Infelicità virtuale

aut. Leroux

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    Dio della penna

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    Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.
    Un sorriso amaro solcò per un attimo il volto di Adelaide Ricci Riccoboni mentre, con movimento calmo e misurato, richiudeva il libro su quelle prime pagine che aveva appena sfogliato. Un tonfo sordo, ovattato, che solo i libri riescono a produrre quando si lasciano chiudere.
    Le era tornato in mente il senso di quella frase d’inizio di Anna Karenina, ma non la ricordava perfettamente e l’aveva voluta rileggere. Un lieve tocco alla porta la distolse dai suoi pensieri.
    «Mi scusi signora, se non ha bisogno di me io vado a dormire. Non c’è proprio niente alla tv. Si parla solo di virus, nuovi casi, morti…»
    «No no, grazie Clara, vai pure a riposare. A domani mattina.»
    «Non vedo l’ora che arrivi domani, signora. Vado a fare la spesa, almeno qualcosa di diverso! Chi l’avrebbe mai detto? Buonanotte». Le ultime parole sfumarono mentre la porta della stanza si richiudeva con delicatezza.

    Felicità, infelicità, che parole complicate, abusate, perfino usate a sproposito. Come se la felicità potesse essere uno stato permanente dell’anima o ancor di più come se questo stato potesse estendersi con estrema facilità dalla sfera individuale a quella familiare, proprio come un contagio virale.
    La realtà è che sono gli altri che attribuiscono a una certa famiglia una sorta di patente di felicità, partendo da presupposti oggettivi che fanno dire a chi guarda dall’esterno: “quella non può non essere una famiglia felice”.


    Addie – così la chiamavano, fino da bambina, per sdrammatizzare quel nome troppo imponente e impegnativo – ripercorreva spesso con la mente il suo passato e non riusciva a trovare un solo momento della vita in cui la sua felicità avesse coinciso perfettamente con la felicità della sua famiglia.
    Ed era vero anche il contrario. Aveva letto sprazzi di felicità negli occhi di uno dei suoi familiari, in momenti in cui lei avrebbe voluto morire.
    Eppure i presupposti per una vita felice c’erano tutti.
    Nonostante il nome altisonante, proveniva da una famiglia molto povera e lì aveva toccato con mano il senso etereo e sfuggente della parola “felicità”. Ricordava di quel periodo solo fugaci momenti sereni, ma i disagi della povertà avevano sempre condizionato troppo la sua vita e quella dei suoi familiari.
    Ma era bella, Addie e se ne era accorto anche il giovane Marchese Filiberto Riccoboni, incontrato per caso sui lungarni in una notte di un ultimo dell’anno. Per lei era l’incarnazione del principe azzurro delle fiabe; per lui, lei era una bellezza pura, semplice, con occhi che nella loro luce esprimevano tutto il suo desiderio di vita e di riscatto.

    «Era bello il mio “principe”. Gentile, mai volgare. Fu subito un amore travolgente. Ci sposammo dopo pochi mesi, nonostante le perplessità della sua famiglia che avrebbe preferito per Filiberto una compagna di più alto livello, economico, se non altro.
    L’arrivo dei nostri figli, Eleonora e Lorenzo a poca distanza l’uno dall’altro, fu una gioia immensa. Ecco, quello fu un periodo felice. Mi sentivo completata, perfetta, ma Filiberto, no. Lui soffriva i legami di una famiglia tradizionale. Certamente amava i suoi figli ma non riusciva ad accettare le limitazioni e gli obblighi del suo nuovo ruolo di marito e di padre.
    Ma… se ti annoio, dimmelo pure. È che quando comincio a scrivere mi lascio trasportare dai pensieri e dai ricordi.»
    «Non ti preoccupare, mi piace sentirti raccontare.»
    «Sei molto caro, Ermes, devo ringraziare il caso che ha volto che ti incontrassi, proprio qui.»
    «Anche tu, Adele, sei molto cara.»
    «Va bene. Se non hai di meglio da fare, domani continuiamo. Buonanotte.»
    «Buonanotte anche a te, carissima. A domani.»

    A volte mi sento una stupida a raccontare la mia vita a uno sconosciuto, di cui non so nulla, che chiamo Ermes, che certamente non è il suo nome, come del resto Adele non è il mio. Che mi aspetto da lui?

