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Il viaggio della speranza… parole residue, tra le tante in fondo alla giornata. Le ho lette in farmacia, su un bussolotto di vetro accanto alla cassa, c’era l’asola per infilare i soldi e la fotografia di un bambino appiccicata con lo scotch, uno di quelli da portare lontano per tentare un’operazione, un viaggio della speranza, appunto. Mi giro sul cuscino, macino respiri sonori. Guardo il corpo di Giuliano, fermo, pesante. Dorme come dorme lui, supino, a torso nudo. Dalla bocca ogni tanto cava fuori un piccolo grugnito, come una bestia placida che scaccia moscerini.
Tutto pareva convincermi che l'unica soluzione era quel viaggio per cercare di trovare qualche soluzione a un problema di per sé gravissimo.
Lui dormiva, non voleva farmi pesare la sua preoccupazione, dimostrava coraggio per trasfonderlo in me, allo stremo delle forze, con i peggiori pensieri catastrofici che mi assillavano togliendomi il respiro.
Senza di lui sarei morta di dolore, una vita insieme, ero poco più di una bimba quando lo incontrai, frequentavo la terza media, ricevetti una lettera tramite sua sorella che era in classe con me, una vera e propria dichiarazione d'amore.
Pochi anni di fidanzamento, il matrimonio e i figli.
Una vita colma d'amore, ora che i ragazzi erano sistemati e avevano la loro vita, ecco la terribile diagnosi, neoplasia pancreatica e lui dormiva, allontanando i pensieri.
Ormai era tutto pronto, niente ripensamenti, ancora poche ore e saremmo partiti, in gioco c'era la sua vita, non importava la cifra che avremmo dovuto spendere tra viaggi e visite col grande luminare nel settore pancreatico, nella nostra regione non esisteva quella branca specialistica, non c'era altra alternativa, dovevamo giocare quella carta, l'unica per la vita.
Le valigie erano pronte, la notte appena cominciata, come potevo prendere sonno con l'assillo della morte che alitava al mio fianco in attesa di portarsi via la ragione della mia vita.
-Dio Santo-. Pregai.
-Prendi me e risparmia lui se questo viaggio non ci darà risposte positive alle nostre speranze-
Finalmente giunse l'alba, grigia come i pensieri che ci adombravano ma il mio Giuliano aveva un sorriso dolce, si rendeva conto che lo osservavo preoccupata e mi rassicurava stringendo le mie fredde mani tra le sue calde.
Non era bello come quando lo conobbi, era il mio uomo, lo adoravo nonostante la rotondità pronunciata della pancia che lui d'estate esibiva con fierezza: “Coltivata in casa” diceva sorridendo felice.
Ancora non avevamo compreso che si stava insinuando il mostro che poi avremmo cercato di sconfiggere con le unghie e con i denti.
Eravamo quasi giunti all' aereoporto di Elmas, Milano non era poi cosi distante eppure il mare era una barriera col resto della penisola, isolati e penalizzati in quegli anni non facili per le rotte aeree, erano l'unico mezzo celere, in giornata si poteva partire e rientrare salvo complicazioni, in quel caso avremmo dovuto pernottare in qualche albergo vicino alla clinica.
L'aereo rullava, pronto al decollo, avrei voluto smettere di pensare a quel viaggio della speranza, sarebbe potuto essere una bella vacanza da qualche altra parte, magari alle maldive, in spiaggia rilassati tra un tuffo e l'altro, che sciocca, non sapevo neppure nuotare, magari prendendo un thè freddo sotto una palma e la spiaggia tutta per noi.
Avevamo bellissime spiagge in Sardegna, dovevo smetterla di volare con la fantasia, bastava l'aereo.
In poco meno di due ore stavamo per arrivare a destinazione.
Il cuore in tumulto, finalmente a terra, una fila di taxi in attesa, ne prendemmo uno a caso dando l'indirizzo del centro tumori.
Un percorso interminabile, pareva girassimo sempre nelle stesse vie, sicuramente un furbastro e il tassametro conteggiava al ritmo della mia apprensione.
Niente importava, il pensiero era proiettato al responso della visita, ci attendeva una interminabile giornata, non restava che accomodarci e pazientare dopo aver compilato una lista di domande su stato di salute indirizzo e reddito, cosa c'entrava il reddito con la visita?
Ancora me lo chiedo.
-Numero 17 ambulatorio 3- Eravamo numeri, primi o ultimi, solo numeri.
La visita era terminata, nessuno dei due osava proferir parola per tutto il tragitto di ritorno, non avevamo pranzato ma eravamo sazi e nauseati.
