Scrittori per sempre

Votes taken by Molli Redigano

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    Non lo voglio "il cielo dei potenti" e neanche la loro "morte". Mi tengo la mia merda e continuo a ronzarci intorno, volando basso. Un sogno, fatto di tante parole che si districano nella puzza. Parole che, presuntuosamente, aspirano a diventare immortali.
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    Ho notato come tutti i protagonisti siano scritti con la lettera maiuscola. Sembrerà un particolare di poco conto, ma per me è molto azzeccato. Divertente raccontino. Attenzione uomini! Controllate sempre i vostri armadi d'ora in poi, potreste trovarci il full servito che vi è mancato sul tavolo verde...
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    Prima di dire come la penso, vi racconto 2 episodi della mia vita che Fante, attraverso la sua analisi, mi ha fatto tornare in mente. Preciso inoltre che da sempre non sono un fan particolarmente accanito della musica, in tutte le sue espressioni passate e presenti.

    Quando ero piccolo, avrò avuto 9/10 anni, uscivo con i miei genitori per cene/grigliate/serate conviviali con alcuni loro amici che a loro volta avevano figli, più o meno della mia stessa età. In quel periodo, adoravo i Metallica, gli Anthrax, i Manowar, i Guns 'n Roses e, su tutti, gli Iron Maiden. Gli altri bambini, inconsapevolmente influenzati da una ragazza di qualche anno più grande, ascoltavano solo i Queen. Tutti insieme mi disprezzavano per la musica che ascoltavo, perché per loro oltre i Queen era tutto merda, tranne forse Jovanotti. Allora io, indossando il mio gilet di Fear of the Dark gli alzavo il dito medio, oltre a dirgliene d'inenarrabili e indovina un po'? Si mettevano a piangere, consegnandomi inconsciamente la nomea del "cattivo", che poi era quello a cui miravo scontrandomi con loro. Non potevano essere stati i miei genitori a influenzare i miei gusti musicali, perché a casa mi facevo due coglioni così con le cassette dei Beatles, Simon & Garfunkel, Battisti e Dalla. Sarà anche per l'episodio appena narrato, ma i Queen mi hanno sempre fatto schifo. Per contro, gli Iron li sento ancora oggi, per cui sogno ancora, un giorno, di poter assistere a un loro concerto e cantare a squarciagola The Rime of the Ancient Mariner che contiene, tra l'altro, alcuni passi originali dell'opera di Samuel Taylor Coleridge.

    Storia 2. I miei genitori sono sempre stati di sinistra. Ne conseguiva, perché era così che doveva andare, che anch'io, appena adolescente, lo fossi. Ma col cavolo che mi sarei messo ad ascoltare Guccini ecc...da buon piemontese preferivo i 99 posse, i Bisca, la Banda Bassotti o i Modena City Ramblers. Mi piaceva la loro musica, i loro testi e sebbene stessero dalla stessa parte rispetto alla musica "di sinistra" che ascoltavano i miei genitori, io li trovavo più schierati, più, passatemi il termine, "estremisti". Senza dubbio avevo ricevuto un'influenza in tal senso ma diciamo che non era andata a finire in qualcosa di eccessivamente scontato.

    Ora che ho abbandonato le battaglie e la politica, perché le battaglie non servono quasi mai e la politica è solo ipocrisia e false promesse, vi dico che la musica l'ascolto perché mi rilassa ma non mi deve rilassare troppo sennò m'annoio. Preferisco di gran lunga la tensione della scrittura, che si deve compiere nel silenzio più assoluto, poiché la musica, qualsiasi, mi disturberebbe.

    Concordo con l'analisi di Fante in toto e la riduco a una parola unica, ma fondamentale: soggettività. Ognuno cerca nella musica ciò che meglio crede, e pazienza se ne è in qualche modo influenzato dal passato, dalle mode ecc. Sorrido, per non piangere, quando vedo i più giovani d'oggi appresso alle nuove icone DPG o Sfera Ebbasta (solo per citarne un paio), mi fanno tenerezza invece i più "vecchietti" che ancora s'emozionano ascoltando la musica della loro giovinezza. Ai primi dico: ma pensate a studiare! Ai secondi invece, li abbraccio.

