Non esistono vite sterili

aut. Conrad Siever

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    Dio della penna

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    La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prenderò la briga di parlare, sennonché ebbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto. Quella fu la prima di una serie di batoste che alla fine mi portò a guardare la mia vita in prospettiva, purtroppo quello che vidi mi tormentò poi giorno e notte. Mi avvicinavo ai quaranta e sentivo di aver gettato gran parte della mia vita alle ortiche. Ora che avevo perso tutto mi rendevo conto di non aver mai avuto nulla se non illusioni capaci di distrarmi dalla cruda verità. Fu in questo stato d’animo che incontrai Dean. Mi fu presentato da un amico, sosteneva di aver letto un mio articolo sul Clarion e di morire dalla voglia di conoscermi. All’epoca ero un professore universitario alla Sorbonne di Parigi che nel tempo libero scriveva articoli per la stampa clandestina. Non ero un membro della resistenza francese ma piuttosto un privato cittadino fortemente critico del credo e della condotta dei nazi-fascisti che soggiogavano allora il vecchio continente. Evitavo di espormi usando pseudonimi e cercando di limitare al minimo i miei contatti con chiunque fosse affiliato alla resistenza. L’unica persona che incontravo era Josep, colui che si assicurava che i miei scritti arrivassero nelle mani giuste per poi essere pubblicati. Lo stesso uomo che permise al signor Dean di ottenere un incontro con me. Presto scoprì che dietro a quello pseudonimo si nascondeva un membro d’alto rango nell’ala della resistenza affiliata alla figura del generale de Gaulle. Non era il primo uomo che tentava di arruolarmi dalla sua parte, ci avevano già provato prima gli anarchici e i comunisti. Quella volta però finì per accettare. A differenza degli altri non tentò di persuadermi con sproloqui atti ad attizzare il mio orgoglio nazionale, oppure declamandomi la necessità di uomini che tenessero viva la speranza nei cuori francesi. Aveva un aspetto impeccabile, un giovane Humphrey Bogart. Capigliatura bionda, occhi azzurri e lineamenti dolci ma al contempo decisi. Vestiva sempre elegante e mai aveva un singolo capello fuori posto. La cosa che faceva più impressione era però il suo modo di essere. Sembrava vivere a un centimetro da terra, per quanto la vita potesse mostrarsi brutale lui trovava sempre il modo di cadere in piedi, non annaspava come tutti gli altri. In qualche modo conservava intatto il sorriso, come protetto da un segreto sortilegio. Fu Il desiderio di penetrarne il segreto che m’avvinse quella volta, lui rappresentò ai miei occhi la promessa di una vita migliore.
    “Mi aggiorni”. “Certo maggiore Carl. Il primo attacco è fallito. Sono in cinque là dentro, e non c’è verso d’avvicinarsi a più di cinquanta metri senza restarci secco”. “Crede che la situazione potrebbe protrarsi ancora per molto?” chiese Carl. “Forse signore” replicò il capitano. Quello era il genere di cose che Carl avrebbe voluto evitare. Alla radio non si faceva che parlare del attentato alla vita del tenente colonnello delle SS Kurt Lischka. Quest’ultimo fu immediatamente portato in ospedale, protetto da un piccolo esercito armato fino ai denti, sebbene avesse riportato solo ferite superficiali. Arrabbiato aveva proclamato lo stato d’emergenza, indetto il coprifuoco e riversato tutti i suoi uomini nelle strade e nelle case dei parigini. La brutalità non tardò a presentarsi, molte persone accusate d’aver aiutato gli attentatori si videro giustiziare la propria famiglia per poi unirsi a loro. Molte erano le vittime delle accuse di coloro che desideravano vedersi assegnare il denaro promesso dal tenente colonnello a chi offriva informazioni utili alla cattura dei suoi attentatori. “Io la rispetto, ma se la faccenda non si chiuderà in fretta non esiterò a scavalcarla, chiaro?”. Il capitano annuì, aspettava l’arrivo delle mitragliatrici.


