A riveder le stelle

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    Dio della penna

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    ‒ Dove siamo?
    ‒ Non lo so, esattamente, ma mi sembra di ricordare che ci sia qualcosa, in mezzo al bosco…
    ‒ Lei sa come ci è arrivato, qui?
    ‒ No. Ma ho la sensazione di esserci già stato altre volte, e di essermici già perso, poi ritrovato.. Che sciocchezze sto dicendo, vero?
    ‒ Non credo lo siano. ‒ L’uomo smette di camminare e tende la mano: ‒ Visto che questa notte i nostri sentieri si sono incrociati, forse è il caso di presentarci: Dante, piacere.
    L’altro sorride e stringe la mano che gli viene tesa: ‒ Ludovico. Sono contento di avere trovato un compagno di viaggio, in questo labirinto.
    Dante alza gli occhi al cielo: ‒ Per fortuna ci sono le stelle. Quando è buio, è bello guardare in alto e trovare la loro luce. Dovrò ricordarmelo…
    ‒ Mi sembra di vedere una luce anche là in fondo al sentiero, oltre gli alberi. Forse non ci siamo perduti.
    I due uomini riprendono il cammino. Il bosco si dirada per lasciare un po’ di spazio a un basso edificio, da cui giungono fino a loro voci. Dalle finestre la luce dell’interno li guida fino alla porta.
    ‒ Ah, sì, ecco la locanda! Ricordavo bene.
    Dante e Ludovico varcano la soglia. La sala in cui si ritrovano è affollata, ma non caotica. Un fuoco brucia vivace nel grande camino. Gli avventori chiacchierano, ridono e bevono riuniti in piccoli gruppi attorno ai tavoli.
    ‒ Beviamo qualcosa anche noi? ‒ Ludovico guida Dante fino al bancone di mescita, dove ha adocchiato due sgabelli liberi.
    ‒ Birra? ‒ propone il barista.
    ‒ Be’, io sono più da vino, ma…
    ‒ La nostra birra è ottima.
    Ludovico scambia un veloce sguardo con Dante, poi: ‒ Allora birra sia.
    Arrivano in un attimo tre boccali. Il barista sorseggia il suo. Dante e Ludovico bevono dopo un attimo di esitazione.
    ‒ È vero, è buona ‒ approva Dante. ‒ Grazie, signor…
    ‒ Niente signor, sono Robert. Venite dalla foresta?
    Dante annuisce: ‒ È strano, perché io ho proprio appena scritto di una foresta. Di una selva, per meglio dire, in cui mi perdevo e da cui poi uscivo.
    ‒ Anche io ho scritto di foreste in cui ci si smarrisce ‒ interviene Ludovico ‒ quasi dei labirinti, dove i sentieri si intrecciano di continuo, dove le persone si perdono, si ritrovano, si incrociano, si scontrano. Qualcuno perde perfino se stesso.
    Attimo di sospensione. Ludovico beve un sorso, poi riprende: ‒ Sapete, c’è questo Orlando, un paladino di Carlo Magno, che impazzisce per gelosia. Nella foresta trova le prove che la donna che lui ama è innamorata di un altro, e la sua mente non riesce ad accettarlo. Di fronte alla realtà, lui regredisce allo stato primordiale. Diventa una belva, scaglia ovunque i pezzi della sua armatura di cavaliere, poi si straccia gli abiti perdendo così anche la sua umanità. Rimane nudo e si mette a distruggere tutto quello che incontra.
    ‒ L’abisso dell’uomo… io ho scritto di una voragine in cui si sprofonda… un luogo in cui l’uomo incontra il proprio male…
    ‒ Anche io… ‒ Dante e Ludovico posano gli occhi su Robert, che li guarda perplesso ‒ … anche io ho narrato di un abisso, un abisso che è dentro l’uomo, in cui trova l’altra parte di sé, quella che non gli piace, che non vorrebbe mostrare al mondo…
    I tre bevono in silenzio per qualche istante.
    ‒ Questo è un sogno, vero? ‒ ammicca alla fine Robert ‒ Anche perché ho la sensazione che sia strano che parliamo tutti e tre nello stesso modo. Non credo che voi siate scozzesi…
    ‒ Signori, permettete, forse vi posso essere utile. ‒ Un uomo sposta il suo sgabello accanto a loro: ‒ Mi chiamo Carl Gustav; piacere di incontrarvi.
    Robert allunga un boccale di birra anche a lui, che prende alcune sorsate, prima di riprendere: ‒ Vedete, in effetti ci troviamo nel territorio dei sogni. È la terra dell’inconscio collettivo, degli archetipi. Qui non c’è problema di lingua, perché ci si comprende a un altro livello. Ogni tanto faccio visita a questo luogo, e non è sempre perfettamente identico. È una terra di passaggio, intermedia tra il conscio e l’inconscio…
    Il discorso è bruscamente interrotto da un grido che viene da fuori: ‒ Uomo in mare!
    Una piccola folla si precipita all’esterno.
    Ora fuori dalla locanda non c’è più la foresta. C’è il mare. La spiaggia e di fronte l’oceano. Non in burrasca, ma molto mosso.
    Sui cavalloni una barchetta si dirige con decisione verso qualcuno che annaspa nel nero.
