Adelaide

aut. B&S

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    Dio della penna

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    Il vagabondo
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    Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.
    E questo significa essere riconoscibili, venire fuori dalla massa di piatta felicità e mostrarsi a tutti. Non proprio a tutti, non tutti sanno guardare davvero.
    Ma per Adelaide individuarle è facile: famiglie infelici dalle quali qualcuno vuole scappare, per provare a essere felice.
    Adelaide è specializzata, la sua missione è strappare a quelle famiglie le donne che ne sono succubi. Donne vittime di un qualsiasi tipo di violenza, donne maltrattate, donne che hanno smesso di sognare. Donne che starebbero meglio senza quella famiglia.
    Adelaide non cerca mai i segni sul corpo, i segni sul corpo si nascondono, si nascondono sempre, e quando fai parte di una famiglia infelice non vuoi che la gente lo sappia, come se il solo farne parte fosse una colpa, una vergogna da nascondere, un segreto da non svelare a nessuno.
    L'infelicità come specchio di un fallimento personale, lo sa bene Adelaide.
    Allora i segni bisogna cercarli negli occhi. Occhi che non ricambiano mai uno sguardo, spesso rivolti in basso o spostati verso un qualsiasi remoto altrove. Se li incroci per caso, ci trovi l'abisso più scuro. È difficile liberarsi dall'abisso. Quasi impossibile. Quasi. Adelaide però è brava.
    Forse perché è una donna. Forse perché è empatica, intelligente, accogliente. Forse solo perché in quell'abisso c'è stata.
    Ci si è impanata per bene per tanto, tantissimo tempo.
    E per uscirne ha dovuto tradire se stessa, la sua mente e il suo cuore, ha dovuto forzare la sua mano e distruggerlo, quell'abisso, e insieme distruggersi un po' anche lei.
    Quando guardi a lungo nell'abisso l'abisso ti guarda dentro.
    Per uscirne ha dovuto armare la sua mano di odio e scagliarla contro il suo aguzzino, quell'uomo che le aveva promesso amore eterno e protezione -protezione da chi poi- che le aveva promesso che sarebbero stati felici insieme, ma felice lo era stato solo lui, nel suo modo perverso e senza ragionevolezza, dove punirla era l'apice di una giornata perfetta.
    Lei abbassava gli occhi o li spostava altrove. Abbozzava un sorriso, smetteva di sognare.
    Ma quel giorno era esplosa la sua pancia, il sangue le colava dalle gambe, e lui continuava a colpirla sul ventre, trattenendola all'angolo con le sue braccia che sembravano sempre più grandi, e il sangue scorreva e con il sangue quel figlio che non aveva voluto ma che già amava oltre se stessa. Il sangue scorreva, e il bagliore della lama che lui teneva in mano, pronto a squarciarle il ventre perché un figlio non potesse capitare mai più, quel bagliore l'aveva svegliata. Aveva scalciato un po', aveva afferrato la lama con le mani aperte, ferendosi senza pensarci e lui aveva mollato la presa, sconvolto. Adelaide era al di là del dolore, in quel momento. In quell'abisso bisognava dimenarsi non per essere felici ma per vivere.
    E lei si era accorta che voleva farlo, voleva vivere
    In quei pochi istanti di fermo immagine, Adelaide aveva girato il coltello, impugnandolo saldamente, e lo aveva affondato, con tutta la forza che le rimaneva.
    Giù dentro a quel mostro, “mi hai tolto una vita e ora mi devi la tua”, aveva pensato. Poi era svenuta.
    Al risveglio era in ospedale, un ventre secco contro un aguzzino morto.
    Un ventre che mai più avrebbe potuto dare la vita.
    Alla fine lui il suo obiettivo lo aveva raggiunto.
    E a lei cosa era rimasto?
    Dopo mesi di ospedale Adelaide aveva realizzato di essere sola al mondo, senza un lavoro, senza un soldo, nessun figlio in arrivo. “Meglio, molto meglio, se fossi morta anche io in quella pozza di sangue e occasioni perdute” aveva pensato, cinica.
    Ma non aveva pianto. Non avrebbe pianto mai più.
    Finchè aveva vita, nessun'altra donna avrebbe dovuto passare quello che aveva passato lei.
    Nessuna avrebbe dovuto mai, mai più pensare: “meglio una famiglia infelice che una famiglia morta. Meglio non sopravvivere. Meglio farsi andare bene quello che non va.
    Meglio abbassare la testa e mandare lo sguardo lontano, dove nessuno lo può prendere.”
    No, mai più, con Adelaide in giro.
    Lo sa bene, lei, che non è il dolore che ti infliggono che ti segna davvero, ma quello che infliggi tu. Quando ti fai aguzzino contro la tua stessa natura. Quello ti corrompe l'anima, quello non te lo potrai mai perdonare.
    Quando ti trasformi in quelli che ti hanno distrutta, anche solo per un istante, ti disfi un po'. Ti sfaldi e perdi qualche piccolo pezzo, e muti. Impercettibilmente, muti.
    Adelaide salva le donne prima che facciano quell'ultimo passo. Prima che armino la mano. Prima che si trasformino in quello che non sono per sopravvivere.
    E quegli occhi, che di nuovo splendono limpidi e fieri, spalancati sul presente, sono la missione che non voleva, la missione che non ha chiesto. Ma sono la sua missione, ora.
    Forse non era così che dovevano andare le cose. Ma così stavano.
    "Nel complesso", rifletté, "sarebbero potute andare decisamente peggio".
     
