Il viaggio di Clara

Fuori concorso su richiesta dell'autore

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    La vita è fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Non è fatta solo di grandi cose, come lo studio, l'amore, i matrimoni, i funerali. Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l'anima respira e grazie alla quale vive.

    L’uomo aprì la porte e scese dalle scale.
    Ci vediamo lunedì sera, tesoro, comunicò alla moglie.
    Lavorava a Lyon, al consolato generale d’Italia, proprio a due passi dall’ingresso del Parc de la Tête d’Or, e aveva l’abitudine di tornare a Milano una volte al mese, per non lasciare soli a lungo dei genitori ormai anziani.
    Era allergico agli aerei e scendeva in treno col diretto Milano Lione in partenza dalla stazione di Part Dieu alle 17.55 e arrivo a Milano Porta Garibaldi alle 22.55.
    Se ci riusciva occupava un posto in mezzo alla vettura centrale, vicino al finestrino lato marcia, sistemava la giacca nel posto libero accanto e la borsa in quello difronte, con la speranza che il treno non si riempisse abbastanza da indurre qualcuno a chiedergli di toglierli.
    ‒ È libero? ‒ Domandò poco prima della partenza una voce femminile, né giovane né vecchia, acuta ma gradevole.
    Lui alzò lo sguardo, e si trovò di fronte una ragazza di sì e no venticinque anni, di aspetto piacevole e dagli occhi tristi: gli parse alta, i capelli castani le cadevano sulle spalle coperte dal giaccone scuro e pesante aperto a metà sul davanti.
    ‒ Sì rispose infastidito ‒ e abbozzò un sorriso di circostanza, che significava, trovi tutti i sedili liberi che vuoi proprio qui davanti.
    Ma lei sembrò non accorgersene, atteggiò una smorfia simile a un sorriso, si sfilò il soprabito e prese posto.
    Ha un buon profumo, pensò lui. Certo meglio che una vecchia madamin, cercò di farsi coraggio.
    E riprese le sue letture, contento del silenzio della vicina.
    Dopo neanche un quarto d’ora la confusione scemò in un ronzio confuso, il treno aveva lasciato il riparo della stazione, le luci si erano fatte soffuse, la città aveva lasciato il posto alla campagna.
    Concentrato nelle sue letture non si accorgeva che tutti parlavano al telefono o vi picchiettavano sopra in modo compulsivo. Tutti tranne lui e la sua vicina.
    ‒ Ne vuole? ‒ Disse la ragazza dopo un po’, e gli offrì una Alpenliebe.
    Lui si voltò e, alla tenue luce dei diffusori notturni, incrociò occhi chiari che sembravano chiari e un bel viso agitato da reconditi pensieri.
    Una delle conseguenze di un lungo viaggio era quello di agevolare gli incontri, alle volte piacevoli, molte altre meno.
    ‒ Mi chiamo Clara ‒ si presentò.
    ‒ Olmo ‒ la imitò.
    ‒ Olmo? ‒
    Ne aveva fin sopra i capelli delle domande causate quel nome e teneva sempre pronto uno stuolo di risposte fra cui selezionarne una che potesse esser buona a seconda della categoria dei richiedenti.
    ‒ Chi amava Novecento? Il papà o la mamma?
    Sorrise, non erano molte le persone che intuivano la giusta fonte al primo colpo.
    ‒ Che poi Olmo è un omaggio alla Rivoluzione Francese ‒ riprese lei.
    La scrutò con la curiosità di chi nota un particolare nuovo in un paesaggio noto.
    ‒ Sì, Bertolucci non l’ha scelto a caso. Però, e solo quando sono in viaggio, mia moglie mi chiama Addie.
    ‒ Quindi piacere di conoscerti, Addie. Fai spesso questo viaggio? ‒ Gli domandò passando al tu.
    ‒ Sì ‒ rispose, laconico nel tentativo di far desistere il suo interlocutore.
    ‒ Anche tu odi gli aerei?
    L’uomo annuì increspando le labbra in una smorfia simile a un sorriso.
    ‒ Non hai voglia di parlare, vero? Io incontro sempre qualcuno che non riesce a far a meno di raccontarti la propria vita ‒ aggiunse, con un accenno che nascondeva insofferenza.
    Molto spesso, è vero, rispose, e chiuse il volume che aveva in mano girandosi a tre quarti per poterla guardare.
    ‒ Per quale ragione, secondo te?
    ‒ La maggior parte della gente ha paura del silenzio ‒ disse - e non sa come gestirlo. Ma il desiderio di comunicare è innato.
