L'odore delle brioches al cioccolato

aut. ecly

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    È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un’ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie.
    La verità meno riconosciuta – pensò Nicola – è che anche uno scapolo povero come la merda ha bisogno di una moglie. Rise fra i denti, Austen sarebbe stato fiero di lui.
    - Ecco le tue viole, Nicola caro. Chi è la fortunata, stavolta? – chiese Tina, la fioraia, che aveva addobbato le tombe dei suoi genitori, dei suoi nonni e forse anche dei bisnonni.
    L’uomo le sorrise con affetto, fermandosi a osservare quel viso ormai simile alla corteccia di un albero con dentro due enormi occhi blu.
    - E chi può saperlo? Trovare moglie è difficile al giorno d’oggi, allora mi tengo pronti i fiori, hai visto mai dovessero servirmi per una dichiarazione all’improvviso.
    La vecchia fioraia rise con l’entusiasmo di chi aveva mancato un terno per un numero, a quella battuta terribile.
    Uscito dal negozio sulla strada appena sporcata dalla neve Nicola inspirò una dose massiccia di aria ghiacciata. Detestava il profumo dei fiori da quando ne aveva memoria, un’avversione che sua madre non aveva mai tollerato, diceva che solo un pazzo potrebbe detestare il profumo delle viole.
    Ma si sa, le donne adorano i fiori e allora si sforzava di tollerarli.
    E tollerarle.

    Arrivato davanti la sua pasticceria di fiducia, si fermò un attimo a osservare la sua immagine riflessa fra torte sacher e il resto dell’allestimento che sommava in un’immagine una quantità di calorie stratosferica.
    A quarant’anni era il prototipo di scapolo ideale, o lo sarebbe stato se fosse stato più ricco.
    Molto più ricco.
    Alto, ancora abbastanza magro, occhi neri, capelli effetto bagnato e rasatura contropelo maniacale
    Non aveva mai lavorato un giorno in vita sua e non aveva nessuna intenzione di farlo. I suoi genitori avevano un negozio di ottica, ai tempi d’oro facevano affari d’oro e alla loro morte gli avevano lasciato una bella casa, con un giardino, una cantina e più stanze di quelle che avrebbe mai utilizzato. I risparmi che avevano accumulato in banca gli consentivano una rendita più che sufficiente a vivere senza lavorare, a comprare fiori tutte le settimane e le brioches preferite la domenica.
    In realtà detestava le brioches, ma alle donne piacciono e le donne bisogna coccolarle.
    - Ciao Pier – disse entrando nel negozio – vi hanno fatto riaprire finalmente?
    - Hola, bell’uomo – rispose il pasticcere, pulendosi le mani sporche di cioccolato in un grembiule sporco come la coscienza di un nazista – sì, dai, ci proviamo. Ma è stata dura.
    - Non fatico a immaginarlo – fece l’uomo che non aveva mai toccato la farina nella sua vita – ho pregato affinché tutto andasse bene per voi e per una pronta riapertura.
    - Grazie, Nicola. Sei proprio ineffabile.
    - Anche perché se chiudi poi le brioches al cioccolato così buone dove le trovo, neh?
    T’avissunu affugare, pensò Pier in puro dialetto siculo, sorridendo con l’espressione di chi ha trovato l’auto ripassata con un chiodo.