    Mi scuso se quanto sopra possa risultare troppo semplicistico e poco profondo, ma la musica non è proprio il mio campo. :unsure:
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    È una splendida giornata di sole, ne ho viste poche da quando sono qui. Se non fosse per la temperatura, direi che è quasi primavera.

    Nonostante l’ora mattutina, la stazione degli autobus di Qianmen è abbastanza affollata.

    “你一定要走嗎? – Devi salire?” mi urla una signora corpulenta appostata davanti a un autobus quasi pieno.
    “是的! – Sì!” rispondo deciso.

    Praticamente aspettavano soltanto me, perché avrei occupato l’ultimo posto disponibile e l’autobus sarebbe subito partito per la sua destinazione: Badaling.

    Dopo un’ora di strada nel traffico semi congestionato, giungo a un grande piazzale affollato di autobus come il mio, auto e capannelli di persone. Si dirigono tutti verso una casetta di legno, bassa e con il tetto a spiovente. Le fila che si crea davanti si divide poi in due tra chi decide di salire al punto più alto tramite un’ovovia e chi decide di contare esclusivamente sulle sue gambe. Io non sono venuto per andare a sciare.

    Mi tocca camminare un po’, forse un chilometro prima di raggiungere la prima scala, a elle, ripida e con i gradini alti. C’è un sacco di gente, chi fa foto, chi selfie, chi bivacca seduto ai bordi. È il primo posto che vedo dove la maggioranza dei presenti non ha gli occhi a mandorla.

    Inizio così, con calma, la mia salita. In realtà non è soltanto salita, ma un susseguirsi di salite, più o meno ripide, e discese, più o meno dolci. Non ho un goccio d’acqua con me e tutt’intorno c’è gente che beve.

    Torre numero uno. Foto. Torre numero 2. Selfie. Torre numero 3. Riprendo fiato. Torre numero 4. Mannaggia a me che non ho portato l’acqua. Intorno, il tipico paesaggio invernale: alberi spogli, cespugli secchi, qualche residuo dell’ultima nevicata. Freddo, non intenso ma pungente.
    Torre 5. Mi sporgo da una delle feritoie. Torre 6. Scorgo la salita che, senza discese, mi porterà fino al punto più alto della torre numero 8. L’intermezzo della torre numero 7 mi fa riprendere fiato, ho già sbottonato il giubbotto da un po’ e l’aria fredda mi gela il sudore sulla fronte.

    Poco prima della cima, facendo a zig zag tra i turisti sfatti che si tengono ansimanti ai corrimano, c’è una rampa di scale che buca il pavimento. Percorrendola ci si trova a un bivio: da una parte il sentiero verso il parcheggio, dall’altra la via senza ritorno verso la torre numero 12. E quando mi ricapita.

    Mi lascio alle spalle la folla iniziando con pochi altri temerari il tratto rimanente. Come dire, per rendere l’idea, le salite sono più salite e le discese sono più discese. Di tanto in tanto, pareti o strapiombi di scale dai gradini stretti, per cui è impossibile non reggersi evitando di inciampare o ruzzolare rischiando l’osso del collo. Sento solo il mio respiro, l’arsura è passata, ho sufficiente saliva per inumidirmi le labbra. È in quel momento che mi rendo conto di essere rimasto completamente solo.

    La stanchezza comincia a farsi sentire, ho i quadricipiti e i polpacci duri come pietre. Soffro soprattutto in discesa. Ma la mia meta non è lontana. Regolo il respiro con ogni singolo passo. Trascorre ancora un po’ di tempo, l’aria fredda ha aumentato la sua intensità. Ma anche l’adrenalina è aumentata, cresciuta mentre si riduceva la distanza dalla torre 12.

    “你從哪兒來?- Da dove vieni?” mi dice sorridente un signore occhialuto con una polo rossa che mi guarda dal pianerottolo.

    “从意大利…– Dall’Italia…” gli rispondo ansimante nel mio stentato mandarino.

    Gli arrivo di fianco e mi giro a guardare la strada che ho appena percorso. Lui mi affianca, mi sorride, mi cinge una spalla con il braccio e dice: “Smile!”

    Io e il mio amico Sun, il selfie più bello della mia vita.


