Dustin e l'amore

aut. TomasGaia

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    È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un’ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie.
    “Questa sera, caro Dustin, abbiamo visite!”, disse Stefano mentre spignattava allegramente in cucina, un ridicolo grembiule a quadri bianchi e rossi a coprire il completo da lavoro dagli schizzi di sugo.
    Accoccolato sul mobile vicino al lavandino, senza degnarlo di uno sguardo Dustin continuò a leccarsi le zampe, chiedendosi per l’ennesima volta perché il suo umano non si cambiasse mai prima di mettersi a cucinare. “Per essere una persona così intelligente”, pensò il gatto, “ogni tanto ha davvero delle idee stupide”.
    Era chiaro che anche Stefano non faceva eccezione alla regola di cui sopra: il povero Dustin – sì, si chiamava così in onore di Dustin Hoffman, ma era convinto di essere molto più bello del suo omonimo bipede – si era sorbito innumerevoli cene a lume di candela, vagonate di diabetici discorsi smielati, miliardi di grattatine dietro le orecchie e moine da parte di donne giovani, più o meno simpatiche, che avevano giustamente capito di dover prima piacere al gatto di casa, e poi al padrone.
    In quelle occasioni, Dustin si era sempre comportato da perfetta spalla destra di Stefano: sfruttando il suo musetto irresistibile ed il suo pelo morbido, il gatto aveva testato le pretendenti del cuore del giovane scapolo. Il piano di azione era assolutamente collaudato e perfetto: all’arrivo della nuova ospite Dustin si strusciava delicatamente sulle sue gambe, incurante del fatto che di solito la donna indossasse pantaloni neri aderenti (proprio quelli su cui il pelo di un gatto rossiccio si posa benissimo e quasi brilla), tastando fin da subito il terreno.
    La reazione della bella veniva accuratamente analizzata: c’era chi non lo degnava di uno sguardo (male); chi mollava tutto e, accucciandosi senza ritegno, cominciava a toccarlo e sbaciucchiarlo (probabilmente peggio, Dustin si era sempre chiesto sulla base di cosa ritenessero che a lui facesse piacere essere avvicinato da una persona che prima di accarezzarlo non aveva neanche avuto la decenza di lavarsi le mani. E poi, diamine, si erano appena conosciuti!); chi sorrideva dall’alto e, dopo aver chiesto a Stefano il permesso, gli concedeva una carezzina sulla coda (e questa era la reazione che Dustin in assoluto preferiva, misurata ma cortese e disinvolta); chi cercava di scansarlo con la scarpa senza darlo a vedere (malissimo, a quel punto era impossibile che Dustin esprimesse un parere favorevole sulla nuova venuta).
    Nel corso della serata il gatto procedeva ad un’attenta analisi del comportamento di Stefano e della nuova possibile compagna; se le circostanze lo permettevano, si appollaiava su un punto in alto e da lì osservava come i due umani si rapportavano e passavano la serata. Occasionalmente, ma quella era la prova del nove e solo in poche ci arrivavano, Dustin tentava un approccio più diretto con l’umana femmina e si piazzava senza preavviso sulle sue ginocchia, sondando il terreno e valutando quanto questa fosse pratica coi felini.
    Al termine della serata, modulava il volume delle fusa per far capire a Stefano se gli fosse o meno piaciuta la pretendente: più era alto, ovviamente, più la fanciulla era stata gradita. Dustin era assolutamente convinto che Stefano pendesse dalle sue labbra, e che la circostanza che quasi nessuna fosse più ricomparsa fosse dovuta al fatto che le sue fusa non avevano mai raggiunto un volume che indicasse la sufficienza. Del resto, pensava il gatto, non sembrava che il suo umano se ne facesse una malattia: lo vedeva sempre sorridente, seppure stanco per il lavoro, e non gli dava l’impressione di sentirsi solo. Stefano aveva Dustin.
    Nel complesso, si poteva dire che Dustin fosse contento del suo ruolo di confidente e aiutante: era il solo, gongolava fiero, ad avere accesso ai sentimenti di Stefano, l’unico che conoscesse fin da subito cosa l’umano pensasse di quegli incontri.
    “Sai Dustin”, continuò Stefano mentre faceva rosolare le scaloppine di pollo, “questa potrebbe essere la persona giusta”.
    Frase assolutamente trita e ritrita, Dustin l’aveva sentita altre mille volte. Il gatto non si scompose, si limitò a guardarlo per un attimo soltanto. “Adesso mi farà un breve cappello introduttivo sulla ragazza”, pensò Dustin sistemandosi meglio sul mobile e facendo ondeggiare la coda.
    “Si chiama Sandra”, disse infatti Stefano, “ha 33 anni. Lavora nella banca vicino al mio studio, quella all’angolo”.
