Rose nere

aut. NovelleVesperiane

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    Dio della penna

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    Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro,
    ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.

    Sulla tomba solo questo, né nome, né un ritratto. Solo la scritta e una donna in ginocchio sulla gonna merlettata, con il capo chino e il viso madido di lacrime e pioggia. Sulle gambe un bouquet di rose nere, tra le dita un fazzoletto ricamato ed arrossato dalla tosse. Un’anima troppo presto lasciata sola, un bocciolo reciso in quella giornata uggiosa. Non era strano che Anthon l’osservasse.
    Era bello, alto e giulivo. Soprattutto, era perverso. La pestilenza scorreva la sua falce sul Continente e lui la seguiva. Godere gli riusciva difficile ed i suoi sensi pare trovassero gioia soltanto nel consolare un cuore straziato, per il solo gusto di abbandonarla ancora.

    L’uomo sorrise, ripensando ai molti nomi segnati sul suo taccuino.
    «Quale invidia gli Dei devono aver provato, per aver dato a questo viso ragione d’esser così turbato?»
    Gli occhi di lei rotolarono ingenui sull’abito dell’uomo sino al viso cadendo poi nella cupola del parasole con cui la riparava dalla pioggia.
    «Gli Dei non si scomodano per così poco. I Diavoli, al contrario, gioiscono nel privare il mondo dei suoi esemplari migliori.»
    L’uomo sospirò.
    «Siete dunque modesta quanto tormentata. Vi capisco. Anche io sono stato privato di un ‘si fatto esemplare con cui speravo di condividere i miei giorni e la mia fortuna.»
    «Me ne rammarico. Il morbo pare ormai accomuni nella sua tragedia la contea tutta. Non sembrate di queste parti…»
    «Non lo sono. Avevamo in progetto al prossimo equinozio di sfuggire alla piaga tra queste verdi campagne. Ma, ahimè, il morbo m’ha doppiamente preceduto. Avevo trattato per la tenuta Loomcastle un buon prezzo, ma non mi va di vivere solo dove già mi ero immaginato in compagnia. Sono qui per sbrigare le beghe legali.»
    La ragazza annuì: conosceva la tenuta. Del resto, Anthon era procuratore legale per una società che trattava immobili, il che lo rendeva abilissimo nell’accordare le sue fandonie al luogo in cui fosse.

    «Non capisco, però, cosa vi porti al cimitero.»
    Anthon arrossì volgendo lo sguardo altrove.
    Pausa.
    Sospiro.
    «Seguo voi.»
    «Perché mai?»
    Sorriso amareggiato.
    «Mi ricordate la mia povera Sofie: avete di lei lo sguardo tenero e l’incedere aggraziato. Non credevo ai miei occhi! Vi sembrerà sciocco, ma è così.»
    «Lo trovo romantico, invece.»
    La ragazza arrossì stringendo le scapole, poi sollevò il bouquet per annusarne il profumo.
    Anthon si sentì soddisfatto: stava andando bene. Le posò una mano sulla spalla, ma senza lascivia né trasporto.
    Un gesto di conforto, come la carezza di un vecchio amico.

