Accadde al Midnight

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    Scrivano supremo

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    Faceva un caldo bestiale, nonostante il tardo pomeriggio. Me ne stavo immobile sul letto in mutande e reggiseno, nella posizione del quattro di bastoni, per cercare un improbabile ristoro. Sarei rimasta così fino a notte inoltrata, se necessario; nemmeno Despacito alla radio mi faceva venir voglia di alzarmi e cambiare stazione.

    In quel momento arrivò la telefonata. Vidi chi era e, fanculo il caldo, risposi con voce allegra: «Pronto? Ciao Stella! Come stai?»

    «Ciao Pam. Sto bene. Sto be nis si mo!» La sua voce però era agitata.

    Istintivamente mi misi a sedere. «Dai, raccontami; se dici così mi fai preoccupare.»

    Dal rumore di fondo era ovvio che in quel momento stava guidando. «Sto bene, davvero. Poco fa stavo in autogrill per un caffè; mi son girata e mi son trovata una coppia di biker che mi stavano quasi addosso!»

    “Quasi addosso” era già troppo! Non avevo idea di dove stesse andando né che avesse in programma una gita fuori porta nonostante l’afa, ma già desideravo raggiungerla. «Cerca una piazza, un bar e fermati, che arrivo subito. Dove sei?» Avrei avuto bisogno di una doccia, ma chissene! Sciacquata veloce, deodorante, cambio, roba comoda: pronta per partire.

    La sua voce cambiò registro, ma continuò a raccontare: «Volevo dirgli: “Cazzo, ma lo sapete che esiste lo spazio vitale?” Oh, ti giuro: io non ho parlato, l’ho solo pensato, ma lei ha sollevato il labbro e mi ha ringhiato contro! Mi son spaventata che a momenti facevo cadere la tazzina. Poi lì per lì la tipa è tornata normale. Io me ne sono andata a bere il caffè per i fatti miei, col cuore in gola che faticavo a mandar giù. Quando finalmente mi sono un po’ calmata, mi son girata e indovina? Ancora questi due! Mi stavano appiccicati con… con i loro musi, mi stavano annusando!» L’ultima parola la urlò al punto che quasi le si strozzò in gola.

    «Stella, fermati da qualche parte, per favore; c’è un bar, un supermercato, un centro commerciale? Entra lì che ti raggiungo.» Nessuno la poteva annusare ed eludere la mia vendetta!

    «Va tutto bene, Pam! Sta’ tranquilla, davvero. Ero paralizzata ma è stato un attimo. Poi i due son tornati normali; allora ho lasciato la tazzina lì sul tavolo, sono uscita di corsa e son ripartita. Era passato qualche minuto e mi ero anche quasi calmata, ma i due son ricomparsi da dietro con la moto e poi si sono affiancati. Lei mi faceva dei segni che non capivo; la sua mano… non era una mano, era una zampa! Non so come spiegarti…»

    «Me lo spieghi dopo! Dimmi solo dove sei, che arrivo.» Ero già in auto, a pochi minuti dall’autostrada. Ragionavo già di come avrei spezzato volentieri quel braccio o quella zampa, se avessi potuto!

    «Io ho rallentato, volevo lasciarli andare, ma si sono piantati davanti a velocità di lumaca! Allora li ho sorpassati, io non volevo nemmeno guardarli ma lei ha ricominciato a fare dei segni, non so cosa volesse! Ho accelerato più che potevo, ma mi hanno raggiunta e si sono affiancati di nuovo. Sai che mi cago sotto se devo correre in auto, no? Per fortuna che c’era l’uscita; ho pregato la Madonna che andasse tutto bene, ho inchiodato e mi son buttata a destra che a momenti facevo la ceretta al guardrail. Con la coda dell’occhio li ho visti schizzare via, non han fatto in tempo a venirmi dietro, per fortuna. Credo di averli fregati, ormai saranno già a Rimini!» Perfetto! Entrai finalmente al casello, direzione sud. «Dimmi solo che son stata brava, per favore!»

