Il segreto della Caimanera

Petunia

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Dio della penna

    Group
    Il vagabondo
    Posts
    14,769
    Me gusta
    +887
    Location
    mamma

    Status
    Offline
    Wellington, spiagge sferzate da un vento che non lascia tregua e ti toglie il respiro.
    Mi è sempre piaciuto camminare a piedi nudi sulla riva, di fronte a questo mare forte, quasi violento. Stanotte non dormirò. Cuba sarà il primo passo verso la mia libertà e io non vedo l’ora che sia domani.
    Comincia a essere tardi, devo affrettarmi a rientrare. Gli uomini del generale Ivanov mi stanno controllando con discrezione, ma io posso sentirli mentre cercano di frugare nei mei pensieri.
    Dopo tutto sono pur sempre un’americana figlia della guerra, una loro proprietà.
    Domani, diciannove febbraio 2016, sarà il cinquantacinquesimo anniversario della fine del conflitto scoppiato tra Stati Uniti e Unione Sovietica a seguito della crisi cubana. Quella guerra durò solo qualche mese, ma i suoi effetti furono così devastanti che ne subiamo ancora le conseguenze.
    Mentre Kennedy somministrava la sua odiosa bomba nucleare a Cuba, Krusciov, con un attacco a sorpresa, era riuscito a bombardare la roccaforte della gloriosa Us Army a Omaha distruggendo i sogni di gloria e le sicurezze dell’esercito americano. All’inizio del conflitto nessuno avrebbe mai scommesso sulla vittoria dell’Unione Sovietica e se le cose fossero andate come tutti si aspettavano, la mia vita sarebbe stata completamente diversa.
    Oggi la vecchia base militare americana di Wellington è un quartiere dormitorio-ghetto: è qui che vivo da quando sono nata. Non ci è concesso di varcare i confini di queste mura; per fortuna possiamo accedere alla spiaggia. Tre chilometri di spazi aperti delimitati da chilometri di filo spinato e decine di occhi che ci controllano a vista, come se i fucili non fossero dei deterrenti sufficienti per i nostri desideri di fuga.
    Posso osservare le grandi navi attraccate nel porto solo da lontano, dato che nella nostra zona è interdetta la navigazione. Questa striscia di sabbia è la mia sola finestra sul mondo. Per questo, quando ho sentito dire che il governo sovietico cercava dei volontari da inviare a Cuba per un trattamento di bonifica del territorio, non ho esitato a offrirmi come volontaria. Affronterei qualunque rischio pur di fuggire da qui. Quell’isola è tuttora disabitata a causa della forte radioattività.
    Mi hanno detto che potrò portare poche cose con me e che ci verranno fornite delle tute speciali per proteggerci dalle radiazioni. Come se me ne importasse qualcosa. Il mio armadio è spoglio almeno quanto la mia camera. L’unica nota di colore è la copertina dell’ultimo libro che mi ha procurato Noah sopra al comodino.
    Non so come faccia, ma lui riesce sempre a rimediarmi qualche buona lettura. Probabilmente è riuscito a ingraziarsi la figlia del capitano Smirnov, la bibliotecaria. È una testa calda e si dice che non condivida l’odio della sua gente per gli americani. O forse si è solo invaghita di Noah.
    Quello che mi ha portato ieri ha un titolo davvero accattivante: “Abisso”. È un thriller fantascientifico e non vedo l’ora di perdermi tra le sue pagine. Leggere sarà la cosa che mi mancherà di più.
    Sul letto c’è il mio zaino ancora vuoto. Ho deciso. Porterò questo libro con me sperando che le guardie non me lo requisiscano.
    Adoro i romanzi, soprattutto quelli di fantascienza; in questo assomiglio a mio padre. Quando ero piccola non mi sarei mai addormentata senza che lui mi leggesse prima qualche pagina di Verne, o di Asimov. Mentre lui leggeva, io chiudevo gli occhi e fantasticavo. Sono i miei ricordi migliori.
    Busso piano alla porta della sua camera. Questa è la parte più penosa per me.
    Nel mio contratto d’ingaggio ho preteso che mi fosse concessa una badante per mio padre, altrimenti non sarei mai potuta partire.
    Yelena, una robusta vedova sovietica, è venuta due giorni fa per incontrarlo. Ha colto al volo questa opportunità per non essere costretta a rientrare a Mosca in seguito alla morte di suo marito. Dopo aver trascorso una vita a respirare aria di mare, le sarebbe stato impossibile riadattarsi. Meglio pulire il culo all’americano.
    Mi è sembrata una donna forte e dai modi sbrigativi, ma dallo sguardo buono. Almeno mi illudo che sia così. Spero tanto che quella donna sia capace di dare anche un po’ di affetto al mio vecchio.
    Ora che sono davanti a lui, però, sento tutto il peso del mio egoismo.
    «Papà!... Papà! ...»
    Mi si stringe il cuore a vederlo immerso nel suo solito torpore. Da quando la mamma è morta, ha imparato a proteggersi dal dolore vivendo in uno stato ai bordi della realtà, in quel sottile confine che divide la veglia dal sonno. Ma io so che dietro quegli occhi apparentemente persi nel vuoto, lui è presente e vivo.
    «Papà!»
    Lo scuoto dolcemente e il suono della mia voce lo riporta alla realtà.
    «Rosemary Kate, sei tu?»
    «Sì, papà. Sono venuta per salutarti, domattina partirò molto presto.»
    «Ah!... È per via della tua ricerca immagino.»
    «È così. Sono riuscita a ottenere un imbarco grazie al generale Ivanov.»
    Ho sempre raccontato tutto a mio padre, ma questa volta gli ho detto solo una parte di verità.
    «Così andrai a Cuba, o quel che ne resta…»
    Papà sembra sprofondare nuovamente nell’abisso dei suoi pensieri, ma la sua mano trema vistosamente. Prova a bloccare quel maledetto movimento, ma quella, ribelle, se va per conto suo fregandosene degli ordini del suo vecchio cervello. Sento tutta la sua ansia, ma devo tenere duro. Sono disposta a pagare il prezzo per la mia libertà e trattengo a forza le lacrime.
    «È un viaggio pericoloso, mia piccola Ros.»
    «Papà, è solo lavoro. Stai tranquillo. Non preoccuparti per me, saremo protetti. E ora su, fatti abbracciare.»
    Nel suo sguardo vedo la rassegnazione. Sa quanto so essere cocciuta. O forse ha capito tutto.
    Sto sempre più male, cazzo.
    «Ros, aspetta ti prego. Siedi qui accanto a me ancora un po’. Devo chiederti un favore, prima che tu vada.»
    Allunga il braccio verso il tavolino e cerca uno dei libri che mi leggeva quando ero piccola: “I viaggi di Gulliver”. Lo prende e le sue mani sembrano ritrovare la fermezza di un tempo mentre ne sfoglia delicatamente le pagine. Non capisco cosa stia facendo, ma ho un nodo alla gola. Infine, dalla pagina centrale, estrae un fiore secco così fragile che pare un miracolo di resilienza al tempo. Poi, cerca la mia mano e me lo adagia con delicatezza sul palmo. Questo fiore ha la leggerezza delle ali di una farfalla e tra le pieghe dei petali rinsecchiti conserva ancora sprazzi di colore. Mi ha colta di sorpresa, non so cosa aspettarmi. Mi sento come ipnotizzata quando cerca il mio sguardo e mi dice:
    «Devi portare questo fiore alla mia Kate.»
    Lo guardo preoccupata. Forse la sua malattia si è aggravata.
    «Dai papà, non fare così. Lo sai che dove vado non c’è che deserto. Cuba è disabitata da anni ormai.»
    Sono stupita dalla mia insensibilità. Faccio finta di non capire; non voglio stare male.
    Lui non smette di parlare. Incurante delle mie parole, continua a seguire con lo sguardo i fantasmi del suo passato e io mi devo avvicinare per riuscire ad ascoltare ciò che dice.
    «Io ho avuto fortuna, ma sono un’eccezione. Non te ne ho mai parlato, ma è stato tuo nonno a salvarmi. Tu non lo hai potuto conoscere, ma sono certo che sarebbe fiero di te. Sei testarda e coraggiosa, gli assomigli.»
    Papà è fin troppo lucido stasera. Non lo vedevo così da tempo. Sì, forse ha capito che non ci rivedremo...
    «In effetti, papà, non mi hai mai parlato di lui. Conosco a malapena il suo nome.»
    Deve aver percepito il mio tono di rimprovero. Abbassa ancora la voce, adesso è quasi un sussurro.
    Queste mura hanno troppe orecchie. Mi avvicino ancora di più a lui per sentire quelle parole sommesse.
    «Tuo nonno era un agente della Cia, un infiltrato nella base militare di Guántanamo. Probabilmente il governo lo aveva spedito lì per controllare che tra i sodati in addestramento alla base non ci fossero spie dell’esercito cubano. Gli americani a quel tempo credevano ancora di poter convincere i comunisti dell’isola a unirsi a loro contro il potere di Castro...»
    Il suo sguardo è di nuovo perso nei ricordi, ma la sua mano stringe saldamente la mia. Forse mi sta consegnando l’unico patrimonio di cui dispone: frammenti di storia della mia famiglia. La considero una sorta di eredità.
    «Vivevamo bene. Alla “Caimanera” avevamo tutto il necessario. Poi, si cominciò a sentire parlare sempre più spesso di guerra.»
    Continuo ad ascoltarlo in silenzio, solo un piede sfugge al mio controllo e batte un ritmo sincopato che tradisce la mia eccitazione.
    «Una sera, tuo nonno rincasò prima del solito e ci ordinò di lasciare perdere tutto quello che stavamo facendo e di seguirlo. Mia madre smise subito di preparare la cena. Io stavo leggendo e portai con me solo quel libro. Sì Rosemary Kate, proprio questo libro che ti ho letto tante volte…» dice accarezzando con affetto la copertina.
    “Per la vostra sicurezza dovete lasciare Cuba immediatamente. Vi accompagno al porto. Andrete a Wellington in Nuova Zelanda. Laggiù troverete uno dei miei che vi condurrà al vostro alloggio.
    Robert, figlio mio, è arrivato il momento che tu diventi uomo. Stai vicino a tua madre. Che Dio vi aiuti e aiuti anche me”.
    Furono le sue ultime parole. Non lo abbiamo più rivisto, né avuto sue notizie.»