Posai il capo sulla spalla di mio marito, mi accarezzò i capelli e vidi un velo d'ombra sul suo sguardo, non riuscii a trattenere le lacrime mentre l'aereo prendeva quota, dopo un po' Giuliano mi disse:-Il nostro amore è immenso e senza confini, guarda amore-.
Un brivido serpeggiò nel mio cuore.
Alzai la testa. Il mare aperto era sbarrato da un banco di nubi nere, e il quieto corso d’acqua che portava ai confini estremi della terra scorreva cupo sotto un cielo offuscato – pareva condurre nel cuore di una tenebra immensa.. -
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Bel racconto semplice e pulito che scorre come una sorsata d'acqua.
Incipit ed Excipit sono perfettamente amalgamati.
Nonostante i dialoghi siano pressochè inesistenti, il tuo modo di raccontare coinvolge il lettore nella storia e non lo lascia più scappare.
Ho divorato le frasi per vedere "come andava a finire" e mi hai lasciato così, in sospeso tra le nuvole... non si fa!
Scherzi a parte, mi piacciono le riflessioni lucide che la donna fa rispetto, ad esempio, ai numeri: ".. siamo solo numeri".
Quando mi trovo in situazioni di forte stress emotivo anche io faccio considerazioni del genere che hanno l'effetto di distrarmi un attimo dai miei pensieri.
Ottima prova.
Edited by Stefia - 30/11/2020, 11:31. -
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Una storia davvero amara, dall' inizio alla fine. La narrazione é scorrevole, semplice, diretta. L'ansia della protagonista é palpabile e l'ho apprezzata.
Meno mi é piaciuta la vicenda in sé. Perché vera, troppo. Di storie così tristi ne sentiamo tutti i giorni, tutte simili nella loro bigia realizzazione.
Il racconto si fa comunque leggere e trasmette delle emozioni sincere, questo l'ho apprezzato molto.. -
.Bel racconto semplice e pulito che scorre come una sorsata d'acqua.
Incipit ed Excipit sono perfettamente amalgamati.
Nonostante i dialoghi siano pressochè inesistenti, il tuo modo di raccontare coinvolge il lettore nella storia e non lo lascia più scappare.
Ho divorato le frasi per vedere "come andava a finire" e mi hai lasciato così, in sospeso tra le nuvole... non si fa!
Scherzi a parte, mi piacciono le riflessioni lucide che la donna fa rispetto, ad esempio, ai numeri: ".. siamo solo numeri".
Quando mi trovo in situazioni di forte stress emotivo anche io faccio considerazioni del genere che hanno l'effetto di distrarmi un attimo dai miei pensieri.
Ottima prova.
Ti ringrazio Stefia, un racconto semplice come me, lieta ti sia piaciuto, una storia triste come la speranza disattesa.
Hai ragione NovelleVesperiane, è una storia triste, la vicenda non è piaciuta neppure a chi l'ha vissuta,
se ti ha emozionato significa che qualcosa sono riuscita a trasmetterla, ti ringrazio infinitamente!. -
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Storia molto triste raccontata con un garbo infinito. Cara Genoveffa con la sua scrittura semplice ed efficace prendi per mano il lettore e lo conduci, lo fai partecipe delle emozioni, della tristezza e anche della speranza.
Molto vera la faccenda dei numeri, quanti minuti con gli occhi fissi sul diplay luminoso ad aspettare quel numero e l'ambulatorio dove effettuare la visita, la realtà appare lì con le sue sfaccettature e l'attesa e la voglia di lottare nelle parole di Giuliano, in quell'amore che fa vivere l'immensità di un attimo. Complimenti per questo bel racconto.. -
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Molto bello. Ben costruito: drammatico ma non melodrammatico, un monologo della donna che racconta un dramma purtroppo comune. A parte qualche consecutio che non funziona (es:"non era bello come quando lo conobbi" io direi: come quando l'avevo conosciuto) e poco altro... Molto ben scritto. Piaciuto molto. . -
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E tu sei così brava a raccontare, perché mai non l'hai fatto prima?
Le tue poesie le ho sempre giudicate delle scorciatoie per arrivare al lettore e fuggire subito.
Questo racconto resta, resta nel cuore. E non voglio affibbiargli facile dolore. Preferisco ricordarlo con la battuta sulla pancia di Giuliano, che adoro.
Coltivata in casa.
Come il tuo amore per lui.
