Arte e verità. Riflessioni

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  1. Cristina Lombardo
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    Salve SPS.
    Come sapete, ho poco tempo a disposizione per cui sono poco attiva nel forum, però c'è un dubbio che mi frulla da un po' in testa e voi siete gli unici con cui mi sento di parlare.

    La questione è delicata e non voglio entrare nei particolari perché, come sapete, non uso pseudonimi e rischio di violare la privacy mia e altrui. Devo parlarne un po' per sommi capi e di questo mi scuso anticipatamente.

    L'altro giorno leggevo un articolo contrario alla scrittura "da scuola Holden", secondo cui i migliori scrittori sarebbero quelli che si sporcano le mani, che entrano a contatto col mondo e con la sua bruttura, prima di parlarne, non quelli che fanno corsi di scrittura creativa.
    Il dibattito riguardo non mi interessa e in questa sede non voglio parlarne, ma l'articolo mi ha riportato alla mente un progetto che tengo nascosto in un cassetto che non ho il coraggio di aprire.

    La domanda è: cosa fareste se la bruttura vi riguardasse da vicino? Se fosse un rischio per voi e per le persone vicine? Non parlo di rischio per l'incolumità, ma di conseguenze psicologiche e al massimo delle noie personali.

    Ricordo di avervi già detto che ho cominciato a far leggere quello che scrivo dietro consiglio di uno psicologo, proprio a causa di un evento che riguardava la mia famiglia e che mi sono buttata ormai alle spalle.

    Mi resta però un tarlo: e se io tornassi a indagare su quell'evento, cercando spiegazioni che potrebbero non piacermi, per farne un progetto di scrittura? E se mi mettessi a "spalare nella merda" a piene mani, considerando che quella è merda che mi riguarda da vicino?
    Di certo non sarei obiettiva, non pretendo un'inchiesta giornalistica, ma potrebbe uscirne qualcosa di buono o la mia emotività mi schiaccerebbe?

    Cavoli, lo so he non mi sto spiegando bene!

    Non mi aspetto che mi diate la risposta al mio caso specifico, dato he non conoscete la situazione, ma vorrei leggere le vostre riflessioni su questo argomento: qual è il limite tra l'uomo e l'artista? Quanto l'arte può essere liberatoria (suo ruolo primario per quanto mi riguarda), e quanto invece può essere pericolosa, aprendo porte che forse sarebbe meglio tenere chiuse? Quanto siamo disposti a rischiare in nome dell'arte? E della verità?

    Scusate la pesantezza.

    Lo dico per chiarezza: non sono invischiata in niente di illegale, lo giuro! Non parcheggio neanche in divieto di sosta! :D
     
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    Ciao Cristina.

    Io ho dimostrato qualche volta di essere cinico e cercherò di esserlo fino in fondo anche questa volta.

    La prima cosa che ti dico l'ho imparata grazie alla mia editor: le storie vere non funzionano. Non funzionano perché la vita, anche quando ci può sembrare un romanzo, in realtà non lo è. Per farle funzionare su carta devi per forza inventarti qualcosa, cambiare i fatti, caratterizzare i personaggi in modo diverso da come sono o sono stati. La vita reale non ha una trama degna di questo nome.

    Premesso ciò: se il tuo scopo è quello di mettere su carta questo avvenimento del passato, potrebbe anche darsi che tu ne sappia già abbastanza per tirarne fuori un romanzo. L'hai detto tu stessa: non vuoi fare un'inchiesta giornalistica. Quindi non ti interessa riportare i fatti come si sono svolti nella realtà. Lasciati ispirare da quei fatti per creare la tua storia, il romanzo ispirato da quei fatti.

    Se nel tuo romanzo trovi un buco allora fatti coraggio e cerca di indagare, per scoprire se l'indagine può aiutarti a trovare l'ispirazione. Il rischio è che l'aspettativa potrebbe essere disattesa o che i fatti reali non si incastrino nel tuo romanzo. Non so quale ostacolo devi superare per i tuoi approfondimenti: è una cosa tua interiore oppure devi chiedere ad altre persone che forse non vorrebbero ricordare? O magari ricordano benissimo, ma non ti vorrebbero dire nulla perché pensano così di proteggerti da chissà che cosa?