    ‒ E non credi che invece influisca l’opportunità di sfogarsi senza il timore di esser giudicati? Magari essere capiti, consolati anche se per un breve tratto?
    ‒ Fa parte dello stesso desiderio di comunicazione ‒ fece, provando a incasellare quella considerazione in uno schema a lui congeniale.
    La ragazza annuì poco convinta e poggiò le spalle allo schienale.
    ‒ Una buona lettura? ‒ Riprese dopo un po’, assorta e di nuovo triste come quando si era seduta a lui vicino.
    Lui le mostrò la copertina, col titolo dell’opera e il nome dell’autore a lettere argentee.
    ‒ Insegni? ‒ Gli chiese, con voce spenta.
    ‒ Sono un funzionario del consolato generale di Lione.
    Clara sorrise senza voltarsi, socchiuse gli occhi e sembrò provare ad addormentarsi.
    Il treno oltrepassò Bourgoin e puntò verso Sudest in direzione Chambéry.
    ‒ Dove siamo? ‒ Gli domandò dopo un paio d’ore. Il treno si era fermato e una zaffata di freddo gelido era entrata nella carrozza dalle porte aperte.
    Saint Jean de Maurienne. Stanno scendendo dei passeggeri.
    ‒ È rimasta quasi vuoto osservò ‒ contrariata.
    Lui scrollò le spalle e non ritenne necessario rispondere.
    ‒ Sei sposato da molto? ‒ Gli chiese, girandosi verso di lui.
    ‒ Quasi vent’anni.
    ‒ E non ti pesa vivere insieme alla stessa persona da tanto tempo?
    ‒ Ormai abbiamo imparato a non farci del male.
    ‒ Leggi libri tanto impegnati per piacere o per provare a trovare risposte? ‒ Gli chiese a bruciapelo.
    ‒ Sono un corroborante, mi aiutano a vivere ‒ la corresse.
    ‒ Non è più importante dare un senso alla vita? ‒ Come alla morte, aggiunse dopo un istante.
    ‒ Per la maggior parte dei comuni mortali, sì. Ma forse è proprio questa ossessiva ricerca di senso a indurci a non riflettere sulla vera essenza delle cose. Forse che cercano un senso gli animali per vivere? Solo l’uomo lo fa. E tu?
    Si decise a farla lui una domanda.
    ‒ Studio, il Progetto Erasmus, sai... e vivo. Almeno tento. È un momento davvero no. Mi sento proprio giù ‒ gli rivelò con una voce sottile quasi tremante, flettendo lo sguardo.
    ‒ Problemi di cuore? Provo lui a stemperare la tensione percepita nella voce.
    ‒ Si potrebbe anche metterla così...
    E a lui sembrò che Clara aspettasse una sua replica.
    Ma aveva appreso a trincerarsi dietro il silenzio e non gli andava per nulla di perdersi tra i problemi familiari, o angosce esistenziali o chissà che altro, di una ragazzina, di un’estranea.
    In silenzio si rintanò sotto la giacca che gli faceva da coperta.
    Lui si svegliò che dovevano essere oltre il tunnel del Frejus, a Bardonecchia. La neve abbondante, ai bordi della strada, rifletteva il candore della luna che illuminava il paesaggio fitto di montagne e boschi coperti dal silenzio del vento. Sentì la mano di Clara cercare la sua e si voltò piano verso lei. Dormiva, ma lo stringeva forte, come se avesse paura.
    Ricambiò quella stretta, e iniziò a carezzarle la mano, finché quell’ansia non parve scomparire e lei calmarsi e serrare con minore intensità.
    ‒ Stai bene? ‒ Le chiese dopo che il convoglio aveva ripreso la lenta discesa verso Torino.
    Si voltò verso di lui e si accorse che ancora gli stringeva la mano. ‒ Ho lasciato il mio ragazzo, si giustificò.
    E la luna colorò le sue lacrime.
    ‒ Avrai avuto dei buoni motivi, la confortò.
    ‒ Non c’era altra via, iniziò scrollando la testa. Ma è stato doloroso. Straziante. Come se avessero strappato una parte di me.
    ‒ Da come parli sembra che tu ne sia ancora innamorata.
    Questa volta fu lei ad annuire in silenzio.
    ‒ Ci si confida con gli estranei perché non ti giudicano ‒ ripeté quanto lei gli aveva detto all’inizio, come si trattasse di un invito.
    Clara si strinse al suo braccio, come una bambina spaventata.
    ‒ Io sto morendo, gli rivelò.
    E lui fu percorso da un brivido.
    ‒ Tutti moriamo.
    ‒ Ho un tumore alla ghiandola lacrimale. Un brutto melanoma. È raro, un caso ogni milione di persone, mi hanno detto. Come vincere la lotteria, al contrario. Non è operabile, né trattabile. Non arriverò all’estate mi hanno assicurato.