    Ho la bocca asciutta; quella rivelazione mi rimbalza dalla testa fin dentro allo stomaco. Non conoscevo questa storia. Ora comincio a capire tante cose.
    «Quindi il nonno ti ha salvato la vita. Se non era per lui nemmeno io sarei qui oggi.»
    Papà sembra non sentirmi e continua il suo racconto.
    «A quel tempo ero tanto innamorato, Rosemary Kate, e non mi fu possibile neppure dire addio alla mia ragazza. Lei era una mia compagna di scuola, figlia di un soldato americano d’istanza a Guántanamo. Si chiamava Kate e non l’ho mai dimenticata.»
    Mi lascio andare e appoggio la testa sulle sue ginocchia. Non l’ho mai sentito così vicino e non si era mai creata un’atmosfera così complice tra noi, prima di stasera. Ancora una volta cerco di farmi forza.
    «Papà, cosa dovrò fare per te quando sarò laggiù?»
    «Prendi il fiore che ti ho dato e lascialo alla Caimanera. Avrei voluto portarlo a Kate, ma non ne ho avuto il tempo. È giusto che, finalmente, lo abbia.»
    «Stai tranquillo papà. Kate avrà il suo fiore.»
    Lo abbraccio forte, a lungo. Proprio ora che ho la sensazione di aver conosciuto veramente mio padre, devo lasciarlo.
    È molto tardi e non ho proprio voglia di dormire. Quando riesco a prendere sonno è già l’ora di alzarsi. Mi devo sbrigare, il mio ritardo non sarebbe tollerato.
    Racchiudo il fiore che mi è stato affidato dentro una piccola scatola di cartone e chiudo lo zaino.
    Scendo giù e, ad aspettarmi fuori, trovo un giovane attendente armato che mi scorta fino al porto.

