Una luce negli occhi

aut. Esterella

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    Dio della penna

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    Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.
    Nel villaggio quello che decretava la felicità o, viceversa, l’infelicità di una famiglia era la possibilità di sopravvivere.
    In una capanna come le altre, fatta di paglia e fango, viveva Nyah con il vecchio padre Simba e il piccolo Khamisi.
    Sua madre aveva lasciato questa terra da tempo e la giovane donna sentiva la mancanza della sua guida che si era mostrata a volte autorevole, ma anche amabilmente affettuosa. Suo marito e i figli più grandi erano lontani a cercare fortuna in Europa, ed erano molto tempo che Nyah non aveva più loro notizie. La sua era quella che si poteva senza dubbio definire: una famiglia povera e infelice, ma negli occhi delle persone che vivevano in quella capanna non c’era rabbia o sconcerto per una misera condizione, anzi a volte sui loro volti spuntavano sorrisi e gli occhi si rivestivano di luce.
    Simba nonostante l’età lavorava in una risaia, poco lontana dal villaggio, guadagnando pochi scellini.
    Un giorno la febbre lo costrinse a rimanere a casa. Dopo aver accudito il vecchio tutta la notte, dandogli da bere decotti medicamentosi e avergli bagnato la fronte, continuamente, con pezzuole umide per far scendere la temperatura, Nyah disse:
    — Padre, non avere timore ci penso io alla famiglia.
    Indossò i suoi kanga colorati, uno come gonna e l’altro avvolto intorno al busto e si avviò al mercato aiutata da Khamisi. Spingendo insieme un carretto che avevano caricato di frutta e verdura, si avviarono al mercato.
    I piedi nudi, ormai incalliti, sollevavano la polvere delle strade sterrate e piccole nuvole grigiastre seguivano le ruote traballanti del carro.
    Il mercato era un brulicare di donne, tutte con le loro vesti macchiate di colore, che si aggiravano attorno a quei banchi inebriandosi dei profumi e degli aromi diffusi nell’aria. Molte portavano in testa le ceste per la spesa e i figlioletti, avvolti in ampi fazzoletti, erano legati sulla schiena; madri e figli, avviluppati nella stessa veste, diventavano così una cosa sola.
    Khamisi nonostante i suoi sette anni si dava da fare. Aveva sistemato le cassette contenenti mango, banane, e anona da una parte e quelle con patate e cipolle dall’altra; erano i prodotti del loro orto… tutto quello che avevano.
    Nyah era brava a contrattare con gli acquirenti, specie con qualche bianco che capitava da quelle parti.
    Una donna giovane, bionda, in jeans e maglietta cercava di risparmiare alcuni scellini, sulla frutta, esprimendosi nella lingua locale in maniera corretta, ottenendo però solo un minimo sconto e un grande sorriso.
    Prima di andar via si rivolse al bambino, che la guardava incuriosito: erano pochi i bianchi che riusciva vedere giù al villaggio.
    — Tu, dovresti avere l’età giusta per cominciare la scuola. Ti aspetto, mi raccomando…
    Il ragazzino abbassò la testa, allora la donna cercò lo sguardo di sua madre.
    — Lo manderai vero? È proprio qui, alle spalle del mercato.
    Nyah disse una parola sola: — Vedremo.
    Lo sciamare delle donne cominciò a diminuire e anche la roba ammucchiata sui banchi del mercato.
    — Mamma che prepari di buono per il pranzo?
    — Non ho ancora deciso — rispose lei con aria furbetta.
    Finita la loro mercanzia, soddisfatta del guadagno, andò a comprare la farina di mais che le mancava per preparare l’ugali con le verdure per il pranzo, piatto che a suo figlio piaceva molto.
    La capanna dove abitavano era distante, ma madre e figlio parevano maratoneti che si sfidano per arrivare al traguardo. Le gambe lunghe e agili, i muscoli tonici, non risentivano della fatica e gli occhi neri come la notte avevano un luccichio che pareva racchiudere gelosamente qualcosa di prezioso.
    Arrivati alla capanna però trovarono il vecchio Simba delirante. La febbre era tornata con più veemenza, doveva essere molto alta, sudava copiosamente ed era travolto da brividi che scuotevano tutto il corpo. Occorreva subito cercare un medico.
    Khamisi si offrì di andare, pur di rendersi utile, ma sua madre si oppose.
    — Vado io all’ospedale di Nyololo, tu resta accanto a tuo nonno.
    La sua decisione sebbene espressa con molta calma non ammetteva repliche, il tempo di bere un sorso d’acqua e Nyah era già in cammino.
    Correva tra sassi e arbusti come una gazzella braccata, il suo respiro le faceva compagnia.
    Presto, doveva fare presto, il sole non avrebbe tardato a tramontare.
    Un colore acceso rosso-arancione invase il cielo azzurro. La costruzione bianca, adibita a casa della salute, appariva in lontananza sulla collina. Il fazzoletto che aveva in testa e quello sui fianchi sventolavano come bandiere, seguendo il ritmo della sua falcata.
    “Oh Signore, fa non venga buio subito” pregò rivolgendosi al suo dio.
    Sapeva bene che il sole spariva molto presto da quelle parti, lasciando il posto al buio fitto; un solo colore, rimaneva, il nero che pareva inghiottire uomini e cose.
    “Devo solo raggiunge la collina. Lì c’ è la luce dell’ospedale” si diceva.
    Perdere l’orientamento al buio era facile e lei non era mai uscita di notte. Nel silenzio le giungevano le voci degli animali con i loro versi striduli, rapaci. Brividi s’affacciavano impudenti, la paura era un nemico insidioso che stava per aggredirla.
    Prima che il sole tramontasse aveva memorizzato il tragitto che le rimaneva da percorrere. Doveva fare affidamento sulla sua memoria e sul suo istinto.