    «Come mai piangete su una tomba senza nome?»
    «È usanza di famiglia riportare soltanto questa frase. Siamo davvero “infelici a modo nostro”. Il patrimonio si va estinguendo e la sfortuna ci perseguita.»
    «Piangete dunque un consanguineo?»
    Lei sorrise aggraziata, poi si rabbuiò.
    «No, mio marito. In vero, non ho potuto godere del suo tepore che per pochi giorni, ma l’ho amato molto. Riservargli questa sepoltura è un modo per sentirlo più vicino»
    «Ma così né il so nome né il suo volto saranno ricordati!»
    «Non importa. Li porterò con me in eterno e tanto basta. Guardate il resto di questi vecchi marmi e ditemi, di uno di loro vi ricorderete? La memoria è un capriccio suscitato dalla brevità della vita e dall’infallibilità della morte. Allungare i nostri giorni nel creato è difficile, così ci accontentiamo del ricordo; ma rispetto al cammino dell’eternità, entrambe quelle strade sono insignificanti e non conducono che a frustrazione, tormento e dannazione. Accettare la finitezza è deludente, ma infinitamente più saggio.»
    Anthon non era solito pensare all’infinito, alla morte, né al tormento o alla dannazione. Adorava i piaceri del presente, lo sperpero dei beni terreni e la carne viva. Eppure, ascoltando quell’ultima frase, un brivido lo aveva scosso. Come se di colpo la morte stessa, con tanto di falce nera, gli avesse mostrato la clessidra su cui era inciso il suo nome. Quanti granelli mancavano?

    Allontanò quelle tetre fantasie prendendo l’astuccio delle radici di liquirizia e, dopo averne offerto alla ragazza, ne strinse una tra le labbra. L’amaro sul palato avrebbe scacciato quello nella testa.
    «Come si chiamava?»
    «Chi?»
    «Suo marito.»
    «Mi scusi, sono ancora sconvolta. Thomas. Ma, vi prego, non siate tanto crudele da farmi parlare di lui.»
    Lei si fermò. Guardò mesta la tomba, ma non le riuscì di piangere. Anthon capì che era il momento. Le cinse la spalla col braccio, abbassò il volto all’ orecchio di lei e sussurrò
    «Come vi chiamate?» «Isolde»
    Pausa. Labbra socchiuse.
    «Isolde, non siamo fatti per piangere in solitudine. Lasciatevi andare.»
    Isolde tremò. Quando si girò, le sue guance erano rosse, i suoi occhi dolcissimi e grandi. Si strinse a lui come la bambina che forse troppo presto aveva smesso di essere.
    Pianse.
    Si sfogò singhiozzando ad occhi bassi sul petto di quel magnanimo gentiluomo che inosservato, pregustando i frutti del suo successo, si concesse un perfido sorriso.

    Anthon si destò nel cuore della notte. Le rosse lenzuola in cui era disteso erano intrise dl soave profumo della donna che vi aveva posseduto, ma lei non c’era. Si sentiva leggermente confuso, ma il sentore di Gin sulla lingua testimoniava come tutto fosse andato per il meglio.
    La stanza aveva uno stile barocco, ma non ricordava se si trattasse della casa di Isolde o di un albergo. In tal caso, la spesa sarebbe stata onerosa, ma non importava. Poche gocce dalla vecchia fiala e la ragazza si sarebbe svegliata a mattino inoltrato, quando lui sarebbe stato ben lontano.

    Era il momento perfetto per concedersi la raffinatezza che da sempre lo eccitava. Al lume di candela segnò in bella calligrafia sul taccuino
    “ Isolde, sposa disperata che perse il suo Thomas. Chiara di pelle, scura di crine, profumo dolce, bocca freschissima. Buono il seno, perfette le natiche. La migliore dall’ultimo solstizio. Penserò ad un modo per far ritorno.”

    Cercò sul cuscino un capello corvino, prese la candela e con poche gocce lo fissò alla pagina appena vergata. Soffiò sulla cera per farla rapprendere, poi ripose il tutto nel bagaglio. Soddisfatto, guardò fuori. Oltre i vetri della finestra a goccia, una pioggia fredda bagnava la notte. Una luna pallida appena s’intuiva tra i nembi sfilacciati del temporale. In basso, i rami dei roseti si intrecciavano, rendendo il giardino un nero rostro di spine. Non aveva memoria di esservi stato, ma aveva il vago ricordo di essersi punto.