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    * * *

    Ciao a tutti da Badaling, nei pressi di Pechino, Cina.

    A voi uno dei più suggestivi patrimoni dell'UNESCO.
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    Xie-Xie :)
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    Prima di ogni battaglia, il comandante Hu era solito annusare l’aria e rivolgere lo sguardo al cielo. Quel giorno era destinato a non essere ridotto a un’alba e un tramonto qualsiasi, come tanti ne aveva visti. E nemmeno la battaglia sarebbe stata una qualunque, poiché il sangue versato da quegl’impavidi guerrieri, impregnando il terreno, sarebbe diventato il collante per unire definitivamente tutto l’impero.

    “Serrate i ranghi, carrozze la passo!” esclamò deciso Hu. “Arcieri pronti!”, le lame delle alabarde scintillavano alla luce del sole. I fanti iniziarono ad avanzare lentamente, i balestrieri erano pronti a scoccare i loro dardi infuocati. Il comandante gonfiò il petto con un respiro profondo, pronto, con il suo grido, a lanciare le truppe verso i nemici: “Guerrieri, la vostra vita per l’eternità dell’impero e dell’imperatore Qin! Avanti! Fino alla morte e oltre!”

    L’imperatore Qin ha voluto il suo esercito per l’eternità. E i suoi fedeli soldati lo hanno seguito senza indugi, senza rimpianti, quasi felici di lasciare la vita terrena per la grandezza dell’impero, che oggi si manifesta ancora con il suo antico splendore.

    E’ impressionante la schiera di soldati, tutti in fila ordinatamente, che giacciono immobili sotto questa specie di hangar, creato ad hoc per proteggere un tale patrimonio. Anche a distanza, si può ben distinguere i tratti di ogni viso, delle armature, delle mani e delle gambe, gli occhi dei cavalli, e con un poco d’immaginazione anche la condensa del loro respiro e la schiuma che esce dalla loro bocca. Uno schieramento imponente. Una acies.

    Ciò che si vede è soltanto una minima parte di quello che ancora è sotto terra, già individuato, già scoperto, ma non ancora portato alla luce per paura di una sua repentina disintegrazione al contatto con l’aria. Anche l’imperatore Qin continua a riposare nel suo mausoleo sotterraneo, protetto dal suo fedele esercito. Chissà se un giorno il progredire della tecnologia applicata all’archeologia ci permetterà di ammirare ancor più bellezze di quelle che è possibile vedere oggi.

    Intanto, appena ripreso dal meraviglioso choc, ve l’ho raccontato.

    * * *
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    Ciao a tutti da Xi'an, provincia di Shaanxi, Cina.

    Ecco a voi Bing Ma Yong, l'esercito di terracotta. Il comandante Hu è un personaggio d'invenzione. Ne è valsa la pena, davvero. :)
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    Storia che può essere letta metaforicamente secondo me. Un uomo come un pesciolino rosso, ingabbiato in una palla di vetro da cui non riesce a uscire. La ricerca della felicità dura tutta la vita e, quando meno te lo aspetti e sembra tutto perduto, finalmente la trovi. Ognuno ha il suo angioletto, o no?
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    Capitolo totalmente sconnesso dai precedenti secondo me. Se è voluto, allora forse c'è una logica in questo testo...

    Tanti refusi anche qui...ma meglio del capitolo I e II.

    CITAZIONE
    il cuore le balzò il cuore in gola.

    Ripetizione: una o più riletture non guastano mai.

    CITAZIONE
    per tutto il viaggio sulla "Metro Sospesa"

    E' la famosa sopravvia?

    CITAZIONE
    è meglio impari pure a tenere a bada le più entusiaste scrittrici complottiste... come la zietta Ann

    Falla iscrivere a SPS... :shifty:

    CITAZIONE
    un brutale parallelepipedo

    :mumble.gif:

    CITAZIONE
    "Poste pneumatiche e Transvalori"

    Interessante...