    Nella capanna Khamisi bagnava la fronte di suo nonno.
    Il vecchio parlava senza sosta e sulle prime il ragazzo non aveva dato peso alle sue parole, poi rapito dal quello che stava raccontando aveva cominciato ad ascoltare.
    — Vedi figliolo, devi stare all’erta! La foresta di notte è luogo di caccia. Lontano dalle capanne, il mondo è tutto loro… gli elefanti s’incamminano in cerca di acqua e di cibo e lo stesso fanno i leoni. Annusano la preda da lontano e poi quando è il momento la ghermiscono con un balzo, proprio quando non se l’aspetta. Il segreto della caccia è tutto lì: agire di sorpresa.
    Una volta da giovane andai a caccia con gli uomini del villaggio. Io ero intraprendente e spericolato, proprio come te e mi allontanai dal gruppo per seguire un’antilope. Avevo sopra una spalla l’arco e le frecce, dalla punta avvelenata con la linfa della rosa del deserto, al fianco brillava un grosso coltello da caccia; mi sentivo potente.
    Correvo cercando riparo dietro gli alberi, la mia preda doveva essere giovane non molto esperta e riuscii a raggiungerla. Era ormai a tiro, tesi il mio arco, ma a un tratto uno strano ansimare, alle mie spalle, mi fece voltare.
    Un leone magnifico con la fulva criniera al vento era lì e mi guardava.
    “Sono morto” pensai, fissandolo negli occhi a mia volta. Ero diventando di pietra.
    L’animale spalancò le fauci emettendo un sonoro ruggito. Poi si dileguò nella direzione verso la quale era sparita la gazzella. Non ero io la sua preda.
    Rimasi immobile nella stessa posizione per lunghi minuti, quando gli altri mi raggiunsero non dissi nulla della mia avventura, non mi avrebbero creduto.
    — Cerca di riposare un po’, sei stanco, nonno!
    — Ma tu, tu mi credi vero?
    — Certo! Io ti credo.
    In realtà il ragazzo non sapeva se credere o meno alla storia che il vecchio gli aveva raccontato, sembrava un sogno, ma una cosa gli era molto chiara il più forte trovava sempre il modo di decidere ed esprimere il proprio potere.

