La principessa Duerien

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    Scrivano supremo

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    Le tonalità di verde si susseguono da ore ormai, tanto che, alla vista della bassa torre in pietra grigia, Duerien di istinto rallenta il passo e porta la mano al fianco.
    Strizza gli occhi, come a mettere meglio a fuoco. Sa bene che ormai la vista la sta abbandonando per sopraggiunta età e anche se da mesi ormai lei usa impacchi fatti con le foglie di halwer, fino a ora ha ottenuto ben poche migliorie.
    Si ferma e lancia il boomerang ricavato dalla sabbia della fonte panoramica. L’attrezzo floppa nell’aria. In quell’assoluto silenzio lei riesce a seguire la traiettoria attraverso la scia sonora.
    La mano ossuta è ancora capace di una presa ferrea e precisa. Il boomerang lascia scorrere le ultime vibrazioni nel suo palmo. Duerien valuta quanto impresso sulla superficie arcuata. Strofina gli occhi fino a sentire male ai bulbi ma per quanto scorra le immagini, queste rimangono sgranate. Ripone il boomerang e si affida agli altri sensi nell’avvicinarsi alla torre, baluardo del regno dei manui.
    E’ solo una vecchia ormai e questo le darà qualche possibilità di attraversarlo senza lasciarci la vita.
    Vibrazioni del terreno l’avvertono che qualcosa si sta velocemente avvicinando alle sue spalle. Duerien ingaggia una battaglia con se stessa per abbandonare la postura da principessa guerriera e imporre al suo incedere l’andatura imprecisa data da muscoli flaccidi di un corpo rassegnato al passare degli anni.
    Continua a camminare nella lentezza impostasi. Non ci vuole molto perché un gruppo di atleti la raggiunge.
    Per quanto sono tirati a lucido, i pettorali in cuoio dei giovani riflettono il riverbero del sole che l’accecano per alcuni secondi, quanti necessari per non rilevare il segno d’intesa che si scambiano.
    “Vecchia, cosa ti porta nelle nostre terre? Qual è il tuo nome?” chiede con arroganza e senza il minimo affanno, il ragazzo con la chioma nera a riccioli che tenda il collo taurino.
    Duerien continua ad avanzare con lo stesso ritmo, guardandosi i piedi. Ogni cosa nel suo aspetto esprime gracilità. Un vento che non è ancora arrivato fino a lei fa ondeggiare l’erba all’orizzonte. Duerien continua ad avanzare mantenendo costantemente lento il suo passo. Questa volta un biondo molto in carne le si para davanti, bloccandola. Quando però tenta di strappare il mantello nel quale è avvolta, Duerien reagisce fulminea e usando abilmente la spada lo trafigge da parte a parte. La sorpresa che blocca lo sguardo degli atleti le dona ancora il vantaggio della prima mossa sull’esile bruno che per alcuni secondi resta ancora ben piantato sulle gambe mentre la sua testa rotola fra gli spini. Quando però si sente accerchiata, infila la mano nella bisaccia e circondandosi di cenere d’ossa, materializza guerrieri atavici che attaccando gli atleti a colpi di clava, atterrano i maestosi corpi ginnici. Duerien allarga la bisaccia e i guerrieri, polverizzandosi, ritornano nella tela. I corpi versano su un terreno troppo distante dalla terra dei manui per essere avvistati, Duerien può ancora sperare di entrare nel regno, prendere l’anfora e ritornare in tempo a salvare il suo re.
    Giunta alle mura del regno dei maui, si accovaccia poco distante dalla porta, ai piedi di una delle sentinelle. Il grosso alluce sinistro della guardia presenta una vistosa infezione, Duerien alza lo sguardo verso il viso febbricitante con occhi cerchiati dall’insonnia. La guardia sentendosi osservato le infligge un paio di colpi con l’asta della lancia. Duerien sposta lo sguardo verso i carri in colonna che aspettano di entrare. Si alza e prende a passare in mezzo alle disordinate fila. Si ferma vicino ad uno carico di sacchi di juta.
