Pioggia di macerie

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    Amo la pioggia, la sensazione delle gocce che mi colpiscono i capelli, le guance e il resto del corpo. Preferisco passeggiare senza ombrello, da sola, in riva al mare. È il mare a salvarci, le giornate di pioggia sono belle anche sul mare, perché è il mare a essere bello, a regalarci l’aria buona, quella che mi piace respirare.
    E poi c’è l’altra pioggia, quella che odio, che mi spaventa, che mi fa sentire incerta, instabile, anche al riparo della mia casa. È una pioggia strana, perché sale dal basso, dalla terra, e poi squarta tutto, e dal cielo non piovono gocce, ma macerie. Dicono che il mare sia la nostra fortuna, che sia la sabbia ad attutire l’onda. E quest’onda è più pericolosa di quella in cui si muovono gli squali, perché nasconde tutta la paura, il terrore di esserci, ora, e di non esserci più, adesso. Se c’è una pioggia che separa il vivere dal morire o dal sopravvivere è quella di macerie. Dicono che l’importante è non restarci sotto, ma la realtà è sempre più complicata di come la raccontano.
    Quando crolla una casa, crolla anche una famiglia, la sua storia, i suoi ricordi. E tutto il paese crolla, insieme a lei, anche se gli abitanti sono vivi. È l’idea assurda di aver perso tutto in un istante, con un temporale di macerie incontrollabile: sono arrivati i tuoni, senza che il lampo ad annunciarli, e poi tutto è caduto, e anche noi siamo a terra.
    C’è un pupazzo sporco e una bambina che tende la mano: non può entrare, non lo può riabbracciare. Non può addormentarsi stringendolo al petto, rassicurando l’amico che tuttoandrà bene, che mamma e papà sono ancora vivi e che papà, in fondo, è un supereroe che sistemerà tutto. Il pupazzo ha perso una zampa e anche un occhio penzola giù, fuori dall’orbita. Accanto a lui c’è un lettino, un carillon giallo intatto e sul soffitto piovuto dal cielo c’erano le stelle disegnate. Adesso la casa non ha pareti, non ha soffitto, e il freddo della notte entra nella tenda, nella macchina, nella palestra. Il freddo vero non si toglie con una coperta, con una bevanda calda, perché questo freddo scorre dentro le vene, si coagula con il dolore e la paura. Ci vorrebbe un abbraccio, e allora è naturale stringersi forte senza dire niente. Bisogna farlo con attenzione, avendo cura di non toccare le ferite scoperte, ma di sfiorarle appena, come una garza leggera, dando sollievo, sì, e non portando via la pelle fresca. Ci vuole amore, rispetto, e bisogna chiudere la paura per un po’ da un’altra parte, in un angolo rimasto in piedi, sì, ma non raggiungibile da nessuno. Quando la pioggia di macerie arriva e sei ancora vivo, non puoi avere paura: devi rimboccarti le maniche, scavare con le dita, abbracciare chi è sopravvissuto e carezzare chi non ce l’ha fatta. Bisognerebbe essere delicati, come la pioggia, la pioggia vera.
    La pioggia è bella, è bello camminare da soli, senza ombrello, sentire le gocce che cadono sul viso. Quando piovono le macerie non c’è niente di bello, di poetico, di romantico. Quando piovono le macerie rimangono foto che immortalano passaggi di bombe, bombe naturali, per una volta non prodotte dall’uomo. Restano le domande, i perché, perché proprio a me, ma anche i perché proprio a loro, perché se c’è una cosa che ho imparato è che la pioggia ci costringe sempre a farci un poco più piccoli, a rintanarci l’uno accanto all’altro, e i confini tra le persone diventano più sfuocati, come quando si abbassa la nebbia.
    Ieri sul mare si era posata la nebbia: nascondeva le barche dei pescatori, bloccava a riva i pensieri di chi sulla battigia si era fermato a sognare. Poi sono salite le onde, le onde alte, i cavalloni, e con il loro rumore hanno coperto tutto, anche i pensieri, tutto tranne il dolore.
    È questo mare che amo e odio a ricordarmi che sono stata fortunata, che potevo esserci anche io sotto una pioggia di macerie, ma che non lo sono stata. E pensando a quel pupazzo e a quella bambina mi stupisco della bontà delle persone, di quel pompiere entrato in casa per permettere a quella piccola di abbracciare ancora il suo amico di stoffa.
    Ogni tanto anche da me, sul mare, cade la neve. È caduta anche a Norcia, ieri notte. La neve ha il potere di fermare il tempo, ma se il tempo si ferma sopra le macerie, l’effetto non ha niente di magico, ma di drammatico.
    Spero che quella bambina abbia ritrovato il sorriso insieme al suo pupazzo. Forse lei riuscirà a sorridere di fronte alla neve, nella casetta, in quella casetta che non è casa. Magari la nostalgia le sembrerà meno dolorosa, perché questo è il miracolo che solo i bambini sanno fare: vedere il lato buono in tutte le cose, mentre stringono il loro amico, sorridono alla mamma e al papà di fronte a un piatto caldo. Ci ricordano che alla fine siamo tutti fortunati, anche i più sfortunati, è che la pioggia di neve è forse la più bella, la più soffice, la più innocente. La pioggia di neve trasforma tutto in delicatezza e allontana il peso delle macerie.