    “Moriremo tutti quanti!” strillò uno degli uomini rannicchiato in un angolo.
    “Puttana isterica ci farai ammazzare tutti!” proruppe furioso un uomo accanto a Josep.
    “Ragazzi risparmiate le energie per i nazisti” intervenne Dean.
    D’un tratto l’aria si riempì del rombo assordante delle mitragliatrici, gli assediati sentirono i proiettili fracassare le finestre e le pareti. Si afflosciarono per terra strisciando verso il riparo più vicino. I colpi sembravano venire da tutte le direzioni, ma Dean intuì che i nazisti avevano installato nidi di mitragliatrici nei piani superiori degli edifici di fronte. “Tra poco entreranno, tenetevi pronti!” urlò, cercando di farsi sentire dagli altri. Sapeva che la loro barricata improvvisata, addossata alla porta sul retro, non avrebbe retto ancora per molto “Josep, difendi la porta sul retro!”. Gli uomini in uniformi nere avanzavano, coperti dal fuoco di sbarramento delle mitragliatrici. Poi queste tacquero. Tutti sapevano cosa questo significasse. Lo sguardo del professore cadde sul volto di Dean. Sembrava vivesse quella situazione come una delle infinte esperienze della vita, contemplandola nello stesso modo contemplasse un qualsiasi altro volto dell’esistenza. Lui dal canto suo era terrorizzato al pensiero di non aver consacrato la propria vita a qualcosa di più grande, avrebbe voluto scrivere grandi romanzi, dando tutto se stesso a questa vita e invece moriva tristo e patetico. Non comprendeva che nulla di quello che è esistito, esiste ed esisterà può essere cancellato in quanto: l’imperatore, la puttana, il criminale, il santo, il vincitore e il vinto sono solo le fantasticherie di colui che non comprende che tutti gli uomini e non, fanno parte di qualcosa di infinitamente più grande di loro, e di cui ciascuno di essi è parte necessaria. Era per questo che Dean desiderava la pace, era per questo che Dean non odiava i nazisti. La porta si aprì facendo penetrare la luce del giorno. Nessuno entrò, vennero lanciate delle granate. L’esplosione fu assordante, s’alzò un grosso polverone, e poi scoppiarono raffiche di mitra. Figure vaghe si riversavano nella stanza. Lo scontro fu feroce, si sparava alla cieca, i proiettili rimbalzavano da tutte le parti. In quel nuvolone di polvere e detriti c’erano padri, figli, fratelli, cugini, amanti, mariti, tedeschi, spagnoli, francesi che si uccidevano. Un oggetto rotolò ai piedi del professore. “Granata!” urlò qualcuno. La fissava, avrebbe dovuto fare qualcosa, ma non poteva era paralizzato. Dean la raccolse e la scaraventò nella parte opposta della stanza. L’esplosione fu accompagnata da lamenti infernali. Qualcuno esalava i suoi ultimi respiri, qualcun altro supplicava con le sue viscere in mano di essere graziato. Si senti un fischio. Di punto i bianco gli assalitori cominciarono a precipitarsi fuori dall’edificio, diventando bersagli facili. Quando se ne furono andati calò di nuovo il silenzio. Tutti sembrarono tirare un sospiro di sollievo, contenti d’aver rimandato l’inevitabile anche solo per pochi istanti. Dean però non riusciva a comprendere per quale ragione avessero deciso di ritirarsi così. Tutti i sorrisi si spensero. Dean si voltò nella direzione in cui gli altri guardavano, ed ebbe la sua risposta.

    “Signore vuole davvero risparmiare questo cane?” domandò pensieroso il capitano.
    “Niente affatto” rispose orgoglio Carl “Ma se lo desidera gli permetteremo d’essere bendato quando lo fucileremo assieme agli altri”. Il suo sottoposto lo guardo con ammirazione, poi con sorrisino beffardo si rivolse all’uomo inginocchiato davanti a loro “Il Reich è grato che lei gli abbia aperto la porta sul retro”
    Le prime luci dell’alba rischiaravano i volti di cinque uomini. Due di loro ingiuriavano delle figure in uniformi nere, mentre quest’ultime imbracciavano dei fucili. “Plotone, attenti!”. Un altro piangeva disperato, implorando quei volti coperti ancora dalle tenebre della notte di risparmiarlo come precedentemente pattuito. Nessuno sembrava prestargli attenzione. “Caricate!”. Gli ultimi due restavo in silenzio ma in modi diversi. Uno sembrava stesse guardando un mucchio d’attrezzi agricoli non molto distanti, arrugginiti, rigonfi e contorti, macchine un tempo verniciate impazienti di lavorare, ma che la vita non aveva mai usato. “Puntare!”. L’altro, dai capelli arruffati, sorrideva contemplando il tramonto. Forse non era così che dovevano andare le cose. Ma così stavano. “Nel complesso”, rifletté, “sarebbero potute andare decisamente peggio”.
     