    “Che tipo di farina è?”
    “Che t’importa vecchia?”
    “Puoi entrare ora oppure tra una settimana, vista la posizione che occupi nella fila.” le dice, convincendolo all’istante.
    Duerien ritorna presso la guardia, si accascia di nuovo ai suoi piedi e comincia a impastare in una ciotola di legno. Poi si rivolge alla guardia, lasciando la ciotola per terra ma reggendo in mano mezzo limone.
    “Posso guarire il tuo dito.”
    La guardia si gira verso l’altra sentinella, vedendola occupata nello scacciare mendicanti. Rivolge a Duerien uno sguardo di assenso ma con una mano le cenna uno squarcio alla gola.
    Duerien sfila il calzare e infila l’alluce nel limone. La guardia si irrigidisce dal dolore ma la lascia fare. Dopo aver disinfettato la ferita, lei prende l’unguento fatto con la farina di riso del carrettiere, mista a semi di lino della sua terra e spalma questo unguento su un pezzo di tela strappato dalla sua sottana arrotolandolo all’alluce. Rimette il calzare alla guardia e aspetta.
    La guardia in capo a un paio d’ore le si rivolge con il volto sfebbrato.
    “Entra vecchia, sbrigati ma lasciami l’unguento.”
    “Mi ha aiutato a guarirti quel carrista.” dice indicandolo.
    A un impercettibile cenno della guardia, il carrista si fa largo fra uomini, merci e animali. Speranzoso arriva al cospetto della guardia che dopo aver controllato accuratamente il carico li fa entrare.
    Duerien seduta a cassetta attraversa il piazzale del mercato interno, in questo modo chiunque la incrocia la identifica in una mugnaia e può procedere senza destare sospetti. Aiuta a scaricare i sacchi e a portarli nei magazzini del tempio.
    “Aspettami all’abbeveratoio dei cavalli.” ordina al carrista.
    La porticina dei sacerdoti che consente l’entrata ai dormitori è a malapena accostata, in un cigolio mimetizzato da una miriade di rumori provenienti dall’esterno, Duerien l’attraversa e portandosi su antichi gradini, sale lesta fino alla stanza degli Dei. Nessuno è a guardia dell’anfora posta su un piedistallo innalzato sotto la volta centrale, Duerien la scambia con una di quelle ammassate alla parete dei doni votivi. L’avvolge nello scialle e reggendolo come farebbe con un neonato, scende lesta e raggiunge il carro che è fermo ad aspettarla nel punto concordato della piazza. Adagia l’anfora sui sacchi vuoti e la ricopre con parte di essi.
    All’uscita la guardia le sorride mostrando i denti cariati. Duerien lo fa a sua volta pensando che pure per la carie conosce rimedi a dir poco miracolosi.
    Chiacchierando con il carrista, viene a sapere che il mulino, di proprietà della famiglia della moglie, riceve l’acqua da un fiume sotterraneo, a detta del suocero, navigabile.
    Una canoa non gli è difficile procurargliela e anche se il carrista non vuole accettare compensi, lei insiste dicendogli:
    “Per i tuoi bambini.”
    L’anfora viene avvolta in molti stracci, così da resistere a improvvisi colpi. Duerien comincia a pagaiare piano perché non sa molto del percorso, quello che sa è che il fiume sfocerà al mare e il suo regno si snoda su un meraviglioso golfo. Comunque le serviva un percorso alternativo perché a quest’ora i corpi saranno stati scoperti e le strade presidiate. A tratti deve abbassarsi fin quasi ad appiattirsi sul legno per un repentino abbassamento della volta, i suoi riflessi sono messi ripetutamente alla prova per questo che potrebbe prestarsi come percorso per iniziati. Capisce che si tratta dell’ultima ansa dalla luce prepotente che la investe improvvisa, tanto che deve portarsi le mani agli occhi per schermirsi.
