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Giancarlo Gravili
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Dio della penna
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Ove
Ove il vento parla e l’alberi tremano al cospetto Ove il folle parte dimenticando di innestare il passo Ove un ove è senza ove e nessun posto vale Ove trecento volti si mangiano tra loro e l’ultimo rimasto scopre di non aver volto Muore ogni ove misero piangendo tutti gli ove dove non è stato e quanti ove ha perduto e ove avrebbe potuto andare e l’ove tace silente dove il giglio spunta dove una cassa che non è panca si serra nella fine e lì or giace l’ove e trema il pensiero di non aver un ove futuro e nulla giace invano senza ove e ove il fulmine cade ove ove ove ove s’ode il silenzio delle mortadelle il vecchio ove assaggia pistacchi e tra un dente cariato e altro declama l’ove
«Ove s’ode, ove s’ode… Chi vole ove sode fresche di iornata, ove sode fresche e belle avvicinatevi al furgoncino… Ove paesane fresche e sode, gente venite a comprare l’ove sode dall’ovaio sodo il vostro ovomo di fiducia. Gente venite a comprare l’ove sode, forza non aspettate che poi si marciscono in fretta, ove sode col pepe nero, avanti gente ci metto pure il pepe nero, comprate le mie ove sode...»
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