Canzoni

aut. Tommasino

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    Dio della penna

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    La vita è fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Non è fatta solo di grandi cose, come lo studio, l'amore, i matrimoni, i funerali. Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l'anima respira e grazie alla quale vive.
    Chi vive dalle mie parti, non è fortunato. Gli tocca solo mangiare, dormire, e il supplizio di un bar pieno di vecchi sciancati, ogni volta che ci entro per comprare il latte, inciampo a qualche gamba storta, per sbrigarmi a uscire. I ragazzi e le ragazze sono un discorso a parte, come la bellezza della scuola, nuova di zecca: ’ Istituto per Ragionieri Verrazzano’.
    All’uscita di scuola siamo in combutta per la stessa fermata, ma autobus diversi, io e Vida.
    Il mio gira per la borgata, il suo arriva fino ai Castelli, dopo parecchie fermate e dopo parecchi alberi.
    Vida è una figura ipnotica e umana, solo successivamente femminile, e mi dispiace proprio perderla di vista, anche solo per un pomeriggio.
    - C’è un vero tesoro nei tuoi silenzi, - mi dice ogni volta che ascoltiamo musica con una cuffietta per uno.
    Mi sbuffa il fumo in faccia, e mi lascia intendere qualcosa di profondo che non capisco.
    Il mio compagno di banco da due anni, Tony, sembra un personaggio immaginario, ma ha gli stessi ingredienti di un ragazzo buono e simpatico. Quando prende peso la sua testa si rimpicciolisce, sprofonda nelle spalle. Si esprime con difficoltà, si impunta, specialmente se interrogato.
    Piace a tutt’e due Vida, ma una ragazza non si può dividere in porzioni. Che poi, noi una ragazza non l’abbiamo mai avuta, siamo solo svelti a frodare il flipper con le rotelle del ferramenta, e a imbucarci al cinema attraverso le uscite di sicurezza non allarmate.
    Chissà come le è venuto in mente, un giorno, di invitarci a casa sua con la frottola di studiare insieme.
    Alle nove del mattino ci apre la porta con i capelli umidi di doccia e un accappatoio bianco lungo che non mostra nulla. La cucina è deserta, c’è solo una moka, gonfia di caffè caldo, e dei biscottini così piccoli, da prendere con le pinzette, come quando ti fai una canna e non vuoi sprecare nulla.
    - Non pensavo che sareste arrivati così presto, ma sono contenta, - dice, mentre piazza tre tazzine su una tovaglia di plastica.
    - Be’ Tony sta dalle otto sotto casa mia, nemmeno in bagno sono andato.
    - Qui ce ne sono due, vai a quello degli uomini, a quello delle donne c’è sempre la fila. Ride.
    Per cinque minuti le dita di Tony tamburellano sul tavolo della cucina un ritmo ossessivo, che nessuno ascolta.
    Attaccata al muro una collezione di orologi dozzinali fa più rumore del traffico sulla provinciale.
    - Ragazzi, cosa vi va di fare? - Non voglio vedervi annoiati.
    Trasformato in roditore, a bocca chiusa dico: Ascoltiamo musica?
    - Bravo, Andrea, pensaci tu, - dice, puntando un giradischi, due casse ravvicinate, enormi, e una collezione di 45 giri, catalogati come in un negozio del centro.
    Ubbidiente, metto un disco di Bowie, l’unico che conosco. Dopo le prime note mi giro per vederne l’effetto.
    Vida e Tony si baciano con furore.
    Perché ho messo quella canzone? Perché sono qui?
    Mi sento spacciato.
    Sconcertato faccio quello che non dovrei fare, cerco altre canzoni.
    Non ho il coraggio di girarmi. Si è spento il mio motore.
    Sento un fruscio alle mie spalle, sento l’odore di shampoo dozzinale, appena fatto.