    Non c'è bisogno che rispondi a me. Anche perché, se anche tu rispondessi a queste mie domande, io comunque non saprei come andare avanti col discorso.

    Spero di essere stato utile.
     
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    Ciao Cristina,
    c'è un modo di dire che recita "i panni sporchi si lavano in casa".
    Da quello che ho capito tu invece vorresti rendere pubblici particolari avvenimenti che ti toccano da vicino.
    Senz'altro essendo coinvolta in prima persona descriveresti molto bene la situazione, perchè la stai vivendo (o l'hai vissuta) sulla tua pelle.
    La domanda è: perchè vuoi fare questo?
    Per chi lo fai? Per te?
    Sai già che l'argomento è scottante.
    Sai già che i risvolti potrebbero essere negativi.
    Nella domanda che ti poni "Quanto siamo disposti a rischiare in nome dell'arte (domandona, tra l'altro!) metti anche in preventivo un non meglio specificato rischio.
    Tu sola puoi valutare e trovare le risposte a queste domande.

    In questa sede ti posso dire cosa faccio io.
    Io scrivo per me, perchè mi libera e mi rilassa.
    Sublimo, e di solito ammazzo un sacco di gente: quando metto l'ultimo punto mi sento molto meglio.
    Impacchetto le brutture della vita e gli do la forma di pagine piene di parole.
    E' questo che ti serve?
    Un modo per "alleggerirti" di qualcosa?
    Allora se hai una buona storia da raccontare lo puoi fare, cambiando i nomi, le scene e i luoghi e lasciando intatto solo il potente sentimento di rivalsa o di vendetta (o di quello che ti pare…) che senti dentro.

    Ma da quello che ho capito tu vuoi fare una cosa diversa.
    Vuoi dissotterrare verità nascoste (inquietantissimo!).
    Conosci l'argomento e le persone implicate.
    Solo tu puoi scegliere obiettivamente.

    Ma si onesta con te stessa e scopri il vero motivo che ti porta a fare questo passo.
    Io partirei da lì.

    Poi sai, arte, verità, bufale, castronerie: nel mondo di oggi è talmente tutto così mescolato e confuso che i vecchi canoni non riescono più a contenere regole valide per ogni cosa.

    Alla fine della fiera la cosa migliore è sempre buttarsi: chissà, magari…

    In una cosa però sei già riuscita: hai stuzzicato la mia curiosità!
     
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    Ciao Cristina. Ho frequentato un corso di scrittura tenuto da una insegnante della scuola Holden e devo dire che la cosa mi piaciuta assai ed è stata una esperienza istruttiva e divertente. Detto ciò, penso che far emergere verità nascoste e che possano essere riconoscibili, è una scelta che io non farei. Però con la tua abilità potrai riuscire a farle emergere in una storia che per contesto e narrazione ti consenta di raccontarti senza ferire e senza scoprirti. In fondo in ogni storia c’è una parte di noi.🌸

    Inviato tramite ForumFree Mobile

     
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  5. Cristina Lombardo
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    Achi,
    Grazie per la tua analisi lucida come sempre.
    Sono d'accordo sulle storie vere. Infatti non pensavo di raccontare, ma di romanzare, come hai detto tu, usando la realtà come fonte ispirazione (a volte la realtà è più assurda della fantasia).

    Caipi,
    Grazie. Hai beccato esattamente la domanda che continuo a farmi: perché voglio sapere? Per inciso altri familiari, allontanata la persona interessata, hanno liquidato la cosa con un "non ci riguarda", perché io no? Me lo sto ancora chiedendo.


    La possibilità sarebbe quella di andare a intervistare questa persona del passato, con cui non ho più contatti, e di confrontare le sue parole con fatti su cui potrei informarmi attraverso atti giudiziari.

