Discutiamone ora

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    Scrivano supremo

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    Certe foreste le attraverso pure se viaggio sull’asfalto. Radio accesa, braccio destro disteso sulla gomma del poggiatesta accanto come se ci fosse qualcuno da abbracciare, sguardo assente. Sono un uomo che viaggia solo, uno con cui non è mai stato divertente vivere, né parlare. Ogni tanto mi domando se riuscirò mai a sovvertire la situazione o se ho poco scampo, meglio non indagare troppo, meglio occuparmi della guida e evitare altri incidenti. In fondo sto dove voglio stare e faccio quello che voglio fare. Guadagno bene e questo mi convince il doppio a accendere ogni giorno il motore, e se faccio del mio meglio per far durare sempre meno il viaggio è perché l’asfalto dopo un po’ diventa sostanza tossica da smaltire, e me ne frego dei bei panorami, delle fermate al bar, dimentico pure di pisciare. Non va bene vivere così, lo so da solo. Non va bene vivere così senza dire una parola. Le parole secche, appassite si ammucchiano come foglie negli angoli della mia testa vuota, fanno volume e basta, non ci tiro fuori nemmeno un pensiero decente, una storia, un ricordo, una sofferenza, è brutto essere senza una sofferenza, non servono spiegazioni.
    La ragazza che trovo sempre all’autogrill sembra una lasciata lì per farmi piacere, per tirarmi su di morale. Si sposta in avanti ogni volta che mi rivede e si tocca i capelli come se fossero un regalo per me. Io sono contento perché lo spostamento le fa vibrare il seno e il grasso che ha sotto il mento. Il suo saluto istantaneo non è subordinato al mio, e non mi viene di mettermi in disparte davanti a lei, che di solito mi metto in disparte per non avere problemi. L’altro giorno mi ha chiesto se avrei preso i soliti due caffè e mi ha detto che poteva farmene uno doppio così non si sarebbe sporcata la seconda tazzina, e le ho detto no che preferisco vedere le due tazzine sul bancone perché tanto per cominciare comando io il caffè. Lei ha riso. Sembra semplice, sembra bella, e forse le voglio pure bene, ma non in quel senso. La guardo come si osserva un punto su di una mappa, cercando dei riferimenti, qualcosa lì vicino. Sono contrario alle strategie di conquista pagina per pagina, a fare il buffone per farla ridere. Se una mi piace divento diretto, visibile, smetto di essere un povero cristo, cambio il tono della voce, lo addolcisco rischiando di far vacillare la mia figura maschile. Quando sto per bere il secondo caffè, me lo strappa dalla mano e lo sorseggia lei, lentamente, senza avere paura di me. Poi lancia la tazzina nella fossa delle tazzine sporche e sussurra che non ce la fa più a vedermi bere due caffè. Poi per tenermi compagnia si sforza a essere infelice e scavalca il silenzio che ho imparato a tenere con una pioggia di domande improvvise e sanguinose, senza darmi il tempo di rispondere. Da fratello a fratelli, voi le avreste avute le risposte immediate? Quegli occhi e quel sorriso sottile come uno spago che scrutavano la mia fronte voi lo avreste sopportato? Io avevo le budella come quelle di un gatto investito. Fino a pochi minuti prima sembrava che andasse tutto bene, ma quelle domande erano troppe e tutte intubate nel suo sguardo fisso. Avevo voglia di bere acqua fresca con le mani, di sciacquarmi il viso, di mettermi a letto, e lei continuava, continuava a chiedere come per fissare gli appunti di una ricerca su di me. Io non potevo mandare il mio lavoro a puttane e le ho detto che dovevo andare. Due minuti dopo ero di nuovo sulla mia automobile, con tutt’e due le mani sul volante e la radio spenta. E non mi sono fermato più lì per secoli per non avere domande. Il lavoro va avanti, il gioco comico delle due tazzine di caffè pure, nessuno si lamenta e trovo sempre la strada di casa alla fine della giornata. Ci ricapito in quell’autogrill di notte, perché avevo bisogno di fermarmi. Prima di posteggiare guardo verso il bancone, l’ambiente è piccolo e illuminato, a quell’ora non ci sono camionisti, si vede tutto da fuori, per una questione di sicurezza, credo. Lei non c’è. Mentre parcheggio meglio dentro la striscia bianca, si infila una testa nel finestrino dalla parte del passeggero, dicendo niente. Non so perché ho pensato che non ci fosse fretta e invece di reagire ho alzato la mano in una sottospecie di saluto. Specie nelle gambe è molto dimagrita, sembrano i rami di un nespolo. Ancora è esageratamente graziosa. Me ne vado, penso, farò finta di avere fretta, che se ricomincia con la richiesta di tutti i miei dati mi sparo. Mi racconta che è uscita per fumarsi una sigaretta, per fortuna, così ha guadagnato tempo. Non riesco a fare la faccia contenta, ha guadagnato tempo per cosa? Io sono uno che fa perdere tempo, non guadagnarlo. Dalla parte buia, quella dove scorre l’autostrada, cerco un suggerimento che non mi spaventi. Lei ride, quasi senza senso, mi batte con la mano libera dalla sigaretta sulla spalla più vicina e dice che non fa freddo per niente. Apre la portiera e si mette seduta accanto a me, si gratta sotto gli occhiali da vista, sento odore residuo di fumo misto alla sua gomma masticata. Mi racconta che è colpa loro, di quelli che la pagano troppo poco, se si è presa la libertà di stare vicino a me, abbandonando il bar. Mi chiede perché sono sparito. Rispondo perché sono uno scrittore in cerca di ispirazione. Dice che me la cavo bene a raccontare cazzate, si toglie il sinale umido e appiccicoso e lo piega con cura. Non reagisco. Dice che se l’aspettava da uno sempre solo, che parla bene, un lavoro strano. Io ho ancora cento tristezze per la storia dei due caffè, che poi potrebbe essere quella che l’ha conquistata. A essere onesto e sincero lei fisicamente è come piace a me una donna: vitale e sana. E potrei pure approfittare. Che ci vuole a sollevarle la gonna, a darle più di un bacio mentre intorno è tutto buio? Niente, ci vuole niente. Ma oggi ho fatto più di quello che potevo fare, e nemmeno voglio rovinare le prove che lo testimoniano. Sento il rumore di un foglio di carta e di una bic che ci scrive sopra con calligrafia minuscola senza riuscire a mantenere un andamento orizzontale. Sono numeri che mi accartoccia in tasca. Chiamami non lo dice, ma si capisce che vuole così. Mi chiedo in un angolo del cervello se le cose stanno a posto, forse volevo solo essere incoraggiato, spinto nelle azioni più semplici, non in quelle avvincenti. Inconsciamente accorciare le distanze.
    Discutiamone ora.
     