    Mi giro. Le sue labbra si incollano alle mie. Un bacio intenso, forte, profondo.
    Per non soffocare, mi stacco bruscamente.
    - Non riesco a credere che stai facendo tutto questo per noi, - dico.
    - Avete fatto fuori un pacchetto di sigarette da dieci e una moka da sei, non ci vuole molto a capire che vi mancavano i miei baci. Ride.
    Finalmente Tony riacquista la parola.
    - Come me la gioco questa? - dice, pedalando al massimo su una cyclette da camera scorticata dagli anni e dal sudore.
    - Ci tengo molto a voi, ogni volta che comincio a odiare i compagni di classe, incrocio i vostri sguardi e mi rassereno, siete la mia medicina, dolce, - dice Vida.
    Faccio un mezzo sorriso, tipo quello che accompagna i non vedenti per farsi perdonare di essere ciechi. Se penso a quanto tempo sono stato senza una ragazza mi viene voglia di uccidermi, e lei si sta offrendo.
    Il momento meno intimo della mattinata diventa quando mi infilo un paio di infradito gialle trovate sotto il letto. - Abbiamo lo stesso numero, - dico raggiante, mentre nascondo i calzini in tasca sistemo le mie scarpe lerce nel porta riviste vuoto.
    - No, ti prego, sono di mia madre quelle.
    -Tua madre dorme qui?
    - Sì, dove la vuoi far dormire? In garage?
    - E che ne so io, tuo padre pure?
    - Non ce l’ho un padre.
    Tony mi tira un calcetto sulla caviglia e mi sbrigo a dire:
    - Non ti sei persa niente, sono solo una rottura di palle i padri. - Il mio pretende che la domenica stia due ore seduto a vedere come si abbuffa, per poi darmi cinquemila miserabili lire che mi bastano appena per la Cantina, e cinque sigarette Nazionali.
    Offrire un velo al suo imbarazzo per la perdita del padre, mi riesce abbastanza bene.
    - Ecco perché fai spesso l’autostop.
    - Tu cosa vuoi veramente, Vida?
    - Credevo di saperlo.
    I suoi occhi sono sotto una cascata di lacrime, la sua leggerezza è scomparsa, ora c’è posto per una sconcertante sconfitta personale.
    Guardo Tony atterrato sul bracciolo del divano con un tubetto di maionese che esce dalla tasca. Non ho altro fratello, altro amico, altro prossimo che Tony.
    - Scusatemi se vi ho piantati in asso, - dice. - Cercavo di farmi un panino e ho trovato solo la maionese.
    - In questa casa non c’è pane, io e mamma siamo celiache.
    - Insultami per quello che ho pensato.
    - E cosa?
    - Che fosse solo per perdere peso.
    - Ti sembro grassa? - Sono grassa solo qui, - dice, toccando il seno abbondante.
    Gli occhi di Tony sanguinano per come li spalanca, io bevo un altro caffè, mi specchio nella latta di una scatola di biscotti.
    Vida si mette in una specie di custodia punitiva, pentita di averci turbati, abbiamo un anno di meno per aver anticipato la scuola, siamo i suoi piccoli amici.
    - Mi ci porterete nella Cantina?
    - Certamente, se a te fa piacere, Vida.
    - Ma la Cantina sta proprio sotto sotto?
    - Dalle finestrelle con le sbarre si vedono le scarpe della gente che passeggia su via Ostiense, per fortuna c’è la retina.
    - E a cosa serve la retina?
    - A non far entrare gatti, topi e zanzare e a non farci sputare sulle scarpe dei passanti. Rido.
    - Ma quanto siete pazzi. Ride.
    - Dai, non ti spaventare, è un bel posto, allestito da bravi ragazzi, un po’ comunisti. Ma ascolti musica ‘House’, mica ‘ El pueblo unido ’.
    Si libera dell’accappatoio a un passo dall’armadio, facciamo in tempo lo stesso a vederla nuda. Indossa un abitino corto popolato di fiori. Per dirla in modo semplice, io e Tony la osserviamo orgogliosi e felici, come se ci appartenesse tutto quel colore.