    Erano passati gli anni. I figli erano cresciuti e alla maggiore età avevano lasciato la casa, alla ricerca di un’indipendenza che sarebbe stata del tutto improbabile senza il sostegno economico della famiglia. La loro felicità, in quella loro parvenza di libertà, era in contrasto ancora una volta con l’infelicità di Addie nel vederli allontanare. Cercò rifugio in Filiberto e fu allora che si accorse di quanto fosse ormai distante da lei.
    «Ciao dolce Adele, ci sei?»
    «Sì, ciao Ermes, ci sono. Vuoi sapere il resto?»
    «Certamente. Non puoi lasciarmi a metà…»
    «Il seguito è cosa recente. Circa un anno fa.. I ragazzi non abitavano più con noi. Eleonora se ne era andata addirittura a studiare in Inghilterra e successe una cosa che mi ferì a morte. In uno dei sempre più rari momenti di intimità… ma forse ha poco senso che te ne parli…»
    «Fai come credi, Adele. Non insisto. Dimmelo soltanto se la cosa può esserti utile in qualche modo.»
    «Istintivamente, sento che posso fidarmi.»


    Se ci ripenso, sono stata un’ingenua. Avrei dovuto accorgermene prima. Eppure i segnali erano tutti lì, sotto i miei occhi. Accorgersene in quel momento, era stato terribile. Quei segni inequivocabili sul collo e sulla spalla di Filiberto mi avevano fatto crollare, in una frazione di secondo, il mondo addosso. Quell’uomo che avevo creduto di conoscere e che in quel momento era tra le mie braccia, poco prima era stato nelle braccia di un’altra donna. È passato del tempo, ma ancora mi brucia dentro, mi imbarazza, anche ora che sto raccontando questa storia a un estraneo incrociato casualmente in un sito per cuori solitari. Forse non è il caso, forse non è questa la strada giusta per scrollarsela di dosso. Eppure è così gentile…
    «Mi spiace, Adele. È proprio una storia spiacevole. Capisco la tua delusione. Quando sento queste storie mi vergogno di essere uomo. Purtroppo siamo quasi sempre noi uomini che approfittiamo della fiducia delle donne e della loro sensibilità. Posso fare qualcosa per te, cara?»
    «No, grazie Ermes, hai fatto fin troppo nel prestarmi attenzione. Non hai obblighi verso di me.»
    «Spero che ti sia servito tirar fuori quello che avevi dentro. Buonanotte. A domani.»
    «Sì, grazie di tutto. A domani.»
    Sono veramente una scema. È incredibile. Me lo ripeto continuamente, eppure… verso le dieci la sera non riesco a resistere alla tentazione di sedermi qui al pc e entrare nel sito…
    «Salve Adele, ben arrivata. Ti aspettavo.»
    «Ciao. Grazie. Mi fai sentire importante.»


    Improvvisamente, un flash di pochi secondi:

    «Basta, Anna!!! Ti ho già detto che i soldi non te li posso restituire. Non cercarmi più, se non vuoi guai!!!!»
    (il messaggio è stato cancellato)

    «Di cosa vuoi parlare stasera?»
    Addie guardò fuori dalla finestra. Vedeva il proprio riflesso sul vetro e l'oscurità subito oltre.
    «Fa freddo lì stasera, tesoro?»
     
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    Penna furiosa

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    Il racconto ha uno stile pulito che scorre bene.
    Ho notato solo un refuso di poco conto: "Sei molto caro, Ermes, devo ringraziare il caso che ha volto che ti incontrassi, proprio qui.»" Volto, invece di voluto.
    Sei riuscito a incastrare incipit ed Excipit alla perfezione usando quello switch finale che porta improvvisamente, sia la protagonista che il lettore, alla cruda realtà.
    Sono bastate quelle due righe per farmi immaginare tutto un altro racconto, tutt'un'altra storia che s'incrocia con quella che hai narrato e che continua verso un oscuro orizzonte.
    Sei bravo con le parole: hai ammaliato il lettore, lo hai coinvolto in una situazione nella quale non ha potuto non immedesimarsi con la protagonista e quando era cotto a puntino gli hai sbattuto in faccia la realtà.
    Per quanto mi riguarda, una prova molto ben riuscita.
     
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    Dio della penna

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    bello, soprattutto il finale, inatteso.
    hai creato una storia facendovi entrare il lettore e poi lo hai espulso in maniera tremenda.
    ottimo colpo di scena, nulla da dire.
    non mi pare di avere visto refusi.
    testo scorrevole e buone descrizioni, anche a livello emozionale.
    brlla prova, complimenti.
     