    Cercai d’immaginare la scena: per una che di solito fa i cento in autostrada dev’essere stata una vera impresa eseguire una manovra da campione mondiale di rally. «Sei stata bravissima, Stella! Ti voglio bene.»

    «Anch’io ti voglio bene, Pam.»

    Ci scambiamo un po’ di coccole e baci al telefono, poi le chiesi: «Ma dove vai di bello con questo caldo?»

    «Sto andando al Midnight.»

    Fui travolta da un’ondata di pensieri che riemersero alla mente, portando un carico di rabbia e sconforto. Cercai di dominare tutto e feci l’unica possibile domanda: «Ma perché

    «Perché ho bisogno di capire.»

    Non era per niente una buona idea! Tornare là, da sola, era solo un modo per aumentare ulteriormente la confusione. «Capire cosa? Non c’è niente da capire! Potevi telefonarmi prima, ci facevamo una bella chiacchierata e…»

    «Mi ha chiamato l’avvocata.» La voce si ruppe. «Mi ha detto che le devo raccontare tutta la verità. A me, capisci? Altrimenti farà fatica a procedere con la denuncia. Io… la verità!» Più o meno disse così, in realtà non afferrai il senso del discorso.

    Compresi solo che dovevo incazzarmi con l’avvocata. «Che stronza! Dopo ci parlo io e la rivolto.»

    Stella sospirò. «Ha detto che sono arrivati i risultati delle analisi sulle… schifezze biologiche che mi han trovato addosso. C’è scritto che non è DNA umano, capisci? È tutto così assurdo! Ti giuro che non mi sono inventata niente. Se solo mi ricordassi cos’è successo! Ma quella notte, io… è capitato davvero, Pam! Tu mi credi?»

    Io e gli amici l’avevamo trovata nuda e svenuta nel parcheggio del Midnight e non avevamo avuto dubbi su cosa fosse successo. «Certo che ti credo. Di sicuro han sbagliato loro, ci saranno le controanalisi e vedrai che scopriranno la verità. È stata proprio stronza l’avvocata, che si è permessa pure di farti la predica! Mammasantissima, io quella la… mm, non farmelo dire!»

    «Guarda, ci son rimasta di merda! Dovevo assolutamente dirle anche una cosa, ma adesso non ho più il coraggio. Pam, lo dico solo a te: sono incinta.»

    Se mi avesse dato una randellata nei denti mi avrebbe fatto meno male. Ero così stordita che non sapevo se accelerare, frenare o sterzare; dietro di me qualcuno sfanalò con gli abbaglianti, misi la freccia e mi spostai. Un clacson suonò vicinissimo e la scarica di adrenalina conseguente allo spavento mi fece riprendere il controllo. Mi accodai a un camion e ricominciai a parlare: «Stella! Ma sei sicura?»

    «Ormai sono in ritardo di due settimane.»

    «Non vuol dir niente, hai fatto un test?»

    «Sì, ne ho fatti tre; tutti negativi.»

    «Visto? È solo la tensione dovuta allo stress, vedrai che…»

    «No; sono sicura. Sesto senso, chiamalo come vuoi. Son sbagliati i test, te lo dico io. Qualcosa si muove nella mia pancia!»

    Avrei voluto dirle che era la sua immaginazione! Dopo quella notte al Midnight era diventata suscettibile a qualunque cosa. Misi la freccia e sorpassai il camion, dovevo raggiungerla al più presto! «Dai, aspettami che voglio sentirla anch’io, la tua pancia. Dove sei?»

    «Sto parcheggiando adesso. Oh cazzo!»

    «Cosa c’è?»

    «Sembra proprio la moto dei biker dell’autogrill… No dai… Ci somiglia e basta.»

    Sarebbe stato comunque un buon motivo per tornare indietro. «Esci e aspettami davanti alla Coop. Meglio evitarli, anche se non sono loro è sempre meglio…»

    «Ma stai venendo fin qui sul serio?»