Piaciuto assai.. -
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Quando certe notizie ti raggiungono rimani annichilito, senti una morsa diaccia che ti stringe il cuore, mentre un brivido adrenalinico ti percorre la schiena, giù fino in mezzo alle gambe. Il mondo ti crolla addosso e, anche se sei ateo, ti rivolgi a Dio, chiedendogli il miracolo. Tutto questo leggo tra le righe di questo racconto drammatico ben strutturato, che hai ben inserito tra incipit ed excipit. Complimenti! . -
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Ho trovato il tutto ben connesso e scritto, nel modo migliore, semplice, con parole semplici con una storia chiara da raccontare! Brava molto bello! . -
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Quanto dolore in quel soffio Gen! Il tuo racconto è un viaggio nella sofferenza, ma al contempo un viaggio nei sentimenti più forti come l’amore. Il tuo animo gentile e sensibile affronta con tatto e delicatezza una situazione purtroppo molto verosimile. CITAZIONENon era bello come quando lo conobbi, era il mio uomo, lo adoravo nonostante la rotondità pronunciata della pancia che lui d'estate esibiva con fierezza: “Coltivata in casa” diceva sorridendo felice.
C’è tanta naturalezza in queste parole, tanta verità.
Anche questo passaggio è terribile e intensoCITAZIONE-Numero 17 ambulatorio 3- Eravamo numeri, primi o ultimi, solo numeri.
Un gran bel racconto, una figura femminile forte e dolce, una coppia che si riscopre compatta per combattere il nemico invisibile.
Incipit ed excipit integrati a meraviglia. Complimenti Gen!. -
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Inizio il mio commento dicendo che incipit ed excipit sono perfettamente integrati con il racconto.
Quante mogli ci sono al mondo alle prese con situazioni di questo tipo? Ecco come la portata del tuo racconto diventa universale: attraverso la tua protagonista hai dato inconsapevolmente (o consapevolmente) voce a tantissime persone che si trovano nella medesima e angosciante situazione.
Come già sottolineato da chi mi ha preceduto, hai saputo ben trasmettere tutti i sentimenti e le sensazioni di questa donna che sembra quasi confessarsi al lettore tramite il racconto. Non soltanto sentimenti e sensazioni negative: la malattia porta a galla, rendendoli più forti, dandogli ancora più significato e peso, anche sentimenti positivi come l'amore. Un amore che dura da sempre e che non è mai venuto meno, ma che solo in certe situazioni si percepisce veramente con tutta la sua intensità.
Non voglio insistere, ma è un piacere scoprire una Genoveffa anche narratrice oltre che esperta poetessa come la conosciamo.
Buon lavoro 😊. -
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Secondo giro di letture.
Sono tornato.
Non ho nulla da aggiungere.
Un abbraccio. -
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racconto breve e semplice ma intenso in maniera incredibile.
descrizioni visive buone, descrizioni emozionali ottime.
riesci a far vivere al lettore lo stato d'animo della protagonista, e questo è un bel punto a favore.
non è semplice farlo e tu ci riesci benissimo.
non chiarisci nulla della visita, e anche questo per me è punto positivo: bastano le poche righe successive.
excipit perfettamente integrato.
attenzione ai dialoghi, al termine non serve il trattino.
complimenti, gen. -
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Una storia molto triste, con una diagnosi che arriva come una doccia gelata e che difficilmente lascia scampo.
Assolutamente reale la parte dei numeri. Troppo spesso i pazienti sono numeri e non solo sul tabellone in attesa, ma anche durante le cure sperimentali, nelle quali diventano i numeri di una statistica di successo o insuccesso.
Il racconto è scritto molto bene e, anche nel finale, resta attinente all'amarezza e alle ombre che incombono su questa coppia.
Un ottimo lavoro.. -
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Titolo aperto. Ho letto questa storia, sembra vera, purtroppo quella brutta bestia non si ferma davanti a nulla, neppure in questo periodo, procede inesorabile. Racconto commovente, di spessore. Lo sviluppo della trama, che dire, è terribilmente reale. Lo stile è spedito, semplice e senza fronzoli di sorta. Un bellissimo racconto che alla fine mi ha pure strappato una lacrima, ma forse perché c'è un pò di me in questo brano. Il finale è aperto, spero in positivo.
Non ho sentito la necessità ci avere un nome femminile, quella della voce narrante, perché è talmente intenso che sarebbe passato in secondo piano. Ps io l'avrei messo solo alla fine, magari una bella frase detta in aereo prima di rientra " Grazie Maria " e si addormentò. In ed EX perfetti.