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    Penna furiosa

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    Ciao Autor@. Hai costruito un muro di parole per mostrare il muro costruito dal rappresentante? La storia è interessante e ben sviluppata. Usi un termine desueto: "sinale". L'ho riconosciuto perché lo usava mia nonna ed è presente nel nostro dialetto, e mi chiedo come mai hai usato proprio quella parola. Non so perché, ma mi ha colpito,. Bel monologo, ma un pochino troppo ermetico. Lo rileggero' perché non ho capito se c'è qualcosa che mi è sfuggito.
     
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    MAGNIFICO! Non credo che nessuno scalzerà il primo posto nella mia cinquina( non si sa mai : devo leggerne ancora molti.)
    Caro autore: la classe non è acqua!

    Edited by Lycia - 23/4/2017, 16:10
     
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    Penna suprema

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    Bellissime descrizioni. Ogni immagine descritta sembra di vederla.
    Una scrittura sicura, che fa innamorare chi la legge e che diventa impossibile non amare per sempre.
    Consigli da dare non ne ho perché a me, per riuscire a far vedere le immagini che riesci a far vedere tu con le parole, servirebbe una telecamera e una troupe di registi esperti.
    L'unica cosa su cui possiamo parlare è l'aderenza al genere. Come sicuramente sai, io leggo tutti i racconti in anteprima e quindi ho letto anche una versione precedente di questo lavoro, che era francamente difficile attribuire al genere del monologo.
    Questo racconto è un po' diverso e l'aspetto monologico prevale; permangono tuttavia alcune parti che allontanano dal genere, a mio avviso, che provo a porre alla tua attenzione nel caso ti interessi.
    Da "La ragazza che trovo sempre all’autogrill sembra una lasciata lì per farmi piacere, per tirarmi su di morale" a "Sembra semplice, sembra bella, e forse le voglio pure bene, ma non in quel senso." descrivi delle azioni compiute da una persona estranea al monologo, senza rielaborazione alcuna del protagonista e del suo punto di vista. Difficile cogliere la spontaneità tipica del genere in questo tratto.
    Poi, da "Avevo voglia di bere acqua fresca con le mani, di sciacquarmi il viso, di mettermi a letto, e lei continuava," fino alla fine, il monologo scompare per lasciare posto a una narrazione in prima persona.