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    Intanto, una curiosità. All'inizio del racconto presenti la protagonista Adelaide, per tutti Addie. Adelaide è il titolo del racconto di B&S. E c'è anche la domestica Clara, come ne "Il viaggio di Clara" di Viviana Monroy.

    Dico subito che anch'io ho notato un solo refuso, peraltro già segnalato da Stefia. Scrittura corretta, lettura facile, scorrevole e piacevole.
    Anche in questo racconto (come in quello di Byron.RN), c'è un riflesso del periodo pandemico attuale. Un po' quello, un po' un rapporto di coppia ormai appassito dal tempo, ed ecco che la protagonista "si sfoga" sul web. Non è inusuale, anzi. Hai perfettamente centrato una realtà sicuramente molto diffusa tra giovani e meno giovani. Così come hai ben evidenziato il particolare del nickname/nome falso che molti utenti utilizzano per nascondere la loro vera identità. Uno spaccato della società attuale assolutamente verosimile.
    Il finale spiazza, ti lascia a bocca aperta. Io mi sono chiesto: ma cosa ho letto finora?
    Incipit ed excipit ben integrati nel racconto, ne fanno parte, come se non fossero stati indicati né scelti.

    E bravo G.Leroux!

    Ma quanti cazzo ne ho taggati in 'sto commento🤔😳?
     
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    Bello, riuscito, pulito. Va giù liscio senza stancare. Una storia raccontata dall'interno ma che nasconde nel contorno quanto viene svelato nelle ultime frasi.
    Buono anche l'utilizzo di incipit ed excipit.

    Edited by NovelleVesperiane - 8/12/2020, 23:34
     
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    Questo racconto si presenta per quasi tutta la sua interezza come una storia dolce-amara di una donna tradita che si confida con uno sconosciuto.
    Ermes, questo il suo nickname, sembra un uomo gentile, premuroso, attento, ma poi quell'ultimo messaggio inviato per errore, in cui dice a un'altra donna di non poterle restituire dei soldi. Restituire, non dare.
    E allora l'immagine di Ermes ne viene macchiata.
    Quanto? Non si sa, ma di sicuro lascia un segno nel lettore, che continuerà a chiederselo.
    Una bella storia, scritta bene, con uno stile scorrevole e un buon lessico.
    Ho trovato solo una svista che ti è già stata segnalata.
    Ottimo lavoro!
     
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    C’è tutto quello che deve esserci in un racconto flash. La storia che si sviluppa nella testa del lettore grazie ai “non detti”, la resa palpabile della solitudine di questa donna che cerca un surrogato di felicità , la stilettata finale che lascia un retrogusto amaro di verità e il finale, quello sì, che sembra la naturale conclusione di questo piccolo gioiello.
    Ottima sia la scrittura che il contenuto, sorprendente l’aggancio con incipit e excipit. Pochi ingredienti, se dosati con misura, gridano forte più di tante parole urlate.
    Se posso fare un appunto “grafico” mi ha un po’ confusa l’uso de corsivo sia per i pensieri che per le scene di azione (lettura delle frasi al computer) Avrei fatto una scelta grafica diversa, ma qui si parla di forma e non di sostanza.
     
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    Scrivano

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    A parte qualche refuso o errore che ti hanno già segnalato, il testo è scorrerrevole e ben scritto. Il contenuto è buono, forse un po' affrettato nel finale, ma la storia l'ho trovata molto verosimile e raccontata con finezza: la solitudine di una donna, il bisogno di raccontare a uno sconosciuto in rete, la disillusione finale... Bello, mi è piaciuto. :)
     
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    Piaciuta la storia di Adelaide che confida a un amico virtuale cose che non direbbe a nessuno, le sue delusioni, le sofferenze .
    Raccontare a qualcuno che non si conosce è come parlare a un altro se stesso ascolta attento e cerca di consolarti.
    Una scrittura fluida che scivola bene nel racconto senza intoppi di alcun genere.
    Personaggi ben delineati. Colpo di scena finale che non ti aspetti.
    Buon innesto di incipit ed excipit nel racconto. Ottima prova.
     