    Ma quando gli occhi si abituano, e ce ne mettono, si accorge che è luce riflessa dall’acqua e il passaggio è così piccolo che solo l’acqua riesce a passarci per defluire nel mare, quindi la barca è destinata a rimanere all’interno della grotta. Incastrati fra le rocce ci sono parecchi detriti. Duerien armata di pazienza prova a spostare i rametti intrecciatisi fra loro ma alla fine l’apertura si rivela abbastanza capiente per lasciare andare la barca. Si immerge tenendosi saldamente alla barca che spinta dal fiume si immette nel mare. Le mani piagate dal lavoro appena fatto, non le danno abbastanza presa per potersi issare nella barca e così si lascia trasportare. Quando vede un gruppetto di giovani intenti al tiro con l’arco è così stremata che non riesce a catturare la loro attenzione. Solo per puro caso uno di essi, allontanandosi dal gruppo per far rimbalzare sassi sulla superficie del mare, si accorge della donna in difficoltà. Dato l’allarme non esita a tuffarsi e a riportarla a riva con il suo prezioso carico.
    “E’ Duerien, la principessa.” Dice esterrefatto uno dei ragazzi accorsi.
    Duerien annuisce, risollevata.
    I ragazzi si guardano e poi dopo una veloce consultazione, fanno capannello.
    Duerien ha rilevato che le cose non si mettono bene ma è troppo stremata per tentare una qualsiasi reazione e quando tenta di tirarsi su, le forze l’abbandonano e cade priva di sensi.
    La luce filtrata attraverso le canne annodate alla bell’e peggio le permette di rendersi subito conto di essere sola in quel capanno di medie dimensioni, formato da un unico ambiente. Le mani corrono in vita a toccare la sua stessa pelle sotto una coperta lavorata con lana d’angora. Carica di attenzione ogni suo gesto, nuda e senza le sue cose ha un’unica priorità: uscire. Afferra un lembo della coperta e se la fa scorrere sulle spalle. In altri tempi non avrebbe dato peso al pudore. A un passo dall’uscio si blocca, fa scivolare la coperta sulle pieghe flaccide della pelle, lasciandola cadere sulla stuoia e orgogliosa di se stessa, esce.
    Il sole a Sud lascia poche ombre sul villaggio. Da dove sta le riesce di contare tre capanne, appiattendosi a esse si dirige a piccoli passi verso quella centrale, visibilmente più grande. Dall’interno arriva un tono di voce pacato ma quello che le arriva alle spalle è addirittura amichevole e di certo non si può sbagliare.
    “Artorias.” sussurra girandosi.
    “Ho sempre desiderato vederti in questo modo Duerien.”
    “La tua propensione al brutto è nota a tutti.”
    Lui l’abbraccia e poi le fa calare sulla schiena il suo mantello. Duerien provvede ad agganciarlo sul davanti ma per farlo deve usarsi violenza perché tutto in lei lo rifiuta.
    “Vieni, stavamo aspettando con ansia il tuo risveglio.” così dicendo le fa strada verso l’entrata della capanna grande.
    Duerien tentenna, avrebbe da chiedere molte cose al generale del suo esercito ma poi lo segue e la prima cosa che le salta agli occhi è l’anfora posta sul tappeto, mentre tutt’intorno siedono le anziane del tempio.
    Qualcuna abbassa la testa come cenno di saluto, lei ricambia. E’ Artorias a prendere la parola.
    “Oggi è un buon giorno, la principessa Duerien è tra noi. Tutte siete a conoscenza del suo valore, dell’amore che ha per il suo popolo ma nei giorni di sua assenza, qualcosa è cambiato nel regno.” poi il suo tono cambia, diventa informale mentre si rivolge a lei.
    “Qualcosa che tu ancora non sai.”
    Lo sguardo di Durien vaga fra quello delle donne, poi non ottenendo risposta si posa in quello di Artorias.
    “Vuoi forse dire che ho fatto tutto questo per nulla? Parla!”
    “No per nulla ma le illuminate, senza la tua guida, le anziane dicevo non sono riuscite a scongiurare che le energie cosmiche negative si abbattessero sul regno.”