    La odiò con tutto se stesso per quello che le stava rivelando, ma l’abbracciò d’istinto e la strinse forte a sé.
    Sentiva le lacrime di Clara scorrere e le sue braccia stringersi forte intorno al suo corpo.
    A Torino Porta Susa il treno si fermò per qualche minuto, pochi i passeggeri a scendere e ancora meno a salire.
    ‒ C’è un vagone ristorante in coda ‒ le propose.
    Era quasi le venti, e l’umidità della pianura dava al freddo una maggiore consistenza.
    Entrarono abbracciati nell’ultima carrozza in cui sembrava che si fossero radunati tutti i viaggiatori del convoglio.
    ‒ Prendi qualcosa di forte, le consigliò ‒ ma come se fosse un ordine.
    ‒ Di solito non bevo ‒ gli confidò. Figurarsi con un estraneo, aggiunse con una smorfia, e quella parola quasi le si strozzò in gola. Ma ormai nulla ha più importanza.
    ‒ Non esiste la possibilità che si siano sbagliati?
    ‒ Tre diverse diagnosi, ma tutte uguali. Che faccio adesso?
    Era quasi un’implorazione.
    L’uomo frugò nella mente in cerca di una risposta onesta pure se scontata.
    ‒ Vivi, Clara. Meglio che puoi. Il più intensamente possibile, riuscì solo a dirle.
    ‒ L’ansia m’impedisce persino di respirare, Addie. E nessuno sa nulla. Non il mio ragazzo, non i miei genitori. Solo a te ho avuto il coraggio…
    Lui si sentì perso, indifeso, solo con quel peso, come lei.
    ‒ Stai tornando per dirglielo?
    ‒ No. Sono venuta per salutarli, per l’ultima volta.
    Le afferrò la mano. ‒ Che cosa dici, Clara? Non puoi farlo, non è giusto ‒ e subito si pentì per quella reazione.
    ‒ Ho già deciso. Aiutami ad affrontarlo, ti supplico.
    ‒ Perché io? Perché hai deciso di dare a me questo peso? Io e te non siamo nulla.
    ‒ Perché tu lo puoi sopportare.
    Presero posto nuovamente e Clara si addormentò stremata e stretta a lui.
    Dormì un sonno profondo, e agitato, e si svegliò quando il treno aveva superato Novara.
    La notte era tranquilla, l’acqua delle risaie specchiava una luna diafana che pareva dipingere anche la terra col suo candore.
    Clara lo strinse a sé e provò a farsi coraggio col calore della sua presenza.
    ‒ Non ti lascio sola, quando arriviamo ti accompagno io dai tuoi ‒ disse lui quando la città era ormai alle porte.
    ‒ Grazie, mormorò lei.
    ‒ E ti aiuterò a dar loro questa notizia.
    ‒ No, rispose e si allontanò da lui, spaventata. Non posso dar loro questo dolore. Li voglio vedere, per l’ultima volta, felici.
    ‒ Ma cosa dici, Clara? Non puoi portare questo fardello. Sono tuo padre e tua madre, devi permetter loro di vivere questi mesi con pienezza insieme a te, e di farlo anche tu. Anche con il tuo ragazzo hai sbagliato. Chiamalo e raccontagli la verità.
    ‒ Non permetterti di dirmi ciò che devo fare ‒ ruggì lei e fece per prendere la sua sacca e andare verso le porte in coda alla carrozza.
    L’uomo la fermò per un braccio e le afferrò le spalle.
    ‒ Non sempre si può scappare, Clara.
    La ragazza lo guardò con odio e poi crollò in un pianto dirotto tra le sue braccia.
    Quando arrivarono alla stazione i genitori di Clara l’attendevano sorridente.
    A prima vista sembrano una coppia felice, pensò l’uomo.
    ‒ Clara, cosa è successo? ‒ Dissero quando la videro stretta a quell’estraneo forse più vecchio di loro.
    ‒ Lui è un mio amico, può venire a casa?
    Rimasero ammutoliti, scossi.
    Lui immaginava cosa stesse passando loro per la testa, un uomo avanti negli anni che portava la fede al dito.
    Ma la realtà è a volte più crudele delle peggiori fantasie.
    Porsero la mano e lo osservarono in tralice.
    ‒ Clara deve dirvi una cosa molto importante ‒ spiegò loro, senza un sorriso.
    La ragazza li lasciò e di nuovo si strinse a lui salendo in auto.
    Durante il tragitto nessuno ebbe la forza di parlare.
    Quando arrivarono a casa l’uomo strinse il viso pallido di Clara tra le sue mani e la guardò dritto negli occhi; quando lei iniziò a piangere la strinse a sé più forte che poteva.
    Alla fine Clara lo lasciò e condusse i suoi genitori, ammutoliti e colmi di angoscia, in un’altra stanza.
    Dopo poco sentì il padre gridare e la madre piangere.
    Aprì la porta e scese dalle scale.