    CITAZIONE
    Il ronzare delle industrie pneumatiche crebbe di intensità esponenziale a quando passarono oltre il varco del portone principale: l'enorme affollata sala delle poste pneumatiche si apriva loro.
    Una vasta rete di tubi correvano sul soffitto ed ogni parete non già occupata da valvole, leve e qualche scrivania. Benché singolarmente non troppo rumorosi, l'enorme quantità di contenitori cilindrici che correvano attraverso i tubi contribuiva al baccano generale di voci e stantuffi.
    - Avevo capito non ti scrivesse mai - chiese Lior alzando un po' il tono
    - Poco, ma già più di quanto riesco a tollerare - nonostante l'accalcarsi della folla presso i tubi da cui venivano somministrati i cilindri postali, non vi fu da attendere troppo: gran parte dell'intero sistema postale era automatizzato e, fatta eccezione per alcune norme di privacy e sicurezza, ognuno si serviva da se. Si avvicinarono ad uno dei banconi con meno fila e presto furono serviti.

    Ce l'avessimo in Italia... :shifty:

    Da dove ricompare Aylen nel finale?

    Io continuo a non capire ma tu continua a scrivere! :D
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    Io mi ciuccio un po' di cicoria secca in onore del vecchio Ric. Così magari smetto di ridere e riesco ad asciugarmi le lacrime. :B):
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    Il concentrato di parole è molto significativo...però rimango perplesso, forse perché in questo periodo della vita non sono tanto in vena di ringraziamenti. Soprattutto verso l'alto. Problema mio eh...
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    Io adoro la pioggia...e il silenzio. Giornate uggiose da trascorrere alla ricerca di quel poco di noi che crediamo perduto.
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    Duty, honour, country. Queste tre parole hanno permesso ai soldati in Vietnam di commettere crimini e di rimanere impuniti, quasi fossero una giustificazione per una guerra inutile. E il Vietnam è solo un esempio, ce ne sono tanti altri, molto più recenti. Detto questo, il racconto mi è piaciuto per scrittura, ritmo, trama. Un metaracconto con i fiocchi, finora forse il migliore che ho letto. Mi è piaciuto il personaggio di Vincent, ben delineato, tipico carattere da reduce. Ma la scimmia, el mono, Ortega ancora di più: assassino spietato capace di contemporaneamente di uccidere e scrivere storie d'amore. Solo la guerra può creare certi mostri, o forse no. Leandro? Bellissimo nome. Ottimo lavoro autore(sei maschio)!
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    Intanto grazie per le informazioni, conoscevo la vicenda ma soltanto per sommi capi. Leggendo, cercavo di risolvere il mistero delle parole divise da un trattino: credevo fosse una cosa voluta. Poi ho letto il commento di Arianna e ho capito. Questa narrazione in parallelo, ossia i fatti storici e i documenti, uniti alla storia di Nane, non credo penalizzi il racconto però, come è stato notato, penso che "limitandosi" a raccontare la storia di Nane, il testo avrebbe avuto più valore. Poi ci dirai, ma a mio parere Nane è realmente esistito, me lo sentivo mentre stavo leggendo. Genere storico, tema centrato. Buon Lavoro.
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    Sulla sedia seduto a pensare

    guardo l’orologio è calata la sera

    la mia mente ancora ci spera

    ma l’immobilità mi fa solo inkazzare.


    Con la penna nella mano pendente

    scrivo un racconto, storia d’inkoerenza

    l’idea è di non fare la figura del demente

    ma creare qualcosa che faccia la differenza.


    E allora suvvia prepariamoci alla battaglia

    vorrei imprecare e stringere i denti

    mi sento bruciare come un ciuffo di paglia

    mentre davanti al pc leggo i commenti.


    Più che un concorso è una gara d’amicizia

    che sfugge la noia, la solitudine, la pigrizia

    mettetevi comodi e fatevi un drink

    a voi il mio augurio, s’inizia, buon INK!
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    Ritto e maestoso

    diffondi il potere

    incanto misterioso

    che lo sguardo può vedere.


    Foglie verde scuro

    lucidi ovali

    in cui leggere il futuro

    immortale agli annali.


    Il sole si specchia

    con un timido riflesso

    nel cielo una macchia

    che ti sfiora perplesso.


    Domini le piante

    di tutto il balcone

    non cedi un istante

    a quel popolo sornione.


    Tu sei il re

    oh magnifico ficus

    m'inchino a te

    legibus naturae solutus.
141 replies since 16/10/2016
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