    “La frequento da qualche mese, è venuta un giorno a chiedere informazioni perché vuole cambiare la cucina del suo appartamento e mi ha chiesto un preventivo. E niente, da cosa nasce cosa, abbiamo chiacchierato un po’, ci siamo visti altre volte per parlare di questa benedetta cucina, abbiamo pranzato assieme parecchie volte… l’ho conosciuta un po’ meglio e mi sembra una bella persona. Ecco, una bella persona”.
    Dustin a quel punto alzò gli occhi e fissò con maggiore attenzione il suo umano: questo non faceva parte del solito schema, Stefano non si lasciava mai andare a considerazioni così avventate, ancora prima dell’aperitivo peraltro! E mai, che Dustin ricordasse, Stefano aveva frequentato per mesi l’ospite prima di invitarla a cena!
    Sentendosi particolarmente offeso per essere stato lasciato fuori ma cercando di non darlo a vedere (perché gliene parlava solo ora?!), il gatto si concentrò sul suo pelo, cercando di renderlo ancora più pulito e morbido di quanto già fosse. A quanto pareva questa era una serata più speciale delle altre, o almeno di ciò era convinto Stefano; Dustin aveva bisogno di tutto il suo carisma per effettuare una valutazione completa e approfondita della donzella.
    Sandrà arrivò alle 20.10, scusandosi per il ritardo dovuto al traffico del venerdì sera. Capelli rossicci, alta più o meno nove volte Dustin (in taglie umane – Dustin aveva imparato a fare la conversione – circa un metro e sessanta), paffutella ma nel complesso minuta, la donna aveva dei begli occhi verdi e un sorriso ampio e allegro; a Stefano comparve un sorriso imbambolato sul viso, un’espressione che Dustin non aveva mai visto prima sul volto del suo amico.
    Senza farsi troppo notare, il gatto si avvicinò all’umana e, come da copione, iniziò a strusciarsi sulle sue gambe, per l’occasione coperte da un paio di stivali marroni più o meno passabilmente in abbinamento con un vestito blu scuro (Dustin aveva un certo occhio in fatto di moda).
    “Oh! Questo è Dustin, vero? Il gatto di cui mi hai parlato!”, disse Sandra sorridendo e guardando verso Dustin.
    Stefano annuì mentre le prendeva il cappotto e lo appendeva nell’attaccapanni: “E’ lui sì, il mio bel gatto ciccione! Attenzione, ha la tendenza a marcare il territorio mollando chili di peli sulle persone che entrano in casa”.
    Alla parola ciccione Dustin voltò rapidamente la testa verso Stefano: ma come osava?! Ma davvero?! Qui la faccenda si stava mettendo davvero male per l’umano, prima per mesi non gli diceva niente della sua vita amorosa e poi lo definiva ciccione!!! Fece per soffiare, ma l’improvvisa distrazione provocata da Stefano gli aveva fatto perdere d’occhio Sandra, che nel frattempo si era chinata e con la mano lo stava accarezzando dietro le orecchie.
    Dustin percepì distintamente l’odore di sapone alla vaniglia che la mano della donna emanava (almeno erano mani pulite); Sandra aveva una mano morbida, con qualche anello di troppo che si impigliava sui peli, ma nel complesso non era malvagio come tocco. Dustin decise di darle una sufficienza, seppur non del tutto piena.
    Dopo poco, Sandra si alzò e si diresse verso la sala, dove Stefano aveva apparecchiato per l’aperitivo e la cena. Dustin notò che il suo umano grazie a Dio si era tolto quel ridicolo grembiule a quadri, e che con la sua camicia azzurra faceva la sua figura.
    I due si sedettero a tavola e iniziarono a chiacchierare del più e del meno, dalla sua postazione sul divano Dustin poteva sentirli senza dover allungare le orecchie. Si vedeva che non era il loro primo incontro, la conversazione scorreva leggera e non c’erano silenzi imbarazzati.
    Arrivati al secondo, Dustin decise che Sandra non gli dispiaceva: certo, aveva una voce un po’ acuta e per i suoi gusti gesticolava troppo con le mani, ma tutto sommato si poteva dire che il suo istinto felino gli suggeriva che fosse una persona di cui ci si potesse fidare. Una bella persona, come aveva detto l’umano.
    Quando Stefano si alzò per andare a prendere il dessert, Dustin decise di testare la sua teoria: il gatto si avvicinò a Sandra e, dopo una bella strusciata, le saltò sulle gambe. La donna apparve momentaneamente colpita da quella mossa, ma dopo pochi secondi iniziò ad accarezzare Dustin, sorridendo tranquilla. Ottima reazione.
    Più tardi, quando Sandra se ne fu andata (non dopo un casto bacetto sulle labbra da parte di Stefano – Dustin fu costretto a girarsi per non vomitare), Stefano finalmente si ricordò di lui e, mentre sparecchiava, gli chiese: “E allora? Cosa ti sembra?”.
    Dustin non era del tutto convinto, la mano troppo ingioiellata e l’eccessiva sicurezza per un primo appuntamento lo lasciavano un po’ perplesso. Eppure, non poté fare a meno di notare lo sguardo trasognato di Stefano, sguardo che era sicuro di non aver mai visto prima. Sospirando, per non tarpare le ali al suo amico fece delle fusa rumorosissime.