    Di cosa vuoi parlare stasera?
    Addie guardò fuori dalla finestra. Vedeva il proprio riflesso sul vetro e l'oscurità subito oltre.
    Fa freddo lì stasera, tesoro?

    Edited by E©ly - 2/12/2020, 16:23
     
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    L’uomo aprì la porte e scese dalle scale.

    Refuso: "aprì la porta"

    CITAZIONE
    una volte al mese

    Refuso: "una volta al mese"

    CITAZIONE
    per non lasciare soli a lungo dei genitori ormai anziani.

    Dei genitori? Scritto così sembrano oggetti.

    CITAZIONE
    Era allergico agli aerei e scendeva in treno col diretto Milano Lione

    "Scendeva". Meglio "viaggiava" secondo me.

    CITAZIONE
    difronte

    Di fronte.

    CITAZIONE
    ‒ Sì rispose infastidito ‒ e abbozzò un sorriso di circostanza, che significava, trovi tutti i sedili liberi che vuoi proprio qui davanti.

    Meglio: "Sì." rispose infastidito abbozzando un sorriso di circostanza. Con tutti i posti liberi che ci sono, pensò tra sé e sé.

    CITAZIONE
    Ha un buon profumo, pensò lui. Certo meglio che una vecchia madamin, cercò di farsi coraggio.

    Occhio ai tempi verbali. Inizi col presente.

    CITAZIONE
    Lui si voltò e, alla tenue luce dei diffusori notturni, incrociò occhi chiari che sembravano chiari e un bel viso agitato da reconditi pensieri.

    Ma se gli occhi erano chiari, perché dopo sembravano chiari?

    CITAZIONE
    Ne aveva fin sopra i capelli delle domande causate quel nome e teneva sempre pronto uno stuolo di risposte fra cui selezionarne una che potesse esser buona a seconda della categoria dei richiedenti.

    "domande causate da quel nome". Questa frase sembra un estratto di un bando di concorso.

    CITAZIONE
    ‒ Chi amava Novecento? Il papà o la mamma?

    "Chi amava il Novecento? Il papà o la mamma?"

    CITAZIONE
    Gli domandò passando al tu.

    Meglio: "Gli domandò dandogli del tu."

    CITAZIONE
    ‒ Sì ‒ rispose, laconico nel tentativo di far desistere il suo interlocutore.

    La sua interlocutrice no?

    CITAZIONE
    ‒ Una buona lettura? ‒ Riprese dopo un po’, assorta e di nuovo triste come quando si era seduta a lui vicino.

    "Vicino a lui"

    CITAZIONE
    Clara sorrise senza voltarsi, socchiuse gli occhi e sembrò provare ad addormentarsi.

    Ma Clara non era seduta di fronte a lui?

    CITAZIONE
    ‒ È rimasta quasi vuoto osservò ‒ contrariata.

    "E' rimasto quasi vuoto." osservò contrariata.

    Non ho capito perché contrariata.

    CITAZIONE
    ‒ Non è più importante dare un senso alla vita? ‒ Come alla morte, aggiunse dopo un istante.