    Serena Barsottelli
     
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    Delicata questa immagine che, come neve, scende leggera per poi gelarti il sangue nelle vene. Ho visto il mare dopo il terremoto, sembrava una immensa pozza di fango marrone e agitato. Ci sono voluti giorni ma pian piano ha riacquistato il suo bel colore azzurro e la sua vita, i bambini queste cose le sanno. C’è in loro tutta la potenza della vita che non si arrende. Mi ė piaciuto tanto questo racconto.

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    Dio della penna

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    Anche nelle peggiori situazioni( cosa di più terribile dell'idea di qualcuno sepolto vivo?) esistono lati positivi, conforti sotto forma di riflessioni.
    Intanto sulla serietà della vita, preziosa quanto fragile. Poi sulla solidarietà umana fatta di atti concreti, di presenze di aiuto sul luogo, ma anche di partecipazione emotiva. Sentire sulla propria pelle , nel proprio cuore la sofferenza altrui, che vuol dire il legame della fratellanza, dell' appartenenza alle stesse radici.
    E poi il coraggio di volere ricostruire anche in nome di quelli che non ci sono più-
     
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    Penna stilografica

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    Delicato e poetico quanto di più lontano da un evento sismico serve anche questo però per aggrapparsi alla vita, per non decidere di mollare.
     
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    Penna suprema

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    Poetico, forse troppo.
    Generico, forse troppo.
    Ma non posso chiederti, autrice, altro.
    Sicuramente è bene che tu non abbia vissuto questa terribile esperienza.
    È con fare protettivo, ti abbraccio.
     
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    Penna furiosa

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    Testo letterario. Viene utilizzato il linguaggio analogico per esprimere riflessioni e sensazioni attraverso il contrasto “pioggia buona e pioggia di pietre”, che costituisce il leitmotiv del brano.
    Il punto più alto e toccante, per me, è nel gesto di gentile affettuosità del pompiere che va a prendere il pupazzo di una bimba, lasciato sotto le macerie.
    Ma anche, quando dalle riflessioni dell’io narrante si passa all’acquisizione di una consapevolezza nuova fondata sul noi.
    “la pioggia ci costringe sempre a farci un poco più piccoli, a rintanarci l’uno accanto all’altro, e i confini tra le persone diventano più sfuocati, come quando si abbassa la nebbia.”
    Un buon lavoro. La scrittura, non priva di accenti lirici, mi sembra corretta e in grado di suscitare una partecipazione commossa.
     
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    Penna furiosa

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    È incredibile come i momenti di sofferenza possano far emergere i lati migliori delle persone.
    Questo miracolo è descritto bene in questo splendido racconto, carico di tenera poesia e di simboli che colpiscono e scuotono i nostri sentimenti.


     
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    Al di là del linguaggio poetico, commosso e intriso di una empatia che si respira in ogni rigo, le tue parole mi hanno ricordato una scena simile, quando eravamo andati a portare delle cose nella devastata Pieve Torina e sotto un cumulo di macerie che avevano sigillato l'ingresso di una casa spuntava la testa martoriata di un Cicciobello. Ricordo il cuore che diventava piccolino e il sollievo quando poi ricordai che non c'erano stati morti in quella zona, a dispetto di crolli impressionanti. Ancora oggi quelle macerie sono lì, sembra quasi che spazzarle via sia come spazzar via un pezzo di vita, di paese, una sensazione che si scontra con la voglia di ricominciare e ricostruire. Sono sensazioni che ho respirato, lì fra la gente e che avrò cura di non dimenticare.
    Grazie per aver ravvivato il ricordo.
     
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    Penna suprema

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    Sei un grande, Ruben. Ti abbraccio, sai emozionare come pochi.
     
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    Anche a me piace la pioggia e amo il mio mare. E mi piace anche pensare che quella bambina insieme al suo giocattolo abbia ritrovato anche la serenità e la spensieratezza. Sono sicuro che è così visto che l'innocenza dei piccoli permette loro di affrontare situazioni sconvolgenti come quelle con maggiore forza e positività.
     
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    Penna suprema

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    Ho letto questo racconto con commozione.
    Non l’ho sentito «descrizione di fatti vissuti», ma «spremuta di cuore», partecipazione di chi non vuole « posarsi sopra le cose», ma entrarci dentro. Brava.
     
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    Lisbeth Pfaff

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    Ho letto adesso i vostri commenti, a distanza di un anno... e mi hanno commossa.
    Grazie ragazzi.
     
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    Non smettere di seguirci, questo progetto si è unito ad altri progetti ed è diventato colossale, e non appena usciamo da questa crisi vi sbalordirò con gli aggiornamenti. :)
     
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    Lisbeth Pfaff

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    Hai ragione, con la bimba piccola mi sono fatta distrarre troppo. Rimedierò, promesso! ;)
     
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    Ciao. Ho vissuto in prima persona l'esperienza devastante che hai saputo raccontare così bene. Mi ha fatto uno strano effetto, come se in tutti questi anni avessi tenuto raggrumato nel cuore tutto il ricordo di quella terribile esperienza. Leggerti mi ha fattto trovare le parole, le immagini, la forza per rivivere e forse finalmente archiviare la memoria di quell'evento. Grazie.
     
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14 replies since 8/4/2019, 11:47   874 views
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