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    Un bel racconto di caduta e rinascita, dal punto di vista immersivo di Adelaide che, per liberarsi del suo aguzzino, ha dovuto lei stessa impugnare il coltello e uccidere, contro la sua natura e contro la sua volontà, per salvarsi la vita.
    Adelaide che, dopo essere sopravvissuta, ha quindi deciso di dedicare la sua vita a evitare, nei limiti del possibile, che l'orrore si ripeta.
    Una storia forte, narrata con uno stile scorrevole, semplice e, per questo, immediato.
    Arriva dritto al lettore, dall'inizio alla fine, e si trasforma in un pugno allo stomaco quando si apprende che "al risveglio era in ospedale, un ventre secco contro un aguzzino morto".
    Non ho niente da segnalare, è tutto perfetto.
     
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    Penna suprema

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    Adelaide scopre l'antitaccheggio nella maglia che le donne indossano da secoli, e prova a farlo funzionare.
    Non sempre ci riesce, come accade nella sua violenta storia personale. Ma ci prova.
    Che poi specializzarsi nel settore della sofferenza deve essere veramente terribile se a farlo è proprio una vittima.
    Mi sento in debito con questo racconto, merita più parole, più attenzione.
    Per fortuna ho la possibilità di aggiungere sempre qualcosa, di correggere sempre qualcosa.
    Tra qualche giorno il commento sarà più lungo del racconto.
    Non avrà la sua forza, non avrà il suo dolore.
    Sarà solidale. Che è come dire, forza ragazze, ci siamo pure noi.
    Basterà?

    Edited by tommasino2 - 30/11/2020, 06:32
     
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    Regina di cuori

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    Racconto drammatico, intenso in tutte le sequenze narrate, donna coraggiosa Adelaide, ora cerca il riscatto per se stessa aiutando altre donne a non cadere nella trappola in cui si è trovata diventando a sua volta carnefice, e purtroppo sono episodi che non sempre finiscono in questo modo seppur doloroso, la vittima è quasi sempre e unicamente la donna.
    Ben strutturato, ho visto la scena e sentito lo straziante dolore di Adelaide, bravo autore!
     
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    Racconto a tinte forti e, purtroppo, molto attuale. Ben presentate la succube Adelaide di prima dell’episodio centrale e l’Adelaide missionaria del dopo episodio. Ho trovato invece poco verosimile che l’uomo, che la sta massacrando a calci, una volta impugnato il coltello, anziché affondarglielo subito nel ventre, si impappini e finisca per farselo togliere di mano in maniera un po’ rocambolesca. Anche la degenza di alcuni mesi in ospedale è inverosimile, a meno che l’ospedale sia un ospedale psichiatrico, il che ci può stare.
     
