti.
    CITAZIONE
    La tartaruga rispondeva a ogni borbottio: “Che ci vuoi fare, è la democrazia!"

    Fantastica questa, anche se detta mentre si stanno recando a una riunione convocata da un re.
     
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    trecase

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    Alla prossima riunione quindi sarà invitato pure l'uomo. Simpatica questa lezione di democrazia.
     
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    Carina, molto carina.
    La prima parte è proprio divertente. Le ultime tre righe invece le trovo superflue e non degne di un finale, non aggiungono nulla e attenuano la forza del messaggio del paragrafo precedente, il più importante della fiaba.
    Considerando lo sterminio di animali e di specie che l'uomo sta compiendo, mi aspettavo la pena capitale, invece no, dunque la morale è che gli animali alla fine siamo migliori nell'uomo perché, nonostante tutto, decidono di lasciarlo vivere. Anche se poi risultano un po' codardi, quando dicono: "meglio tenerselo buono e continuare a rendersi utili". Mi sarei aspettato più coraggio, soprattutto da parte del leone.
    Comunque una bella prova.
     
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    Penna furiosa

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    Il racconto risulta fresco e scorrevole. La forma è complessivamente buona. Qua e là la mancanza di qualche virgola rende ambigue alcune frasi; ad esempio:
    “C’era tanta gente competente come si sa”.
    “Come non riconoscere la saggezza dell’elefante, l’intelligenza del cane e del cavallo, frequentatori abituali dell’uomo o della scimmia, addirittura forse una sua lontana parente?”= immagino che l’autore volesse aggiungere la scimmia all’elenco iniziato con il cane e il cavallo, non dire che il cane e il cavallo sono frequentatori della scimmia; metterei quindi una virgola dopo “uomo”.
    Da sistemare anche alcuni discorsi diretti (maiuscole).
    Anche io ho trovato molto carino il modo in cui hai tratteggiato gli animali, mentre ho un po’ sentito la mancanza di una vera e propria storia.
     
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    Penna suprema

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    Il racconto è uno di quelli che resta nella mente, aiutato sicuramente anche dal titolo.
    Purtroppo la forma non è perfetta, con qualche problema con i segni di interpunzione che ti suggerisco di rivedere, e anche qualche sciocchezza a livello grafico da sistemare.
    La trama è molto semplice e, in effetti, molto statica, anche se avrebbe consentito qualche slancio in più, per esempio con una discussione più animata e più circostanziata.
    Il finale, poi, non è dei migliori per una fiaba. Certamente è il finale dell'episodio che ci racconti, ma una fiaba richiede qualcosa in più, anche a livello didattico, se vogliamo.
    Quindi, in conclusione, il tuo pezzo, per quanto si legga bene e piacevolmente, rimane un po' indietro nella mia classifica personale.
    Ma resta comunque un lavoro discreto. :)
     
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    Penna furiosa

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    A scapito della trama, i personaggi sono davvero troppi; è la democrazia bellezza!
    A me questa fiaba è piaciuta. Anche se l'intreccio mi sembra poco articolato, la trovo divertente.
     
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  8. hacherina
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    Mi piace l'idea, mi piace la descrizione degli animali, al momento per me sei ai primi posti. Ti ho letto con piacere, mi piace lo stile fresco e vivace. Ho notato anch'io una certa stanchezza nel finale.
     
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    Condivido il sostanziale apprezzamento della favola. E' una specie di lezione di democrazia proprio ora che il concetto di democrazia traballa, qui da noi. Per una volta tanto, sono gli animali a valutare l'Uomo e mi pare che il loro giudizio sia azzeccato. Mi piace la conclusione senza retorica e che dimostra la saggezza del leone: meglio essere prudenti e continuare a difendersi anche se l' uomo è nostro fratello; e,intanto, sperare che si ravveda.
    Ben descritti e resi simpatici gli animali nelle loro caratteristiche peculiari.
    Sulla frase già citata avrei aggiunto una virgola importante: "come non riconoscere la saggezza dell'elefante, l'intelligenza del cane e del cavallo, frequentatori abituali dell'uomo, o della scimmia,forse addirittura sua lontana parente?" Così sarebbe più facile capire che la scimmia non è una frequentatrice abituale dell'Uomo.
     
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  10. hacherina
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    È comunque come l'uomo pensa che gli animali percepiscano l'uomo.
     
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    Penna furiosa

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    Favola gradevole, senza particolari spunti ma decisamente gradevole. Gli appunti che ho da fare sono due. Il primo riguarda la descrizione degli animali dell'assemblea, colti alla perfezione per le loro caratteristiche sia fisiche che comportamentali, che probabilmente sono troppi ed appesantiscono leggermente la narrazione all'inizio. Il secondo punto riguarda la fine dell'assemblea, che si chiude in sostanza con un nulla di fatto, con una specie di sospensione in attesa di nuovi sviluppi ed evoluzioni. Magari sarebbe stata più divertente una ribellione totale del mondo animale che riportasse il fratello uomo coi piedi per terra.
     
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  12. Elleffe
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    Per quanto sia simpatica la descrizione iniziale degli animali, direi che si protrae un po’ troppo per un un racconto di questa lunghezza. Comunque l’ho letta volentieri e, anche se in realtà non succede nulla di eclatante, trovo che la “critica” all’essere umano sia un buon filo conduttore.
    Storia non tra le mie preferite di questo step, ma sicuramente promossa.
     
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    Penna stilografica

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    Sembra quasi una favola di Fedro. A me è piaciuta molto e ti do un mio punteggio personale. Avevo paura scadessi nell'ambientalismo ma non l'hai fatto.Ci sarebbe da rileggerla ad alta voce per sistemare la punteggiatura ma non lo faccio nemmeno coi miei racconti, che peccano spesso anche in quel campo. Brava o bravo è il mio solo dubbio.
     
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    Penna furiosa

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    Samboseto di Busseto (Ma nata a Parma)

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    Ciao Autore.
    Favola carina ma un pochino piatta. Non so spiegarmi meglio.. mi ha lasciato "la bocca insipida" :)
    L'idea mi piace, mi piacciono le descrizioni degli animali.. ma è vero: si conclude con un nulla di fatto quasi fosse tempo perso.
    Forse manca un po' di mordente.
     
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    Dio della penna

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    Hai ragione: ho notato anch'io, pur apprezzandola per l'originalità, una certa mancanza di mordente. Può darsi che dipenda da quell'inizio, basato sulle tre ritardatarie, che ha indotto nell'autore una certa flemma che potrebbe conciliare il sonno del lettore. Forse se fosse partito dal leopardo o dalla gazzella, avrebbe avuto un maggiore sprint.
    Sono sicura che l'autore mi ha già perdonata! Non intendo dire che mi ha fatto venire il sonno!
    Come forse ho già scritto, in una precedente lettura, mi è molto piaciuta la caratterizzazione degli animali e quel loro guardarsi a vicenda con un certo sospetto.
    Il racconto è pervaso da un fine, sottile umorismo che forse si coglie in una seconda, più attenta lettura.
    A mio parere, ogni racconto andrebbe riletto.
    Un "bravo" quì non lo nego!

    Edited by Lycia - 11/3/2017, 08:01
     
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