    Mi sembrò impossibile che non si fosse ancora accorta che fossi in auto, tra l’altro gliel’avevo ripetuto diverse volte. Qualcosa non andava. «Certo. Ti voglio bene davvero!»

    «Sei un tesoro, ma non sei mica mia mamma! So badare a me stessa, davvero non c’era bisogno.»

    «Dai, fammi un favore e aspettami davanti alla Coop. Ok?»

    «Pam, preferisco stare da sola e affrontare questa cosa da sola; ho bisogno di capire e… ti voglio un mondo di bene, ma se ci sei tu poi non ce la faccio, invece così posso lasciarmi andare. Capiscimi, ti prego!»

    Stavo correndo al limite delle capacità della mia Twingo. «Ti rendi conto che è pericoloso? Se dovesse succederti qualcosa io…»

    «Non succederà niente, sta’ tranquilla. Non tocco niente, non bevo niente, neanche un’acqua minerale! Te lo prometto. Sarò vigile e attenta.»

    Non ci fu modo di convincerla. Ci scambiammo un sacco di baci e mise giù. Io ero quasi arrivata al casello.

    Dopo circa un quarto d’ora arrivai al parcheggio del Midnight. Trovai facilmente la Seicento color menta di Stella. Nei pressi erano posteggiate alcune moto; una in particolare attirò la mia attenzione: una Ducati Monster custom col serbatoio aerografato. Scesi.

    Era buio, eppure la cappa di caldo era opprimente; dal locale giungeva musica ad alto volume, poco ballabile. Mi avvicinai alla moto per controllare il disegno: potevano essere lupi, ma un particolare che sembrava un errore anatomico ne rivelava la vera natura. Schifose creature! Sputai per terra. Se non erano i due biker dell’autogrill, erano di sicuro amici loro.

    Tornai alla mia auto e aprii il baule; sollevai il doppio fondo e illuminai il mio arsenale privato con il flash dello smartphone. Presi lo zainetto tattico, dove avevo mimetizzato la doppietta a canne mozze; caricai il fucile e innestai il silenziatore. Indossai gli shorts da combattimento sopra gli hot pants; mi facevano il culo più grosso di quello che avevo, ma non avevo altro a disposizione per portare armi e munizioni. Dovevo farmi bastare quelle, per il momento.

    Feci il numero di Stella, ma aveva il cellulare spento, come al solito: aveva troppa paura di perderlo o che glielo rubassero e preferiva lasciarlo in auto. Silenziai lo smartphone e lo misi in tasca.

    Il buttafuori del Midnight mi fece passare senza problemi. Stronzo, ti sembro una prostituta? Scommetto che l’hai pensato anche di Stella, quando è entrata da sola! Già. Ma come potevo fare per trovarla? Non sapeva e non voleva che la cercassi, in più il locale era pieno. “Ho bisogno di capire”, mi aveva detto. L’ultima cosa che si ricordava di quella notte un mese prima era il giardino al di là del gazebo; mi conveniva iniziare da lì.

    La zona in ombra e ricca di vegetazione era perfetta per infrattarsi; dovevo schivare fazzoletti e profilattici vari, col rischio di cogliere qualcuno nell’atto. Estrassi dagli shorts il mirino per la visione notturna. C’era animazione dietro a un cespuglio. Mi tocca pure far la figura della guardona! Volevo solo essere sicura che non fosse Stella. Avrei lasciato volentieri la coppia intenta ai propri intimi affari, ma poco oltre la loro alcova improvvisata c’erano due figure che si muovevano lentamente, in senso circolare, come se stessero eseguendo un rituale; ma soprattutto non erano movenze umane. Schifosi esseri abominevoli!