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    Penna suprema

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    La storia è semplice, simile a centomila altre storie, ma io ho faticato parecchio per inquadrarla. Forse è solo deformata dal modo con cui l'hai scritta. Forse la poca empatia non mi ha fatto identificare bene i personaggi. Non amo questo genere di storie. Non amo i finali a sorpresa, i guizzi letterari. Quando leggo un racconto ritorno il bimbo che leggeva Kipling, Salgari e desidero quella chiarezza. Desidero personaggi con i contorni definiti.
    Uso il tono confidenziale perché sono un tuo estimatore, Leroux.
    Ho sempre considerato gli amori virtuali delle grottesche caricature, nulla di moderno, anzi il ripristino di figure antiche, scomparse. Ripristinate per non fare sentire soli soldati in trincea. Storie causa di divorzi seriali per relazioni comicamente indistruttibili.
     
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    Penna furiosa

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    Forte, la svolta finale. Mi ha colpito perché, da quando sono su facebook, mi sono arrivate tonnellate di richieste di amicizia da parte di uomini sconosciuti, che sul loro profilo hanno una rassicurante foto con un gattino o un bambino. Mi sono informata e ho appunto scoperto questo mondo che non conoscevo, di uomini che abbordano donne online solo per truffarle.
    Triste il modo in cui la necessità di contatto umano e comprensione si scontra con la realtà.
    Una scrittura dolce e limpida. Non mi sono però orientata sempre bene nei tratti in corsivo.
     
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    Regina di cuori

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    Una storia comune al giorno d'oggi, donna sola e tradita che trova conforto confidandosi con uno sconosciuto,
    alquanto gentile, troppo.
    Adelaide è consapevole che l'amico virtuale ha un nickname fasullo come il suo ma continua con le confidenze
    quasi a creare una dipendenza con quell'appuntamento in chat. Scorrevole e ben strutturato, il finale ho dovuto rileggerlo,
    inaspettato, spiazzante ma succede spesso nella realtà virtuale che si ricevano messaggi per errore, specialmente da mentitori seriali.
    Complimenti, racconto interessante!
     
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    Ciao Leroux,
    utlizzo per il commento un mio schema. Eccolo:

    _Scrittura: lo stile -alle mie orecchie- ha molto di classico, con un controllo pieno dei vari livelli temporali e dialogici del racconto. Uno stile manzoniano.
    La cosa mi soddisfa molto, anche perché condita dalla presenza di livelli dialogici che non ti fanno stare tranquillo, ma ti chiedono di stare attento al fluire della storia.
    _Contenuto: la storia in questo racconto mi appare già incontrata in altri contesti letterari/filmici. La cosa che la rende interessante è la forma dialogica del racconto a più livelli perché -a mio modo di vedere- permette una rapidità temporale che mette a tema fino all'ultima frase il più interessante elemento del racconto: la felicità individuale può essere contraria a quella familiare o di quelle che ti sono intorno, ovvero quello della maschera che indossiamo. E allora la scena finale assume un altro aspetto, il disvelamento di una maschera che però potrebbe essere letta in mdo diverso. Intendo, se la protagonista nella conversazione telematica racconta senza maschera, perchè non pensare che anche Ermes, anonimo tra anonimi, parli senza maschera, mentre con altri la debba indossare? Anche qui situazioni già viste, basta citare il delizioso "C'è posta per te". Certo alcuni termini sembrano indicare diversamente (specchio, oscurità) però anche nel film citato la protagonista vive i suoi dubbi.
    _Bicipit: Felicissimo incipit per il tema sotterraneo del racconto. Excipit straniante, secco come una porta che si chiude. Complimenti!
     
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    Penna furiosa

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    Ciao Leroux,

    uno stile lineare, pacato, tranquillizzante quasi, che viene poi scombussolato col sussulto finale.
    Ha tutti gli effetti è un flash inaspettato, che da al tuo racconto quel guizzo che ci sta sempre bene.
    L'utilizzo dell'excipit per la tua chiusa è uno dei migliori dell'intero concorso.
    Bravo.
     
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    Penna d'oca

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    Un racconto ben congegnato di facile e piacevole lettura. Una donna matura ripercorre, narrandola a uno sconosciuto sul web, la sua vita fatta di momenti felici e di dispiaceri, fino alla dolorosa scoperta del tradimento del marito. Fin qui, a parte il buon italiano, una storia per certi versi banale, che ti fa pensare al commento che ne farai: ‘ben scritta.’ È a quel punto, quando hai ormai abbassato la guardia, che t’arriva un cazzotto che ti lascia basito. Il “coup de téâtre” è spiazzante. Ottimo, complimenti! Il racconto è molto ben incastonato tra incipit ed excipit.
     
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