    I rischi riguardano soprattutto le mie figlie: io e mio marito abbiamo insabbiato questa cosa agli occhi della sua famiglia e dei conoscenti (viviamo a mezza Italia di distanza), per evitare che mi giudicassero per cose che non riguardano me, ma un mio familiare. E per evitare che le mie figlie debbano fare in futuro i conti con qualcosa di troppo complicato per essere spiegato ora. Glielo dirò quando sarà il momento, non voglio che lo sappiano per sentito dire dai compagnetti.
    Purtroppo, anche senza volerlo la gente può essere cattiva. Si potrebbe pensare che nella mia famiglia ci sia stato un ambiente negativo, che io abbia chissà che passato... E invece non è così, ma chi glielo spiega?
    È stato ed è difficile, perché io sono una persona molto trasparente e i segreti mi logorano.

    Scoperchiare il vaso di pandora servirebbe a me per...? Boh! Per giustificare il mio essere a posto con la coscienza? Alla fine sono sempre le vittime a sentirsi in colpa (vittime anche non dirette).


    Questo evidentemente non ha nulla a che fare con l'arte, che è solo una scusa per uno scopo mio: ripulirmi dalla sensazione di lordura che ti lascia addosso la gente sporca, anche solo per vicinanza.

    Non volevo darmi al vittimismo, che non sopporto; ma forse, riflettendoci, sono vittima in un modo più subdolo. Noi parenti degli stronzi, siamo vittime in modo diverso, indiretto e difficile da accettare.

    Grazie Petunia,
    Ho letto ora.
    Effettivamente ci potrei anche provare.
     
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    CITAZIONE (Cristina Lombardo @ 19/9/2019, 17:49) 
    La domanda è: cosa fareste se la bruttura vi riguardasse da vicino? Se fosse un rischio per voi e per le persone vicine? Non parlo di rischio per l'incolumità, ma di conseguenze psicologiche e al massimo delle noie personali.

    Non mi aspetto che mi diate la risposta al mio caso specifico, dato he non conoscete la situazione, ma vorrei leggere le vostre riflessioni su questo argomento: qual è il limite tra l'uomo e l'artista? Quanto l'arte può essere liberatoria (suo ruolo primario per quanto mi riguarda), e quanto invece può essere pericolosa, aprendo porte che forse sarebbe meglio tenere chiuse? Quanto siamo disposti a rischiare in nome dell'arte? E della verità?

    Lo dico per chiarezza: non sono invischiata in niente di illegale, lo giuro! Non parcheggio neanche in divieto di sosta! :D

    ciao, cristina
    ho sintetizzato la tua richiesta e provo a dare una mia opinione, un pensiero
    relativamente al primo quesito, se la bruttura riguardasse me e i miei parenti prossimi, col carattere che mi ritrovo credo proprio che entrerei nella storia cercando di capire ogni dettaglio. sono fatto così.
    per il secondo, invece, dove sia il limite tra uomo e artista proprio non lo so e, onestamente, neppure mi interessa
    resto dell'idea che l'arte è comunque liberatoria, anche se va ad aprire porte che possono dare accesso a luoghi e situazioni inaspettati.
    no, io le porte chiuse non le terrei, altrimenti sarei sempre teso al pensiero di sapere cosa c'è al di là

    un abbraccio
     
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  7. Cristina Lombardo
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    Ti ringrazio, mangal.
    È esattamente ciò che sento io: ci sono cose che non so e questo mi da una sensazione di vuoto che non mi permette di farmi un'idea e odio giudicare senza sapere.
    Per quanto soffocata dalla necessità di andare per la mia strada e assicurare alle mie figlie un futuro sereno, questa sensazione non mi lascia.
    L'idea di trasformarla in un romanzo è per lo più un modo per trovare sublimare un brutto affare trasformarlo in qualcosa di bello (bello per me, s'intende).
     