    ***


    Erano ormai passati sei anni da quando Sandra era entrata nelle loro vite. Inutile dirlo, la cucina di casa sua non era mai stata rifatta e l’appartamento era stato venduto in pochi mesi. Sandra si era trasferita da loro in un tempo record.
    La loro vita era ovviamente cambiata, le abitudini di Stefano non erano state più le stesse e il tempo che dedicava a Dustin era diminuito. Ma la cosa che più aveva scombussolato le carte era certamente quella creaturina piccola che dormiva placida sul divano davanti al camino. Lorenzo.
    Aveva cinque anni, e Dustin doveva ammettere che ormai doveva condividere con lui lo scettro del potere in casa. Aveva gli stessi capelli rossicci e gli occhi verdi della mamma, ma il fisico era quello di Stefano. Adorava Dustin.
    Il gatto non l’avrebbe mai miagolato ad alta voce, ma ricambiava l’affetto per quel bimbo che sembrava non aspettare altro che trovare un momento per giocare con lui. Sicuramente gli faceva fare più attività fisica di quanta ne facesse prima.
    Accoccolandosi dietro all’incavo delle ginocchia di Lorenzo, il suo posto preferito per dormire, Dustin sospirò: quella sera di sei anni prima si era sforzato di fare le fusa a volume alto per segnalare il suo apprezzamento nei confronti di Sandra, che in realtà non aveva totalmente approvato. Era convinto, tutto sommato, di aver fatto bene: col senno di poi erano una bella famigliola.
    Forse non era così che dovevano andare le cose. Ma così stavano.
    "Nel complesso", rifletté, "sarebbero potute andare decisamente peggio".
     
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    Che bella storia. Il gattino ciccione è un assennato e simpatico talent scout. Nulla di complicato, seleziona la futura compagna del suo padroncino Stefano.
    Tutto passa per casa, non deve andare lontano il micio Dustin.
    Contribuiscono carezze e grattini a far decidere la scelta.
    Dopo qualche tempo arriva pure un bimbo e la felicità si completa. Dustin non è neppure geloso
    Piaciuto molto.
    Il punto non l'ho dimenticato, se lo metto la g di geloso diventa maiuscola e una così bella famiglia di un registratore non sa cosa farsene.
     