    ‒ Ci pensa Herman, il mare è il suo elemento ‒ rassicura gli altri Robert.
    Herman tira sulla barca l’uomo, poi rema verso la riva.
    ‒ Che strano mare… ‒ fa appena in tempo a mormorare Dante, prima che i due arrivino sulla spiaggia ‒ nero come l’inchiostro.
    E in effetti la persona ripescata è sì fradicia, ma non d’acqua. Di qualcosa di nero che sembra ed è davvero inchiostro.
    Riesce a tirarsi in piedi e a barcollare fino alla locanda, sgocciolando macchie nere attorno a sé.
    Robert corre a prendere dei teli e fa appena in tempo a buttarglieli addosso, poi lo guida fino a uno sgabello davanti al fuoco del camino.
    Dante, Ludovico e Carl Gustav li raggiungono, mentre gli altri avventori tornano alle loro chiacchiere e alla birra.
    Con un po’ di pazienza, Robert ripulisce il viso dell’uomo, che sotto il nero si rivela non un uomo ma un ragazzo, di non più di quattordici, quindici anni.
    ‒ Ecco, signori ‒ inizia Carl Gustav ‒ il nostro giovane amico, qui, è un archetipo. Il fanciullo, simbolo di nuova vita e di rinascita…
    ‒ Qualunque cosa sia, è fradicio e gelato ‒ lo interrompe Robert. ‒ Passatemi quella coperta, per favore.
    Il ragazzo viene avvolto in fretta nella coperta. Nel giro di qualche minuto gli fanno avere anche una tazza di tè fumante.
    ‒ Be’, in effetti hai un’aria un po’ strana ‒ gli sorride gentile Ludovico ‒ quasi un pennino intinto nell’inchiostro. Come ti chiami?
    Il ragazzo stringe gli occhi, come cercando qualcosa dentro di sé, poi scuote la testa: ‒ Non lo so… non lo ricordo…
    ‒ Ti sei tuffato troppo all’improvviso ‒ spiega Carl Gustav ‒ senza sapere ancora nuotare bene.
    ‒ Non mi sono tuffato! È che mi sono addormentato… ecco, questo lo ricordo… mi sono addormentato e all’improvviso sono precipitato in mare. Era tutto nero, credevo di affogare, poi ho visto la luce di questo posto, sulla spiaggia, allora ho iniziato a nuotare..
    ‒ Sei stato bravo ‒ lo rassicura Dante ‒ sei arrivato fino a qui.
    ‒ Già, ogni tanto qualcuno ci cade, nel mare… ‒ fa Ludovico.
    ‒ Per fortuna ‒ aggiunge Dante.
    ‒ Sì, se non affoga… ‒ conclude Robert, poi guarda Carl Gustav: ‒ Quindi, secondo lei, nel sogno di chi ci troviamo? In quello di uno di noi oppure del ragazzo? O forse il ragazzo è arrivato in tutti i nostri sogni?
    ‒ Non so risponderle, e forse la risposta non è nemmeno molto importante. Quello dei sogni è un luogo di confine. ‒ L’uomo ammicca al ragazzo: ‒ E tu cosa ci dici? Cosa sei? Una persona o un archetipo?
    Il ragazzo rabbrividisce tenendosi stretta la coperta: ‒ Non lo so signore, non capisco molto di quello che dice.
    ‒ Be’, sei quasi annegato in un mare d’inchiostro. Ci sei precipitato dentro… È interessante… Non è che sei uno scrittore, per caso?
    Il ragazzo arrossisce: ‒ No, no! Insomma, sì, qualche volta ci ho pensato, di scrivere… qualche volta ci ho anche provato…
    ‒ E cosa è successo?
    ‒ Non molto di buono, per adesso. È che vorrei delle storie belle e forti. Non voglio una storia che non sia mia, che non mi appartenga, che io scriva solo perché penso che debba piacere a qualcun altro… Poi però ho paura…
    Robert si illumina: ‒ Ah, ecco! Un nuovo cliente della locanda!
    ‒ Un giorno prenderai il sentiero della selva oscura e affronterai il labirinto della foresta ‒ Ludovico sorride al ragazzo, che lo fissa stranito.
    Dante gli prende una mano e gli parla serio: ‒ Cosa farai con questo inchiostro di cui questa notte ti sei sporcato? L’inchiostro che dà vita alle storie, che prima sono solo nella testa e nel cuore, poi nelle nostre mani. Le parole hanno un grande potere. Danno forma alle immagini e ai pensieri che portiamo dentro, ma creano anche la realtà e tracciano strade. Muovono emozioni e sentimenti. Davanti a te sono il male e il bene. Il sangue, l’oscurità, la luce, la speranza, tutto hai nelle tue mani, tutto ciò che è umano e forse anche qualcosa di divino. ‒ Dante sorride un istante: ‒ A volte, quando rileggo le cose che ho scritto, non mi sembrano nemmeno mie; mi chiedo “ma le ho scritte proprio io”? Non le riconosco. Penso quasi che sia passato qualcuno di lì e abbia scritto al posto mio. Dovrai scegliere come usare questo inchiostro. Quello che vorrai raccontare.
    ‒ Amici ‒ lo interrompe Robert ‒ lo stiamo caricando di troppa responsabilità. ‒ Fa l’occhiolino al ragazzo: ‒ Se lo spaventiamo così non vorrà più tornare qui.
    Dante si alza: ‒ Ha ragione. Basta. È una bella notte: forza, usciamo.
    ‒ A fare che cosa?
    Dante trova gli occhi del ragazzo: ‒ A riveder le stelle.
     