    Il rumore di un’auto lo riscosse dai suoi pensieri. Era arrivato il medico con sua madre.
    Il dottore visitò il vecchio e non ebbe dubbi sulla malattia che aveva colpito Simba: si trattava di malaria. Lasciò i farmaci necessari alla donna e andò via.
    Nyah aiuto suo padre a togliere i laceri vestiti zuppi di sudore e lo aiutò a indossarne di puliti e asciutti. Il pallore del vecchio era accentuato dal bianco dei capelli e della barba. Gli occhi neri erano lucidi e guardando la figlia sorridevano e lei sapeva cos’era quella luce che illuminava teneramente il suo vecchio padre, era l’amore che li faceva splendere.
    La febbre durò alcuni giorni. Nyah andava da sola al mercato e il ragazzo rimaneva accanto al nonno ancora febbricitante, che dormiva spesso, parlava e mangiava poco.
    Una mattina Simba si svegliò e disse di avere fame.
    — Sei guarito finalmente — mormorò Khamisi, passandosi una mano tra i riccioli neri.
    — Nonno ti ricordi dei racconti che mi hai fatto mentre eri malato?
    — Che racconti? Non ricordo niente accidenti! E poi qui c’è poco da raccontare devo rimettermi in forze e lavorare.
    — Lavorerò anch’io, così tu potrai riposarti. Sono grande e forte come un leone.
    Il vecchio lo guardò: — Tu? — Non disse altro, poi lo fece sedere accanto a sé.
    — C’è una forza che non conosci, figlio mio, e che si può acquisire in maniera diversa dall’esercizio fisico.
    — E quale sarebbe?
    — Il sapere. Credo sia arrivato il momento che tu cominci a frequentare la scuola che hanno costruito in città.
    ¬¬— E diventerò forte?
    — Il più forte di tutti, Khamisi.
    Contento il ragazzo arrotolò alcuni stracci si mise a giocare fuori la capanna palleggiando col suo rozzo giocattolo, fino a che la luce del giorno cominciò a scemare.
    Il buio stava tornando a invadere il villaggio e rientrò in casa, presto sarebbe ritornata sua madre e le avrebbe detto della sua decisione di cominciare la scuola. Prese una seggiola e raggiunse suo nonno.
    In cima alla strada, nella capanna, il vecchio si era riaddormentato. Dormiva ancora bocconi e il ragazzo gli sedeva accanto e lo guardava. Il vecchio sognava i leoni.
     
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    Ci sono alcune frasi che ho trovato un po' pesanti da seguire come questa:
    "Dopo aver accudito il vecchio tutta la notte, dandogli da bere decotti medicamentosi e avergli bagnato la fronte, continuamente, con pezzuole umide per far scendere la temperatura, Nyah disse:"
    e qualche ripetizione come questa:
    "...e si avviò al mercato aiutata da Khamisi. Spingendo insieme un carretto che avevano caricato di frutta e verdura, si avviarono al mercato.
    Si avviano due volte al mercato in due frasi contigue, ma questa, sono sicura, è una mancata rilettura ;)
    La storia è bella e lo stile è abbastanza scorrevole: sei riuscita ad accalappiare il lettore e invogliarlo ad arrivare fino in fondo per vedere come va a finire.
    Non sto a sindacare la veridicità dei fatti, ovvero se sia più o meno facile che un bambino venga invogliato a seguire la scuola piuttosto che aiutare a raggranellare il pranzo, perchè non ne ho idea, ma la storia mi è piaciuta e sia incipit che excipit sono ben amalgamati.
    Buona prova.
     