    "Come alla morte" fa parte dello stesso dialogo. Va tra virgolette. Fai spesso questo errore.

    CITAZIONE
    Ma aveva appreso a trincerarsi dietro il silenzio

    :mumble.gif:

    CITAZIONE
    Dormì un sonno profondo, e agitato, e si svegliò quando il treno aveva superato Novara.

    Novara mon amour <3

    CITAZIONE
    La notte era tranquilla, l’acqua delle risaie specchiava una luna diafana che pareva dipingere anche la terra col suo candore.

    'Sta luna è proprio pallida eh.

    Il racconto necessita di una revisione generale molto profonda a mio parere.

    Incipit ed excipit li trovo molto forzati, l'excipit è completamente slegato dal racconto.

    Situazione descritta abbastanza inverosimile: una ragazza ammalata gravemente che si aggrappa emotivamente a uno sconosciuto incontrato in treno.

    I dialoghi sono mal gestiti: ci sono parti che dovrebbero essere messe tra virgolette e non lo sono. Sono pugni in un occhio per lettori attenti. E qui ce ne sono molti.

    In ogni caso, cara Viviana, un complimento te lo faccio: brava per esserti messa in gioco, hai dimostrato grande coraggio. Continua a scrivere. Stando qui su SPS non puoi fare altro che migliorarti.
     
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    Nel racconto ci sono diversi refusi, ma è inutile che io li segnali a uno a uno, dal momento che ci ha già pensato un altro utente.
    A parte questo, ho trovato la trama un po' scricchiolante.
    Strano che una ragazza malata terminale si confidi con un estraneo conosciuto sul treno. Sarebbe molto più normale che lo facesse online, su forum e social.
    In una situazione reale, ammettendo che Clara fosse in uno stato psicologico per cui avrebbe potuto confessarsi davvero con il primo sconosciuto, Addie avrebbe risposto con un laconico "mi dispiace" e si sarebbe sentito a disagio per il resto del viaggio.
    E poi, con quale sicurezza Clara gli dice che lui può sopportare il peso del suo segreto? Si sono appena incontrati.
    Trovo anche abbastanza strano quel contatto mano nella mano con uno sconosciuto incontrato in treno, dove di solito si cerca di non sfiorarsi nemmeno le ginocchia o i gomiti coi vicini di posto.
    Penso che il racconto vada rivisto, modificando le circostanze dell'incontro e ciò che segue, ovvero la decisione di Clara di portare a casa con sé un perfetto estraneo per parlare ai suoi genitori della sua malattia.
     
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    per certi versi mi ricorda molto da vicino "Il profumo del mosto selvatico", film di parecchi anni fa con Giancarlo Giannini.
    viaggio in treno, confidenza a uno sconosciuto che poi la accompagna.
    beh, nel film finisce meglio, ovviamente, però il succo è simile.
    ci sono davvero parecchi refusi, quindi una revisione sarebbe opportuna.
    mancano dei trattini nei dialoghi e anche la punteggiatura è da rivedere.

    a rileggerti
     
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    Una storia triste, non è strano a mio avviso confidare i propri problemi a un estraneo che è riuscito a trasmettere fiducia a una ragazza angustiata dal dolore, la trama c'è tutta, non evidenzio i refusi poiché sono stati giustamente evidenziati.

    Edited by genoveffa frau 1 - 29/11/2020, 19:18
     
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  6. Viviana Monroy
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    O Molli, Novecento è un film di Bertolucci, e non un refuso. Sennò con Olmo la liason quale sarebbe?
    O mangal se ti prendevi la prima versione errori non c'è n'erano.
     
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    CITAZIONE (Viviana Monroy @ 29/11/2020, 19:17) 
    O Molli, Novecento è un film di Bertolucci, e non un refuso. Sennò con Olmo la liason quale sarebbe?
    O mangal se ti prendevi la prima versione errori non c'è n'erano.

    non potevo accettarla, era irricevibile, mancavano tutti i dialoghi
    comunque stai dicendo che le revisioni fanno fare errori, e mi pare strano
     
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    CITAZIONE (Viviana Monroy @ 29/11/2020, 19:17) 
    O Molli, Novecento è un film di Bertolucci, e non un refuso. Sennò con Olmo la liason quale sarebbe?
    O mangal se ti prendevi la prima versione errori non c'è n'erano.