    Da lontano, riconosco la sagoma del generale Boris Ivanov stretta nella sua uniforme impeccabile. La nave sta per salpare: tutti gli altri sono già lì. Sono sempre più convinta della mia scelta.
    Siamo sessanta volontari in tutto. Dovremo irrorare la terra con un nuovo ritrovato che pare abbia dato ottimi risultati a Fukushima dopo il disastro alla centrale nucleare. Sembra che questa sostanza sia in grado di annullare gli effetti della radioattività. Mi piace pensare che sia possibile.
    Sono contenta che anche Noah, alla fine, abbia deciso di offrirsi per questa missione; mi sento al sicuro con lui. Forse sarà persino capace di procurarmi qualche buona lettura anche nel deserto. Sorrido tra me e me per questo pensiero sciocco, dato il momento.
    La nave sussulta sotto il vento violento che spira nello stretto di Cook. Sono eccitata per il viaggio, ma ho lo stomaco sottosopra. Poi, una volta al largo, la forza dell’oceano prevale, il mare si placa e finalmente mi posso rilassare.
    La grande baia di Cuba, vista dal mare, è una lunga striscia di sabbia scintillante.
    Non esiste più un porto in cui attraccare. Viene calata in acqua una delle scialuppe di salvataggio.
    Dobbiamo raggiungere la riva a remi. Una volta a terra veniamo divisi a coppie. Poi, ogni coppia viene affidata a un soldato armato.
    Noah farà coppia con me. Siamo stati bene attenti a non far capire che ci conoscevamo. Quegli stronzi non ci avrebbero mai permesso di stare insieme. La fortuna è dalla nostra parte, lo sento.
    Sono già due ore che camminiamo in questo terreno grigiastro dalla consistenza indefinibile. Sembra composto da una poltiglia secca di sabbia e i cristalli di silicio che brillano sotto la luce del sole conferiscono a questo luogo un’atmosfera fuori dal tempo.
    Il mio cervello è in ebollizione. Sarà difficile eludere la sorveglianza. Qua è tutto deserto, ci scoprirebbero immediatamente se tentassimo di allontanarci e non esiterebbero un attimo a spararci. Per fortuna il giovane attendente che ci scorta è qualche passo avanti a noi. Faccio cenno al mio compagno di avvicinarsi.
    «Noah, è quasi impensabile credere che qui un giorno ci fosse “la Caimanera”»
    «Caima che? ...» Mi risponde straniato.
    «La Caimanera! Era così che i soldati americani chiamavano la loro base qui a Cuba.»
    Sono sudata, le tute che ci hanno fatto indossare sono insopportabili. La mia schiena è completamente inzuppata. Mi fermo un istante per riprendermi. Questa marcia è davvero estenuante.
    Apro lo zaino. La piccola scatola di cartone è ancora intatta, per fortuna. Devo riuscire a trovare un momento per compiere la mia piccola missione, ma il soldato che ci accompagna non ci molla un attimo. Devo trovare un modo per restare sola.
    «Scusi…Non ce la faccio più. Devo fare pipì»
    Il militare mi squadra con uno sguardo di commiserazione e, disgustato, fa un cenno di assenso. Certo per lui è facile pisciare, io invece devo armeggiare un bel po’ per liberarmi da questo indumento pesante.
    «Potrebbe voltarsi, per favore?»
    Per fortuna sembra che abbia capito. È giovane e accaldato e si vede che ha fretta di arrivare a destinazione. Poi, mi stupisce con una concessione insperata.
    «Sta bene. Noi proseguiamo, ma tu fai in fretta, intesi?»
    L’arma che mi punta addosso è un argomento piuttosto convincente.
    Mentre continuo a svestirmi, apro lo zaino. Sto per tirare fuori la scatola con il fiore, quando il mio piede urta contro qualcosa di metallico.
    Sono eccitata al massimo. Con le mani cerco di rimuovere velocemente la sabbia. Cerco di rimanere accucciata, per non destare sospetti. A furia di scavare mi sanguinano le mani, ma pare proprio che io abbia scoperto una specie di portello. Potrebbe essere l’ingresso di un vecchio rifugio antiatomico, ne ho sentito parlare.
    Noah ha capito che c’è qualcosa che non va e sta cercando di distrarre la guardia.
    Lascio scoperta la botola in modo da poterla ritrovare. Devo assolutamente tornare in questo posto.
    Non posso più attardarmi e così improvviso un semplice rituale per dare solennità al momento e rispettare la volontà di mio padre: estraggo con delicatezza il fiore dalla scatola e lo depongo a terra.
    «Ciao Kate, questo fiore è per te. Sappi che il tuo Robert non ti ha mai dimenticata.»
    Concludo scoccando un bacio simbolico.
    Sto per riavviarmi quando una bella pietra attira la mia attenzione. È un dono del cielo.
    Riprendo la marcia, ma so quello che devo fare. Anche Noah. Dobbiamo liberarci da quell’aguzzino che ci tiene sotto tiro. Non credevo di avere un istinto omicida. Almeno fino a oggi.
    Purtroppo, non ho abbastanza forza. Con quel sasso colgo il militare di sorpresa, ma riesco solo a tramortirlo. Noah ne approfitta per disarmarlo, ma non gli spara. Ci potrebbero sentire. Invece, mi strappa la pietra dalla mano e si scaglia sopra di lui come una furia spaccandogli definitivamente la testa. Cazzo, adesso dobbiamo muoverci alla svelta. Corriamo verso la libertà, ma dobbiamo assolutamente trovare un nascondiglio per stanotte o saremo fottuti.
    «So io dove possiamo andare. Vieni con me, se ho visto giusto, siamo salvi.»
    L’ingresso del rifugio è davanti a noi. Noah riesce a rimuovere il vecchio portello abbastanza agilmente.
    Da quel buco esce un tanfo terribile di stantìo e di morte. Non abbiamo tempo per pensare. Bisogna scendere giù. Meno male che insieme alle tute ci hanno fornito anche delle torce.
    Appena scesi, Noah calpesta qualcosa che produce lo stesso rumore di un biscotto quando si spezza.
    La lampada illumina ciò che restava di un essere umano. Soffoco un grido di orrore. Non c’è tempo per la paura.