    La porta cigolò ed Isolde, avvolta in una vestaglia scarlatta, gli venne incontro. Il suo sguardo disinibito non lasciava dubbi sulla sua condotta.
    «Che ospite terribile l’alcol: conduce per strade meravigliose ma non lascia ricordi.» le disse.
    «Se lo credete, altrettanto terribile vi parrà la vita»
    Lei sorrise serrando le labbra, ma ad Anthon quel paragone non piacque affatto.
    «…non saprei. Ma è un peccato che nulla mi rimarrà dei nostri giochi nel roseto.»
    Così dicendo, mostrò il palmo della mano punto e graffiato in più punti.

    Isolde posò i suoi splendidi occhi nei suoi, poi di scatto si girò. Con un gesto teatrale la veste volò via. Accompagnata soltanto dalla sua voce suadente, ai incamminò al letto mostrando la schiena.
    «Un crudele destino, a cui so porre rimedio.»
    Raccolse il bouquet dal materasso e con un gesto sinuoso ne sfilò una rosa nera. Anthon sorrise. Aveva già recitato altre volte quel copione. Sbottonò la camicia e si distese al suo fianco offrendo il torace. Cercò il suo viso, ma lei, dispettosa come solo l’eros sa essere, lo nascose nel bouquet concedendogli appena la maliziosità del suo sguardo. Tanto bastò ed avvampando le si consegnò. Quando lei scorse su di lui lo stelo spinato, non si oppose, assaporando ogni istante di quel dolce supplizio.
    Più volte la cerimonia si ripeté, spingendosi via via in luoghi più audaci; senza che mai lei gli concesse il volto che lui tanto bramava. Ad un tratto, vinta dalla foga crescente, la mano di Anthon scattò versò il bouquet. Isolde, repentina, si ritrasse ridacchiando. Lui fece per alzarsi, ma lei, con un unico tocco all’apparenza leggerissimo lo rimise disteso. Deluso e sorpreso la fissò. Lei, scuotendo le lunghissime ciglia, disse
    «Se di questo gioco sei stanco, ne conosco uno nuovo»
    «Si, ti prego. Uno che mi conceda ai tuoi baci»
    «Allora, chiudi gli occhi e resta immobile. Farò a te quel che già piacque tanto al mio Thomas.»
    Atnhon sussultò.
    Obbedì.
    Nulla.
    Poi, il tocco di Isolde, gelato dalla notte, raggiunse i suoi piedi. Le dita scorsero sin alle caviglie, mentre il corpo passava nel solco da quelle tracciato. Le morbide forme, arrampicandosi lungo le lenzuola, lo percorsero. Quando fu su di lui del tutto distesa, gli cinse i polsi in una salda morsa. Ciuffi corvini gli coprirono il viso. Tra la spalla e l’orecchio le labbra morbide si posarono.
    «Anthon, sappiate che adoro il vostro collezionismo.»
    Lui storse le labbra. Cosa voleva dire? Istintivamente provò a sollevarsi, ma fu inutile. Quel delicato, sensuale corpo si rivelò dotato di una forza insormontabile.
    Sensuale lei rise, poi in un sussurro aggiunse.
    «…annoterete sul vostro libricino il bacio della Contessina Loomcastle.»

    Anthon trasalì.
    Gli ultimi nobili erano stati giustiziati secoli fa.
    Era impossibile!

    Impossibile come le zanne che gli trafissero il collo; come il fatto che ricordasse di colpo quante tombe in quel cimitero avessero il medesimo epitaffio; come il cuore che si svuotava mentre il cervello restava vigile.
    Impossibile come il fatto che ammirando quell’incantevole figlia delle Tenebre nutrirsi del suo sangue, provasse finalmente quell’appagamento che da sempre gli era mancato.

    Forse non era così che dovevano andare le cose. Ma così stavano.
    “Nel complesso”, rifletté, “sarebbero potute andare decisamente peggio”.
     
