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Lenti, i rintocchi della campana attraversano l’aria, si disperdono.
Suona a morto.
Se n’è andato un altro.
È un momento che nessuno può fuggire, siamo predestinati.
Solitamente si ha paura della morte, la si vede come una scadenza, una caduta verso l’ignoto.
Non sai cosa ti aspetta, non sai nulla della morte.
È brutto morire, ma anche restare soli, perdere per strada amici e compagni che con te hanno camminato, gioito, pianto, cantato...
E dopo un po' non avremo più paura della morte, ma l’attenderemo quasi come una liberazione da quell’altra corsa nell’ignoto che è stata la vita.
Forse arriveremo persino a desiderarla.
Nel giorno in cui saremo soli.. -
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Quando si muore si è soli. Il senso dello scorrere inesorabile passa in questo bel racconto... . -
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Si nasce soli e si muore soli. Io voglio pensare che la morte sia solo un momento di trasformazione. E’ vero, la morte fa paura, l’ignoto fa paura, ma è proprio la morte che da senso alla vita. Sono due facce della stessa medaglia.
Bello questo mini che mi ha ricordato “Il cavalier bizzarro”.Inviato tramite ForumFree Mobile
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Si può desiderare la morte quando si è soli, si ha timore d'affrontarla e speranza nell'ignoto sconosciuto, interessante! . -
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"Quando si muore si muore soli", diceva De André nel Testamento.
Una malinconica riflessione sulla morte che forse non ha detto niente di nuovo ma ha espresso concetti con grande chiarezza, superando il fastidio che tutti, chi più chi meno, proviamo quando pensiamo alla fine dei nostri giorni.
Perchè fuori concorso? Chissà .... -
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"la si vede come… una caduta verso l'ignoto".
Togliendo "una scadenza" il racconto non cambia di una virgola, il senso rimane immutato e non si perde o aggiunge niente.
E in un cento a tema "scadenza" questo fatto ha il suo peso.
Il brano è gestito in maniera strana: in due righe si passa da "è brutto morire" a "dopo un pò non avremo più paura della morte" e il perchè si perde tra le righe.
I punti di vista si mescolano un pò: forse era più corretto affermare che "è brutto veder morire gli altri", perchè, credo che l'esperienza del morire non si possa raccontare (magari è meravigliosa, eh…).
In questo brano noto anche una certa "libertà" nell'uso del POV: si parte da un narratore sterno, per arrivare a un noi, e poi a un tu informale… C'è un pò di confusione…
Esempio: siamo predestinati (noi, soggetto sottinteso)
Non sai cosa ti aspetta (tu, soggetto sottinteso)
Ecc...
E poi troppe ripetizioni in un testo così breve: quattro morto/e, due ignoto, due soli. Troppi.
Un testo un pò ambiguo: ma alla fine l'autore ha paura della morte o la vede come una liberazione?
In più s'introduce il tema della solitudine come incentivo per desiderare la morte.
Mi scuso con l'autore se questo intervento può risultare provocatorio, in realtà il messaggio arriva forte e chiaro, ma, a mio discutibilissimo parere, ci sono delle libertà che zavorrano il testo invece di renderlo libero e incisivo.
Argomento ostico da trattare in cento parole.... -
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Per farla semplice penso che solo la morte possa avere la forza di annullare la solitudine che ci portiamo dentro. Sempre. O quasi sempre. . -
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Sarà che sono un amante delle ripetizioni, che secondo me riescono a dare ritmo anche nelle riflessioni, ma a me questo racconto è piaciuto. Unica nota a mio gusto è un po' troppo monotono, il ribaltamento dalla paura della morte al desiderio di essa c'è a livello di concetto ma non a livello di stile. . -
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Dopo averlo riletto l'occhio mi è andato sul nome del presentatore: Mangal.
Strano eh. E se lo avesse scritto lui?
Molto bello.. -
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Molto bello. Pensieri universali e condivisibili. Non l’hai mandato in classe perché eri sicuro che sarebbe tornato a casa con la medaglia...Confessa. . -
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Riflessioni non banali su un argomento che tormenta il genere umano dalla notte dei tempi . -
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A prescindere dal fatto che sia fuori concorso e quindi non votabile (ci spiegheranno perché), non credo che questo lavoro si possa definire un 100.
Sicuramente è una serie di riflessioni, condivisibili o meno; ma la storia dov'è?
Inoltre, il tema del concorso non è stato completamente trattato. Ma in pratica ha già detto tutto Patrizia, quindi, non avendo niente di costruttivo da aggiungere, ti rimando a quei consigli che condivido in toto.
Un abbraccio.. -
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Mi ritrovo a fare una critica (tra l'altro già notata)che a suo tempo avevo "subito" su un mio 100: effettivamente qui non c'è trama, ma solo riflessioni, ancorché interessanti e pregne di spunti su cui discutere.
Non so, se posso dare un modesto consiglio su come poterlo riscrivere senza scardinare la sua struttura: perché non provare a fare riflessioni dal punto di vista opposto, ovvero quello della morte? Come vede i mortali colei che li rende tali? Ridacchia o si preoccupa?. -
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Più che un racconto è un macigno che schiaccia, un concentrato velenoso di angoscia. Complimenti. . -
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100 riflessivo e tormentato.
Amare constatazioni, nulla di nuovo, è vero. Ma quando la cosa ci tocca da vicino prende un sapore diverso.
Quanto è amaro l'ultimo calice da non poter essere addolcito nemmeno dai ricordi.
Perché f.c.? Anche se non è un racconto in piena regola, racconta della vita…
"la morte ha questo di disperato: che si resta unici testimoni di qualcosa, dei patrimoni invisibili, delle giornate spettacolari." Da Almarina di V. Parrella (che sto leggendo in questi giorni).