    Cerco di non calpestare a mia volta quei resti. Dirigo il fascio di luce in quell’ambiente angusto. Sono stupita. La parete è piena di disegni dal colore ormai sbiadito. Non ne sono certa, ma quello che ho davanti dovrebbe essere il mare. Posso ancora riconoscere qualche pesce.
    Sul pavimento, oltre a quei fragili resti, ci sono rimasugli di cera.
    Siamo ammutoliti. Con un cenno d’intesa, decidiamo di spostare quel corpo. Una mano sembra ancora chiusa nel gesto di tenere stretto un piccolo oggetto. Mi accuccio per osservarlo meglio.
    Si tratta di una penna. A poca distanza noto la presenza di un vecchio libro. Le macchie di muffa mi impediscono di leggerne il titolo. Ha l’aspetto molto fragile, ma io sono troppo curiosa e lo raccolgo.
    «Rosemary Kate, hai visto che roba? Sono riuscito a procurarti un buon libro anche in questo inferno...»
    Lo guardo con affetto. Ha ancora la faccia piena di schizzi di sangue, ma trova il coraggio di sdrammatizzare. Penso che potrei innamorarmi di lui. Forse un giorno, ma non adesso.
    Si siede accanto a me e mi fa luce. Con le mani libere, posso tentare di sfogliarlo. Le pagine sono gonfie e in alcuni punti appiccicate tra loro. Mi tremano le mani e rimango stupita nel vedere che
    ogni pagina ha il bordo pieno di una scrittura stentata, quasi da bambino. Praticamente non esiste un solo foglio lasciato in bianco, come se quella carta avesse costituito, per l’uomo del bunker, l’unica risorsa disponibile per scrivere. La calligrafia è elementare, quasi uno stampatello quindi non è troppo difficile da decifrare. Il contenuto, invece, mi lascia perplessa. Sembrano frasi sconnesse scritte da una persona delirante.
    “Questo libro è l’inferno...questo scrittore è un maledetto strano! Non doveva mai nascere gli dovevo infilzare la gola con la mia arma forchetta. Tutti lo devono sapere. Tutti quelli strani come lui devono morire. È stata sua la colpa se Lampo di luce ha distrutto tutto. Maledetto. Bruciate i libri, distruggete le vostre malefiche penne. La fantasia è il male. Tutti gli strani devono essere uccisi come dice mamma Kate. Mamma io mantengo la promessa per te.”
    «Noah, secondo te che vuol dire? Era un pazzo?»
    «Questo è poco ma sicuro. Fammi dare un’occhiata.»
    «Stai attento, è molto fragile.»
    Noah sembra felice come un bambino alla vigilia di Natale.
    «Ros! Questo libro è incredibile!»
    «Puoi fare felice anche me?»
    «La liberazione del mondo. Di Wells. Sai, quel genio che ha descritto la bomba atomica prima ancora che fosse scoperta la fissione nucleare. Non pensavo che ne esistessero ancora delle copie in giro.»
    «Il pazzo ha scritto che è un libro maldetto...»
    «In un certo senso lo è. In fondo se Wells non lo avesse scritto probabilmente non sarebbe mai stata costruita la prima bomba atomica.»
    Non sentiamo più la paura, né la fame. Come al solito ci capiamo al volo. Abbiamo trovato un modo di trascorre le ore. Noah Comincia a leggere e io mi lascio cullare dalla sua voce, come facevo da bambina con papà. Ora dobbiamo solo resistere.
    Man mano che la lettura prosegue mi rendo conto di quanto l’autore sia stato lungimirante.
    Forse era questo il significato di quelle parole sconnesse. Se quel libro non fosse mai stato scritto, la storia avrebbe avuto probabilmente un corso diverso, magari nessuno avrebbe mai pensato di realizzare un ordigno così potente.
    Ma chi poteva aver dato l’ispirazione a Wells per scrivere una storia così profetica? E chi poteva aver ispirato Verne a parlare della conquista della luna cento anni prima che l’Unione Sovietica riuscisse a spedirci i suoi cosmonauti?
    Ho letto molti libri di fantascienza ma non avevo mai fatto queste riflessioni. Ci volevano le parole di un pazzo ad aprirmi la mente. Oppure sono io che sto impazzendo. No, sono solo tanto stanca.
    Devo dormire. Domani dobbiamo riprendere il cammino. Non voglio morire qui.
    Noah sente la mia paura e mi abbraccia.
    Non so quanto tempo abbiamo passato rinchiusi qui dentro. Dobbiamo cercare acqua e qualcosa da mangiare. Una volta fuori, la luce del sole mi acceca e mi rendo conto di camminare a zig-zag.
    Intorno c’è solo silenzio, nessuno ci cerca. Del resto, è inutile darci la caccia, non sopravviveremo a lungo in queste condizioni. La fortuna ci porta davanti a un fiume. Un po’ d’ acqua prolungherà la nostra agonia. Qualche arbusto ci fornisce un minimo di cibo, ma ormai abbiamo capito. Non usciremo vivi da qui.
    Apro lo zaino e porgo a Noah il libro che ho portato con me per il viaggio. “Abisso” di Dean Koontz. Ci capiamo al volo e ci viene da ridere. Non abbiamo neppure la forza di disperarci. Lui comincia a leggere.
    È una storia terribile. L’autore ipotizza la creazione di un virus letale da utilizzare per costruire una “perfetta arma batteriologica”: il “Wuhan 400”.
    Penso alle parole dello sconosciuto nel bunker. E se la fantasia avesse davvero il potere di far accadere le cose? Se questa terribile ipotesi un giorno si avverasse? Non posso tenere per me queste riflessioni, ma sento che le forze mi abbandonano. Noah ha smesso di leggere. Non mi risponde. Voglio credere che stia solo dormendo.
    Frugo nello zaino e trovo la penna dello sconosciuto. Funziona ancora.
    Sfilo dolcemente il libro dalle mani del mio amico e sottolineo il punto in cui è scritto: “Il virus letale sarà sviluppato in un laboratorio segreto appena fuori da Wuhan, in Cina.” Qualcuno forse capirà. Sento le palpebre pesanti mentre la penna mi scivola di mano. Poi, sfinita, mi lascio andare al mio destino.
     