    “E’ per questo che siete in questa capanna invece che al tempio?”
    Un improvviso crepitio li allerta. In breve l’acre odore di fumo invade l’abitacolo. Artorias con un macete procura un varco d’uscita per le donne, mentre lui dirigendosi alla porta principale si appresta a coprire la loro fuga. L’anfora viene portata via dalle donne.
    Duerien si accorge che con il mantello sta lasciando una scia di fuoco che avvampa il sottobosco. Lo slaccia, calpestandolo. Le donne proseguono ma quella breve sosta le fa rilevare che nessuno le insegue. Ritorna sui suoi passi e registra con disappunto che il fidato Artorias sta confabulando con i manui.
    Dunque Artorias sta preparando un colpo di stato e la necessità di carpire l’anfora con la polvere d’oro per placare l’ira degli dei, è stato un piano messo in piedi da lui per tenerla lontana dal castello.
    Duerien pensa che forse non tutto è perduto, che suo marito, il vecchio re, potrebbe essere ancora al potere. In fondo è lei l’ostacolo da abbattere per poter arrivare a conquistare il regno.
    Gli sterpi frustano le gambe allenate, i lunghi capelli bianchi restano impigliati nei rami per la folle corsa ma già all’orizzonte si delinea la sagoma del castello. Ecco però che l’odore dei bivacchi le giunge nitido. Una poiana in volo radente le sbarra il passo. La vecchia principessa si blocca.
    Ci sono troppe cose che stridono in questi avvenimenti a cominciare dalla stanza del tempio rimasta incustodita e poi il suo salvataggio ad opera dei ragazzi e ancora il ritrovarsi in una capanna dove Artorias fingeva di proteggerla mentre in realtà si era già alleato con il nemico. Perché mai perdere tutto questo tempo e non ucciderla subito, quando ancora era inerme?
    L’unica spiegazione possibile è che Artorias, per quanto si sia rivelato infedele, non le avrebbe mai negato una morte in battaglia.
    Dunque sta solo aspettando che lei raggiunga il castello così che lui possa dare l’avvio all’arrocco in modo da poterle dare una morte dignitosa e passare agli occhi del popolo non come un rinnegato ma un guerriero che è stato in grado di combattere e vincere l’amata principessa.
    C’è ancora un vecchio insegnamento appreso durante gli anni della sua formazione che però non ha mai messo in pratica, un qualcosa di così tremendo che si è sempre rifiutata di applicare e che ora stenta perfino a ricordarne i dettagli.
    Per alcuni interminabili minuti i suoi sensi scandagliano la radura, ecco che un forte vento, levatosi dall’erba, comincia a spingerla dapprima lentamente poi in modo sempre più deciso e violento tanto che a volte ha bisogno di sostenersi ai rami per non perdere l’equilibrio. Quando finalmente giunge sul posto è così stremata che le gambe, finito l’effetto vento, non la reggono e lei stramazza al suolo.
    Duerien appena riavutasi dalla fatica si mette alla ricerca dell’ingresso della grotta. Ricorda chiaramente le coordinate ricevute dal suo precettore, anzi una volta, e solo allora, il vecchio Hamil l’aveva condotta lassù. Dai ricordi balzano le sue manine tastare la terra.
    “Segui il freddo.” la incitava Hamil.
    Duerien, ora carponi, cerca di ricalcare il percorso infantile. Ecco che le sue dita rilevano un cambio di temperatura. Continua a tastare seguendo la scia del freddo finché una lastra di ghiaccio non anestetizza di colpo la mano, la ritrae, soffiandoci sopra l’alito caldo.
