Alcano
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Ultimo pezzo, lo giuro, poi per un po' mi asterrò dal postare. Per intanto questo, che sarebbe il numero sette dei miei fallimenti, l'ho terminato oggi e mi è piaciuto così tanto che mi ha costretto...letteralmente...a presentarlo a voi. Enjoy it...oppure no.
Ormai dovreste aver capito che io sono uno che non molla, nonostante le avversità della vita si accaniscano su di me come uno sciame di fameliche locuste fa con un campo di grano maturo. Chiamatelo Destino, Fato o più semplicemente Sfiga. In quel periodo si era riaccesa in me una passione mai sopita, travolgente, primigenia: la danza. Questo nonostante una mole, diciamo importante e un senso del rimo talmente presente da rivaleggiare con quello di un gatto schiacciato da una TIR… (brutta analogia, lo so bene e mi dispiace per i miciofili, ma è quella più aderente alla realtà). Nonostante tutto questo la buonanima di mia madre mi aveva iscritto, da ragazzino, a un corso di ballo latino-americano, quando le uniche cose latino-americane che la grande massa di persone conosceva allora era gli ovuli imbottiti di cocaina stipati nelle viscere di sventurati corrieri, sigari di pregio oppure regimi autoritari. Con questo spirito iniziai il corso. La maestra di ballo è il motivo della mia filippica iniziale sulla avversa fortuna: ce ne saranno state di ballerine di stirpe latina belle, giusto? Non dico come Belen Rodriguez ma almeno guardabili. No; Rosa Carnaio Pataia do Nascimiento de la Resurretion era qualcosa di talmente brutto che spesso lei stessa, guardandosi allo specchio rimaneva senza fiato per la paura. Era vecchia e secca come uno stoccafisso, peraltro con un notevole senso del ritmo che le consentiva di agitarsi su è giù per la sala da ballo come una gatta in calore…poco prima di essere investita dal TIR di cui sopra. Ci misi tutto l’impegno, ballai e riballai per anni, mesi, giorni finché Rosa, disgustata mi disse che ero pronto e che lei non aveva più nulla da insegnarmi; non so il perché ma penso non volesse più vedermi. E io ebbi pure il coraggio di chiederle se fossi pronto per le esibizioni nelle balere o per le gare internazionali. Lei rise così forte che quasi svenne e, una volta ripresasi non fu più la stessa; finché morì, pochi mesi dopo, ancora ridendo. Donna fortunata. Quindi abbandonai il ballo per altre passioni, ma, come ho scritto all’inizio, pochi anni dopo questa ardente inclinazione tornò travolgente, insieme ai vari talent sull’argomento che avevano sdoganato i balli latino-americani e li mostravano nella loro intima ed esplosiva sensualità. In quegli anni, in Piazza del Campo dei Fiori, si svolgeva appunto un contest e un’esibizione proprio su uno di quei balli, la bachata. Eccomi quindi in pista per la mia prima gara; avevo aperto la mia partita IVA e comprato da alcuni venditori abusivi pachistani la mia compagna di ballo; non proprio comprato perché questo sarebbe mooolto illegale, diciamo affittato per lunghissimo tempo. Era una deliziosa bambolina alta un metro e quaranta per centoquaranta chili ma agitava quei fianchi mastodontici con una grazia e un’energia quasi ammalianti, ipnotiche direi. Le pieghe della sua gonna, quando si dimenava forsennatamente, parevano quelle reti lanciate dai pescatori samoani nelle loro battute di pesca agli squali. “Come ti chiami?” Le chiesi dopo quella dimostrazione di grazia; lei timida rispose ruttando un nome incomprensibile ma di chiara origine asiatica. Sono sceso sulla pista da ballo con la mia opima compagna al fianco ed è partita la musica della bachata. Senza neppure rendermene conto stavo saltellando a destra e a sinistra, trascinato dall’enorme mole di quella silfide sovrappeso, ma il peggio venne quando dovemmo muovere le anche avanti e indietro, come a simulare un atto sessuale. Lei mi strinse un po’ troppo a sé e, quando si poggiò sul mio bacino, beh, lo fratturò in mille pezzi…un dolore indescrivibile! Quando sono uscito dall’ospedale, mesi dopo, lei era ancora lì, ad aspettarmi. Che dovevo fare? L’ho sposata, però adesso non balliamo più!
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