    I gemiti e gli odori dei due amanti facevano da schermo inconsapevole alla mia presenza e al mio sudore. Non sapevo ancora dove fosse Stella, ma dovevo prima occuparmi di quei due cagnacci, per non trovarmeli in seguito tra i piedi! Mi rilassai al massimo, estrassi il piccolo fucile dallo zainetto e presi la mira; avevo solo due colpi, non potevo sbagliarne uno. Inspira. Ora espira. Svuota la mente. I licantropi si alzavano sulle zampe posteriori e poi si rimettevano a quattro zampe, sempre camminando in cerchio. Dovevo solo seguire il ritmo e sparare a colpo sicuro. Uno! E, prima che l’altro se ne rendesse conto, Due! Gli amanti erano troppo intenti a raggiungere il loro piacere per accorgersi dei botti. In un certo senso partecipai anch’io alla loro estasi.

    Schivai il cespuglio e raggiunsi lo spiazzo dove i licantropi, un maschio e una femmina, giacevano svenuti. Illuminai le ferite con il flash dello smartphone; non ero ancora autorizzata a uccidere, se non per legittima difesa, e dovevo assicurarmi che i proiettili di siero non avessero colpito in punti vitali. Poi potevo pure abbandonare i due cagnacci alle loro sofferenze.

    L’attacco giunse da sinistra. Istintivamente ruotai su me stessa e assestai un calcio al fianco della bestia, mentre con tutto il peso schiacciai a terra il muso che mi aveva azzannato il gomito. Lasciò il morso e tentò di divincolarsi; assecondai il suo movimento e, rotolando, la ributtai a terra e mi trovai sopra di lei. Ringhiava e scalciava, ma era di corporatura poco robusta e la sovrastavo, sia pure con fatica. Provai a recuperare lo stiletto dagli shorts; lei riuscì a liberare la zampa anteriore e mi strinse il collo. Rotolammo. Riuscii a metterla di nuovo sotto e le assestai un paio di pugni sul muso. Guaì. Presi lo stiletto e mirai al collo. La guardai con odio, ma mi rassegnai a risparmiarle la vita. Le iniettai il siero nella spalla, tappandole le fauci per attutire gli ultimi mugolii. Svenne. Sputai sangue per terra e le diedi un calcio.

    Ero sudata, impolverata e piena di graffi. Dovevo solo pulire la leggera ferita al braccio sinistro e poi avrei potuto fare la figura di quella che s’era infrattata. Quanti ce ne saranno ancora? Tornai a recuperare le mie cose. I due licantropi che avevo steso con la doppietta stavano tremando per lo shock da siero. La femmina sanguinava dalla vagina, eppure la stagione dell’estro era già finita. Esultai. Era incinta, la cagna! Un bastardino in meno sulla Terra!

    In quel momento notai il particolare che mi scombussolò: la cavigliera con il pendente in madreperla. Calma. È solo un caso. Ci sono centinaia di persone che indossano quella cosa e hanno deciso di venire tutte qui al Midnight stasera! Chi cazzo indossa più le cavigliere? Questa cagna e quella svalvolata di Stella! No? Va tutto bene. Invece non andava bene nulla! Anche se la trasformazione era in corso, si vedeva che la corporatura era la sua, mentre il viso bestiale si stava addolcendo e assumeva i connotati che conoscevo. Mi venne il voltastomaco, ma non avevo niente da vomitare!

    Provai pietà, per la prima volta, per uno di quegli abomini. Mi resi conto che, dietro a quelle creature mostruose, potevano esserci storie, sentimenti, vite! E in quel momento ero davvero preoccupata per una di loro, perché si trattava di lei. Ricontrollai la ferita; l’avevo colpita al fianco ed era uscito un po’ di sangue, prima che i componenti del siero alchemico facessero l’effetto cicatrizzante. Spostai Stella su di un altro spiazzo e la ripulii tutta per bene con il mio kit di pronto soccorso. La ferita sul fianco sembrava un semplice graffio, solo un medico attento poteva scoprire quanto andasse in profondità. Trovai i suoi vestiti, poco distante, e mi preoccupai anche di trascinare la coppia di biker il più lontano possibile in modo che, al risveglio, Stella si ritrovasse sola con me.

    «Oddio, dove sono?» Finalmente.

    Terminai di smanettare con lo smartphone. «Sei al Midnight, qui con me.»