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    Penna furiosa

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    La storia c'è ma l'esposizione non è molto chiara.
    Purtroppo ci sono diversi refusi ed errori che ne complicano la comprensione. Ad esempio scrivi "Non era il primo uomo che tentava di arruolarmi dalla sua parte, ci avevano già provato prima gli anarchici e i comunisti. Quella volta però finì per accettare." Dovrebbe essere "finii", a meno che non abbia mal interpretato il testo. E lo stesso errore si trova qualche riga sopra al punto che ho riportato.
    L'esposizione non mi è molto chiara e quindi ho anche fatto fatica a capire la successione degli eventi.
    Questa frase, ad esempio:
    "Non comprendeva che nulla di quello che è esistito, esiste ed esisterà può essere cancellato in quanto: l’imperatore, la puttana, il criminale, il santo, il vincitore e il vinto sono solo le fantasticherie di colui che non comprende che tutti gli uomini e non, fanno parte di qualcosa di infinitamente più grande di loro, e di cui ciascuno di essi è parte necessaria."
    Mi risulta abbastanza ostica e non sono sicura di aver capito cosa intendi dire.
    Inoltre il testo è molto raccontato, ci sono pochissimi dialoghi e i personaggi sono appena abbozzati il che non rende il racconto appassionante e coinvolgente.
    Il finale,poi,mi lascia perplesso: vuole essere ironico? Perché se un condannato a morte che sta per essere ucciso dice che "poteva andare molto peggio", non posso che pensare a dell'ironia, ma mi sembra fuori luogo; quindi mi viene il dubbio di non aver capito.
     
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    L'inizio del tuo racconto è un capolavoro, mi è piaciuto tanto.
    Poi leggere che puttane e criminali siano necessari mi ha fatto un po' sbandare. Pure le scene convulse mi hanno fatto sbandare. Granate, mitragliatrici, fucilazioni.Pure.
    Ma sei tu che scegli gli ingredienti del racconto. Tu comandi le parole e io le rispetto.
    Resterò comunque legato alle prime venti righe. E non perchè non ami le storie di resistenza.
    Un abbraccio.
     
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    Inanzitutto vi ringrazio per le vostre critiche mirate e pertinenti, le ho apprezzate molto. Proverò a rispondere ad alcune. 1) Sono d'accordo sul fatto che la storia sia molto raccontata, era una scelta voluta in quanto desideravo in poco spazio tentare di esprimere un concetto. 2) Ammetto errori nella realizzazione. Non voleva essere un apologia indiscriminata verso criminali e puttane, desideravo invece dire che spesso nel tentativo di dare un senso alla nostra vita (il che di per sè è ok), finiamo per cadere vittima di frustrazioni innecessarie considerato che da un punto di vista esistenziale non esistono sempreverdi che non diano frutto (è il genere di sentimento che porta Dean a non volere la guerra in quanto si rede conto di contenere moltitudini, e cioè tutto ciò che è stato ed è). 3)Le scene convulse erano volute, tentavo (non so con quanto successo) di rifarmi ad alcune scene nelle storie di Mickey Spillane. 4) Per quanto riguarda il finale (ammetto forse d'essere stato un po' troppo sottile) Dean dice quello che dice non perchè ironico ma perchè come avevo già detto prima, lui guardava ad una particolare esperienza della vita come ad uno dei possibili volti dell'esistenza. Forse pensava che l'esistenza nella sua irreprensibile indifferenza potesse mostrargli un volto peggiore di quello che poi effetivamente gli mostra come la torura, o la deportazione. Forse considerava la sua vita come un convitato sazio che s'alzasse da tavola, senza risentimento. Grato del tramonto e della morte veloce e di tutto ciò che è stata la sua vita. tommasino2 Stefia
     