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    CITAZIONE (Stefia @ 30/11/2020, 11:45) 
    Ci sono alcune frasi che ho trovato un po' pesanti da seguire come questa:
    "Dopo aver accudito il vecchio tutta la notte, dandogli da bere decotti medicamentosi e avergli bagnato la fronte, continuamente, con pezzuole umide per far scendere la temperatura, Nyah disse:"
    e qualche ripetizione come questa:
    "...e si avviò al mercato aiutata da Khamisi. Spingendo insieme un carretto che avevano caricato di frutta e verdura, si avviarono al mercato.
    Si avviano due volte al mercato in due frasi contigue, ma questa, sono sicura, è una mancata rilettura ;)
    La storia è bella e lo stile è abbastanza scorrevole: sei riuscita ad accalappiare il lettore e invogliarlo ad arrivare fino in fondo per vedere come va a finire.
    Non sto a sindacare la veridicità dei fatti, ovvero se sia più o meno facile che un bambino venga invogliato a seguire la scuola piuttosto che aiutare a raggranellare il pranzo, perchè non ne ho idea, ma la storia mi è piaciuta e sia incipit che excipit sono ben amalgamati.
    Buona prova.

    Grazie Stefia per aver evidenziato cose che avevo notato , ma purtroppo era troppo tardi per poter correggere. La mia dissennata impulsività mi ha spinto a inviare subito, credo tra i primi, spinta dall' entusiasmo. Spero che altri mettano in luce altre carenze in modo da poter migliorare questo racconto che mi sta molto a cuore. Contenta che la storia ti sia piaciuta. Un abbraccio.
     
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    Ciao a Ester.
    Un racconto piacevole da leggere, uno stile adatto per adulti e ragazzi. Trovo che tu abbia ben utilizzato le tracce sia dell’incipit che del l’excipit, tessendo una “storia buona”, un genere di formazione.
    Una luce negli occhi che assume nel corso della storia tutti i colori dell’iride.
    Ho apprezzato la cura che hai messo nel cercare di descrivere una realtà tanto diversa dalla nostra, sia nella ricerca dei termini utilizzati, dell’abbigliamento, dei cibi e delle attività.
    La formattazione rende agile la lettura che presenta una buona alternanza tra dialoghi e narrato.
    Non sempre fluida e scorrevole la forma. Ti segnalo alcune cose che ho notato.

    CITAZIONE
    Sua madre aveva lasciato questa terra da tempo e la giovane donna sentiva la mancanza della sua guida che si era mostrata a volte autorevole, ma anche amabilmente affettuosa. Suo marito e i figli più grandi erano lontani a cercare fortuna in Europa, ed erano molto tempo che Nyah non aveva più loro notizie. La sua era quella che si poteva senza dubbio definire: una famiglia povera e infelice, ma negli occhi delle persone che vivevano in quella capanna non c’era rabbia o sconcerto per una misera condizione, anzi a volte sui loro volti spuntavano sorrisi e gli occhi si rivestivano di luce.

    Un utilizzo sovrabbondante dei possessivi rallenta la lettura.
    amabilmente affettuosa è un po’ ridondante. Toglierei l’avverbio

    CITAZIONE
    Indossò i suoi kanga colorati, uno come gonna e l’altro avvolto intorno al busto e si avviò al mercato aiutata da Khamisi. Spingendo insieme un carretto che avevano caricato di frutta e verdura, si avviarono al mercato.

    Qui c’è una ripetizione.

    CITAZIONE
    Prima di andar via si rivolse al bambino, che la guardava incuriosito: erano pochi i bianchi che riusciva vedere giù al villaggio.

    Questa frase mi ha costretta a rileggere il racconto dall’inizio. Scritta in questo modo sembra che il bambino abbia la pelle bianca e non mi pare che sia così.
     