    «Pam!» Si mise a sedere e mi abbracciò. «Meno male che sei venuta! Mi sento… svuotata! Cos’è successo?»

    «Non ti ricordi?»

    «Sì… C’erano i due biker. Anzi no, c’era solo lui. Non so cosa mi ha preso in quel momento… anziché ignorarlo o andarmene sono andata ad affrontarlo. Non ricordo neanche cosa gli ho detto, ma gliene ho dette parecchie! E quello, anziché star muto, aveva pure il coraggio di controbattere!»

    «Era meglio se te ne stavi lontana…»

    «Te l’ho detto che non so cosa mi ha preso! Poi…» Cambiò espressione, come per sforzarsi. «Cazzo, mi ha messa KO, quel figlio di puttana! Mi ha messo le mani addosso!» Molto bene, speravo proprio che ricordasse la scena in questo modo. Si tastò il fianco e fece una smorfia di dolore. «Dai, accendi il flash!» Illuminai il punto dove si era formato un grosso livido violaceo. «Ma che figlio…»

    «Lo so, sono arrivata proprio in quel momento. Figurati. Non ci ho visto più e l’ho steso.» Mimai una mossa di kung fu.

    Mi abbracciò stretta e mi disse «Grazie!» senza aggiungere altro.
     
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    Penna suprema

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    Un racconto indubbiamente ben scritto, con uno stile tambureggiante che rende perfettamente l'ansia della protagonista per la sorte dell'amica.
    Ma proprio l'amica mi dà da pensare: è stata violentata da un licantropo e ci sta, ma perchè lei stessa appartiene a quella razza? Perchè la sua amica intima, cacciatrice di licantropi e quindi espertissima, non se ne è resa conto? Perchè in chiusura fa tornare tutto alla normalità quando fino a poco prima diceva che era una razza schifosa?
    Scusa tutte queste domande, dipende soltanto dal fatto che per me questo genere è completamente nuovo. Complimenti per il tuo stile.
     
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    Teropode assennato

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    Racconto strano.
    L'ho trovato originale e abbastanza ben condotto, anche se il finale lascia alcuni interrogativi (Pam risparmia l'amica per pietà o perché ha altro in mente?).
    E' un buon racconto che secondo me doveva osare un pelino di più. Una conclusione atipica, oppure uno stile più spregiudicato, l'avrebbero fatto balzare in alto in classifica.

    Staremo a vedere. :)
     
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    Penna furiosa

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    Interessante personaggio, quello della cacciatrice di licantropi. Un po’ Lara Croft, come immagine. All’inizio il lettore pensa a una semplice conversazione tra amiche – pur se su un argomento molto pesante – poi arriva a sorpresa la trasformazione in Wonder Woman. Divertente. Io ho capito che l’amica non sa di essere diventata un licantropo, non sa che i biker sono licantropi, non si rende assolutamente conto dei quello che le sta succedendo, di essere sopraffatta dagli istinti lupeschi, nel momento in cui si trasforma e va con il motociclista. La cacciatrice cerca di proteggerla da questa realtà. Il finale rimane sospeso, non fa capire se poi le spiegherà qualcosa. Intanto però l’amica ha perso il… lupetto? Bambino? Per cui magari alcune spiegazioni possono essere rimandate, ma non di tanto, immagino. Non male.
     
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    Penna suprema

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    Sono vagamente deluso: avevo capito niente.
    Non riesco a concentrarmi nelle ore notturne.
    Ringrazio la spiegazione quasi dettagliata di Arianna.
    Quella che potrebbe essere percepita come ironia è la verità. Abbraccio tutti.
     
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    Penna furiosa

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    Racconto divertente e pieno di ritmo che mi sono divertito a leggere. Mi sono immaginato l'autrice stesa sul letto(come la protagonista del racconto) in questa estete torrida a decidere cosa scrivere per questo arduo step di Ink. Il risultato è più che soddisfacente. A me è piaciuto parecchio.
     