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    Un dolce racconto da un punto di vista felino. Molto carino anche il metodo di valutazione di Dustin.
    È un racconto leggero, frizzante e con una vena ironica che traspare da quell'aura di superiorità di cui tutti i gatti paiono dotati.
    A Dustin non sarei piaciuta. Come sa bene la mia gatta, io adoro prendere in braccio i felini e strusciare il naso contro la loro testa.
    Lo stile è semplice e scorrevole, corretto sotto ogni punto di vista.
    È stata una lettura piacevole e leggera, adatta a questa domenica pomeriggio davanti al camino.
     
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    Non è il genere di racconto che leggo, eppure non posso esimermi dal dire che è ben fatto. Mi è piacita molto la soluzione narrativa trovata nel raccontare la storia dal punto di vista del gatto. Nel complesso è originale e ben fatto, ottimo lavoro.
     
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    Questo racconto è stato letto da una gattara (io).
    La gattara approva con ronfate rumorose. ;) :)

    Scherzi a parte, testo ben scritto, lineare e pulito che si fa leggere, soprattutto all'inizio, con il sorriso sulle labbra.
    L'incipit, tuttavia, mi sembra "appoggiato sul racconto" ma non integrato nel testo a differenza dell'Excipit che si incastra perfettamente.
    Attenta ai punti esclamativi.
    Capisco perfettamente (dato che spesso lo faccio anch'io) che li usi per dare enfasi al discorso, ma "non sta bene" .
    Non servono 3 o più punti esclamativi alla fine di una frase; uno basta e avanza e dosali con giudizio.
    Anche punto di domanda ed esclamativo assieme non sono ben visti.

    La storia è divertente anche se speravo che il gatto facesse qualche dispettuccio alle ragazze non particolarmente apprezzate.
    I personaggi umani sono appena abbozzati e mi sembra quasi che il gatto sia stato descritto più accuratamente ma ha un senso: è il personaggio principale.
    La storia non è particolarmente coinvolgente ma non è nemmeno richiesto, dato l'argomento leggero che tratta. Mi ha ricordato quei cartoni animati di Disney prima e della Pixar dopo, dove gli animali sono appunto i protagonisti principali che aiutano i propri umani "a stare al mondo".

    Lettura piacevole, prova superata.
    Alla prossima.
     
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    Questo gatto paffuto e altezzoso è davvero un buon personaggio. Credo che sia davvero come dici tu che pensino i gatti domesitici.
    Il ritmo del racconto è buono, si fa leggere tutto col sorriso suelle labbra. La trama è semplice e forse un po'prevedibile. D'altronde non è su quello che punta questo racconto, ma sull'ironia.

    Molto molto divertente. Ben fatto.
     
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    Che bella storia. Il gattino ciccione è un assennato e simpatico talent scout. Nulla di complicato, seleziona la futura compagna del suo padroncino Stefano.
    Tutto passa per casa, non deve andare lontano il micio Dustin.
    Contribuiscono carezze e grattini a far decidere la scelta.
    Dopo qualche tempo arriva pure un bimbo e la felicità si completa. Dustin non è neppure geloso
    Piaciuto molto.
    Il punto non l'ho dimenticato, se lo metto la g di geloso diventa maiuscola e una così bella famiglia di un registratore non sa cosa farsene.

    Ciao, grazie mille per il commento! Esatto, l'idea che mi danno i gatti è che cerchino di tenere tutto sotto controllo. Grazie mille ancora.

    CITAZIONE
    Un dolce racconto da un punto di vista felino. Molto carino anche il metodo di valutazione di Dustin.
    È un racconto leggero, frizzante e con una vena ironica che traspare da quell'aura di superiorità di cui tutti i gatti paiono dotati.
    A Dustin non sarei piaciuta. Come sa bene la mia gatta, io adoro prendere in braccio i felini e strusciare il naso contro la loro testa.
    Lo stile è semplice e scorrevole, corretto sotto ogni punto di vista.
    È stata una lettura piacevole e leggera, adatta a questa domenica pomeriggio davanti al camino.