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    Ciao Cristina,
    personalmente quando scrivo sento sempre una sorta di esigenza, un'esigenza di conoscere, quasi inglobare una questione e poi risputarla fuori dandogli una forma. Dare una forma può essere un modo per sentire una maggiore controllo sulla questione, un modo per renderla visibile, un modo per farla esistere quando invece è lontana o irreale, ma in ogni caso è questa sorta di rito plasmatorio che mi da soddisfazione, e che spesso mi aiuta a capire meglio me e il mondo.
    Sono anche dell'idea che l'artista (inteso come fautore della propria espressione) debba allontanarsi il più possibile dal giudizio altrui e si possono trovare degli escamotage su come riuscirci perché spesso è difficile. Sono anche dell'idea che la forza di un'immagine di una persona sia tanto maggiore tanto meno essa si lasci influenzare dal giudizio, tante delle mie condizioni sono notevolmente migliorate da quando ho incominciato a non vergognarmi e sostenere le mie idee invece di difendere uno stato di apparenza.
    Sullo scavare dentro se stessi puoi solo sapere te se è il momento giusto, è come guidare una macchina con qualche problemino, a volte bisogna fermarla e aprire il cofano ma se si fa troppo spesso o troppo a lungo allora vuol dire che facciamo poca strada.
    Detto ciò in bocca al lupo, qualsiasi scelta fatta con coscienza non può che essere positiva.
     
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    Ciao Cristina, io forse sono l'ultima persona al mondo che potrebbe dir qualcosa. Il mio concepire il tutto viaggia a braccetto con il mio istinto e con i miei sensi. Chiudi gli occhi e interrogati. Avrai la risposta quando meno te lo aspetti, quando l'elaborazione razionale cederà il passo al mondo vero interiore. Io vivo la mia scrittura in funzione della simbiosi col vissuto e con il concreto visivo. Devo vivere per scrivere. Lascia decidere al tuo inconscio e troverai le risposte. La vita va oltre ogni nostra immaginazione e vive e pulsa in noi. Scrivi quello che detta la vita stessa così come essa ti suggerisce e la tua sete interiore verrà placata. Lo scrittore è un'ariada fonte nel deserto e sempre cerca l'acqua che lo dissesti. Non lasciare quella fonte senza vita. Occorrerà certamente trovare un compromesso ma se sgorga il pensiero tutto avverrà perché deve avvenire. Liberare la scrittura vuol dire liberare l'anima e trasporla in una forma esteriore e ricorda che difficilmente possiamo rinchiudere la nostra anima. Fa quello che devi ovviamente trovando il modo di tutelare te stessa e la tua famiglia. Il mondo non è mai tenero con noi.
     
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  10. Cristina Lombardo
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    Grazie, ragazzi.
    Vi leģgo e ci rifletto. Mi piace avere le vostre opinioni; nonostante la mia poca chiarezza, qui trovo sempre un ambiente costruttivo e non giudicante.
     
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    Te lo dico con parole semplici:non ti conviene raccontare. Oltre al dolore del ricordo aggiungeresti lo strazio di qualche commento sbagliato, o di qualche lettore sbagliato che direbbe: Non mi piace.
     
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  12. Cristina Lombardo
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    Grazie Tom,
    Non ho neanche pensato all'eventualità che qualcuno mi leggesse davvero (a parte qualche amico stretto), perciò non mi sono posta il problema che giustamente tu poni.
    So come reagisco alle critiche normalmente, e si può vedere da INK...: accetto spunti e li sfrutto per migliorare, ma in questo caso specifico non so se ne sarei altrettanto capace.
    Alla fin fine non mi è mai successo di tenerci davvero: persino l'unico romanzo cui ho lavorato per anni è il frutto di una rivisitazione totale, viste le critiche di un editor. Io riscrivo senza mai affezionarmi in modo morboso a ciò che è scritto... Come mi sentirei se si toccassero invece certe corde?
    Probabilmente non lo saprò mai.

    Caipi mi ha fatto riflette su alcuni aspetti in pvt.
    Quando ci avrò pensato su, vi saprò dire.
    Ancora grazie di cuore
     
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    Oggi sono da mia madre e rivivo le cose che ho scritto nel mio ultimo racconto, che non riscriverei.
    Questo intendevo. Ci può fare molto male continuare a raccontare il vero, specialmente se ci tocca riviverlo.
     