    Tony trova una canzone dei Beatles, per un’illusione psichedelica i suoi ricci si mischiano ai disegni della carta sul muro.
    Agguanto Vida e faccio finta di ballare fino al marmo della cucina, solo per avere di nuovo un suo bacio.
    Tony sorride. Ho due chiazze di sudore sotto le braccia che arrivano fino alle tasche del jeans.
    Viscido di saliva, Vida, con un gesto improvviso riesce a sfilarsi l’unico anello che ha al dito, lo tira a Tony.
    - La mia vita ricomincia, - dice con la voce che non sembra di una sedicenne.
    -Tua madre lavora lontano? - chiedo mentre spedisco un barattolo di frutta sciroppata con il cucchiaino di Toni ficcato dentro, nel lavandino.
    - Ha un negozio di maglieria proprio all’angolo.
    - Se vende roba confezionata economica, ci andrò.
    - Fa maglioni su misura. -Tu scegli la lana, il colore, e lei con una macchina li esegue. -Te lo regalo io, un maglione fatto da lei, se mi dici il mese del tuo compleanno.
    - Non riuscirei a ricambiare
    - Insisto, Andrea, non mortificarmi.
    - Va bene, il mio compleanno è tra poco, a dicembre, ti farò assaggiare il vino di nonno mio che ho a casa, ma non vorrei apparire troppo campagnolo, troppo grezzo. Rido.
    - Hai detto ‘nonno mio’, si vede che gli vuoi molto bene.
    - Parecchio. Mi si lucidano gli occhi.
    - Dai che ti prendo le misure, e portami il vino, che a mamma piacerà di sicuro.
    Da un cassetto sfila un metro arrotolato, da sarto. Misura larghezza delle spalle, lunghezza delle braccia.
    Partendo dal collo arriva sotto la cinta. Il mio sguardo diventa ansioso.
    - Che hai paura che ti tocchi? Ride.
    Tony che segue la scena addossato alla lavatrice, ride pure lui.
    - Non sono abituato a farmi misurare, - tutto qui.
    - Devi dirmi il colore.
    - Avana, lo voglio avana e peloso, che si apre davanti con i bottoni. - Però lo pago, ho qualche lira favolosamente da parte, niente regali.
    - D’accordo, ti farò solo lo sconto, dirò a mia madre di anticipare i saldi invernali per te.
    - Sei un tesoro.
    - Lo so.
    Ora i mozziconi gettati dal balcone coprono metà del giardino condominiale, siamo nel cuore di un mattino freddo, la gente esce talmente coperta che non li vede.
    In disparte c’è un altro divano, elegante, ma con i cuscini di pelle sventrati.
    Vida ci si siede senza accavallare le gambe, i suoi occhi sono acquosi e neri in modo assurdo. Non se la sente di tenere il segreto.
    - Era il divano di papà. Ci stava le ore a leggere libri e giornali. Era uno scrittore, pure conosciuto.
    - Morto?
    - Macché, ci ha solo abbandonate.
    Dopo la rivelazione siamo meno contenti per quel boccone non inghiottibile.
    Nel più piccolo teatro che conosciamo sta per finire la nostra apparizione, io e Tony ce ne andiamo considerando che la vita per lei sarà bella comunque. La salutiamo con la mano, con rispetto per il suo dolore.
    A modo nostro ognuno è innamorato di lei, a modo nostro ognuno rinuncia a lei.
    Guardo Tony e mi commuovo, non mi aspettavo un esempio così potente della nostra amicizia. Lei resta sulla porta a osservarci, le scale si inclinano dolcemente verso un portone gigante.
    Le nostre ombre appuntite si allontanano in fretta. Eravamo stati lì solo perché avevamo finito i posti dove non eravamo mai stati, ci sforziamo di pensare .
    Vida non percepisce la nostra sofferenza, il nostro finto cinismo, e grida dal balcone:- Tornate quando volete, - pure se c’è mia madre.
    Forse non era così che dovevano andare le cose. Ma così stavano.
    "Nel complesso", rifletté, "sarebbero potute andare decisamente peggio".
     