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    Racconto davvero molto piacevole e inaspettato. Mi è piaciuto il linguaggio ricercato che rimanda a secoli lontani e da quel linguaggio mi aspettavo un racconto di ben altro tenore. C'è qualche refuso, ma è davvero poca cosa.
    Sinceramente mi ha meravigliato la "dissolutezza" della vedova, nella scena del risveglio. Sinceramente mi ha stonato parecchio. Capisco che sia un personaggio diverso da quello che aveva incontrato sotto la pioggia, ma se avessi tenuto più a lungo l'immagine della vedova contrita, forse l'effetto sorpresa sarebbe stato ancora piu' d'impatto. Detto questo, il racconto mi è piaciuto. Buona prova.
     
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    Il finale è stato davvero sorprendente. Fino all'ultimo, non ho capito davvero come la vedova compita si fosse improvvisamente trasformata in una femme fatale.
    Ammetto che all'inizio ho storto un po' il naso, ma poi ho capito.
    Un'ottima risoluzione del racconto.
    Il lessico mi piace, ricercato senza risultare esagerato. Ci sono alcune sviste date probabilmente dall'assenza di tempo sufficiente a far decantare, ma per il resto è tutto corretto.
    Uno stile piacevole e adatto alla narrazione.
     
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    Il Conte

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    Grazie ai miei primi due commentatori! Fa piacere che la storia vi sia piaciuta e penso sia giusto darvi delle risposte:

    CITAZIONE
    Sinceramente mi ha meravigliato la "dissolutezza" della vedova, nella scena del risveglio. Sinceramente mi ha stonato parecchio. Capisco che sia un personaggio diverso da quello che aveva incontrato sotto la pioggia, ma se avessi tenuto più a lungo l'immagine della vedova contrita, forse l'effetto sorpresa sarebbe stato ancora piu' d'impatto. Detto questo, il racconto mi è piaciuto. Buona prova.

    Capisco il tuo commento Stefia, ma lascia che ti spieghi la mia versione. La "vedova" è una creatura meschina, furba, ammaliatrice, di quelle che danno agli uomini esattamente ciò che vogliono... ed il caro anthon è nella sua rete. Stona perchè deve stonare, voglio che leggendolo uno pensi "Hai capito la vedova che ipocrita, guarda com'è in realtà. Non ha senso, di colpo priva di qualunque umanità", invece il sensò a mio avviso c'è e viene rivelato alla fine quando la sua effettiva inumanità si mostra. Non so se mi sono spiegato, non sono io a decidere quanto mantenre il personaggio della vedova contrita: è a lei che non interessa più. La preda è intrappola e alla Contessina non interessa altro che nutrirsi, appagarsi e divertirsi.
    Ecco tutto, spero non trovi questa mia spiegazione in alcun modo polemica. Ho apprezzato molto il tuo commento. :)

    CITAZIONE
    Il finale è stato davvero sorprendente. Fino all'ultimo, non ho capito davvero come la vedova compita si fosse improvvisamente trasformata in una femme fatale.
    Ammetto che all'inizio ho storto un po' il naso, ma poi ho capito.

    Grazie _kiriku_ ! Ecco, si, hai riassunto esattamente quelle che erano le due sensazioni che volevo rendere. Una rivelazione in due tempi diciamo.
    Da compita diventa (inspiegabilmente) dissoluta, fantasiosa, disinibita. Una nota stonata, illogica, priva di una spiegazione. Un salto brusco, una discontinuità come quella che vive Anthon tra il cimitero e il rsveglio.
    Ma la rivelazione (vera) è solo rimandata e tutto torna (credo) alla fine. Anche il fatto che forse i segni che ha sulle mani e sui polsi non sono solo frutto di un gioco, ma magari anche del primo assaggio che la Contessina s'è concessa.