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    Mi piacciono le storie di resistenza, per cui ovviamente la lettura è partita bene.
    Mi è piaciuta la descrizione confusa della scena conseguente al lancio delle granate. Penso che abbia ben reso la drammatica e frenetica scena di guerra.
    Sono certa che, con una disponibilità di caratteri maggiore, avrebbe raggiunto il suo apice di bellezza, secondo i canoni dello "show, don't tell".
    Discutibile il ragionamento di Dean, secondo cui delinquenti, puttane e quant'altro facciano parte di un disegno più ampio, nel quale ovviamente rientrano anche i nazi-fascisti coi loro crimini, ma mi rendo conto che è il punto di vista di Dean e che lui può pensare ciò che vuole, anche ciò che al lettore potrebbe apparire moralmente inaccettabile.
    Per questo, ti faccio i complimenti per il coraggio dimostrato nella caratterizzazione di Dean. Non è da tutti. Capita spesso che le parole o le credenze di un personaggio vengano proiettate sull'autore.
    Per quanto riguarda la parte meramente stilistica, a parte gli errori che qualcuno ti ha già segnalato, un consiglio che senz'altro mi sento di darti è di andare a capo, soprattutto quando ci sono i dialoghi.
    Questo racconto è stato scritto per un concorso in cui era noto che gli elaborati sarebbero stati pubblicati su un forum. Di conseguenza, è inevitabile che i partecipanti al concorso leggano su schermo del pc (il mio caso) o del telefono, salvo rare eccezioni, se ce ne sono, costituite da coloro che hanno deciso di stampare tutti gli elaborati.
    Trovarsi davanti a un muro di testo è sconfortante.
    Non ho una buona vista, è vero, ma anche su carta stampata, in genere, si cerca di andare a capo, per alleggerire la pagina e agevolare la lettura, come suggeriscono svariati manuali di narrativa.
    Oltre a questo, nulla da segnalare.
    Un buon lavoro.
     
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    La storia è interessante, ma confusa. C'è un alternarsi di pregevolezze e di cadute di stile e di contenuto.
    Comincio con le pregevolezze:
    - la descrizione dell'incontro con Dean è ottimo, cattura il lettore e lo invoglia a proseguire nella lettura per ottenere le risposte alle domande che gli si accavallano in mente. Naturalmente è migliorabile nei tempi, per esempio anteporre la descrizione fisica e comportamentale di Dean (da: "Vestiva sempre elegante... a "...la promessa di una vita migliore.") alla accettazione delle proposte di Dean. Questa accettazione dovrebbe essere completata da un motivo positivo, Non basta dire: "... non tentò di persuadermi con ...oppure declamandomi...", occorre concludere con "ma mi convince con...".
    - la concitazione della descrizione della battaglia nello stabile è efficace, trascina il lettore dentro la stanza e dentro la confusione di un combattimento alla cieca.
    Però i punti di caduta sono altrettanto notevoli:
    - il brusco passaggio dalla narrazione in prima pèersona a quella in terza, con altrettanto brusco e imprepararto cambio di scena e di punto di vista.Io ne sono rimasto totalmente disorientato, e mi sono domandato: dove è finito il narratore? E' nella stanza a combattere a fianco della Resistenza o ha guidato i nazisti fino al covo?
    - il mancato ritorno alla narrazione in prima persona nel finale. Anche qui, non ho capito dove stia il narratore? E' tra i fucilati, o assiste? E chi ha aperto la porta sul retro?
     
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    Il Conte

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    Strana lettura, un racconto che si smarrisce lungo la strada. All'inizio mi era piaciuto molto. Chiaro, intelligente, rifelssivo. Poi, qualcosa non va. Mi sono ritrovato confuso. Sono arrivato alla fine, ma non ho capito bene in compagnia di chi.

    A mio avviso una revisione non farebbe male. Ci sono alcuni typo ed è chiaro che alcuni ripensamenti non sono stati ben amalgamati.
    La storia e le idee, però, ci sono e sembrano buone.

    Edited by NovelleVesperiane - 3/12/2020, 09:16
     
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    Penna furiosa

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    L’incipit prende, crea un senso di aspettativa. Ci si legge dietro una buona idea. Anche la presentazione di Dean regge bene.
    Poi, c’è quel salto improvviso, da “la promessa di una vita migliore.” a “Mi aggiorni”.
    Un secondo prima stavo leggendo un pezzo narrato in prima persona, che parla del protagonista e di un certo Dean. Il secondo dopo mi trova catapultata in modo illogico – sto parlando della logica interna a una narrazione – in un dialogo tra altri due personaggi.
    Certo, in una narrazione si trovano dei salti (delle ellissi), ma di solito costruite in modo da dare al lettore il modo di orientarsi in modo rapido nella nuova situazione, mentre invece in questo caso il lettore è del tutto destabilizzato.
    Anche solo uno stacco grafico, lasciando uno spazio, e qualche “a capo” al punto giusto avrebbero aiutato la leggibilità.
    “Lo sguardo del professore”= eri partito con una narrazione interna in prima persona e ora ci ritroviamo con un narratore esterno in terza.
    “Era per questo che Dean desiderava la pace, era per questo che Dean non odiava i nazisti.”= inserisci così all’improvviso una frase che sembra riferirsi a qualcosa che il lettore dovrebbe avere appreso dagli eventi precedenti, cosa che invece non è avvenuta.

