Scrittori per sempre

Posts written by asbottino

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    Che botta, grandissimo. Ottimo, ottimo racconto. Antonio mi ricorda il personaggio interpretato da Billy Bob Thornton in Fargo. Costruzione ultra precisa, con i tempi giusti. Finale a sorpresa ma non sfacciato. Piaciutissimo
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    Schegge di follia. Racconto squilibrato, visivamente frammentato, studiatissimo, determinato a confondere il lettore e affascinarlo allo stesso tempo. Tecnica ineccepibile. Un po’ freddo per i miei gusti.
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    Stenta a decollare e poi precipita all’improvviso. Non posso dire che il finale sia sorprendente o spiazzante. Forse semplicemente non c’è nessun finale, come in tante storie vere, ma qualche riga in più per chiudere potevi prendertela. Laura impara qualcosa da quel che le accade?
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    Ha qualcosa di poetico, non so, come una musica eccessivamente romantica che cerca di distrarti da un finale che non può non essere che quello che avevi immaginato. Curato, ben scritto, ma non si stacca dalla pagina per venirti incontro.
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    Potrei prendere le parole di Aki e sottoscriverle una per una. Capita spesso.
    "La vedrai scendere da una moto con una borsa della palestra, verde."
    Il racconto finisce lì. Fin a quel momento un gran lavoro. Lo è anche dopo, ma non è la stessa cosa. Per la Betty, poi basta. Gran voce, gran lavoro ai fianchi del lettore. Bastava tanto così a farne un racconto coi fiocchi. Però è bello lo stesso.
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    Una parlantina coi fiocchi, ecco quel che penso. Un inarrestabile flusso di parole, acuto, divertente, magari anche un po' ruffiano nel toccare certi tasti, nel riesumare certi ricordi. Forse un po' fine a se stesso, ma infondo sincero, credo. Godibile, questo si, molto.
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    Strano, indecifrabile, sembra camminare un metro da terra. Lo fa con grande facilità, ma a guardarlo ti viene da chiederti perché non vanga giù. "scrollarti di dosso quell’artefatta perfezione e cercare nelle crepe un appiglio, un pretesto per venirti più vicino". Ecco, ho come l'impressione che è questo che dovrebbe fare. Cercare un appiglio, avvicinarsi.
    "Mi pesa non essere vista mai da nessuno, mi pesa non essere mai vista da te." Molto bella, questa frase. Ce ne sono altre, ma questa salta fuori dal racconto.
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    Forse un po' troppo carico, troppo frenetico in quel suo continuo andirivieni tra pensieri e parole, ma persegue la sua idea con molta autorità, in un rabbioso vortice che ti trascina dentro, che ti lo voglia o no. Non il mio genere di lettura, ma funziona bene.
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    Faccio mie le domande di Aki, ma il racconto trascina, la scrittura è intensa. La trama è un po' compressa, non è tanto da racconto breve, meriterebbe un passo da romanzo. Qualcosa alla Lucarelli, forse, ma è tanto tempo che non leggo un giallo. Ci sono grandi qualità, da l'idea che ti riuscirebbe qualunque cosa. Brav.
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    Gran talento. Un passo deciso, autoritario. Un ritmo perfetto, una voce coinvolgente, un uso sapiente delle ripetizioni che ricorda vagamente Palahniuk. Il finale forse è un po’ troppo moderno, cerca di stupire là dove non c’era bisogno, come fanno tante storie oggi. Però fin lì ci arriva in modo magnifico.
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    Non so, una rabbia che non mi appartiene, fatico a sintonizzarmi. Una sola idea, perseguita fino in fondo con determinazione assoluta. Lo stile gli va dietro, la scrittura è funzionale al massimo, senza perdite di ritmo, e ogni singola imprecazione ci sta, è calibrata al punto giusto e non puoi farne a meno. Alla fine riesce a coinvolgerti, forse non nella maniera che l'autore pensava, ma ci riesce. Non nelle mie corde, ma notevole, davvero.
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    Scrittura molto carica, forse troppo. Cerca di prendere per mano il lettore, di affascinarlo a tutti i costi, dimenticando che il fascino è nella storia che racconta più che nelle parole che usa per farlo. Il finale è molto bello, però, e quasi lo scrittore fa qualcosa di inaspettato, come la ragazza, e lascia un po' di parole da parte per regalarci soltanto immagini.
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    Scritto bene, con molta cura, con la pazienza che ci vuole a tirar su un castello di carte. Il capovolgimento finale, non so, mi lascia un po’ perplesso. Preferisco racconti che giocano a carte scoperte. Riletto per scoprire se c’erano indizi seminati qua e là ma non ne ho trovati.
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    Niente male. Parte piano, ma poi la ricetta, che combina ingredienti diversi con leggerezza e disinvoltura, prende il lettore. Un racconto che lascia appagati. Semplice nel perseguire, e centrare, l’idea su cui regge il suo muro di parole, ma in questo caso è una semplicità tremendamente efficace.
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    Leggendo mi è sembrato che stesse cercando di comminare sul filo, giocando a restare in equilibrio tra tradizione noir e l'elegante parodia di un genere e un linguaggio di altri tempi. Poi il finale sa di doppio salto mortale, un numero che fa capire che non c'era nessuna ironia prima, che il bianco e nero erano davvero bianco e nero. Mi piace la voce, l'atmosfera fumosa dell'inizio, quel cappello che vola dritto dritto sull'attaccapanni. Lo vedi muoversi nell'aria, sul serio. Il finale mi piace meno, resta forse un po' troppo sorprendente, come due colpi di pistola che non avevi previsto, che non c'era modo di prevedere. 9 righe in cui cambia tutto. Non ci sono indizi, ecco. Forse avrei provato a seminarne qualcuno.
1298 replies since 3/2/2012
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