    .
  2.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna stilografica

    Group
    Member
    Posts
    819
    Me gusta
    +111

    Status
    Offline
    Sei il mio secondo racconto e dopo quello di Bar Abbas il tuo è come un ruscello rinfrescante. La tua storia fantastica, ben costruita sulla potenza della scrittura, mi ha permesso di ritornare nella lettura di racconti in cui è facile immergersi e vivere coi personaggi. Ci sei riuscita benissimo. Brava Petunia.
     
    .
  3.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    ADMINATOR

    Group
    Administrator
    Posts
    6,806
    Me gusta
    +437
    Location
    Cina

    Status
    Anonymous
    Io ci sono stato a Caimanera, ho bevuto un caffè inqualificabile e un rum leggendario (ok, più di uno), ho avuto anche modo di sorvolare con l'elicottero (eravamo autorizzati e accompagnati ma stavamo u stess ben distinti e distanti) la misteriosa base navale di Guantanamo, nella una volta Cumberland Bay.
    Entrarci non è stato possibile, avrei dovuto compiere crimini contro gli Stati Uniti parecchio imbarazzanti e allora ho desistito.
    Ma l'odore di quel posto, di quel paese, di quella gente, quell'odore non lo perderò dalla mia memoria nemmeno dopo morto e leggere le tue righe lo ha risvegliato forte come se fossi stato lì ieri.
    È stato un piacere leggerti, la narrazione fluida si incrocia con immagini efficaci che favoriscono il ritmo dall'inizio alla fine.
    La gestione del fraseggio è perfetta per il genere di racconto, il titolo ci sta come il mocio sui chiacchieroni e la chiusa calza a pennello.
    Last but not least, il modo in cui tiri in ballo mostri sacri della scrittura per giocarci nel racconto l'ho molto apprezzato.
    Brava Pet.
    :ouch_ow_oh_ah_geez.gif:
     
    .
  4.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna furiosa

    Group
    Member
    Posts
    1,383
    Me gusta
    +227
    Location
    Branzack

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE
    Probabilmente il governo lo aveva spedito lì per controllare che tra i sodati in addestramento

    soldati

    CITAZIONE
    figlia di un soldato americano d’istanza a Guántanamo.