    Ti segnalo queste "incertezze" sul genere che poco tolgono al valore complessivo del tuo racconto. Magari poi a te non interessa nemmeno molto la questione; tuttavia, essendo un concorso di genere, mi permetto di sottoporla alla tua attenzione.
    Per il resto, complimenti. Voto altissimo.
    :appaluso:
     
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  5. allerim
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    Mi sto chiedendo il perché di questa novità. Se ho ben capito la prima versione del testo è stata rielaborata secondo le "dritte" della commissione che doveva stabilire l'ammissione. Quindi il contest perde la sua natura di sfida e diventa un laboratorio di scrittura. E perché?
    L'autore scusi l'intrusione
     
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    Penna suprema

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    CITAZIONE (allerim @ 23/4/2017, 15:58) 
    Mi sto chiedendo il perché di questa novità. Se ho ben capito la prima versione del testo è stata rielaborata secondo le "dritte" della commissione che doveva stabilire l'ammissione. Quindi il contest perde la sua natura di sfida e diventa un laboratorio di scrittura. E perché?
    L'autore scusi l'intrusione

    Non è il luogo adatto dove parlarne, quindi adesso rispondo qui, ma poi continuiamo altrove (o in privato ;) ).
    Come diciamo da sempre, se un racconto viene giudicato non in linea con i criteri del concorso o dello step non viene escluso l'Autore, ma il racconto; quindi l'Autore ha facoltà di proporre un nuovo testo, fino ovviamente alla data di scadenza. Non è una novità, Sps ha sempre adottato questa linea.
    Va da sé che l'Autore è libero di rimaneggiare il proprio testo già inviato e "scartato" (come in questo caso), oppure di proporne uno nuovo. La commissione non fornisce nessuna indicazione; al massimo espone il motivo per cui il testo è stato ritenuto non ammissibile, ma questo mi sembra doveroso visto che qui non siamo meri nickname ma ci conosciamo in molti con nomi e visi.
    Non so se ho risposto. In caso, sai dove scrivere ;)
     
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  7. allerim
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    OK.
     
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  8. Esterella
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    Il racconto è scritto bene ed è proprio la rappresentazione del muro che il protagonista a costruito attorno a sè. un uomo solo che vuole rimanere solo che ha paura di ogni piccola cosa che possa rivelare agli altri la sua identità di uomo. Lascia un senso di tristezza autor questo racconto e le tue descrizioni sono puntuali e precice. Complimenti. :appaluso:
     
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    Penna suprema

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    Il miglior modo di dipingere la solitudine è non dipingerla, lasciare la tela bianca. L'autore ci prova, ma il quadro si riempie.
     
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  10. Lupoalfa
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    Un monologo ON THE ROAD: autogrill, stazioni di servizio, asfalto. Mi ha ricordato una canzone di Guccini molto bella. Bello anche questo monologo.
     
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    Tu non lo sai, ma dentro me ridevo.

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    Cesena, prov. di Enna

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    Anche io canticchiavo autogrill, mentre leggevo. Il racconto ha in comune una cosa fondamentale con la canzone di Francesco: la potenza delle immagini. Ogni fotografia che scatti è un affresco ben definito. Complimenti per il tuo lavoro!
     
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  12. allerim
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    "Quando sto per bere il secondo caffè, me lo strappa dalla mano e lo sorseggia lei, lentamente, senza avere paura di me. Poi lancia la tazzina nella fossa delle tazzine sporche e sussurra che non ce la fa più a vedermi bere due caffè. "Stai descrivendo azioni, non pensieri e così di seguito(con il ritorno al bar"ci ricapito in quell'autogrillr; la sigaretta etc.) Insomma stai raccontando una storia Poco monologo, a mio parere. Anche poca storia
     
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    Penna stilografica

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    Personalmente mi è piaciuto davvero assai!!!! Bellissime immagini, ottimo ritmo, atmosfera noir bellissima. I personaggi ben delineati e ai quali è impossibile non affezionarsi... Sentimenti, solitudine, il fluire di un pensiero continuo dritto dal cuore e dalla pancia e che arriva dritto nel cuore e nella pancia... Bello davvero. Non ho sinceramente critiche o consigli... davvero bello così... mi hai fatto venire voglia di un caffè doppio... anzi... due caffè...
     
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    Penna suprema

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    Non mi importa se ci sono pause che irrompono nel monologo: questo pezzo è splendido ed è il primo nella mia cinquina. Complimenti, Autor.
    :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
     
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    Penna furiosa

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    Non me ne voglia l’autore, ma questo è un pezzo che non riesco ad apprezzare. Non perché sia scritto male, anzi. Tanto di più leggendo i commenti degli altri, che ne hanno colto aspetti di bellezza che a me sfuggono, mi rendo conto che si deve trattare di una percezione mia, per cui questo tipo di atmosfera mi rimane estranea.
     
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