Agnès alla laguna

aut. Resdei

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    Dio della penna

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    La vita è fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Non è fatta solo di grandi cose, come lo studio, l'amore, i matrimoni, i funerali. Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l'anima respira e grazie alla quale vive.
    Come adesso che sto seduta sulla riva, la sabbia scivola dalle mie dita leggera, i piedi nudi dentro l’acqua della laguna. Sono immersa nel chiarore, il buio della notte si va spegnendo e assisto, inerme, alla nascita di questo nuovo giorno.
    È l’ora della quiete e della solitudine, l’ora perfetta, l’ora più bella, quella che più amo. Si dileguano le paure, anche le ultime ombre scompaiono e tutto diventa più chiaro e comprensibile.
    Sono come in una stanza con le persiane schiuse, lascio che l’aria fresca del mattino entri nella bocca, dentro le narici, mi accarezzi le spalle scoperte. E respiro, finalmente respiro a pieni polmoni.
    Sulla baia non c’è più nessuno. Si sono allontanati, chi da solo, quasi tutti in compagnia. Io non ho sonno, un bicchiere vuoto in mano, il fondo rosso per le poche gocce rimaste di una bevanda alcolica e di una nottata conclusa come tutte le altre.
    I tavoli sono vuoti, le sedie sparpagliate, le luci spente. La lunga fila di eucalipti agita le foglie, come capelli sciolti da un vento noioso e insistente.
    Anche la musica ha cessato di esistere e le ultime note, trascinandosi, hanno lasciato spazio al silenzio. Anche tu sei andato via, stanco per il lavoro o forse per non affrontare l’ennesimo rifiuto da parte mia.
    Allora ho pensato di scriverti, di lasciarti una lettera, perché possano raggiungerti gli ultimi pensieri e tu possa comprendere quello che non ho avuto il coraggio di dire. Ti ho mai raccontato dei tramonti di Marsiglia?
    Ero giovanissima, molto bella, così dicevano, un viaggio lungo, oltre l’oceano, mi aveva portata davanti a una finestra spalancata sul mondo.
    François aveva molti più anni di me, ero innamorata e lui mi aveva riempito la testa di sogni e di facili conquiste. L’avevo conosciuto all’isola dei Cervi, lui e i suoi amici, belli e facoltosi, in vacanza alle Mauritius.
    “Vieni con me, Agnès, ti farò fare la modella. Sei splendida, hai un’eleganza innata, ti basterà poco, vedrai. E poi, con quel sorriso, chi vuoi che ti resista?”
    Ho lasciato l’isola e insieme siamo arrivati a Parigi.
    L’ambiente della moda mi ha accolta a braccia aperte, è diventata la mia nuova casa, ho conosciuto tanta gente e posti diversi. Ma François, come spesso faceva, si era annoiato anche di me, lasciandomi sola e in balia di me stessa.
    Ogni giorno succedono tante piccole cose e poi ne succedono altre che ti cambiano la vita per sempre. Una sera su una spiaggia, vicino Marsiglia, ho ucciso un uomo.
    Mi aveva invitata a bere qualcosa, al tramonto, per guardare il mare, la luna che si specchiava, per spegnere la nostalgia della mia terra, diceva, della mia gente.
    All’improvviso aveva cambiato voce. Lo sguardo era diventato stretto, una fessura profonda e cieca per un desiderio feroce. Si era avvicinato, troppo, fino a immobilizzarmi per farmi violenza.
    Mi sono dibattuta, contorcendo il corpo. La sua mano enorme aveva soffocato la mia bocca, trattenuto l’urlo e le inutili preghiere. Schiacciata tra la sabbia e quella forza inaudita, da sotto la schiena ho tirato fuori un sasso.
    L’ho colpito, prima sul volto, una due più volte poi, quando la presa era stata più leggera e avrei potuto fermarmi, ho continuato forte e più forte a battere sulla tempia, con quanta forza avevo.
    Il sangue scendeva, mentre stavo ancora distesa sotto di lui, mi rigava il viso, mischiandosi al calore delle mie lacrime.
    Sono sgusciata via, togliendomi quel peso morto da dosso e, come una tartaruga appena nata, sono scappata verso il mare, con il cuore impazzito per la paura di essere, ancora, facile preda.
    Nessuno mi aveva inseguita.
    Ho strofinato con vigore le mani, la faccia, il vestito, l’acqua era diventata rossa, l’avevo macchiata del mio stesso crimine. Pregavo perché non mi tradisse, che lavasse e purificasse la mia anima e la rendesse candida come una veste bianca.
    E il mare non mi aveva abbandonata, aveva atteso con me, sussurrandomi, come da dentro una conchiglia: “Non è stato tuo lo sbaglio, tu non hai nessuna colpa.”
    Mi hanno trovata all’alba, nuda sulla spiaggia, rannicchiata con le braccia intorno alle gambe e il corpo di quell’uomo poco distante.
    L’hanno chiamata legittima difesa. Ero giovane, ingenua, inesperta e avevo subìto un tentativo di violenza carnale.
    François aveva pagato il miglior avvocato di Marsiglia. Me lo doveva, diceva, forse per l’inutile senso di colpa che si trascinava per avermi portato via dalla mia vecchia vita.
    Ma dopo, la mia esistenza non è stata più la stessa.
    Sono tornata a casa, alla laguna, sono tornata nel paradiso perduto e mai dimenticato.
    E poi ho incontrato te, Louis, il mio ballerino pittore. Tu sei stato gentile con me, mi hai insegnato a ballare, compagno perfetto di tante serate, la coppia più bella ci chiamano, perché è così. Tu mi sfiori, mi stringi e mi avvicini al tuo petto nudo, per sentire il contatto della mia pelle. Ma io che cosa sento? Quando ballo con te vedo gli occhi della gente fermi sul mio ventre, sulle anche che ondeggiano, sulle gambe che inseguono i tuoi passi, incrociando le tue e non ho paura. Il tuo corpo mi fa da scudo, la musica è la mia bolla dove tutto svanisce, anche il dolore. Con i bordi della gonna tra le dita apro e chiudo le braccia come fossero ali, vicino a te mi sento leggera, una farfalla. Sono viva altrove e per un tempo finito, libera dal mio tormento.
    Ma io non riesco ad amarti, tanto da dimenticare il male che ho fatto. La tua dolcezza è disarmante, ma ho una corazza che può trascinarmi solo verso il fondo.
    La vita non è fatta di grandi cose, Luis, ma tu studia e lavora, ce la farai ad andare in America, o in qualsiasi altro posto, a cercare fortuna. Qualcuno vedrà i tuoi quadri e li troverà perfetti e unici, perché hanno i colori dei sogni che ciascuno porta dentro, anche quelli di un’esistenza in bianco e nero. E poi cerca una donna da amare con tutto il cuore, accarezzale gli occhi mentre dipingi il suo viso. Tutto l’amore che hai può solo espandersi e crescere ancora. Ne sono certa.
    Con te ho vissuto l’incanto, ho conosciuto l’oblio, anche se per poco. Con te riesco a dimenticare quello che ho fatto. Ma poi il tormento mi riprende, quando sto sola, sempre più spesso ormai in ogni momento è dentro di me. Tutti i giorni, anche adesso.
    In questo breve tratto che mi separa dalla morte, posso dire che non ti dimenticherò mai.
    Agnès