    Con un ramo traccia un solco per identificare, in un cerchio, la porta di entrata. Le foglie secche scoppiettano sotto i piedi nudi mentre quelle fresche li accolgono, seguendoli in una danza ritmica che via via diventa sempre più incalzante e ripetitiva fino a stremarla. La principessa rimane accasciata al suolo in posizione fetale, la polvere che si è sollevata dal coperchio non le da modo di vedere oltre. Tutto intorno colonne di polvere grigia. Quando la polvere cadendo al suolo si posa su ogni centimetro della sua pelle, l’energia ritorna a pulsare vitale nel suo corpo. Si erge grigia fra i grigi. I non morti aspettano ordini. Dritti in decine e decine di fila, un esercito immane.
    “Ordini secchi e precisi.” si raccomandò Hamil quel giorno, scaldando le manine nelle sue.
    Duerien sa di possedere un grosso vantaggio: il suo esercito non ha bisogno di rifornimenti.
    Ordina dunque di accerchiare completamente i manui, disposti in assedio al castello e al grido di non fare prigionieri, la battaglia ha inizio.
    Il fattore sorpresa e la superstizione mista a paura nel vedersi attaccati da un esercito di non morti, gioca a favore di Duerien che in breve tempo esulta vittoria.
    La principessa ingrigita si ferma al grosso portale dalle ante di legno completamente spalancate dai suoi sudditi, si gira verso l’esercito di non morti e ordinando di tornare negli inferi si appresta a un ingresso trionfale.
    L’accoglie il sacerdote ma Duerien si accorge ben presto che sul lastricato versano mucchi di corpi.
    “Ho tentato di dissuaderli ma il popolo aveva perso le speranze nel fatto che saresti mai ritornata e per non cadere nelle mani nemiche hanno deciso di suicidarsi in gruppo.” spiega il sacerdote, coprendola con il suo mantello bianco dagli alamari dorati.
    “Dov’è Artorias?”
    Una donna, allattando un neonato, si avvicina in ginocchio e a capo piegato le implora di salvare la sua bambina, presa per deliziare il generale e rinchiusa nella torre con la maggior parte dei bambini della contea.
    Il capitano portando la mano sull’elsa si rende disponibile e corre a radunare quello che resta delle guardie ma non deve percorrere troppi metri perché uomini per lo più feriti ma armati con attrezzi di fortuna, si portano avanti provenendo da varie direzioni, poi battendo i piedi sul selciato si impettiscono in righe grossolane.
    “Bene. Non perdiamo altro tempo allora. Andiamo!”
    Le guardie, anche se di numero inferiore , riescono ad avere la meglio sugli uomini di Artorias per lo più ubriachi, riversi accanto a corpi sventrati di vittime sessuali. Duerien entra come una furia nelle stanze tendate ma del generale non vi è traccia, mentre il capitano la precede sulle scale a chiocciola che portano alla loggia merlata, una guardia informa la principessa che il re, tenuto prigioniero nei sotterranei, è stato liberato. Non ha però il tempo di gioirne perché singhiozzi infantili dirigono lo sguardo di Duerien verso il lato ovest della loggia.
    Artorias facendosi scudo con i corpicini chiede, con voce rotta dal panico, protezione per raggiungere il portale e un cavallo per la fuga.
    “Altrimenti getterò i bambini dalla torre.” e così dicendo ne avvicina uno ai merli.
    “Lasciateci soli.” ordina Duerien ma il capitano, prima di eseguire l’ordine, le passa la spada.
    Ora la loggia è tornata deserta, solo il pianto dei bambini si è fatto più intenso.
    Duerien sta aspettando che Artorias si faccia carico di nuovo della sua dignità e la affronti da uomo. Un rumore come di brecce fa voltare il generale. Sui merli dita cercano sostegno, nei tratti lasciati liberi dalla merlatura si intravedono facce indurite dall’odio. L’immane sofferenza nell’udire lo strazio dei propri bambini, ha fatto sì che i popolani scalassero la torre e ora, issatosi, si riversano a decine nella loggia.
    A Duerien non resta che scendere gli antichi gradini per riunirsi al suo re mentre le grida straziate di Artorias riempiono la valle.
     