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    È uno spaccato di vita molto tenero e hai rappresentato bene questi ragazzotti con un'età indefinita rendendoli credibili.
    Anche la lei, "piu grande", che gioca maliziosamente con loro in un mondo e in un modo innocente è un personaggio indovinato.
    Mi sono trovata a dover rileggere delle frasi perché hai fatto dei "salti" che sul momento mi hanno spiazzato e mi hanno fatto perdere il filo, ma poi ti ho ritrovato.
    La storia è comunque molto piacevole e incipit ed excipit sono stati perfettamente integrati.
    Buona prova.
     
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    Un racconto di una tenerezza struggente, di ragazzi inesperti che si comportano con una grande maturità, di virtù solide che saltano fuori da uno sfondo piuttosto degradato, come altorilievi.
    Il racconto fluisce fra sentimenti di amicizia, piacere senza ingordigia, conflitti volti a superare le contraddizioni, a risolversi dialetticamente verso una sintesi che allarga gli orizzonti. Più che un racconto compiuto direi che è il primo capitolo di un romanzo di formazione. E' intrigante, promette molto, vale la pena di non essere abbandonato.

    Il ritmo è pressoché perfetto, ognuno dei momenti narrativi è preso con il respiro giusto, forse solo un po' affrettato il finale, mi sarei aspettato qualcosa di un po' più più pensoso (ma senza essere pedante o moraleggiante, per carità!).

    Bello anche l'inserire nel punto di vista di Andrea anche i gesti di Tony che rivela l'attenzione reciproca, e quindi l'amicizia, che c'è fra i due..

    Qualche nota stonata non poteva mancare (la perfezione non è di questo mondo). Io vedo una piccola contraddizione nelle frasi: "Che poi, noi una ragazza non l’abbiamo mai avuta" e 2Se penso a quanto tempo sono stato senza una ragazza". La seconda può essere formulata solo da chi ragazze ne ha avute.

    Avrei da ridire anche qualcosa sulla punteggiatura, le virgole mi sembrano eccessive. A titolo di esempio, metto tra parentesi le virgole che io eliminerei: "Chi vive dalle mie parti(,) non è fortunato. Gli tocca solo mangiare, dormire (,) e il supplizio di un bar..."

    Consiglio la lettura di Bice Mortara Garavelli - Prontuario di punteggiatura - ed.Laterza.

    Per quanto riguarda il lessico, mi sembra corretto e di alto uso (ma assolutamente non ricercato). Forse non appropriato l'uso di "combutta" (che significa alla rinfusa, o scopi equivoci) nel caso della fermata dell'autobus e di "frottola" con il significato di scusa.
     
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    Indovinato e credibile il raccontino dell’iniziazione di due ragazzotti inesperti da parte di una compagna più grande, che tenta di creare tra loro un dualismo, che viene superato dal senso di amicizia. Peccato che la stesura del testo e i frequenti salti mi abbiano costretto a leggerlo tre volte prima di afferrarne pienamente il significato.
     
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    Penna suprema

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    Grazie, Gianfranco

    Nemmeno il nome ho cambiato a Tonino, nemmeno la sua balbuzie e l'atteggiamento di essere sempre e comunque distante. Diventò direttore di banca, senza stupirmi troppo. Di Vida, che non si chiama Vida, ho perso le tracce.
     
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    Soldato semplice

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    Molto delicato questo racconto . Due adolescenti legati da profonda amicizia e una ragazza che piace a entrambi si ritrovano in una storia reale e per questo che non ha una vera trama, ma è fatta di momenti ,di frammenti, di sensazioni a pelle, come la musica in sottofondo, i baci, che riempiono la storia di armonia. C'è tanto amore in quel dire "nonno mio" e tanta tristezza nella vita della ragazza che il padre ha abbandonato.
    I due ragazzi mostrano di essere maturi per la loro età e di certo quella esperienza resterà nelle loro vite.
    il tuo personale modo di raccontare fatto di immagine rubate a ricordi reali o inventati è sempre particolare ed originale.
    Un gran bel racconto Tom. <3
     
