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Non avrebbe dovuto lasciarlo solo, ora comprendeva la gravità del suo comportamento, stargli accanto, stringerlo tra le braccia e coccolarlo sarebbe stato più importante. Il suo piccolo Andrea di soli tre anni rischiava la vita per sua incoscienza. Quella maledetta porta che dava sulla terrazza, si era dimenticata di chiuderla e il suo piccolo era lì, penzoloni sulla balaustra al terzo piano. Era scesa a prendere sigarette e un caffè al bar all'angolo, non pensava rincasando di trovare i vigili del fuoco col telone steso per attutirne la caduta. Pregava Dio salvassero il piccolo, avrebbe chiuso quella terrazza una volta per tutte.
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Scrivano
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Il bambino si salverà. Lascia almeno che io pensi questo. Storia drammatica e purtroppo plausibile. Le cronache sono piene di tragedie di questo tipo.
Secondo me questo mini avrebbe funzionato meglio se fosse stato proposto come articolo di giornale.
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Meno male che si salva! All'americana
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Dio della penna
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La speranza è lasciata all'epilogo e segna anche un voler dare monito.
Positivismo in un tragico evento che un po' mette il cuore in pace. La realtà racconta vicende spesso tragiche... Ottima scrittura.
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Tragica leggerezza che mi ricorda un po’ gli episodi ricorrenti di bambini lasciati chiusi in auto. Un po’ troppa freddezza nella narrazione.
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Una vera incoscienza lasciare un bimbo solo in casa, ricorda episodi attuali, si perde il senso del tempo e della ragione per i vizi.
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Anche a me ha dato la sensazione di troppa freddezza. Quasi cronachistico, poco partecipato.
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Penna suprema
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Somiglia a una storia vera, a un articolo del giornale.
Asciutto e coinvolgente.
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Penna d'oca
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Mamma che ansia! Un racconto che tira fuori in modo quasi meccanico il desiderio di controllare di aver chiuso il gas ogni volta che esci. Non so se mi è piaciuto leggerlo ma di sicuro non mi ha lasciato indifferente.
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Ben scritto, ma credo che l’autrice non abbia figli... Non potrebbe parlare, raccontare razionalmente quello che sta accadendo al figlio di tre anni per colpa sua.
Per me, è “fuori tema”.
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Questo 100 mi lascia perplessa perchè non capisco quali siano le intenzioni dell'autore…
Il brano inizia con delle considerazioni ovvie: ma una madre ha bisogno di trovarsi in una situazione simile per capire cosa sia importante per suo figlio? Dopo tre anni passati insieme?
Nel finale poi, sembra che la colpa sia addirittura del terrazzo: questa donna non è disperata, non dimostra di aver capito granché dalla situazione e, soprattutto, non si dà nessuna colpa.
Se il brano vuole avere una parvenza di denuncia verso certi comportamenti sconsiderati da parte di genitori "distratti", il finale è uno solo: il bambino muore.
Solo così il brano diventa indelebile e la donna forse un giorno capirà che dalle responsabilità non si scappa.
Ma l'autore non ha questo intento.
Rimane imparziale e non entra nella vicenda, lasciando la donna a guardare cosa accadrà, facendole pregare il suo Dio che, nella Sua infinita bontà, saprà fare la scelta giusta.
Va da sè che se il bimbo si salva lei "la passa liscia", e francamente questo non mi piace.
Domani, o dopo un anno, potrebbe trovarsi in una situazione simile...
Forse, se l'autore non aveva intenzione di schierarsi, di condannare ( di sporcarsi un pò, insomma…) doveva confezionare il brano con un taglio giornalistico, come suggerito da altri.
Così non so, il brano perde efficacia, e non capisco cosa devo capire.
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Penna suprema
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Ritengo non ci sia coerenza tra la caratterizzazione del personaggio e il narrato.
Seppur riscontro un certo interesse da parte dell'Autore nel voler trattare un tema difficilissimo e attuale, non posso dire che il 100 così com'è sia efficace; forse sarebbe stato meglio scegliere uno dei tre "momenti" presenti nella storia (le considerazioni preliminari, la condotta della protagonista, l'intervento dei Vigili del Fuoco) e svilupparlo: in cento parole si rende molto meglio se ci si concentra su un istante che se si vuole descrivere dei sentimenti maturati in tre anni dapprima, e in quelli a venire successivamente.
Così com'è, il racconto non mi convince.
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Tu non lo sai, ma dentro me ridevo.
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Qualcosa non mi torna, leggo e rileggo da ormai quindici minuti e non riesco ad afferrare cosa non mi convince. Sembra una di quelle storie da alibi della madre che alla fine si scopre essere lassassina. Forse troppe virgole, forse qualche incongruenza a livello narrativo, forse il tentativo di liquidare una storia così difficile e di ampio respiro in sole 100 parole.
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È vero, ho avuto la sensazione di un testo che funge da monito per situazioni d'attualità. Non è il terrazzo bensì l'auto chiusa con il figlio/a dimenticato dentro. In ogni caso, che differenza farebbe? Incoscienza pura e fin qui va bene.
A mio avviso il racconto è allo stesso tempo poco racconto e poco articolo di giornale, sembra che l'autor@ abbia volutamente deciso di stare nel mezzo infischiandosene di quella parte di resa che viene meno. Per questo ti stimo.
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Penna stilografica
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Certo che se sei lì a guardare il figlio di tre anni penzolare dal terzo piano, pensare di chiudere il terrazzo una volta per tutte sia ben strano. Bel racconto ma che risulta poco sincero in alcuni passaggi.
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18 replies since 30/9/2019, 11:23 243 views
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