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    Non credo ci sia, per questo tipo di cose, una verità valida per tutti e in tutti i casi. La tua situazione solo tu la conosci e la puoi valutare veramente.
    Una volta, però, in un momento in cui dovevo prendere una decisione davvero molto importante, che avrebbe cambiato (come l'ha in effetti cambiata) la mia vita, chiesi consiglio a una persona che non mi conosceva ma che si intendeva di vita. Lei mi disse di parlare della questione con qualcuno esperto di quel ramo, di quel settore per il quale avevo bisogno di consiglio, qualcuno però nel quale al tempo stesso avessi fiducia e del cui giudizio mi fidassi.
    Noi qui ci parliamo attraverso un forum, ma non ci conosciamo veramente, non siamo davvero vicini. Mi sembra che in ogni cosa che ti è stata scritta ci sia un frammento di verità, ma devi discernere qual è la tua.
    Io, personalmente, mi sono sentita in consonanza con alcune cose che ha scritto Giancarlo: tenere insieme l'esigenza di non reprimere quanto ci viene dal profondo con l'esigenza di tutelare noi e i nostri cari, lasciare comunque emergere quello che ci preme, perché ci serve farlo, il nostro inconscio sa molte cose di cui noi non ci rendiamo conto.
    Aggiungo che i sentieri si percorrono un passo alla volta, le strade si costruiscono una curva alla volta, e dietro alla curva non sappiamo quello che troveremo.
    Adesso evidentemente tu senti molto forte questa esigenza di ricostruire la realtà dei fatti così come in effetti sono avvenuti, di trovare la verità. Questo forse è quindi il passo che devi fare adesso: trovare e scrivere, ma scrivere, adesso, solo per te.
    Quando si scrive solo per se stessi, si può scrivere tutto, tutto il male, perché tanto sappiamo che non andrà da nessuna altra parte, e scrivere i pensieri della nostra mente li rielabora, li chiarisce, li fa diventare altro, li trasforma.
    Questa scrittura e questa trasformazione, forse un giorno porteranno a un altro passo, che però ora non puoi conoscere, perché si tratta di una curva della strada a cui tu non sei ancora arrivata. Può essere che, come dice Giancarlo, ti portino a una trasformazione spontanea della verità autobiografica in una realtà romanzesca che, proprio per questo, diventerà probabilmente più universale, in grado di toccare nell'inconscio altri che hanno vissuti come il tuo.
    Ma non puoi saperlo adesso. Lo saprai quando sarà il momento.
    Un passo alla volta.
     
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  15. Cristina Lombardo
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    Arianna,
    Mi trovo perfettamente in accordo con ciò che scrivi, ed è il motivo per cui continuo a ringraziare chiunque abbia partecipato a questa discussione.
    Ciascuno mi aiuta a guardare da un punto di vista diverso, un tutto che è solo mio. E probabilmente è ciò di cui avevo bisogno.

    Gli eventi scatenanti risalgono a un anno fa, al tempo parlai subito con uno psicologo. Mi consigliò di scrivere, di far leggere quello che scrivo, ma anche di stare alla larga dalla persona interessata, che è capace solo di nuocere, quindi di non cercare verità che tanto non mi riguardano. Inoltre mi disse di assicurarmi che scrivendo non rivelassi alle mie figlie in futuro queste cose, il cui peso non è adatto a bambini/ragazzi.

    Il fatto, però, che ci penso ancora e che ho fantasticato sull'idea proprio di usarlo come spunto di scrittura, rivela che per me la cosa mi riguarda, eccome.

    Probabilmente rinuncerò comunque per motivi pratici (distanza fisica, figlie piccole...) ma odio l'idea di rinunciare perché mi farebbe male: non rispecchia l'immagine che ho di me.

    Parlarne con altri mi è utile anche per sondare me stessa.

    Grazie
     
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14 replies since 19/9/2019, 16:49   175 views
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