Babbo Natale

dopo tanti anni, continua a piacermi

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    Penna suprema

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    Babbo Natale


    Mi restano tre o quattro cose da raccontare di valore umano,
    poi ho finito.
    Per esempio questo pigiama qui, questo che ho addosso, l'ho comprato all'outlet, di una nota marca, di cotone sottile bianco.
    Ha il disegno del corpo di Babbo Natale, e dal collo la faccia che spunta è di chi lo indossa.
    E' proprio divertente, quando l'ho visto la commessa me lo ha fatto pure misurare e nel camerino sono stato cinque minuti a ridere, ero così buffo che mi sono venute le lacrime davanti allo specchio.
    Ho memorizzato bene il negozio, l'insegna, la posizione e la sua contentezza
    per essere riuscita a vendermene due, proprio perché rappresenta il punto più alto di un mio giorno divertente.
    Mi diceva, a lei sta proprio bene con la barba, ed è un buon cotone, non se ne pentirà.
    Vero è che non sono abituato a spendere denaro per me stesso, ma tutte quelle assicurazioni per un prodotto che costava veramente poco mi sembravano strane e quel complimento alla mia barba incolta una presa in giro visto che lei aveva i capelli in piega come quelle foto nei negozi di coiffeur, con l'immagine vista da dietro e davanti.
    Quando esco dal negozio, nel profondo del cuore sono un pò contento e un pò triste, insomma non ho i colori migliori, ma questo mi succede spesso, talmente spesso che nemmeno me ne accorgo più, e paradossalmente mi ritrovo con un senso d'orgoglio che non so da dove arrivi.
    Invece di andarmene via subito faccio un giro, mi piace passeggiare per colpa del troppo tempo libero che ho e per colpa del fatto che se sto fermo divento robusto.
    Cammino con il sacchetto e mi sento osservato da dieci cento sguardi di approvazione, è chiuso il sacchetto, mica si vede che c'è il pigiama di Babbo Natale, giuro, non si vede niente.
    Non me la passo nemmeno molto bene per colpa del mutuo e di un’autostima in
    disarmo, sgobbo ai fornelli per non scialacquare in giro, ma in quel posto che è la sottomarca di Mac mangiare costa proprio poco, non c'è un'anima, e alla cassa una ragazza solitaria usa le sue doti fisiche per attirare gli affamati di doti fisiche come me.
    Se gli hamburger li prepara una così nemmeno mi schifo, che di solito mi schifo.
    L'acquerello del panino più a buon mercato è in alto e poco illuminato, ma ha un numero perfetto, il tre.
    - Ha deciso?
    Mi viene da dire sì, prendo te, ma non sono sfacciato come l'amico mio, non so se già ne ho parlato,quello che quando vede una bella ragazza per mettere alla prova i suoi sentimenti fa quel risucchio strano con la bocca.
    La prima volta che l'ha fatto mi sono spaventato, avete presente quando uno succhia gli spaghetti a tavola? Ecco lui fa quel rumore così. Poi quando l'ho capito mi sono scassato di risate e lui mi ha detto prova tu e ho provato, ho provato con la figlia della portiera mentre stava seduta nella
    guardiola con le gambe accavallate ad attaccare i punti della spesa sull’album. Sono passato e ushhhhhhhh, ho fatto il risucchio.
    Lei è uscita fuori di corsa con le calosce ai piedi :
    - To’? Tutto a posto?
    - Tutto a posto si, - ho risposto, ma mi sarei infilato nel cofano al posto del ruotino di scorta sgonfio per la vergogna, e il risucchio non l'ho più fatto anche se qualche volta che passavo mi veniva di rifarlo.
    Difendo con furore il posto unico in fila e la mia direzione geografica seguendo il tragitto sulle piastrelle di linoleum, sento toccare il sacchetto e penso… qui qualcuno me lo vuole fregare.
    Mi giro ed è un bambino con un aeroplanino di plastica in mano pronto al decollo.
    - Vola?
    - Certo che vola, è un aeroplano.
    - Giusto amore, è un aeroplano, - dico.
    La mamma mi sorride a cicatrice e dice: Mi scusi.
    - E di cosa signora, ha la felicità di essere bambino, tutto lì.