    Ciao, ti ringrazio molto! Neanch'io sarei piaciuta a Dustin, mi piace troppo affondare il viso nel pelo del mio gatto :D (che però apprezza solo ogni tanto, quindi forse lui darebbe ragione a Dustin...).
    L'idea era proprio quella di fare un racconto leggero, mi sembra che in questo momento ci sia bisogno di leggerezza :) grazie ancora!

    CITAZIONE
    Non è il genere di racconto che leggo, eppure non posso esimermi dal dire che è ben fatto. Mi è piacita molto la soluzione narrativa trovata nel raccontare la storia dal punto di vista del gatto. Nel complesso è originale e ben fatto, ottimo lavoro.

    Grazie mille :)

    CITAZIONE
    Questo racconto è stato letto da una gattara (io).
    La gattara approva con ronfate rumorose. ;) :)

    Scherzi a parte, testo ben scritto, lineare e pulito che si fa leggere, soprattutto all'inizio, con il sorriso sulle labbra.
    L'incipit, tuttavia, mi sembra "appoggiato sul racconto" ma non integrato nel testo a differenza dell'Excipit che si incastra perfettamente.
    Attenta ai punti esclamativi.
    Capisco perfettamente (dato che spesso lo faccio anch'io) che li usi per dare enfasi al discorso, ma "non sta bene" .
    Non servono 3 o più punti esclamativi alla fine di una frase; uno basta e avanza e dosali con giudizio.
    Anche punto di domanda ed esclamativo assieme non sono ben visti.

    La storia è divertente anche se speravo che il gatto facesse qualche dispettuccio alle ragazze non particolarmente apprezzate.
    I personaggi umani sono appena abbozzati e mi sembra quasi che il gatto sia stato descritto più accuratamente ma ha un senso: è il personaggio principale.
    La storia non è particolarmente coinvolgente ma non è nemmeno richiesto, dato l'argomento leggero che tratta. Mi ha ricordato quei cartoni animati di Disney prima e della Pixar dopo, dove gli animali sono appunto i protagonisti principali che aiutano i propri umani "a stare al mondo".

    Lettura piacevole, prova superata.
    Alla prossima.

    Ciao, grazie mille! Guarda credimi se ti dico che hai assolutamente ragione sui punti esclamativi, li metto e poi quando ci ripenso mi dico che anche graficamente non sono così belli. Devo farmi forza e non usarli :D
    Purtroppo non avevo spazio per inserire cattiverie feline, sennò avrei fatto ricordare a Dustin di Lavinia, quella bionda antipatica che poi si ritrovava la borsa un po' graffiata...

    Grazie ancora!

    CITAZIONE
    Questo gatto paffuto e altezzoso è davvero un buon personaggio. Credo che sia davvero come dici tu che pensino i gatti domesitici.
    Il ritmo del racconto è buono, si fa leggere tutto col sorriso suelle labbra. La trama è semplice e forse un po'prevedibile. D'altronde non è su quello che punta questo racconto, ma sull'ironia.

    Molto molto divertente. Ben fatto.

    Grazie mille :) Ci ho pensato perché da quando ho un gatto mi chiedo a cosa pensi tutto il giorno, e sono convinta che si creda molto migliore di noi, su un altro livello :)

    Grazie!
     
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    Racconto piacevolissimo e originale la trovata della voce narrante ‘gattesca’. Scritto in buon italiano, si legge in un attimo e si torna a rileggerlo, perché veramente piaciuto. Uno dei migliori tra quelli che ho letto. Complimenti vivissimi.
     
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    Racconto piacevolissimo e originale la trovata della voce narrante ‘gattesca’. Scritto in buon italiano, si legge in un attimo e si torna a rileggerlo, perché veramente piaciuto. Uno dei migliori tra quelli che ho letto. Complimenti vivissimi.