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    Dio della penna

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    Risalta nell'immaginario l'indole protettivo e forte dell'autrice che pervade ogni nota del racconto che nella sua trama si svolge con una cadenza che va pian piano ad aumentare la sua drammaticità. Si viene catapultati nel racconto un passo alla volta per darci la possibilità di capire chi è Adelaide e perché ora vive e agisce in un certo modo. Il male va superato alla fonte e per farlo bisogna aprire gli occhi dell'io cosciente su se stessi e poi su ciò che circonda. La donna deve essere consapevole di tagliare la miccia della bomba prima che esploda. Dietro la cruda esposizione della vita di Adelaide si nasconde la grande umanità dell'autrice che è forte e risoluta ma che nel suo agire pratico lascia spazio a tutta la femminilità che la contraddistingue. La lettura scorre senza pause e la costruzione del racconto fa in modo che il coinvolgimento sia totale siano alla fine. Quando l'abisso si mostra per quel che è il confine col baratro rimane invalicabile.
     
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    Il racconto mi è piaciuto per un motivo in particolare. Quando scrivo un racconto provo ad essere essenziale, ripulire la prosa e stenderla come fosse una corda di bucato su cui poi porgere tutto il resto. Credo che i sentimenti forti vadano espressi senza giri di parole. Questo racconto in ciò riesce, e per questa ragione ha la mia stima.
     
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    Scrittura intensa e drammatica, ritmo perfetto e contenuto tristemente e continuamente attuale. Non so trovare difetti a questo racconto che ho letto in un fiato. E anche trattenendolo un po'. Ottimo lavoro.
     
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    Penna stilografica

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    Un bellissimo esempio di flusso di coscienza che affronta con crudezza e realismo uno dei temi principali dei nostri tempi e della nostra vita sociale. Il ritmo della scrittura contribuisce a dare drammaticità al testo, già di per se molto drammatico.
    Ho trovato quegli "occhi" i veri protagonisti della storia, "Occhi che non ricambiano mai uno sguardo, spesso rivolti in basso o spostati verso un qualsiasi remoto altrove".
    E sono quegli occhi che esprimono prima disperazione e disagio e successivamente il riscatto.
    Ho apprezzato molto anche il messaggio che "non è il dolore che ti infliggono che ti segna davvero, ma quello che infliggi tu".
    Non trovo difetti formali di alcun tipo. Per essere proprio pignoli avrei usato un'altra espressione al posto di "ci si è impanata": rende l'idea ma sa troppo di cotoletta.
    E nella frase "meglio, molto meglio, se fossi morta anche io in quella pozza di sangue e occasioni perdute”, avrei aggiunto un "di": "in quella pozza di sangue e di occasioni perdute".
    Incipit e excipit si sposano bene.
     
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    Soldato semplice

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    Un racconto struggente che tratta la violenza sulle donne. La protagonista ben delineata ci appare in tutta la sua fragilità che poi si trasforma in forza per riscattare se stessa e aiutare chi come lei vive in un incubo di quotidiana infelicità La scrittura è fluida e accattivante, le parole crude, perchè la storia lo è, cruda e crudele.
    Bello il messaggio di Adelaide che vuole fermare la mano delle donne prima che diventino loro stesse da vittime in aguzzine.
    L'incipit e excipit sono ben incastonati nella storia.
    Ottimo racconto. :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
     
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    Il Conte

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    Crudo.Sanguinante. Terribile. Vero.
    Una vita che si dedica all'aiuto dei deboli dopo essere stata schiacciata in uno dei modi peggiori concpeibili.
    Una ricetta senza tempo che ancora ci fa scuotere e vibrare dalla rabbia.
    A patto, ovviamente, che sia resa come si deve... e tu lo hai fatto.
    Davvero ben fatto.
     