    Edited by NovelleVesperiane - 2/12/2020, 21:09
     
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    Gotica e sensuale al punto giusto. Un utilizzo davvero originale degli incipit ed excipit proposti.
    Un racconto che si stacca dal coro, nell’insieme piuttosto mesto, e che propone un genere che compare davvero poco da queste parti. Ti devo dire che mi è davvero piaciuto e che ho trovato molto buona anche la scrittura. Ho apprezzato la cura nelle descrizioni e nella scelta delle parole. Sono i dettagli che fanno la differenza a volte come quel un fazzoletto ricamato ed arrossato dalla tosse
    Un unica cosa non mi torna tanto all’interno della storia. Quando dici: Poche gocce dalla vecchia fiala e la ragazza si sarebbe svegliata a mattino inoltrato, quando lui sarebbe stato ben lontano. Il “fatto” è già successo, dunque perché servirsi della fiala?
    Per il resto la storia è stata una piacevole scoperta.
     
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    Il Conte

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    Grazie Petunia per il tuo splendido commento, mi sento dvvero motivato a continuare.
    Si, come avrai capito adoro i dettagli e quando vengono notati (ed interpretati nel modo giusto) ne sono sempre felice.

    Quanto al passo di cui chiedi, capisco la tua perplessità
    CITAZIONE
    Un unica cosa non mi torna tanto all’interno della storia. Quando dici: Poche gocce dalla vecchia fiala e la ragazza si sarebbe svegliata a mattino inoltrato, quando lui sarebbe stato ben lontano. Il “fatto” è già successo, dunque perché servirsi della fiala?

    La fiala non vuole usarla per avere quanto ha già ottenuto, ma per abbandonarla. Per essere sicuro che al mattino seguente lei non si svegli presto, così che lui, da buon vigliacco, possa fuggire via. Non credo che ad Anthon interessi la mera violenza o peggio l'usurpare un corpo privo di sensi. Il suo piacere distorto nasce dall'illudere, dal sedurre e dall'abbandonare. Chissà... Forse, si sarebbe offeso nel sapere come hai creduto potesse aver usato la sua prezziosa fiala.

    Spero di aver soddisfatto la tua curiosità e, magari, di averti fatto sorridere.
    Sappi che ho letto quasi tutti i tuoi attenti coommenti, per cui, è davvero di cuore che rinnovo il mio ringraziamento.

    Edited by NovelleVesperiane - 8/12/2020, 14:03
     
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    Soldato semplice

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    Un racconto ben costruito, con un fascino oscuro adatto al genere che vuoi rappresentare. Bene inserito tra incipit ed excipit.
    Una scrittura incisiva, che affascina per le descrizioni. che sostiene la stabilità di una trama che vuole stupire il lettore con colpi di scena ,la vedova diventa donna perversa e poi continua ancora in un gioco di ruoli e di parti sapientemente costruito scopriamo una contessina morta secoli prima che deride il dongiovanni col taccuino.
    Pur essendo un tipo di narrativa che non amo sono rimasta molto colpita dal modo in cui riesci a coinvolgere lella tua storia.
    Complimenti. :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
     
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    Il Conte

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    Grazie Esterella ,
    fa sempre piacere sapere di essere riuscito a catturare un elogio da chi non ama il genere!

    Edited by NovelleVesperiane - 8/12/2020, 14:03
     
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    Della serie: "I pifferi di montagna che andarono per suonare e furono suonati", o "Chi la fa l'aspetti".
    Nulla da dire sulla struttura, lineare, solida, ben equilibrata fra le varie parti. I backstory dei personaggi emergono naturalmente, al momento giusto, senza flash-back forzati.
    Sono invece un po' perplesso sul linguaggio usato, ricercato, aulico, troppo d'altri tempi. In fondo tu scrivi oggi, per i lettori di oggi. Perplesso vuol dire che non ho ancora trovato nè motivi per approvarlo né per criticarlo. Se mi si schiariscono le idee, posterò un altro commento.
    Altrettanto perplesso sull'excipit. Come le cose avrebbero potuto andare peggio?
     
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    Il Conte

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    Ciao mezzomatto , ti ringrazio per il commento e per gli spunti che mi concedi.