    Credo si dica "di stanza".

    Faccio delle considerazioni telegramma:

    Soltanto verso alla fine ho colto l'aggancio (ben riuscito, senza dubbio) allo step precedente.

    Scenario credibile anche se mi fa strano che Kennedy mi sganci una bomba atomica a due passi da casa sua.

    Mi è piaciuta l'idea di esiliare gli americani perdenti in Nuova Zelanda.

    Anche se non è pertinente con la tua trama, viene voglia di chiedersi in che condizioni siano gli Stati Uniti.

    Il virus😷, aridaje! Ma ci sta...

    Wuhan😭🇨🇳, me la state martirizzando! Scenario futuro che si prospetta in salsa complottistica tipo Adam Kadmon (ne vado matto).

    Non ti faccio appunti di carattere tecnico poiché ho trovato il tuo testo scorrevole, corretto e piacevole. L'ucronia c'è tutta per cui il genere è centrato.

    Racconto interessante che stimola la curiosità per ciò che verrà.

    Ottimo lavoro.
     
    .
  5.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    danilo raineri

    Group
    Member
    Posts
    27,108
    Me gusta
    +21
    Location
    milano

    Status
    Offline
    Gli stati uniti sconfitti dalla .. unione sovietica . Pura fantascienza . Non esiste prorio .. per me è inconcepibile . Fidel cadtro e che guevara sono stati spazzati via senza tanti problemi e l'unione sovietica ... annientata . Gli usa battuti . Non esiste proprio
     
    .
  6.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna d'oca

    Group
    Member
    Posts
    343
    Me gusta
    +63

    Status
    Offline
    È un tuo personale omaggio alla letteratura di genere, il genere fantascienza, thriller visto gli autori che citi e la narrativa rimane al centro di questo racconto come del precedente.
    Per questo meriti un brava.
    Ti confesso però che mi hai fatto venire molti dubbi.
    Siamo a Guantànamo (l'accento è sulla seconda sillaba), Cuba, devastata dalla guerra nucleare (ma perché gli americani avrebbero dovuto colpire la loro base? O anche i russi?). L'aggancio con le vicende del precedente racconto è evidente seppure un po' forzato: Kate e Miguelito nel bunker nel primo racconto, e Rosemary Kate che torna nell'isola da cui il padre, da ragazzino innamorato di Kate, è fuggito mezzo secolo prima. Ma perché Rosemary accetta quella che sembra una missione suicida? E poi, io ricordavo che degli abitanti ci fossero: gli strani di Miguelito, appunto. In questo racconto invece la protagonista parla di un'isola deserta per le radiazioni.
    Non riesco a capire poi perché mandare qualcuno a spargere qualcosa, non si potrebbe farlo più agevolmente dal cielo? O meglio, capisco la necessità di un aggancio col passato, ma perché poi uccidere la guardia? Per scappare dove e condannarsi a morte certa?
    Insomma, mi sono rimasti molti interrogativi.
    Tra i refusi ti segnalo: "libro maldetto...»"
    E poi, occhio alla concordanza dei tempi: "Mentre Kennedy somministrava la sua odiosa bomba nucleare a Cuba, Krusciov, con un attacco a sorpresa, era riuscito a bombardare la roccaforte della gloriosa Us Army a Omaha distruggendo i sogni di gloria e le sicurezze dell’esercito americano."
    Dato che hai usato il presente in tutto il racconto, avrei continuato con un passato prossimo. O meglio, dato che la prima azione precede la seconda, prima il passato prossimo e poi il presente.

    Per il resto, il racconto è ben scritto e di gradevole lettura. Bello il rapporto tra padre e figlia, che rimane un po' il cuore di tutto il racconto, come le citazioni letterarie.
    Altrettanto evidente il rapporto con il futuro e Wuhan.
    Arthur C. Clarke scriveva che tutto quello che viene immaginato può essere fatto. E perché mai, mi chiedo io. Anzi, Dio ce ne scampi e liberi.
     
    .
  7.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna suprema

    Group
    Gli irriducibili
    Posts
    6,941
    Me gusta
    +659

    Status
    Offline
    Quando passavo le vacanze con i miei al paesello, mia nonna ci spiegava, inconsapevolmente, il significato dell'amore.
    Formaggio di capra stagionato, sanguinaccio, ogni tipo di ortaggio, ogni tipo di frutta, fichi secchi e vino, tanto vino.
    Me lo faceva assaggiare, papà, e io cercavo di sputarlo da qualche parte perché sembrava aceto.
    A papà sorridevano gli occhi, per lui era tutto buono e meraviglioso perché fornito dalla sua mamma, e dai ricordi di gioventù.
    Perché ti racconto questo, autrice?
    Perché penso proprio che per apprezzare un racconto devi soprattutto voler bene a chi lo scrive.
    Il racconto, prima di decidere di arrivare a noi vive nella testa del suo proprietario.
    E a quella testolina bionda, tutto il tempo che ha passato su SPS, è servito a farsi volere bene.
    Non voglio essere frainteso, non è una manovra, non è una strategia, è puro istinto.
    Come quando un cucciolo, senza volere nulla in cambio, ti sfiora una mano.
    E la mano è la stessa che scrive, cercando di essere più carezzevole possibile con il tuo bel racconto.
    Come faceva mio padre con mia nonna, ignorando la sua ricrescita e i suoi abiti stropicciati dalla povertà.
    Ignorando il mio stupido giudizio sul vino.
    Ogni sua parola l'abbracciava. E nonna restava in piedi, nemmeno sorridendo, non era abituata a sorridere.
    Un pò come faccio ora con te Pet. Anche se non sono sangue del tuo sangue.
    Grazie.
     
