«Essere o non essere. Quale essere può dire di non essere nella sua essenza. Qual è l'essenza se misero mi ritrovo in questo stanzino vuoto del teatro. Misero... Ah, me misero. Come è triste la vita e come è duro recitare la vita stessa.»
Il copione... Non lo ricordo Oh misero.
Me misero 'na dentaura nova che persi i denti in una caduta dal palco essendo finito sopra l’orchestrale che suonava la tromba. Che trombata. Il medico di turno mi ha consigliato una pane e ramica dentale dell’arcata superiore A me non piace pane e ramica e non so nemmeno se mai l’assaggerò.
Ora che ho i denti novi nessuno vuol vedere il mio spettacolo e la platea è deserta.
Me misero, me misero, sì.
Me misero due dentici d’ argento smaltito nel piombo che non si levavano manco colla bomba monoclonale. Bene me mi son detto, farò un successione co sta faccia bella nova e invece mi sono ri trombato a recitare sul palco a una platessa che non c’è. Eppure sono il miglior attore da e dramma e spurgo in cir colazione, quando fui giovine il sul cesso non mancava mai, m’hanno voluto morto bene. Ma, ma sono un tipo testardo e non ammollo mai in candeggina e tornerò limpido a recitare. Anzi di più, sarò scrittore, sceneggiatore e sempre un attore dalla bava pronta a mo di lumaca.
“Oh teschio con rutto d’omo sciapito. Parlami di te. Chi fosti? Qual assenza coltivi oltre la morte? Chi sei dunque, tu dal liscio osso che levi e gatto mi guardi senza occhi? Sai qualcosa di me? Dimmelo allora, parla ti scongiuro! Perché non parli? Perché mi lasci in due buoi e senza soldi? Ora e dunque rispondimi allo squisito quesito che ti pongo. Non parli vignacco! Co tardo e vi gnacco, e io che pure ti tengo in mano. Ma io ti ripongo nella barra din e don vieni e la... potrai parlare anche con la morte Io, non perderò ulteriore tempo con te.”
Or ti seppellisco nella spogliata terra e là ti consumerai nelle vermische viscide che sgusciano del profondo umore.
Beh, me sembra codesto uno attimo lavoro, mo pubblico e che non se ne parli più