    CITAZIONE
    Altrettanto perplesso sull'excipit. Come le cose avrebbero potuto andare peggio?

    Le cose potevano andare peggio: lui poteva morire e basta, oppure morire in un modo molto peggiore. Almeno, muore assaporando per la prima volta una vera soddisfazione dei sensi (che a causa della sua perversione non gli riesce in altro modo).

    CITAZIONE
    Sono invece un po' perplesso sul linguaggio usato, ricercato, aulico, troppo d'altri tempi. In fondo tu scrivi oggi, per i lettori di oggi. Perplesso vuol dire che non ho ancora trovato nè motivi per approvarlo né per criticarlo. Se mi si schiariscono le idee, posterò un altro commento.

    Quanto allo "stile d'altri tempi" è proprio voluto. Io scrivo oggi, è vero. Ma il mondo dove ambiento le storie non è nella nostra epoca, ma in una più simile al nostro 1700. La mia scelta è di utilizzare uno stile che imposti nell'imaginazione del lettore il tipo di società e di gusto letterario dell'epoca vigente nel mondo fantastico di cui parlo. Come se quello che si sta leggendo non sia scritto da un esterno, ma da un narratore interno all'ambientazione.

    Può non piacere, ma io lo trovo molto immersivo.

    ...e poi, lo ammetto, io adoro lo stile retrò.

    :ouch_ow_oh_ah_geez.gif:
     
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    Penna suprema

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    Ho letto tutti i commenti.
    Sei così contento che mai direi qualcosa di negativo, tipo che il colpo di scena finale somiglia a altri colpi di scena finali e banalizza una storia che era cominciata così bene.
    Sto scherzando.
    Mi è piaciuto tutto del tuo racconto.
    Mi è piaciuto il tuo entusiasmo sincero.
    Senza covid, ti abbraccerei.
     
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    Il Conte

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    Almeno sul web possiamo abbraciarci tommasino2, apprezzo molto che ti sia piaciuto il racconto.
    Se desideri di muovermi delle critiche fallo, non me la prendo mica :)
    ...ma cerco sempre di rispondere per correttezza.

    Capisco il tuo scherzo, ma mi dai l'occasione per fare una riflessione.
    In fondo, tutti i colpi di scena si somigliano e con un po' di meta-pensiero si possono intuire. Sopratutto quando i personaggi (e quindi le possibilità) sono pochi. Per questo, ti dico, avresti ragione nel dire che "il colpo di scena somiglia ad altri".

    Credo che sopratutto in un racconto breve il colpo di scena si basi più sull'efficacia della sospensione dell'incredulità indotta che sull'originalità (questa sconosciuta).

    Scherzi a parte, ho gradito molto il tuo commento

    Edited by NovelleVesperiane - 8/12/2020, 14:06
     
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    Penna furiosa

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    Branzack

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    Inizio dalla caccia al refuso:

    CITAZIONE
    «Ma così né il so nome né il suo volto saranno ricordati!»

    "...né il suo..."

    CITAZIONE
    Le rosse lenzuola in cui era disteso erano intrise dl soave profumo

    "...erano intrise del soave profumo"

    CITAZIONE
    Atnhon sussultò.

    Anthon

    Proseguo con il registro arcaico che hai deciso di utilizzare. Molto bene anche se è difficile mantenerlo. Esempio:

    CITAZIONE
    «Come si chiamava?»
    «Chi?»
    «Suo marito.»

    Anthon dava del voi a Isolde. Se dici "Suo marito" le da del lei. Stona. Oppure:

    CITAZIONE
    «Se di questo gioco sei stanco, ne conosco uno nuovo»
    «Si, ti prego. Uno che mi conceda ai tuoi baci»

    Durante il loro "gioco particolare" i protagonisti si danno del tu. E ci sta. Però poi:

    CITAZIONE
    «Anthon, sappiate che adoro il vostro collezionismo.»