    .
  8.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna stilografica

    Group
    Member
    Posts
    606
    Me gusta
    +75
    Location
    Firenze

    Status
    Offline
    Bellissimo secondo step. L’ho trovato perfettamente legato all’episodio del passato. E’ evidente che avevi già le idee ben chiare quando hai scritto il primo. Ben delineata questa figura di donna, carica di forza e di desiderio di libertà, che è disposta a sacrificare tutto, compresa la vita, per sfuggire a un mondo che non le appartiene. Appaiono di nuovo, anche qui, libri che scandiscono e condizionano gli eventi dei racconti e che in fondo sono il filo che unisce i due brani, libri che nascono dalla fervida fantasia degli autori ma anche premonitori (o forse ispiratori) di importanti eventi futuri. Chissà se anche nel prossimo ci sarà ancora un libro a dare il tempo alla narrazione?
    L’uso del racconto in prima persona mi è parso molto efficace e alterna, con un buon equilibrio, riflessioni intime e personali a descrizioni oggettive di luoghi e di situazioni.
    Sulla forma, niente di notevole da segnalare, a parte qualche piccolo refuso, già indicato da altri.
    A differenza del padre, ben definito nella parte iniziale, il personaggio maschile di Noah resta un po’ in superficie e non emerge a sufficienza l’intesa che indubbiamente doveva esserci e che aveva spinto lui a condividere, senza tentennamenti, le scelte della ragazza e a rendersi complice, senza incertezze, dell’uccisione del soldato.
    Infine, un po’ troppo casuale e fortuito il ritrovamento del bunker sotterraneo.
    A parte questi dettagli, lo vedo bene fra i primi in classifica.
     
    .
  9.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna suprema

    Group
    Gli irriducibili
    Posts
    6,941
    Me gusta
    +659

    Status
    Offline
    Riletto, controfirmo il piacere della prima lettura.
    Per dire qualcosa di inedito posso dire che questo concorso il virus se lo è preso tutto, partenza e arrivo. E i nostri racconti sono influenzati dall'angoscia dell'evento.
    Un bene, un male? Non so dire.
    Sicuramente abbiamo tutti subito dei danni. Anche se, tu, autrice, appari più bella di prima.
    Meriti lettori migliori.
    Io so solo fare complimenti.

    Edited by tommasino2 - 15/5/2020, 21:34
     
    .
  10.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Scrivano

    Group
    Gli irriducibili
    Posts
    2,653
    Me gusta
    +429

    Status
    Offline
    :pazzo.gif: Tom...
     
    .
  11.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna d'oca

    Group
    Member
    Posts
    390
    Me gusta
    +21
    Location
    Biella

    Status
    Offline
    Ciao Pet.

    Che bel racconto fresco! Non per i contenuti, più che altro per la scorrevolezza che ho ritrovato.
    Sono riuscito ad arrivare alla fine, senza dover rileggere passaggi o fermarmi per non avere capito dei passaggi.
    Credo sia una cosa buona no?
    Un'ottima commistione tra potenza e fantasia in quello che ci hai portato davanti. Non ci sono stato in quei luoghi, ma sei riuscita a portarmici con le immagini che hai creato davvero molto bene.
    Ritmo incalzante e non molti refusi se non già quelli evidenziati da chi prima di me ha commentato, non ne ho trovati ulteriori da aggiungere comunque.
    Mi ha colpito la gestione dei dialoghi, molto ben fatti cosi come gli accenni a scrittori famosi.

    Un'ottimo lavoro, complimenti
     
    .
  12.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Penna furiosa

    Group
    Member
    Posts
    1,178
    Me gusta
    +190

    Status
    Anonymous
    Ciao Petunia,
    a mio parere hai fatto un passo avanti rispetto allo step precedente, tutto è più lineare e di immediata comprensione.
    Direi che il tuo poi è uno dei racconti che si integra meglio col precedente, dando vita a una storia organica e ben amalgamata.
    A me è piaciuto anche l'aggancio finale col libro di Koontz e la pandemia attuale; ciò che lasci sottintendere è suggestivo e allo stesso tempo spaventoso, ma tant'è, di teorie da complotto in questi mesi ne abbiamo sentite parecchie. Mi sono piaciute particolarmente anche le atmosfere tetre, da grande fratello, che mi affascinano sempre.
    L'unica cosa che mi lascia qualche dubbio è la scelta consapevole di Rosemary Kate a farla finita. Capisco la situazione in cui vive, ma è pur sempre giovane, un pò di speranza dovrebbe averla, e tre chilometri di spiaggia sono sempre qualcosa a cui aggrapparsi in attesa di qualcosa di meglio per il futuro. Insomma, è molto risoluta di andare fino in fondo, annientando qualsiasi istinto di sopravvivenza. Comunque a parte questo il pezzo mi ha convinto.
     