    Scoprì= scoprii
    Finì= finii
    del attentato= dell’attentato
    fu immediatamente= era stato immediatamente
    modo contemplasse= modo con cui contemplasse, in cui contemplasse
    tristo= forse intendevi “triste”
    in quanto: l’imperatore,= via i due punti
    i bianco= in bianco
    lo guardo= lo guardò
    a loro “Il Reich= a loro: “Il Reich
    retro”= manca il punto fermo.

    Mancano delle virgole a indicare gli incisi e i vocativi:
    Arrabbiato= dopo, occorre la virgola
    Puttana isterica= dopo, occorre la virgola
    Ragazzi risparmiate= Ragazzi, risparmiate

    per molto= manca il punto finale

    Il racconto dà quasi l’impressione o di essere derivato dal taglio di una narrazione più ampia oppure di essere un montaggio di alcuni pezzi nati in maniera sparsa.
    Si sente comunque la mancanza di una revisione finale, che dia una percezione unitaria al lettore.
    La revisione richiede un po’ di pazienza, sentire come i pezzi, che emergono come bolle disordinate dal fondo del nostro inconscio, si collegano poi fra di loro.
    Anche io parto con la stesura in ordine sparso di ogni frase o immagine che mi viene in mente, poi però procedo a un montaggio, mi rendo conto che ci sono dei collegamenti “giusti”, che creano una sensazione di naturalezza e di ineluttabilità nella concatenazione degli eventi.
    In conclusione, una buona idea, realizzata in modo non sempre coerente e un po’ confuso.
     
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    Ciao Conrad

    Il tuo racconto mi ha impegnata un bel po’ nella lettura e rilettura. E rilettura.
    A partire dal titolo il cui significato, tuttora, resta piuttosto oscuro.
    La vita di Dean in qualche modo ti ha fatto uscire da uno stato di depressione, Dean non si nasconde come fa il protagonista, al contrario si espone. Lo ammira.
    CITAZIONE
    lui trovava sempre il modo di cadere in piedi, non annaspava come tutti gli altri. In qualche modo conservava intatto il sorriso, come protetto da un segreto sortilegio.

    La formattazione è un gran problema e rende la lettura e la comprensione ancora più ostica.

    CITAZIONE
    vita migliore.
    “Mi aggiorni”. “Certo maggiore Carl.

    Qui, se non ho capito male, comincia un flash back.
    Sarebbe stato indispensabile mettere almeno una doppia interlinea.
    CITAZIONE
    Alla radio non si faceva che parlare del attentato alla vita del tenente colonnello delle SS Kurt Lischka. Quest’ultimo fu immediatamente portato in ospedale,

    Costruzione verbale errata.
    Alla radio non si faceva che parlare dell’attentato alla vita del tenente colonnello delle SS Kurt Lischka. Quest’ultimo era stato trasportato immediatamente in ospedale

    CITAZIONE
    “Ragazzi risparmiate le energie per i nazisti” intervenne Dean.

    Qui compare un narratore esterno... ma non era Dean a parlare?

    CITAZIONE
    Lo sguardo del professore cadde sul volto di Dean

    il racconto parte con un io narrante perchè introduci un narratore così, su due piedi?

    Altri aspetti ti sono già stati segnalati.

    Alla fine, te lo confesso, non sono affatto riuscita a penetrare il “segreto” di Dean e, se la parte iniziale, pur penalizzata da una formattazione a “muro di parole”, mi aveva catturata, successivamente mi ha completamente mandata fuori dai binari. A furia di dovermi concentrare per riannodare i fili, mi sono persa.
    Mi spiace, non la trovo una prova convincente.
     
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    Soldato semplice

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    La storia c'è ed è anche interessante. Sei stato bravo nell'inserimento dell'incipit, finora credo sei l'unico ad averlo scelto. L'impatto visivo penalizza molto il racconto i dialoghi hanno la funzione di dare respiro e di approfondire situazioni e particolari prova a riscriverlo andando a capo ogni volta.
    Mentre la prima parte scorre fluida, la seconda s'ingarbuglia in immagini e considerazioni non sempre condivisibili.
    "Non odiava i nazisti" è una frase molto forte che non trovo nel contesto del racconto una spiegazione coerente.
    L'excipit sembra scelto per forza di cose, ma ci sta un po' stretto.
    Sono certa che questo questo racconto possa migliorare molto e spero di leggere la tua nuova stesura.
    Un caro saluto. :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
     