    - Non tutti sono felici.
    - Vero, non tutti, e se le confesso che pure io non lo ero mi crede?
    - Si che le credo, c'è qualcosa di malinconico in lei.
    - Addirittura?
    - Si, all'inizio pensavo fosse una sua piccola truffa per darsi un ruolo.
    - E poi?
    - E poi mi sono resa conto che lei è davvero così.
    - Sono sotto osservazione da parecchio?
    - Da un minuto.
    - E ha capito tutto questo, beata lei.
    - Ho capito che nulla è più poetico e sincero della realtà e lei mangia come un
    adolescente.
    Penso, ma che cavolo dice? Non ho preso né coca né patatine.
    Il suo sorriso non si toglie.
    Non si toglie a lungo, che ho paura a girarmi di nuovo.
    Ho sbagliato, non paura, soggezione, timore, che è ben diverso.
    Il panino lo mangio fuori, debuttando sotto una tettoia d'alluminio con sedie d'alluminio.
    La cassiera mi segue con uno strofinaccio appallottolato in mano e sgrassa il tavolino con un frastuono di movimento fisico a tergicristallo spruzzandoci sopra qualcosa di diluito.
    Il bambino mi segue di soppiatto e si piazza accanto a me.
    - Suo figlio m’imbarazza con lo sguardo fisso, mi fa sentire in colpa, vuole forse il mio panino?
    Glielo cedo volentieri.
    - Macchè, vuole un regalo.
    - Un regalo da me?
    - Si, da lei, dice che è Babbo Natale, come gli sarà venuta in mente una cosa così assurda.
    - I bambini hanno fantasia, e la mia barba fa da bersaglio.
    - Ma non è bianca, poi è giovane lei.
    - Insomma… Rido, tentando di nascondere una pennellata di senape sulla giacca.
    La donna non ride, è seria, e comincia a guardarmi con affettuoso sospetto.
    Il cellulare smaltato che tiene serrato tra dita smaltate ogni tanto emette un cinguettio, la sua mascella si serra e da quel frantoio cola un grumo di nervi.
    L'idea che dà è quella di una donna sotto assedio, corteggiata, comunque onesta.
    - Posso sapere il suo nome?
    - Nessun problema: Tommaso.
    - E abita lontano dove fa freddo?
    - Abito dove c'è tanto traffico , tanto traffico e tanta periferia.
    - E la posso toccare?
    - Ma si sente bene?
    - E’ per il bambino, non mi prenda per pazza, se le dà così fastidio non lo faccio.
    - Cioè?
    - Continua a credere che lei sia…
    La luce decrescente diventa più perdonabile grazie ai lampioni accesi.
    Il bambino è lì, la donna è lì, mette in tabella il suo nome e tende la mano con la delicatezza di una indossatrice orientale.
    - Niente mano, mi abbracci.
    E lei mi abbraccia, con rigore, ma mi abbraccia, circondandomi la spalla sinistra.
    La scena diventa gioco di squadra, la distanza ridotta quasi invadente
    annulla il lento apprendistato alla solitudine, secco e intenso.
    L'amore immobile del bimbo, unico per la sua mamma, si dilata
    su di me, senza disturbo, senza rumore, senza frenesia,
    con un potenziale di molti minuti da passare insieme in una farmacia d'affetto.
    Una farfallina notturna urta sulla mia giacca, istintivamente scaccio quel corpuscolo estraneo con il palmo della mano.
    Il bimbo seriamente reattivo la schiaffeggia e me la rimanda.
    La rispedisco al mittente colpendola con il gomito.
    Ride il bambino, quell’insolita partita a tennis lo diverte.
    La farfallina esausta e delusa si dilegua verso un lampione ancora acceso.
    - E’ riuscito a farlo ridere.
    - Merito della farfallina, ma se mi vuole assumere come animatore sono libero e costo poco.
    - Poco quanto?
    - Quanto un caffè.(rido)
    Con il volto omogeneizzato nell’espressione da una serenità restaurata mi candido di offrirlo al bar dello stagno artificiale, scruto se la lucciola dell’insegna è ancora accesa.
    - E’ tardi, mi dispiace, poi non riuscirei a dormire.
    - Succede anche a me se bevo caffè tardi.
    - E come fa?
    - Non dormo, facile no?
    - Se non dormo io non dorme neppure lui, il bimbo.
    - Vivete in simbiosi?
    - Qualcosa di simile,si.
    - E’ molto bello questo, molto tenero, molto materno.