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    Teropode assennato

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    Non so, il racconto aveva del buon potenziale, ma secondo me viene in parte vanificato dallo stile impersonale, privo di verve (sembra un semplice elenco dei fatti che accadono), in parte dai refusi (i maui cambiano più volte nome, e credo andrebbero scritti in maiuscolo), in parte dal fatto che la storia non mi torna, c'è qualche cosa che non riesco a ricostruire. Forse ci sono troppi punti dati per scontati che però, a un lettore esterno, sembrano pezzi mancanti del puzzle.

    Peccato perché il personaggio, la principessa vecchia, è davvero originale e ha un che di caricaturale secondo me azzeccatissimo.

    Insomma, peccato peccato.
     
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  3. Foglia nel vento
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    User deleted


    Troppa carne al fuoco concentrata in pochissimo (si fa per dire) spazio: qui ci sono gli estremi per scrivere un romanzo e anche qualcosina di più. Nel susseguirsi velocissimo degli avvenimenti si finisce col perdere il filo ed è un vero peccato.
    Sono state utilizzate delle espressioni insolite, per esempio
    CITAZIONE
    la chioma nera a riccioli che tenda il collo taurino.

    non so se usate volutamente e ho notato un errore grave:

    CITAZIONE
    Continua a camminare nella lentezza impostasi. Non ci vuole molto perché un gruppo di atleti la raggiunge


    è scorretto

    Continua a camminare nella lentezza impostasi. Non ci vuole molto perché un gruppo di atleti la raggiunga


    "Maui", in quanto nome di popolazione, va certamente scritto con la maiuscola.

    La componente magica è presente, quindi il genere è azzeccato.
     
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    Penna furiosa

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    Anche io, come chi mi ha preceduto, sono dubbioso e deluso. Il tuo personaggio all'inizio mi aveva entusiasmato, o per meglio dire la tua storia, perché il personaggio è ottimo.
    Fino a quando Duerien si ritrova sola nella capanna tutto fila via liscio, poi mi sono perso.
    La trama si fa più complessa e confusionaria, nella grotta non si capisce bene che rito magico venga compiuto e la battaglia finale con l'esercito dei non morti si svolge in poco più di quattro righe.
    Vista l'importanza dell'evento, la battaglia avrebbe dovuto ottenere più spazio, magari eliminando la parte che si gioca sulla torre che alla fine non risulta essere così avvincente. Capisco tuttavia che il genere è ostico e la guerra con il limite di battute molto spesso vede uscire sconfitto lo scrittore, che non riesce a dare pieno respiro a tutto quello che sfocia dalla sua immaginazione. Sinceramente con più calma proverei a rivedere il tutto dalla parte della capanna in poi, perché sino a lì la storia era davvero buona e coinvolgente.
     
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    Su chef

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    Non posso che accodarmi ai commenti precedenti. Buona l'idea di base della principessa attempata, troppo confuso tutto il resto. Ci son poi diverse imprecisioni formali che fanno incespicare durante la lettura. Ma c'è anche un grosso pregio: è un fantasy con tutti i crismi. E nello stilare la mia personale classifica questo conterà assai.
     
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    Dio della penna

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    L'ho trovato un po' noioso anche perché è fuori dal gusto mio.
     
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    Penna suprema

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    Ci sono molti errori che fanno perdere potenziale alla storia.
    La voglio rileggere per capire se riuscirò a perdonarli prima del mio giudizio.
    Un abbraccio.
     
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    Penna furiosa

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    Il racconto abbonda di tanti (troppi) particolari, aggettivi e spiegazioni minuziose, che finiscono per appesantire la lettura.
    Alcune parti (come il rito magico all'interno della grotta)non mi sono chiare, forse perchè c'è molta carne al fuoco. Però la vicenda ha del potenziale e l'idea è indubbiamente buona. Non male, direi.
     
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    Penna furiosa

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    Diverse imprecisioni di forma, soprattutto a livello lessicale. Da sistemare qualche elemento di punteggiatura.
    A tratti, il racconto sembra una sintesi, il riassunto di qualcosa, in modo particolare dalla capanna in poi.
    Nel complesso, direi che la scrittura non rende giustizia a una storia e a un personaggio davvero buoni. Perché il personaggio della principessa è bello, così come la storia, la trama del racconto.
     