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    CITAZIONE (Petunia @ 30/11/2020, 15:19) 
    Ciao a Ester.
    Un racconto piacevole da leggere, uno stile adatto per adulti e ragazzi. Trovo che tu abbia ben utilizzato le tracce sia dell’incipit che del l’excipit, tessendo una “storia buona”, un genere di formazione.
    Una luce negli occhi che assume nel corso della storia tutti i colori dell’iride.
    Ho apprezzato la cura che hai messo nel cercare di descrivere una realtà tanto diversa dalla nostra, sia nella ricerca dei termini utilizzati, dell’abbigliamento, dei cibi e delle attività.
    La formattazione rende agile la lettura che presenta una buona alternanza tra dialoghi e narrato.
    Non sempre fluida e scorrevole la forma. Ti segnalo alcune cose che ho notato.

    CITAZIONE
    Sua madre aveva lasciato questa terra da tempo e la giovane donna sentiva la mancanza della sua guida che si era mostrata a volte autorevole, ma anche amabilmente affettuosa. Suo marito e i figli più grandi erano lontani a cercare fortuna in Europa, ed erano molto tempo che Nyah non aveva più loro notizie. La sua era quella che si poteva senza dubbio definire: una famiglia povera e infelice, ma negli occhi delle persone che vivevano in quella capanna non c’era rabbia o sconcerto per una misera condizione, anzi a volte sui loro volti spuntavano sorrisi e gli occhi si rivestivano di luce.

    Un utilizzo sovrabbondante dei possessivi rallenta la lettura.
    amabilmente affettuosa è un po’ ridondante. Toglierei l’avverbio

    CITAZIONE
    Indossò i suoi kanga colorati, uno come gonna e l’altro avvolto intorno al busto e si avviò al mercato aiutata da Khamisi. Spingendo insieme un carretto che avevano caricato di frutta e verdura, si avviarono al mercato.

    Qui c’è una ripetizione.

    CITAZIONE
    Prima di andar via si rivolse al bambino, che la guardava incuriosito: erano pochi i bianchi che riusciva vedere giù al villaggio.

    Questa frase mi ha costretta a rileggere il racconto dall’inizio. Scritta in questo modo sembra che il bambino abbia la pelle bianca e non mi pare che sia così.

    Sempre molto attenta nei particolari, sai essere di grande aiuto nei commenti. Grazie Pet. :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
     
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    Bella l’idea di ambientare il racconto in Africa. Descrivi bene luoghi e costumi, che conosco molto bene grazie ai diari, corredati da fotografie, che un caro amico mi inviò durante i mesi che trascorse presso una missione in Congo. Purtroppo, il racconto soffre della fretta con cui lo devi aver scritto. A mio avviso, ad esempio, il racconto del nonno avrebbe meritato un commento più approfondito e così altri punti, che mi sembrano accennati e poi lasciati in sospeso. Quando, dopo che l’avrai ripreso in mano e l’avrai sviluppato e ripulito, sarò felicissimo di leggerlo, perché ritengo che abbia un alto potenziale. Brava comunque.
     
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    In questo racconto ho ritrovato il volto sofferente, e al contempo sorridente, dell'Africa che, insieme ai tramonti fugaci, ai leoni e alle mandrie, rende l'Africa il luogo che più amo al mondo e in cui ho lasciato il cuore.
    Ho rivisto i colori del mercato, la vivacità della contrattazione, l'odore dolciastro della frutta lasciata al sole e le donne della Tanzania con i loro bambini fasciati alla schiena.
    Ho sofferto con Simba i brividi e le allucinazioni della febbre e ho tremato con Nyah nel buio della notte senza luna, territorio di prede ma, soprattutto, di predatori.
    Ho apprezzato tantissimo che il vecchio, la cui vita è stata segnata da un giovane leone maschio a metà tra sogno e realtà, si chiami proprio Simba.
    Non saprò mai se l'episodio del leone sia accaduto davvero, ma mi piace pensare di sì.
    Ci sono alcuni refusi, dati sicuramente dalla fretta, ma nulla di grave.
    E' un ottimo racconto.
     