    Chiedo venia per la mia ignoranza cinematografica. Detto questo, mi pare che di errori ce ne siano comunque. Nulla di personale eh.
     
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    A parte gli errori già evidenziati e che immagino dovuti alla fretta per arrivare in tempo a consegnare il racconto, mi sembra che il tutto sia molto zoppicante, con una lunga descrizione del viaggio e con una conclusione decisamente affrettata.
     
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    Non per fare il bastian contrario, ma questo racconto, tenerissimo e violento, mi ha conquistato.
    Tutte le storie di incontri casuali hanno la competenza di ricordarti qualcosa che è capitato pure a te. Ed è proprio vero che ci si apre di più con gli sconosciuti, proprio perchè non si rischia nulla. O almeno così si pensa. Che poi
    pure il lettore è uno sconosciuto e sfruttare l'opportunità di stazioni, treni, autostrade, autogrill, aeroporti, per avvicinarlo è una delle mie scelte più riuscite. Proverò a imitare il tuo viaggio in treno, autrice, mi è piaciuto tanto leggere delle due mani che si stringono, voglio provare pure io quella sensazione. E poi, il melanoma, terribile. Lo conosco. E si batte.

    Edited by tommasino2 - 30/11/2020, 05:41
     
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  11. Viviana Monroy
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    Ecco, bravo tomasino. È capitato tutto a una ragazza come me uguale a me. Non scrivo fantascienza io scrivo cose vere.
     
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    L'autrice ha molto da raccontare e la sua scrittura ha la struttura passionale d'un vulcano a cui non puoi porre rimedio. Le briglie sono sciolte nella trama ed essa non cerca d'essere fine a se stessa ma segue piuttosto la penna che vuol descrivere, che vuol far conoscere storie.
    La caratterizzazione dei personaggi è tutta volta a dipingere il disagio interiore maschile e femminile, l'autrice si pone su entrambe le sponde e osserva l'animo e poi lo racconta e ogni passo è principalmente volto alla scoperta delle fragilità attraverso i piccoli gesti. Due storie si intrecciano lasciando poi spazio alla figura principale femminile e l'uomo pare essere lo strumento attraverso il quale bisogna curare il male interiore che attanaglia la ragazza oltre alla terribile malattia...
    Quando si scrive di getto e mille situazioni ti percorrono cuore e mente, forse la "penna" non sarà precisa e perfetta ma sarà una vera "penna"
    che intinge l'inchiostro direttamente dal mondo dell'autrice.
     
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    Ciao Viviana

    Un racconto intenso e drammatico. Si sente che è scritto con passione, quasi di getto. Questo capita quando la fantasia prende la penna e l’autore si lascia andare. La lettura è piacevole, le immagini scorrono davanti agli occhi ben a fuoco. Ho trovato una buona caratterizzazione dei personaggi e la storia tiene pur con qualche ingenuità. Ad esempio l’incontro con i genitori mi sembra una parte sulla quale dovresti lavorare ancora.
    La punteggiatura è spesso sbagliata e ci sono vari refusi che altri prima di me ti hanno già segnalato.

    CITAZIONE
    Sì rispose infastidito

    Dopo il sì occorre una virgola. Sì, rispose infastidito.
    CITAZIONE
    Lui si voltò e, alla tenue luce dei diffusori notturni, incrociò occhi chiari che sembravano chiari e un bel viso agitato da reconditi pensieri.

    Qui c’è una ripetizione

    Il racconto mi è piaciuto. Non altrettanto riuscito l’aggancio dell’incipit e dell’excipit che restano quasi due corpi estranei e distaccati anche graficamente dal testo.
     
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    Penna suprema

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    Gli irriducibili
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    Pet, Molli lo ha editato.
    Nemmeno il Gordon Lish di Raymond Carver avrebbe saputo fare meglio.
    Un abbraccio.
     
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    Il Conte

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    Un racconto strano, tenero ma anche amaro. Una ragazza sfortunata, condannata la cui unica luce sembra esistere nella possibilità di dare un buon addio. La disperazione è resa bene, benissimo. Ma se devo dirti la verità, ho trovato tutta la vicenda molto pesante. Dopo tanto buio speravo di ricevere un messaggio nascosto, ma non ci sono riuscito.

    Comunque, un buon racconto, capace di trasmettere forti emozioni.
     
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34 replies since 28/11/2020, 18:02   671 views
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