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    Penna d'oca

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    L'idea di prendere dei maestri e metterti al tavolino è sempre interessante, anche perché ognuno ha i suoi maestri e le combinazioni sono infinite. In questo racconto però, forse per la grandezza dei personaggi, lo stile rimane un po' rigido e alcuni discorsi sono carichi di significato in maniera un po' pesante. Il finale e tutti i momenti in cui l'atmosfera si rilassa un po' sono invece assai carini.
     
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    Buona l'idea di questo strano incontro. Il racconto è ben scritto e mi è piaciuto. In alcuni punti l'esigenza di spiegare lo rende un po' troppo didascalico e il mare d'inchiostro mi è parso un po' forzato e sembra inserito un po' per assecondare le esigenze dello step, ma nel complesso è una buona prova.
     
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    “Non voglio una storia che non sia mia, che non mi appartenga, che io scriva solo perché penso che debba piacere a qualcun altro…” perché non scrivere: “Voglio una storia che sia mia, che mi appartenga, ...” secondo me avrebbe più forza.
    Detto questo ho trovato questo racconto un po’ strano. Immaginare Dante a bere birra (oh mio D!) mi ha fatto quasi sorridere. La scelta dei suoi compagni di avventura poi è altrettanto particolare. Sono tutti fini conoscitori dell’animo umano, giganti ognuno a suo modo e il ragazzo che annega nel mare d’inchiostro è una buona metafora di quello che capita spesso a noi, scrittori per diletto, scrittori per sempre.

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    Originale l'idea, buono lo svolgimento.
    Non amo particolarmente I racconti onirici, ma questo e' scritto bene e mi piacciono le trovate e I personaggi che prendono "sotto la loro ala", il novellino.
    Buona prova davvero e complimenti per la fantasia.
     
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    Penna stilografica

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    Non ho saputo interpretare la tua storia. Non so se ci siano altri significati oltre a quello dello scrittore vhe ha paura dei lettori che lo leggeranno. Sicuramente sono io non all'altezza del tuo pensiero. Se però la leggo come un divertissement la tua storia si svolge leggera e mi piace. Sono abbastanza confuso e non è la temperatura di 38 gradi. Io sono immerso nell'aria condizionata. Mah?
     
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    Penna furiosa

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    Anche a me è piaciuta molto questa idea, l'ho trovata veramente interessante. Lo svolgimento invece mi è parso poco fluido in alcuni punti, un pò ingessato. Si tratta di un pezzo che può essere rivisto e migliorato parecchio, perché, ripeto, alla base c'è un'idea davvero accattivante.
     