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    CITAZIONE (Gianfranco39 @ 30/11/2020, 16:42) 
    Bella l’idea di ambientare il racconto in Africa. Descrivi bene luoghi e costumi, che conosco molto bene grazie ai diari, corredati da fotografie, che un caro amico mi inviò durante i mesi che trascorse presso una missione in Congo. Purtroppo, il racconto soffre della fretta con cui lo devi aver scritto. A mio avviso, ad esempio, il racconto del nonno avrebbe meritato un commento più approfondito e così altri punti, che mi sembrano accennati e poi lasciati in sospeso. Quando, dopo che l’avrai ripreso in mano e l’avrai sviluppato e ripulito, sarò felicissimo di leggerlo, perché ritengo che abbia un alto potenziale. Brava comunque.

    Grazie per il commento e per le osservazioni Gianfranco, spero di riuscire in seguito a dare corpo a tutte le straordinarie sensazioni nate dalle immagini trasmessemi al telefono da mio figlio mentre in uno sperduto villaggio dell'Africa si recava sopra l'unica collinetta dove prendeva il wifi per poter parlare con me. Un abbraccio. :noviolence.gif:

    CITAZIONE (_kiriku_ @ 30/11/2020, 17:17) 
    In questo racconto ho ritrovato il volto sofferente, e al contempo sorridente, dell'Africa che, insieme ai tramonti fugaci, ai leoni e alle mandrie, rende l'Africa il luogo che più amo al mondo e in cui ho lasciato il cuore.
    Ho rivisto i colori del mercato, la vivacità della contrattazione, l'odore dolciastro della frutta lasciata al sole e le donne della Tanzania con i loro bambini fasciati alla schiena.
    Ho sofferto con Simba i brividi e le allucinazioni della febbre e ho tremato con Nyah nel buio della notte senza luna, territorio di prede ma, soprattutto, di predatori.
    Ho apprezzato tantissimo che il vecchio, la cui vita è stata segnata da un giovane leone maschio a metà tra sogno e realtà, si chiami proprio Simba.
    Non saprò mai se l'episodio del leone sia accaduto davvero, ma mi piace pensare di sì.
    Ci sono alcuni refusi, dati sicuramente dalla fretta, ma nulla di grave.
    E' un ottimo racconto.

    Kiriku. Con un nick del genere non potevi non amare l'Africa. Conosco da decenni la bellissima fiaba africana di Kiriku, la raccontava mio marito ai suoi alunni delle elementari e la racconta ancora.
    Ti ringrazio per il tuo bel commento, troppo buona , avrei potuto e dovuto fare di più , ma lo farò certamente dopo la gara. Intanto contentissima di averti trasmesso le sensazioni che avevo in mente .
    Un abbraccio. <3 :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
     
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    Immersivo. I colori, gli spazi, i vestiti e i suoni del posto sono ben descritti e ci trasportano subito nella regione dove é ambientato il racconto.

    Ho adorato la sequenza onirica del nonno. Buona anche la scelta del linguaggio: fruibile da tutti ma accattivante.

    Una prova ben eseguita. Complimenti.
     
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    Hai mostrato, con garbo, tutte le difficoltà, tutti i problemi, di chi vive in quel continente.
    Scrittura limpida, pulita, corretta.
    Il vecchio quando riconquista guarigione e lucidità non ricorda nulla.
    Ma ha il consiglio giusto per il ragazzo, il sapere ha più valore di ogni cosa.
    E non lo afferma per far colpo su di lui, ne è assolutamente convinto.
    Io no, non ne sono convinto.
    Ci vogliono altri meccanismi per allontanare quei popoli lontani in ogni senso, da fame, povertà, malattie, guerre.
    Ma questo è un discorso da approfondire da qualche altra parte.
    Godiamoci la saggezza del vecchio.
    Godiamoci l'istinto protettivo di una mamma.
    Godiamoci l'ingenuità disarmante.
    Di un ragazzo.
    Brava, Esterella.
     