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    Ciao,

    chi mi ha preceduto ha già detto praticamente tutto.
    La storia in se non è male, l'inizio poi promette gran belle cose, ma ciò che destabilizza il lettore è l'alternarsi del punto di vista del narratore, o meglio dei narratori.
    Prima inizi col professore che ci parla di come ha conosciuto Dean, quindi io ipotizzo queste sono le memorie del professore della sua resistenza.
    Poi nella parte centrale si inserisce un narratore esterno che ingarbuglia un pò la lettura.
    Nel finale, se ho capito bene, i tedeschi fanno fuori i cinque della resistenza, tra cui Dean che ha fatto il doppio gioco e lo stesso professore. A questo punto, a mio parere, se così stanno le cose va a decadere l'impianto iniziale con la narrazione in prima persona del professore.
    Dean è un personaggio che non sono riuscito a capire bene, sembra una sorta di fatalista, che sembra giustificare qualsiasi scelta di ognuno, anche la più infame e incomprensibile, perché ogni cosa succede perché deve succedere, indipendentemente dalla volontà individuale di ciascuno. Cioè, tutti sono delle pedine mosse da un ingranaggio che va avanti per conto suo, asfaltando tutto e tutti.
    Ci sono alcune costruzioni di frasi un pò farraginose, semplificale, vai subito al punto. Te ne segnalo qualcuna:
    La brutalità non tardò a presentarsi, molte persone accusate d’aver aiutato gli attentatori si videro giustiziare la propria famiglia per poi unirsi a loro. Molte erano le vittime delle accuse di coloro che desideravano vedersi assegnare il denaro promesso dal tenente colonnello a chi offriva informazioni utili alla cattura dei suoi attentatori.
    Io farei così per esempio: La brutalità non tardò a presentarsi; molte persone accusate di aver collaborato con gli attentatori vennero giustiziate assieme alle proprie famiglie. Fra i giustiziati, tanti vennero denunciati da uomini senza scrupoli, desiderosi soltanto di entrare in possesso della ricompensa.
    In quel nuvolone di polvere e detriti c’erano padri, figli, fratelli, cugini, amanti, mariti, tedeschi, spagnoli, francesi che si uccidevano. Non so, questa frase mi sembra un pò esagerata, sopra le righe.
    Ripeto, la storia ha il suo perché, a mio avviso però devi chiarire meglio Dean, dargli più carattere, qui è troppo qualunquista se mi passi il termine, e poi cercare di dare alla narrazione un punto di vista più chiaro e preciso.
     
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    Un inizio avvincente, un'idea buona da sviluppare, ma uno svolgimento della narrazione davvero confuso: passare dal narratore interno (il protagonista che parla in prima persona) a un narratore esterno improvvisamente senza nessuna giustificazione, crea confusione e scarsa coerenza narrativa. Un lavoro da rivedere, ma con un buon potenziale, a mio parere. Bye. :)
     
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    Fino a ‘lui rappresentò ai miei occhi la promessa di una vita migliore’ il racconto, a parte qualche errore già segnalato da altri, si segue bene. Da quel punto in avanti, a partire dai dialoghi, ho avuto serie difficoltà a seguire il racconto. Sembra che tu stia raccontando qualcos’altro. La chiusa, come ti hanno fatto notare, se non ironica, non vedo come possa legarsi all’excipit. L’idea è buona, prova a riprendere in mano il racconto, sono certo che ne saprai fare qualcosa di buono, la materia c’è.
     
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    Regina di cuori

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    Inizialmente mi ha coinvolto, sentivo l'azione e il coraggio poi mi sono persa e neppure rileggendolo mi è stato chiaro,
    non ho compreso a chi appartiene il pensiero finale dell'exicipit.
    Idea buona ma a tratti confusa, tema non facile il tuo, comunque bravo.
     
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    La tua è una lettura per certi aspetti faticosa e che richiede concentrazione, in quanto tendi a raccontare molto della storia in poche righe e talvolta in modo un po' confuso. Se il lettore non è particolarmente attento, rischia di perdere per strada alcuni passaggi della storia. Ti consiglio di dare più respiro ad alcuni di questi passaggi. Banalmente potresti anche andare a capo, dando più ampio "spazio visivo" alla lettura. La descrizione di alcune situazioni sono buone (per esempio l'esplosione). Tuttavia non amo le storie di resistenza, non è il mio genere, anche per questo i tuo racconto non mi è particolarmente piaciuto.
     
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30 replies since 23/11/2020, 15:44   420 views
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