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    Penna furiosa

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    Mi piace questa principessa attempata che non demorde, un personaggio con cui facilmente si entra in empatia. È lei l’eroina che compie l’impresa di smascherare l’usurpatore Artorias, liberando così il popolo dei Manui. Peccato che la narrazione, così attenta a certi dettagli, talvolta non necessari, poi risulti sbilanciata tra l’esordio e l’azione lenta della prima parte e il seguito, dove il ritmo si fa più veloce verso la conclusione. La forma non è esente da talune improprietà( ti segnalo: “disordinate fila “ “i popolani issatosi” “il boomerang floppa(?) l’aria” o termini desueti : le cenna uno squarcio alla gola”)
    Comunque, il racconto presenta una trama ricca e ben articolata. Nel complesso mi è piaciuto.
     
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    Scrivano supremo

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    Ciao Aut-

    L'inizio prometteva bene, sembrava proprio l'inizio di un racconto. Poi purtroppo è diventato il riassunto di un romanzo; in alcuni tratti il riassunto è molto compresso mentre in altri tratti ci regali più particolari.

    Ti è evidentemente mancata la rilettura: ci sono diversi refusi, che in alcuni punti sembrano veri e propri errori grammaticali ma ti lascio il beneficio del dubbio. I manui diventano maui, forse per colpa del correttore automatico.

    Ecco cosa mi scrisse Asbottino l'anno scorso, riguardo il mio racconto per INK 1:

    CITAZIONE (asbottino @ 19/11/2016, 11:33) 
    Romanzo compresso a forza. Non è un problema della forma racconto: è che sono due cose diverse. Due campi da gioco diversi. Forse addirittura due sport diversi. C'è grande talento, qui, abilità, una visione ampia, ma il tutto è applicato a qualcosa che invece dovrebbe vivere di piccoli sguardi, di poche parole che pesano come macigni.

    Lo riporto qui proprio perché è ciò che penso di questo tuo racconto.
     
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    Penna suprema

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    Sono completamente in disaccordo con quasi tutti quelli che hanno commentato finora (direi tutti tranne allerim :) ).
    Questo è esattamente ciò che mi aspettavo di leggere in questo step: un racconto fantasy.
    A differenza di moltissimi altri generi per i quali sarebbe risultato deleterio, qui lo stile narrativo è perfetto, la dose di elementi narrativi è congrua, e ogni dettaglio apparentemente inutile serve non ad annoiare il lettore ma a renderlo partecipe del mondo fantasy in cui si ritrova.
    Certo, in ventimila battute più di questo non si può fare, ed è alquanto iniquo non ricordare questo aspetto fondamentale che rema troppo contro: di fatto, racconti fantasy (o distopici) non ne esistono! E quante pagine ha, in media, un romanzo fantasy?
    Poi ci sono diversi errori e refusi, ma mai quanto in questo step per me peseranno così poco rispetto all'aderenza al genere.
    Con questo racconto in Antologia, la bella figura è assicurata anche per il genere fantasy.
    :appaluso: :appaluso: :appaluso:
     
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    Penna furiosa

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    Samboseto di Busseto (Ma nata a Parma)

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    Ciao Autor
    Il tono piatto e impersonale del racconto, mi ha spiazzato: sembrava di leggere una cronaca asettica di avvenimenti accaduti. La storia c'è e potrebbe anche essere avvincente, ma lo stile narrativo lo penalizza molto. Senza dubbio il genere è centrato. Leggo commenti entusiasti e capirai, quindi, che le mie critiche sono quelle di una persona che non ama il genere. Complimenti per l'inventiva.
     
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    Penna suprema

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    Gli irriducibili
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    La vicinanza del Natale addolcisce i cuori spesso amari di alcuni commentatori.

    Riletto con cura. Troppo imperfetto per essere un buon racconto.
     
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    Penna stilografica

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    trecase

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    Una principessa alle prese con l'accettazione del proprio corpo che invecchia nel mezzo di giovani che avanzano e di persone fidate che ingannano ma trova in qualche modo la forza di mettere assieme i suoi saperi per salvare quello che rimane del suo regno.
     
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25 replies since 17/9/2017, 12:39   511 views
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