    L’ultimo messaggio era stato per me, l’avevo trovato tra le pieghe della sua veste con i fiori azzurri. Sulla spiaggia bianca, di quella mattina d’estate, era stata l’unica macchia di colore mentre il sole sorgeva.
    Mi sembrò di vederla, Agnès, come in un film proiettato sopra uno schermo bianco, steso all’orizzonte. Si era alzata dalla riva, con calma e con dolcezza aveva fatto scivolare il vestito.
    Era entrata in acqua, nuda, esile figura, aveva camminato, senza fretta, in un silenzio surreale, fin dove sapeva sarebbero arrivate le correnti.
    Il mare, dai riflessi turchesi, in quell’ora veniva colorato di arancio fuoco e si preparava a ricevere il corpo perfetto di una donna.
    Aveva abbracciato le lunghe gambe, i fianchi arrotondati, le mani morbide, le braccia sottili, il collo slanciato e infine la testa di riccioli bruni, coprendola con un bacio di morbida seta. E il viso, gli occhi neri dal taglio allungato, le lunghe ciglia e le labbra serrate. Non sorrideva, Agnès, non sorrideva più.
    Non ce la faceva a vivere con la sua colpa, perché un’anima pura prende sopra di sé l’orrore della vittima e del carnefice.
    La nuova stagione cambiò i colori ai miei quadri, la tristezza profonda coprì di grigio le tele. Niente poteva consolare tanta solitudine e la vuota disperazione.
    Fermo, immobile, sulla stessa spiaggia, agitato da un vento freddo e minaccioso, sperai di vederla uscire dall’acqua.
    Vidi i colori del punto esatto in cui due mari si incontrano ma non si mischiano. Ognuno in superficie mantiene il proprio colore mentre, in profondità, le correnti inarrestabili creano forze contrarie e sciolgono gli appigli. Così era diventata la vita di Agnès.
    Ripiegai in quattro la lettera.
    La rimisi nella tasca interna del cappotto.
    Un freddo impalpabile mi sfiorò il collo, arrivando al centro del petto.
    Alzai la testa. Il mare aperto era sbarrato da un banco di nubi nere, e il quieto corso d’acqua che portava ai confini estremi della terra scorreva cupo sotto un cielo offuscato - pareva condurre nel cuore di una tenebra immensa.
     