    - Lei parla come un racconto di Natale, di quelli che vogliono far diventare buono chi è già buono.
    - Cioè intende dire che il Natale è un’aggiunta superflua alla nostra esistenza?
    - Non voglio dire niente.
    La donna si accartoccia nel soprabito e nasconde il viso.
    - Ma cosa ho detto di male, se è così turbata un motivo ci sarà.
    - E’ Natale per tutti per me no.
    - Continuo a non capire.
    - Il bimbo, mio figlio, non parla, o meglio parla poco.
    - Bè , è un bambino educato e giudizioso, non è contenta?
    - Non parla, non parla, non parla, lo vuole capire? Non è una vera malattia,
    il dottore dice che è depresso.
    Replicare ad una dichiarazione allarmante come quella non è semplice, ci provo.
    - Gli passerà, ne sono certo, ma la storia del regalo?
    - Una invenzione mia, un’intuizione per farlo comunicare con qualcuno.
    - E ha scelto me come qualcuno?
    - Lei sembra tanto perbene, e ha un tepore rassicurante.
    - Come un pigiama?
    - Credo di si.
    Quello che ho intorno, la gente, le vetrine, le illuminazioni natalizie, gli uomini della sicurezza,
    diventa una gomma masticata da ore, senza sapore, e non so proprio cosa altro dire.
    Il mio campo visivo è limitato da una collina grigia amorevole: la donna
    e da un prato fiorito senza colori: il bimbo.
    Le luci dei negozi si spengono rincorrendosi, solo l’Albero resta acceso.
    Ero così contento della compagnia e ora mi sento malcapitato in quel posto,
    imprigionato, con sbarre fatte di palloncini colorati, stecchini di gelato e liquirizia.
    Quel bambino somiglia alla mia infanzia, io pure stavo zitto,
    la mia era una tovaglietta per non sporcarmi con le parole dei grandi,
    per vivere nel mio cratere spento.
    La donna mi osserva interrogativa.
    Mi strofino accanito la barba con un accenno di risacca grigia.
    - Che facciamo, vogliamo salutarci?
    - Si, anzi no, aspetti, voglio comprare un regalo al suo bambino,
    sono Babbo Natale, no? Sorrido
    Lei non sorride.
    Il cielo buio minaccia pioggia buia, guardo per terra come per rintracciare la mia posizione su di una mappa.
    - I negozi sono chiusi, e poi lui ama solo i trenini, gioca solo con quelli.
    - Mi dispiace, mi dispiace veramente.
    - E’ stato gentile con noi, abbiamo passato insieme proprio una bella serata.
    - Aspetti, io ho un pacchetto, dentro c’è il mio pigiama, ma lei non glielo dica, e la sera di Natale lo sostituirà con un bel trenino.
    - Ora capisco la sua battuta di prima sul tepore rassicurante, l’idea è comunque buona, mi piace, ma sicuro che a lei non serve quel pigiama?
    - No, davvero, l’ho comprato solo perché era buffo, lo prenda.
    - Grazie.
    Il bambino ha osservato tutta la scena con indifferenza.
    La donna muove le labbra senza audio, io pure, una stereofonia silente per lui.
    La donna ha il naso come piace a me, arricciato, sottile, espressivo, mobile,
    sbalordisce più degli occhi, della bocca, moderatamente seducente.
    Ci salutiamo eliminando promesse vocali, senza baci, con la mano.
    - Arrivederci.
    - Arrivederci.
    Mi allontano con passo da lumaca, inverosimile.
    La gente, letale per il morale, abbandona il parcheggio di malavoglia.
    Pure io guardo l’orologio per usarlo come dissuasore di velocità.
    La mano destra mangiucchiata dalla luce di una luna a fetta di melone
    sta per aprire la portiera della mia automobile.
    Travolto dalle mie elucubrazioni mentali sento scoppiettare un: To’!
    Scatto rapido come un cartone animato.
    Il mio cuore esce da dove sta di solito, solo quando mi fermo, rientra.
    Dalla donna arriva un sorriso scosceso, quasi doloroso.
    Sono uno a cui si vuole bene fino a un certo punto.
    Fino a un certo punto.
    - To’
    - Sì.
    - Nel pacchetto.
    - Nel pacchetto?
    -Non sono riuscita a fermarlo, ha voluto aprirlo
    e nel pacchetto…
    - Diosanto cosa c’è in quel maledetto pacchetto?
    - Un trenino, To’.