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    Penna stilografica

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    Esposizione brutale della feroce sopraffazione di genere che ha connotato la storia della nostra specie dall'origine (probabilmente) a oggi. Sono sempre in difficoltà a commentare storie di violenza sulle donne, perché mi assumo il carico di responsabilità del mio sesso come se fosse una responsabilità personale. E se mi estranio dal contenuto del racconto per analizzarne la sola struttura, mi sembra di respingere il carico di dolore che da esso prorompe.
    Cerco di trovare il giusto mezzo.
    L'attacco, la ricerca dei segni, è stupendo. C'è tutta l'ipocrisia della società maschile: la vittima deve nascondere di esserlo, quindi via i segni dal corpo. I segni li trovi negli occhi, le finestre sull'anima.
    E qui Adelaide è brava. "Forse perché è una donna. Forse perché è empatica, intelligente, accogliente. Forse solo perché in quell'abisso c'è stata." tu dici. Mi permetto un piccolo appunto: tutti quei forse mettono sullo stesso piano la donna, l'empatia, l'intelligenza, l'accoglienza. Direi di togliere i forse e mettere l'accento sul fatto che Adelaide ci è stata, in quell'abisso. Per esempio, così "E' empatica, intelligente, accogliente. E'una donna e in quell'abisso ci è stata". Certo, detta così sembrerebbe che allora, chi non è stato in quell'abisso non potrebbe nè capire nè aiutare. Purtroppo ogni medaglia ha il suo rovescio. Non riesco a trovare il modo di dire che TUTTI, indipendentemente dal fatto di averlo o non averlo provato, devono essere dalla parte della vittima.
    "...bisognava dimenarsi non per essere felici..." dimenarsi mi sembra un verbo molto debole, contorcersi, dibattersi, divincolarsi, mi sembrano più adatti, mantengono sempre la condizione di inferiorità del succube, ma preludono allo scatto di ribellione.
    L'efficacia della tua narrazione ha del tutto sospesa la mia incredulità, per cui, per me, è perfettamente plausibile che la ferocia dell'aggressore si trasformi di colpo in stupore di fronte a un fatto inaspettato. Per convincere le più ostinate incredulità occorrerebbe qualcosa di sottotraccia, di non detto, che suggerisca che la furia dell'uomo è rivolta solo alla capacità generativa della donna, non alle sue caratteristiche di oggetto di piacere. Il coltello risparmia la vulva, a quanto mi è dato di capire e quindi anche le mani della donna sono degne di rispetto perchè danno piacere.
    "un ventre secco contro un aguzzino morto". Quel "contro" suggerisce l'idea di un contatto fisico. Forse sarebbe meglio dire "in cambio di" o "per". O addirittura "un ventre secco e un aguzzino morto", perchè non c'è nessun prezzo di scambio per un ventre secco.
    Altro dirti non so, se non che il racconto mi ha scosso e quindi è ben fatto.


    ".
     
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    Scrivano supremo

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    Risponderò a tutti i commenti a fine concorso, ma intanto vi ringrazio per avermi letta e commentata.

    Ele
     
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    Adelaide non cerca mai i segni sul corpo, i segni sul corpo si nascondono, si nascondono sempre, e quando fai parte di una famiglia infelice non vuoi che la gente lo sappia, come se il solo farne parte fosse una colpa, una vergogna da nascondere, un segreto da non svelare a nessuno.

    In questo periodo c’è il core della storia. Dal letame nascono i fior cantava De André. È così per Adelaide.
    Scrivi spesso di dolore/amore, lo trovo nelle tue intense poesie e in altri scritti che ho letto di te.
    Donne ingannate, violentate, deluse: donne capaci di reagire e di trovare il modo di trarre dalle esperienze più devastanti la forza di mordere ancora la vita e di essere monito e aiuto per altre donne.
    Perchè certe cose non dovrebbero succedere mai. Perchè non tutte hanno la forza di Adelaide.
    Grazie per avercela mostrata. Nuda e cruda, resiliente alla peggior bruttura che possa capitare nella vita di una donna.Una combattente.

    CITAZIONE
    E lei si era accorta che voleva farlo, voleva vivere

    Qui manca il punto finale.

    Incipit ed excipit ben integrati nel testo.
     
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    Ecco un tema purtroppo ancora attuale preso e trasformato in poche righe in una storia che non può lasciare indifferente nessuno.
    Adelaide è dipinta con pennellate forte e pennellate sottili, da un'artista che cerca di creare una personalità intensa, che sembri di conoscerla Adelaide, anche se l'hai solo appena letta.
    La potenza di questo racconto è nel messaggio che trasmette e che a fine lettura rimane chiaro.
    Una fenice trova sempre un modo di rinascere, qualunque esso sia, e rinascere e trovare la forza aiutando altri a fare lo stesso è il modo più nobile che io possa concepire.
    Tinte forti, ritmo elevato, pochi fronzoli. Schietto, come il tema che affronti.
    Brava Bos, non ti smentisci mai.
     
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