    Ciao, grazie mille per il bel commento! :)
     
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    Al mmento di gatti in casa ne ho tre. Tutti, diciamo, importati. Comunque li adoro.
    Quindi mi è piaciuto anche il racconto,simpatico, allegro, ben scritto.
    Brava.
     
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    Un racconto che fa piacere leggere con quella vena ironica e scanzonata.
    Il personaggio del gatto entra subito nelle simpatie del lettore e non lo delude mai.
    Scrittura semplice, ma chiara e scorrevole che accompagna piacevolmente la lettura.
    Ottimo lavoro. :emoticons-saluti-6.gif?w=593:
     
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    Eh sì, prima si deve piacere al gatto di casa, e poi al padrone. Delizioso questo racconto che si legge d’un fiato e col sorriso, leggero e piacevole. Mi ė piaciuto il dialogo interiore del micio che potrebbe benissimo adattarsi a un cartoon. In Lilly e il vagabondo la storia ė simile anche se il personaggio non è felino. La nascita di un bebè sconvolge la vita della bestiola che si sente un po’ messa da parte.
    Dal punto di vista della formattazione, qualche “a capo” in più agevolerebbe la lettura.
    Per quanto riguarda la consegna “bicipit” trovo l’aggancio con l’incipit un po’ debole, l’excipit invece funziona.
     
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    ciao
    racconto leggero con la giusta dose di ironia che ne rende piacevole la lettura. il linguaggio è fresco e spontaneo. anche i dialoghi mi sembrano ben condotti.
    Trovo che sia l’incipit che l’excipit calzino molto bene con il resto della storia.

    Alcuni appunti, senza nessuna pretesa o importanza, della serie come avrei fatto io:

    …da perfetta spalla destra di Stefano avrei scritto solo spalla, senza specificare.

    .Dustin si era sempre chiesto sulla base di cosa ritenessero che a lui facesse piacere essere avvicinato da una persona che prima di accarezzarlo non aveva neanche avuto la decenza di lavarsi le mani.
    Frase che snellirei, mi sembra contorta e poco lineare e te lo dice una che di “contorto” se ne intende, figurati!

    E poi, diamine, si erano appena conosciuti!); chi sorrideva dall’alto e, dopo aver chiesto a Stefano il permesso, gli concedeva una carezzina sulla coda (e questa era la reazione che Dustin in assoluto preferiva, misurata ma cortese e disinvolta); chi cercava di scansarlo con la scarpa senza darlo a vedere (malissimo, a quel punto era impossibile che Dustin esprimesse un parere favorevole sulla nuova venuta).
    Troppe parentesi, anche perché l’inciso non mette in evidenza, proprio perché tra parentesi, il carattere buffo e simpatico del micione.
    Capisco che in un racconto breve bisogna concentrare più cose, ma forse avrei speso qualche battuta in più e dato più respiro.

    A rileggerti presto
     
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    Racconto divertente e scorrevole.
    La personalità spesso contorta dei gatti è ben presentata, Dustin si fa subito benvolere dal lettore.
    La storia è semplice e scorre abbastanza bene, alcuni pensieri di Dustin a mio avviso sarebbero un po' da asciugare per migliorare ulteriormente il ritmo e dare risalto alle parti "ironiche".
    Questo racconto ha la peculiarità di risultare credibile, sono certissima che i gatti si comportino come Dustin :). Ne ho giusto una qui che mi guarda in gattesco perché scrivo al Pc invece di coccolarla...
    Un buon lavoro, brav.

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    Credo di aver terminato le letture e i commenti e torno da te, autore.
    In nessun altro posto mi sento come a casa.
    La mia Gina, una bretoncina di diciassette anni, se ne è andata in cielo da un bel po'.
    E il tuo gatto cicciottello me l'ha ricordata.
    Lei non dava confidenza a nessuno, si fidava solo di me.
    Una settimana prima di morire, mi morse una mano.
    Sentii dolore, ma non la rimproverai.
     
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