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    Beh, non vorrei sbagliarmi, ma l’idea di una reunion di pezzi da novanta (della letteratura, come in questo caso, della politica, come credo di ricordare) è già stata messa nero su bianco.
    Il racconto mi è piaciuto, ho apprezzato l’incontro dei Grandi e il ragazzino immerso nell’inchiostro (anche se purtroppo il web impedirà a chicchessia di macchiarsi la punta delle dita), ma ti prego: sistema gli a capo e gli spazi del d.d. Vedrai che il pezzo diventerà ancora più fruibile. Ciao. 🎈
     
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    Un ritrovo serale e la locanda dello scrittore... Luoghi a me familiari e idea originale.
    Per l'argomento trattato la narrazione non è fluidissima ma in ogni caso attrae il pensare del pensiero singolo di uomini di cultura che hanno fatto la storia dell'uomo.
    Bello il tutto e se possibile farei iniziare la lettura con la canzone di Venditti e l'atmosfera della locanda intellettuale s'accende per scoprire le radici del nostro pensiero. Complimenti.
    Ecco il testo della canzone come complemento musicale alla lettura di questo bel racconto...
    Notte prima degli esami
    Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra

    E un pianoforte sulla spalla

    Come i pini di Roma, la vita non li spezza

    Questa notte è ancora nostra

    Ma come fanno le segretarie con gli

    occhiali a farsi sposare dagli avvocati

    Le bombe delle sei non fanno male

    È solo il giorno che muore

    È solo il giorno che muore

    Gli esami sono vicini e tu sei troppo lontana dalla mia stanza

    Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto

    Stasera al solito posto, la luna sembra strana

    Sarà che non ti vedo da una settimana

    Maturità, t'avessi preso prima

    Le mie mani sul tuo seno, è fitto il tuo mistero

    E il tuo peccato originale come i tuoi calzoni americani

    Non fermare ti prego le mie mani

    Sulle tue cosce tese

    Chiuse come le chiese quando ti vuoi confessare

    Notte prima degli esami, notte di polizia

    Certo, qualcuno te lo sei portato via

    Notte di mamme e di papà col biberon

    in mano, notte di nonne alla finestra

    Ma questa notte è ancora nostra

    Notte di giovani attori di pizze fredde e di calzoni

    Notte di sogni, di coppe e di campioni

    Notte di lacrime e preghiere

    La matematica non sarà mai il mio mestiere!

    E gli aerei volano in alto tra New York e Mosca

    Ma questa notte è ancora nostra

    Claudia non tremare, non ti posso far male

    Se l'amore è amore

    Si accendono le luci qui sul palco

    Ma quanti amici in torno, che viene voglia di cantare

    Forse cambiati, certo, un po' diversi

    Ma con la voglia ancora di cambiare

    Se l'amore è amore

    Se l'amore è amore

    Se l'amore è amore

    Se l'amore è amore

    Se l'amore è amore

    E speriamo di ritrovarci tutti al solito posto per parlare di letteratura e moti dell'animo.
     
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    Gradevole. Siamo piccoli e voliamo basso, ma guardiamo alto perché siamo “nani sulle spalle dei giganti”. Piaciuto
     
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    Penna furiosa

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    Questo racconto mi trasmette una sensazione di calma e sicurezza, nonostante si parli di foreste oscure, di labirinti e di mare in tempesta.
    La luce della locanda nel buio, questo ritrovarsi a bere birra con amici, impossibili incontri nel mondo reale… Dante che parla di responsabilità, ma chiude con il richiamo alla bellezza…
    Poi, si parla di scrittura e di quello che significa, e qui non posso non ritrovarmi.
    Un racconto che non mi dispiace.
     
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    Carino.
    Originale l'idea, la realizzazione mi sembra invece un po' troppo ingessata in alcuni punti e, in generale, i dialoghi non brillano per originalità o coinvolgimento.
    Dovevano essere la parte più importante della storia visto il tema scelto e l'impostazione.
    Non che fosse facile comunque!

    Questo brano mi sa che è stato scritto per i recenti turbamenti di Achi. :D
     
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    Penna suprema

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    Lo dico con assoluta onestà:mi è piaciuto poco. E come al solito per farmi perdonare il mio giudizio lapidario finirà in cinquina. Che a pensarci bene è molto originale e offre conoscenza. Spartana.
     
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    Carina l'idea dei Grandi della Scrittura che conversano in un mondo parallelo, ma mi ha preso poco dal punto di vista narrativo. Bella metafora però. :)
     
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    Penna d'oca

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    Il racconto è venuto fuori bene nonostante l'idea di partenza. Ben scritto.
    Non molto coinvolgente forse, ma piacevole e ti lascia un buon sapore in bocca.
     
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20 replies since 22/7/2019, 15:26   311 views
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