    .
  13.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Su chef

    Group
    Member
    Posts
    1,585
    Me gusta
    +228
    Location
    Sardegna

    Status
    Offline
    Ciao Pet. Dunque, il racconto ha ottime qualità, leggerlo è stato facile e piacevole, quindi brava, anche se deve dire che ho preferito lo step precedente, te lo scrissi anche che l'avevo trovato centratissimo. Anche qua hai fatto un buon lavoro, ma ci sono delle cose che potresti migliorare. Innanzitutto una pignoleria, prima di: "La grande baia di Cuba..." dovresti mettere dello spazio, i ragazzi devono affrontare un lungo viaggio, passare per Panama ect, non puoi non evidenziare questo "vuoto", cioè una cosa che succede ma che tu non racconti, se non con un vuoto grafico. Occhio poi alle scene di violenza, si vede che non sono il tuo pane. Sbagli a mettere in guardia il lettore con quel "non sapevo di avere un istinto omicida", mostra l'azione e poi, quando lei straniata in ginocchio non crede a ciò che è riuscita a fare, glielo fai pensare. Ma soprattutto, descrivi l'azione. Come arriva Ros alle spalle della guardia senza farsi notare? Come fa a nascondere la pietra? Ho notato poi che hai cambiato registro nelle poche frasi che dedichi all'azione metti in bocca a Ros degli improperi. Non il massimo come espediente, insomma, per evidenziare il cambio di rotta, il fatto che sia diventata violenta, la fai diventare anche scurrile. Non è molto centrato poi il personaggio di Noah, almeno, io l'ho capito poco. È una spalla in tutto e per tutto, complementare a Ros e quasi simbiotico, visto che per capirsi non devono neppure parlare e sembra che agiscano con un piano preciso in testa senza però averlo. È un'appendice di Ros, dovresti renderlo più indipendente.
    Faccio poi miei tutti i dubbi di Bar, la costruzione del racconto è convincente, ma bisogna dare per credibili tante incongruenze, dovresti lavorarci su. Un mio dubbio è relativo invece a come i sovietici trattano gli sconfitti, segregati e inutilizzati. Non mi convince mai la gratuità del male, non fatta da un governo che ha caro anche il profitto. Non so se capisci cosa intendo. Campi di prigionia e basta, per un intero popolo, non finalizzati a nulla, se non a tenerli chiusi dentro, con dispendio di forze armate, pericoli di sommosse, etc non mi pare una soluzione razionale. E rendere credibile al cento per cento un racconto così distopico è un'arma da non sottovalutare.
    Aspetto il terzo capitolo, ora che anche Ros è morta dovrai tirare fuori un altro personaggio. Oppure non è morta? Arriveranno gli Strani? Staremo a vedere.
     
    .
  14.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Teropode assennato

    Group
    Gli irriducibili
    Posts
    1,308
    Me gusta
    +173

    Status
    Offline
    Di questo racconto ho particolarmente apprezzato la prima parte, quella che precede il viaggio.
    La scorrevolezza e i sentimenti che vengono evocati sono genuini, sinceri, coinvolgenti. Scene e pensieri si amalgamano molto bene con una resa efficace.
    La seconda parte cambia invece di registro.
    Tutto diventa più veloce, sequenziale, tanto che fatti e pensieri si susseguono senza una reale esigenza di velocità: anzi, il trovarsi in un ambiente suggestivo come la Cuba post-atomica suggerirebbe atmosfere lente, oppressive, al limite dell'angosciante.

    Buono anche il collegamento con il Past, la figura di Kate e soprattutto l'idea organica ed efficace che hai saputo mettere in gioco.

    Il problema fondamentale del racconto è sicuramente la poca coerenza di diversi aspetti, già evidenziati da altri commentatori, in particolare il fatto che nel primo step circolassero gli Strani.
    Di mio aggiungo di non aver capito il discorso sulle radiazioni.
    Se l'isola è contaminata in modo tale da richiedere delle tute protettive, sarebbe necessario che i personaggi indossassero anche dei caschi. E, sperando di non sbagliarmi, con dei caschi in testa alcuni passaggi della parte d'azione sarebbero risultati improbabili o comunque svolti diversamente.

    Si sente infine una fortissima accelerazione nel finale, dove tutto succede molto in fretta, probabilmente per esigenza di caratteri.

    Insomma, un buon lavoro che presenta però alcune pecche a livello di trama che lasciano con svariati dubbi irrisolti.


    EDIT - il tuo titolo è quello che mi aveva incuriosito di più tra tutti quelli dello step.
    Però speravo che la Caimanera fosse una roba tipo un mostro radioattivo, o qualcosa del genere, non chiedermi perché. Forse mi ricordava il Merendero di Futurama.
    :P

     
    .
  15.     Mi piace   Non mi piace
     
    .
    Avatar

    Dio della penna

    Group
    Il vagabondo
    Posts
    14,769
    Me gusta
    +887
    Location
    mamma

    Status
    Offline
    buon racconto pure questo, perfettamente legato a quello del primo step.
    si legge volentieri, è scorrevole.
    le descrizioni sono buone, anche se a tratti sembrano incomplete.
    quasi volessi accelerare il ritmo, come poi avviene nel finale.
    i refusi te li hanno segnalati.
    da parte mia avrei messo qualche stacco tra i vari momenti della storia
    ma è un mio parere e niente altro
     
    .
23 replies since 1/5/2020, 16:35   355 views
  Share  
.