    Edited by tommasino2 - 3/1/2021, 12:53
     
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    Quando esco dal negozio, nel profondo del cuore sono un pò contento e un pò triste, insomma non ho i colori migliori, ma questo mi succede spesso, talmente spesso che nemmeno me ne accorgo più, e paradossalmente mi ritrovo con un senso d'orgoglio che non so da dove arrivi.

    Lo sai, sì, che lo sai da dove arriva quel senso di orgoglio...

    Mi piacciono proprio le tue fiabe moderne To’
     
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    Grazie, Pet. Ci sarebbe tutta la punteggiatura da correggere, ma non lo farò. Va bene così.
     
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    Tommaso...tu hai il dono di sorprendermi con eleganza. Sto pensando a un racconto sul natale e, a leggere tanta ottima fiaba come la tua, mi scoraggio. E, credimi, è un complimento. Bravissimo. In un passaggio hai scritto "quando esco dal negozio dal negozio", a meno che non sia una licenza poetica correggi, please. Un abbraccio per sapermi / ci regalare poesia, proprio come Babbo Natale.
     
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    Grazie, sono contentissimo che ti sia piaciuto. Quando ancora potevo vagabondare questo racconto vinse, con tutti i suoi sbagli, tre premi letterari, importanti.
    Un abbraccio.
     
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    Il racconto è talmente bello che ogni considerazione diversa è puramente oziosa.
    Se qualcuno vuole averlo, riveduto e corretto, può scaricarselo e correggerlo.
    Davvero chapeau Tom.
    Gianfranco39
     
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    Ehm, perchè corretto?
    Se ci sono errori, solo l'autore può correggerli.

    Edited by tommasino2 - 1/1/2021, 23:36
     
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    Non fraintendermi, non ho detto che deve essere corretto, anzi, ho detto che le annotazioni riguardanti la forma sono del tutto oziose, quindi: così è e così deve rimanere.
    È comunque innegabile che, se qualcuno volesse tradurlo in inglese o in francese, sarebbe libero di farlo.
    Così come se a qualcuno dessero fastidio eventuali errori, potrebbe correggerseli.
    Chiaro che poi il racconto non sarebbe più lo stesso.
     
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    Ho tolto la mia frase.
    Tu sei una brava persona, e sono convinto della tua buona fede.
    Un abbraccio.
     
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    Siccome vedo che si può ancora scrivere, voglio ringraziarti per questo bellissimo racconto; era già bellissimo, ma il finale lo ha impreziosito come la famosa ciliegina sulla torta.
     
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    Grazie, amico. Se riesco lo porto nella nuova casa.
     
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