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    Penna furiosa

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    L’esposizione mi sembra poco chiara e non sempre corretta nell’uso dei tempi verbali ( ci scambiamo un po’ di coccole poi le chiesi…) La confusione è accresciuta dal ritmo convulso del narrato. Non condivido la scelta, di certo voluta, del linguaggio poco letterario che mi lascia l’impressione di una scrittura ancora grezza, per non dire, addirittura rozza. Per quanto attiene al contenuto, siamo lontani dalla suggestione e dalla magia proprie del genere fantasy. Percepisco l’assurdo come tale e non mi emoziona. Mi spiace
     
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  8. Foglia nel vento
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    Urban fantasy con venature horror che si identificano nella figura dei lupi mannari.
    Più che altro suona un po' strano che Stella non abbia coscienza del suo essere (o essere diventata) una licantropa.
    A parte questo, a me è piaciuto.
     
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    Scrivano supremo

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    Ciao Aut-

    Ho finito di leggere il tuo racconto e ho dovuto rileggere subito, per vedere se hai lasciato in giro qualche chiave di lettura che mi fosse sfuggita. E non l'ho trovata. Non è detto che sia un difetto, anche perché ho letto e riletto volentieri. Mi è piaciuta molto l'ambientazione, il tuo Urban fantasy ricorda un po' Buffy, ma Pam è molto più arrabbiata; visto l'argomento che hai scelto di trattare posso forse provare a capirla. Ottima la scelta di focalizzare solo su due personaggi.
     
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    Piaciuto. Finora ho letto racconti molto diversi fra loro e tutti validi.
     
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    Penna furiosa

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    A mio parere il racconto non è sempre chiaro (ero concentrata sui byker e a un tratto Stella allude all'episodio della violenza subita al Midnight, che mi ha creato confusione)
    Avrei preferito uno stile più "drammatico" ma devo ammettere che la Cacciatrice mi è simpatica.
    Ben descitta la lotta tra Pam e i licantropi e bello il colpo di scena finale che costringe la protagonista a riflettere.
     
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    Dio della penna

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    la licantropia porta più all'horror che al fantasy, almeno a mio parere
    se poi lo vogliamo definire urban fantasy, ok, però le ventaure horror ci sono tutte
    detto ciò, ho trovato il ritmo molto incalzante, a tratti addirittura sincopato
    forse qualche descrizione in più lo avrebbe rallentato troppo, però ci sarebbe stata bene
    la storia c'è, pur se con alcuni punti poco chiari, e il finale è quello che ci si aspetta
    in sostanza, l'idea è buona ma si sarebbe potuta sviluppare meglio

    :tappeto.gif:
     
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    Dio della penna

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    A me è piaciuto. Sarà forse per lo stile vivace, per l'abbondanza dei dialoghi
    o per quell'horror casereccio. Non tutto è spiegato, d'accordo, ed è vero che potrebbe sembrare corrispondere come a due ispirazioni diverse, ma il tutto regge.
     
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    Penna furiosa

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    Samboseto di Busseto (Ma nata a Parma)

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    Ciao Autor
    Ma lo sai che il tuo racconto mi ha fatto sorridere in alcuni punti?
    La tua cacciatrice, con il suo linguaggio triviale, sarebbe la perfetta protagonista di un telefilm 'giallo': potrebbe essere un investigatore privato "dell'occulto".
    Ha un sacco di gadget come gli "Short da combattimento" e un baule ricolmo di armi che la fanno rientrare nello stereotipo che ho immaginato.
    La storia è godibile, forse non molto chiara in alcuni punti per l'avarizia con cui hai centellinato le descrizioni, ma si segue senza problemi.
    Il genere è centrato: per quello che ne capisco lo definirei "urban fantasy". Una buona prova. Brav.
     
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    Penna suprema

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    I dialoghi mi hanno ricordato Coliandro, il miglior Coliandro.
    Tonto, imbranato,simpaticissimo. Spingero' come sulla Metro per far entrare il tuo racconto nella cinquina.
     
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