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    A me questo racconto è piaciuto tantissimo.
    Si legge bene, è semplice, è costruito bene ed è avvincente. Leggendo la storia ti trovi a chiederti: il vecchio Simba guarirà dalla febbre? Riuscirà Nyah a trovare la strada per l'ospedale prima che faccia buio? E poi c'è l'appassionante racconto del vecchio a tu per tu col leone.
    Credo sia tutto davvero molto buono.
    Ti segnalo solo due piccole cose, due sole cose che nella lettura mi sono suonate poco bene.
    La capanna dove abitavano era distante, ma madre e figlio parevano maratoneti che si sfidano per arrivare al traguardo. Non mi piace molto questa similitudine, io la toglierei.
    In realtà il ragazzo non sapeva se credere o meno alla storia che il vecchio gli aveva raccontato, sembrava un sogno, ma una cosa gli era molto chiara il più forte trovava sempre il modo di decidere ed esprimere il proprio potere. Questo concetto espresso in questi termini da un bambino di 6 o 7 anni mi è parso subito troppo perentorio troppo risoluto, non molto credibile, io lo attenuerei, lo metterei in altri termini. Mi limiterei al concetto di forza, non di potere.
    Ti faccio tanti complimenti Esterella, la storia mi ha preso dall'inizio alla fine. Davvero una gran bella prova.
     
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    Bel racconto, mi è piaciuto.
    Una storia dolce e anche raccontata in modo dolce. Sei riuscita a creare una particolare atmosfera.
    Complessivamente ben scritto. Ti segnalo qualche cosa da correggere:
    erano molto tempo= era
    definire: una= senza i due punti
    Simba nonostante l’età lavorava= Simba, nonostante l’età, lavorava
    non avere timore ci= non avere timore, ci
    Mamma che prepari= Mamma, che prepari
    poi rapito dal quello che stava raccontando aveva= poi, rapito da quello che stava raccontando, aveva
    giovane non= giovane, non
    Ero diventando= diventato
    molto chiara il più forte= molto chiara: il più forte
    Nonno ti ricordi= Nonno, ti ricordi
    niente accidenti= niente, accidenti
    raccontare devo= raccontare, devo
    Contento il ragazzo= Contento, il ragazzo
    fuori la capanna= fuori dalla capanna

    Davvero un buon lavoro.
     
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    Devo andarci in Africa, prima o poi lo faccio, anche solo per fatto che ho un figlio (adottato) etiope, e tra un po'lo devo riportare a conoscere la terra in cui è nato... A parte questo (o forse per questo) il tuo racconto mi è piaciuto molto: rendi in modo efficace e realistico luoghi e personaggi. Brava. :)
     
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    Regina di cuori

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    Molto bello il tuo racconto, mi hai trascinato in Africa con le suggestive immagini create
    e il vecchio Simba con il suo racconto poi dimenticato, ha dato un saggio consiglio al ragazzo,
    la cultura per un futuro migliore.
    L'africa la conosco solo nei libri e dai racconti che mi fece mio padre
    ma so che è molto bella e suggestiva, questo racconto me lo ha confermato!
    Complimenti.
     
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    Lo stile è abbastanza corretto e si legge in modo scorrevole. Tuttavia ci sono alcune ripetizioni di aggettivi e nomi che forse potrebbero essere eliminati del tutto rendendo la lettura più piacevole e meno pesante.
    Il testo è coerente con incipit e excipit scelto. Le descrizioni degli ambienti curate, senza esagerare, e anche delle situazioni (come per esempio il mercato). I personaggi sono caratterizzati e anche l'uso di termini specifici (es Kanga) è appropriato. Avrei curato di più la parte dialogata verso la fine del racconto, che sembra un po' un botta e risposta.
    Nel complesso il racconto è scritto bene, l'ho trovato bello, ma non è proprio il mio genere preferito, anche se devo dire che l'Africa sembra davvero un Paese affascinante da come lo hai presentato. Complimenti per averlo saputo rappresentare tramite la scrittura.
     
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37 replies since 20/11/2020, 09:08   610 views
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