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    Cronaca di un omicidio. Cronaca di un suicidio. Troppo per un essere umano, rischia di non sopravvivere neppure il lettore.
    Pensare che il racconto si era aperto con immagini delicate, con un'alba da invidiare. Tutto è più chiaro e comprensibile, dice l'autrice.
    Ma non voglio fare un inutile riassunto, le cose le ha già spiegate bene lei.
    Voglio solo complimentarmi per quel passaggio, nemmeno troppo repentino, da immagini rassicuranti, a una storia atroce.
    Io non sarei capace a descriverlo così bene. Complimenti.

    Edited by tommasino2 - 30/11/2020, 16:55
     
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    Che bello! Suggestivo, poetico, commovente. Delicatissimo ma insieme forte, nel raccontare le diverse tragedie.
    Complimenti, scritto davvero molto bene. Ti segnalo solo che, al posto di “sulla baia”, scriverei “nella baia”. Fila via liscio, tutto è ben collegato.
    Incipit ed excipit ottimamente integrati, come contenuto e come stile.
    Davvero un bel lavoro.
     
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    Bella la tua scrittura. Mi piacerebbe saper scrivere come te.
    La storia però non mi ha preso, mi sembra posticcia, forzata. Per carità, son d'accordo con te che tutte le storie, specie complesse come la tua, risultano innaturali se scritte in pochi caratteri.
    Per questo se avessi dovuto scrivere una storia come la tua, l'avrei scritta usando allusioni, brevi flash, fatto capire senza dire. Ad esempio la descrizione del tentato stupro e della difesa è dettagluiata come da verbale della polizia, ma proprio per questo non risulta drammatica come dovrebbe.
    Comunque un piacere averlo letto. Grazie
     
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    Che dire? Chapeau! Un racconto magnifico e un’idea stupenda. Bello, struggente, vero. Verrebbe da pensare che l’hai in qualche modo vissuto. Scritto bene. Mi ripeto: Chapeau!
     
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    Pensavo finisse con la lettera d'addio ed era già tanto, mi ha piacevolmente sorpreso seppur nella tristezza del racconto il pensiero del pittore che dipinge col pensiero
    Agnès nel suo ultimo fatidico gesto.
    Piaciuto tantissimo, scrittura bella e raffinata nella descrizione minuziosa dei dettagli.
    Nient'altro da segnalare se non il mio trasporto emozionale nella lettura, complimenti!
     
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    Veramente una bella scrittura… “raffinata” come ha definito giustamente Genoveffa, con un uso sapiente di aggettivi che cadono senza strafare, mai fuori luogo, come le decorazioni di un miniaturista. Il passaggio repentino dalla contemplazione alla tragedia diventa così più sopportabile per il lettore.
    E’ il secondo racconto che leggo, dopo quello di B.&S. e nonostante gli stili di scrittura completamente diversi, ho trovato un punto di contatto interessante: l’uccisione dell’uomo violento da parte della donna. In entrambi i racconti non ho fatto in tempo a pensare: “finalmente le parti si sono invertite. Giustizia è fatta”. Invece, no. Per Agnès, come per Adelaide, quell’atto in fondo più che comprensibile, diventa fonte di dannazione eterna, che qui sfocia addirittura nel suicidio della protagonista perché “Non ce la faceva a vivere con la sua colpa, perché un’anima pura prende sopra di sé l’orrore della vittima e del carnefice”.
    Scelgo per evidenziare il tuo lo stile elegante di scrittura la frase iniziale: la sabbia scivola dalle mie dita leggera”. Avresti potuto dire ugualmente “la sabbia scivola leggera dalle mie dita” oppure “la sabbia leggera scivola dalle mie dita” e invece hai scelto quella forma che più si avvicinava alla poesia.
    Anche “persiane schiuse” e non semplicemente “aperte” va nella stessa direzione.
    Bella l’espressione: “Lo sguardo era diventato stretto”. Rende bene l’idea. Cosi come la similitudine “come una tartaruga appena nata, sono scappata verso il mare”
    Qualche nota di poco conto:
    Rivedrei la frase “Mi aveva invitata a bere qualcosa, al tramonto, per guardare il mare, la luna che si specchiava, per spegnere la nostalgia della mia terra, diceva, della mia gente.” che mi pare un po’ troppo contorta.
    Anziché ”in vacanza alle Mauritius” direi “in vacanza a Mauritius”

    Edited by G.Leroux - 8/12/2020, 17:26
     
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    Un bel racconto, con una bella ambientazione sullo sfondo, quella della laguna.
    Anche se non sono un fanatico delle immagini troppo liriche, devo dire che la tua scrittura mi è piaciuta, grazie come detto anche all'ambientazione particolare che riesce a dare al componimento quel tocco di suggestione che non fa mai male.
    Forse la scelta epistolare fa un pò da filtro a quello che è successo e sta per succedere, comunque il risultato è convincente.
    come una tartaruga appena nata, sono scappata verso il mare, con il cuore impazzito per la paura di essere, ancora, facile preda. Gran bella immagine questa.
     