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    Penna suprema

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    Grazie, Esterella
     
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    Scrivano

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    Ho sempre pensato che le prime esperienze d’amore fossero più difficili per i ragazzi che per le ragazze.
    Forse perché ho sempre immaginato che i ragazzi dovessero sempre dimostrare di più, di essere “portati” per certe cose. Tu hai confermato questa mia convinzione adolescenziale, solo che i tuoi “ragazzi” oltre avere gli ormoni a palla, avevano anche un cuore. E mi è piaciuto vederlo.
    Faccio un mezzo sorriso, tipo quello che accompagna i non vedenti per farsi perdonare di essere ciechi.
     
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    Il Conte

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    Uno spaccato di quell'adolescenza isolata che cresce ai margini delle cittá grandi.
    U
    L' amore, l' amicizia, la leggerezza di quegli anni si respirano a pieno.
    In alcuni dialoghi usi una costruzione
    Frase-frase-frase.
    Che non capisco bene come si legge: é la stessa persona a parlare? Te lo dico perché a volte mi ha un po' confuso.

    Per il resto ben scritto davvero e molto piacevole
     
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    Penna suprema

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    Sì è la stessa persona, solo se vado a capo, cambia.
    Ho una certa idiosincrasia per le caporali, sarebbe stato tutto più semplice e comprensibile, altrimenti. Il linguaggio, secco, veloce, banale, è comunque quello di tre adolescenti, facile da decifrare.
    Grazie.
     
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    Ciao Tom,

    leggere qualcosa di tuo è come andare nel ristorante preferito, quello con cucina casalinga, dove mangi tanto e bene e ti trovi a tuo agio perché ti trattano bene.
    I tuoi racconti sono così, rassicuranti, famigliari, ti fanno passare dei momenti sereni.
    Sì, c'è sempre quel senso di agrodolce in quello che scrivi, non è tutto rose e fiori, però alla fine prevale quel tocco di poesia per un mondo che forse non c'è più.
    Belli tutti e tre i tuoi personaggi, soprattutto Vida, ma le protagoniste femminili a te riescono sempre bene.
     
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    Penna suprema

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    Grazie mille
     
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    Penna stilografica

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    “Gli tocca solo mangiare, dormire, e il supplizio di un bar pieno di vecchi sciancati, ogni volta che ci entro per comprare il latte, inciampo a qualche gamba storta, per sbrigarmi a uscire.”
    Avevo pensato alla prima frase del racconto: “Finalmente, un racconto di Tom scritto male!” Quella virgola dopo “sciancati” non ci sta. Era meglio un punto … e poi “inciampo a qualche gamba” proprio no. Io ho sempre inciampato “IN” qualcosa e non “A” qualcosa.
    Poi invece, (che delusione!) il racconto, nella sua semplicità e freschezza mi prende, con il solito uso sapiente della parola che non mi annoia mai.
    L’excipit mi è parso un po’ forzato ma… quello era…
     
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    CITAZIONE (G.Leroux @ 2/12/2020, 23:43) 
    “Gli tocca solo mangiare, dormire, e il supplizio di un bar pieno di vecchi sciancati, ogni volta che ci entro per comprare il latte, inciampo a qualche gamba storta, per sbrigarmi a uscire.”
    Avevo pensato alla prima frase del racconto: “Finalmente, un racconto di Tom scritto male!” Quella virgola dopo “sciancati” non ci sta. Era meglio un punto … e poi “inciampo a qualche gamba” proprio no. Io ho sempre inciampato “IN” qualcosa e non “A” qualcosa.
    Poi invece, (che delusione!) il racconto, nella sua semplicità e freschezza mi prende, con il solito uso sapiente della parola che non mi annoia mai.
    L’excipit mi è parso un po’ forzato ma… quello era…

    Amico francese, non sono il giovane Holden, ma ho provato lo stesso a dare voce a un quindicenne, per gusto mio, ti giuro.
    Raccontare qualcosa che mi appartiene elimina ogni velleità agonistica e mi fa stare bene.
    Grazie mille e un abbraccio.
     
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