    Isolde torna a dare del voi ad Anthon. Stona, secondo me.

    Quanto sopra evidentemente nulla toglie alla bontà del tuo racconto. Ti ho fatto notare quanto sopra per dovere di commento. Definirei questo testo un gotico rosa che brilla per la sua originalità. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal finale, dove Isolde si rivela una creatura assetata di sangue, per cui mi piace pensare che il buon Anthon sia soltanto l'ultima delle sue innumerevoli vittime. Se l'incipit è ben integrato con il racconto, non posso dire lo stesso, a mio gusto s'intende, per l'excipit. Non mi convince nemmeno la spiegazione che hai dato alla domanda precisa di mezzomatto. E lo dico perché non riesco a differenziare il modo di morire, nemmeno conoscendo la perversione di Anthon, aspetto che forse avresti dovuto approfondire.

    Comunque, un buon lavoro.
     
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    Il Conte

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    Molli Redigano Grazie sia per i refusi che per i commenti sui diagloghi. Tutti davvero utili. (Si può modificare il racconto in qualche modo? Mi piacerebbe implementare le correzioni che suggerisci.)
    CITAZIONE
    Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal finale, dove Isolde si rivela una creatura assetata di sangue, per cui mi piace pensare che il buon Anthon sia soltanto l'ultima delle sue innumerevoli vittime.

    Si, è così. Tant'è che nel finale Anthon ricorda che ci sono molte di quelle "tombe senza nome" al cimitero.

    CITAZIONE
    ...non riesco a differenziare il modo di morire, nemmeno conoscendo la perversione di Anthon, aspetto che forse avresti dovuto approfondire.

    Altri hanno trvovato buona la scelta del excipit, ma accetto la tua critica. Mi rendo conto che in quella parte c'è un po' di fumo. Vorrei solo prendermi due righe per chiarire una frase, questa: "Impossibile... ...come il cuore che si svuotava mentre il cervello restava vigile."
    Ecco, con questa volevo dare l'idea che Anthon non stesse affatto morendo e basta (come ho accennato anche alcuni commenti fa). In un certo senso, sta "non-morendo". Il morso del vampiro in molte saghe (classiche e non) produce succubi senz'anima oppure, addirittura, nuovi vampiri
    (questo secondo caso prevede nel filone clssico una cerimonia più complicata. Come in Dracula di Stoker dove dev'essere la cratura ad offrire il suo di sangue)
    .

    Ecco, questa è l'idea che volevo rendere. Anthon non sa quale sia il destino che lo attende dopo la morte. Ma morendo comincia ad intuirne il mistero, appena prima di raggiungere quel piacere mai provato di cui parlo nelle ultimissime frasi.

    Non ho la presunzione di credere che questo possa rendere ai tuoi occhi il mio excipit più coerente, ma spero almeno che abbia fatto intuire quali erano le motivazioni dietro la mia scelta.

    Ti ringrazion ancora per il tuo attento commento e spero davvero di non averti infastidito con questa mia risposta.
    Mi fa sempre piacere scambiare opinioni.

    Edited by NovelleVesperiane - 8/12/2020, 14:09
     
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    piaciuto parecchio. bella storia, ben costruita ed esposta, con ottime descrizioni visive.
    un po' meno, ma comunque buone le descrizioni emozionali.
    ottima la caratterizzazione dei personaggi.
    mi permetto di segnalare che vi sono dei refusi e dare un'occhiata anche alla punteggiatura: ci sono dei punti in più mentre altri mancano.
    qualche d eufonica da eliminare.
    nel complesso la definirei un'ottima prova se non fosse per il fatto che trovo fuori luogo l'excipit.
    non mi pare si leghi molto bene alla storia.
    in ogni caso ti faccio i miei complimenti.
     
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61 replies since 23/11/2020, 15:19   862 views
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