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    La colpa é il protagonista di questa vicenda. Come un ospite scomodo é sempre lá, presenza immancabile di questa lunga confessione che Agnese regala al suo compagno.
    Certe frasi sono davvero splendide. Le ho ricette più volte.
    La lettera é pura poesia.

    La conclusione invece é meno forte, ma necessaria.
    Un bel racconto che punta tutto sull'anima della sua protagonista... e fa bene
     
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    Descrivere le atrocità utilizzando un lessico duro e tagliente è quello che ti aspetti:l’inatteso è utilizzare le parole e le immagini più delicate. Questo contrasto tra la levità delle parole e la crudezza delle situazioni è ciò che colpisce di questo racconto. Non c’è bianco senza nero.
    La storia è quasi atemporale non riesco a collocarla in un contesto attuale nonostante tu parli del mondo della moda. Potrebbe essere la storia di una geisha tratteggiata a china, o di una donna di qualsiasi epoca.
    Hai uno stile riconoscibile e questo è un gran pregio.
    Incipit ed excipit fanno saldamente parte del racconto. Complimenti.
     
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    Nonostante la crudezza della storia io trovo che questo racconto sia scritto magnificamente, le descrizioni, le sensazioni che fai provare al lettore specie nella prima parte sono uniche. La storia è bella e triste ,e si fa leggere con avidità.
    Una cosa non ho gradito molto di questo racconto è la parte finale. La chiusa era più pertinente dopo la fine della lettera di Agnes. Il mare avrebbe dato l' immagine finale.
    :noviolence.gif: Per il resto lo trovo un gran bel racconto. Complimenti.
     
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    Penna furiosa

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    E' un racconto elegante, pulito e poetico, che narra di brutture inaudite, e lo fa (lo fai) con un garbo spiazzante.
    Belle le atmosfere che hai disegnato e che sono riuscita a immaginare vividamente.
    Per la prima parte mi sono immedesimata con la protagonista: sei veramente una brava narratrice.

    Incipit ed Excipit sono integrati perfettamente nel racconto.
    Prova elegantemente superata.
     
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    Storia intensa e drammatica che evita con eleganza il rischio del melodramma e del "già visto" grazie a una scrittura intensa e potentemente evocativa. Molto brava. :)
     
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    Penna d'oca

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    Potrei cavarmela con un semplice "bellissimo", perché non c'è molto altro da aggiungere: per ora il migliore tra quelli che ho letto.
    Mi vengono in mente due aggettivi per definirlo, nonostante la drammaticità del contenuto: "delicato" e "morbido".
    Tra l'altro devo dire che Incipit ed Excipit sono così integrati e coerenti da non sembrare presi da altri romanzi.
    Ti segnalo al volo che Louis diventa Luis.
    E concludo evidenziando tre parole o brevi espressioni che mentre leggevo mi hanno fatto dire "che bello!"
    CITAZIONE
    assisto, inerme, alla nascita di questo nuovo giorno.

    nella parola "inerme" c'è tutto il senso di questo racconto
    CITAZIONE
    come una tartaruga appena nata,

    richiamo all'inerme di cui sopra
    CITAZIONE
    per un tempo finito,

    non avresti potuto esprimere meglio l'effimera gioia del momento.
    Splendido!
     
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    Lo stile del tuo racconto è , chiaro ed evocativo delle sensazioni e dei sentimenti di Agnes, la protagonista. Non ci sono refusi o particolari errori grammaticali, a parte, l'unica perplessità, dall'espressione: "la notte si va spegnendo", non so se la notte buia e nera possa spegnersi.
    Molto bella l'idea di basare il testo su una lettera al suo amato Louis, il compagno perfetto, che però non si capisce perché lei non riesca ad amare, addirittura lo rifiuta, quando invece potrebbe costituire un punto di riferimento come uomo al proprio fianco.
    Nel complesso mi è piaciuto, mi ha trasmesso quiete e tranquillità nonostante alcuni passaggi violenti come l'uccisione di un uomo.
     
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