    Con le brioches sottobraccio come un francese con la sua baguette e con l’aria di chi aveva salvato un’attività commerciale dal fallimento, il povero scapolo tornò in strada e si diresse a testa alta verso la ferramenta, grazie al cielo aperta anche di domenica, ultima tappa di quella che riteneva una mattinata intensa.
    La porta si aprì col rumore di un campanello e il proprietario venne fuori dal retrobottega, dove fra minuteria e utensili erano stipate tonnellate di ferro.
    - Guarda chi c’è, lo scapolo d’oro viene a trovarci. Come va, Nicola?
    - Eh, solo scapolo, caro Fausto, manca l’oro, manca.
    - Secondo me se pubblichi il tuo estratto conto sul gazzettino trovi moglie in dieci minuti.
    - Sarebbe di ben poche pretese, questa presunta moglie. No no, mio caro, una donna devi conquistarla con altri mezzi, con quelle cose che piacciono a loro, tipo fiori, dolci e cose così, roba che puoi permetterti sempre, con una spesa calcolata, per il resto dei tuoi giorni.
    - Fausto guardò il suo interlocutore negli occhi, per cercare di capire se dicesse davvero o lo stesse perculando.
    Nicola lo capì e scoppio a ridere.
    - Ma dai che scherzo, vecchia roccia. Non bisogna mai diventare monotoni con le donne, o sono corna assicurate.
    E se lo dice Julio Iglesias, capirai… pensò il ferramenta, scoppiando a ridere per non piangere.
    - Quando una donna si deciderà ad amarmi per quello che ho da darle, allora mi vedrai passeggiare per il paese con una donna fortunata.
    - Sareste fortunati entrambi, suppongo.
    Nicola si rese conto di non averci mai pensato.
    - Suppongo di sì, – rispose quasi parlando da solo - lei avrebbe vitto, alloggio e sesso all’occorrenza e io casa sistemata, cibo pronto e sesso all’occorrenza a un costo minore di una badante rumena, della quale non potrei oltretutto mai fidarmi. Un affare per entrambi.
    Se quell’uomo avesse potuto abbracciarsi da solo lo avrebbe di certo fatto, pensò Fausto, cercando di controllarsi per non schiaffeggiarlo.
    - Ecco quello che mi avevi chiesto – disse infine.
    Posò sul bancone un borsone con dentro una lunga catena arrotolata, di quelle inguainate per non farle arrugginire.
    Nicola provò a sollevarlo ma ci mancò poco che sputasse un polmone.
    - Cazzo se pesa.
    - Ovvio, la ferramenta pesa, ragazzo. Se vuoi quando chiudo te la porto a casa, visto che sei a piedi.
    - Sarebbe fantastico, grazie.
    - Ci vediamo tra mezz’ora, appena chiudo passo.
    - Ok, lascia pure davanti alla porta del garage, il campanello non funziona e potresti suonare per giorni senza che io ti senta.
    Nicola pagò e usci, visibilmente sollevato, non sarebbe mai riuscito a portare quel peso per i dieci minuti che lo separavano da casa.
    Il sole sparì dietro dei grossi nuvoloni e l’aria si fece freddissima. Si ricordò di non aver accesso la stufa, quella mattina, e si maledisse.
    Doveva impegnarsi di più se voleva diventare un buon marito.
    Rabbrividendo si strinse nel cappotto e affrettò il passo.

    Aprì la porta del garage, che era vuoto perché lui non aveva mai preso la patente e quindi l’auto non gli serviva, prese dei tronchetti di legna e scese nell’enorme cantina, dov’era il locale caldaia. La accese e udì il rumore di una catena che si muoveva qualche metrò più in là.
    Accese la luce, che illuminò malamente tutto il locale. C’erano vasi di viole ovunque, alcuni rovesciati con i fiori ormai marciti, alcuni rotti sul pavimento.
    Nicola focalizzò lo sguardo su uno che era certo non fosse rotto fino al giorno prima.
    - Hai rotto un altro vaso, Laura, amore mio? – disse piano.
    Silenzio, solo un lieve rumore di catena.
    - Vieni fuori, amore, non costringermi a cercarti.
    Ancora rumore di catena, poi una donna venne fuori dall’angolo più buio della stanza, vestita praticamente di stracci e lividi, tremante per il freddo e l’umidità del tutto fuori parametro, in quell’antro dimenticato da dio. Al collo una cinghia di cuoio, bullonata a una lunga catena che raggiungeva ogni punto della stanza fuorché l’uscita.
    Occhi nerissimi e rabbiosi, capelli pure neri fino alle spalle, chiaramente denutrita.
    - Non l’ho fatto apposta – sussurrò, dalle labbra viola come i fiori sparsi in giro.
    - Oh, ma lo so amore mio – rispose Nicola, abbracciandola con tenerezza – al buio può capitare. Ma io ti perdono, hai capito? Ti perdono. Perché quando due persone si amano il perdono è una cosa naturale.
    La caldaia bruciava a pieno regime, il calore iniziava a diffondersi.
    - Io non ti amo. E non accadrà mai. – sibilo lei, come se il calore le desse forza.
    Lui si girò e le sorrise.
    - Puoi ripetere quello che hai detto?
    - Mi hai sentito, pezzo di merda narcisista e psicopatico. Ammazzami e facciamola finita, ma non parlare d’amore, tu non sai nemmeno che cosa è l’amore…
    - NO! – urlò lui – sei tu a non sapere cos’è l’amore, spregevole e ingrata creatura. Ho passato la mattinata in giro per te, capito? Ti ho preso dei fiori freschi, le brioches calde e anche un regalo per natale che però deve ancora arrivare. Una catena nuova inguainata nella gomma, così puoi muoverti senza fare quell’orribile rumore. E tu mi ricambi con la tua freddezza, con la tua ingratitudine e i tuoi insulti.
    - Scusa la mia freddezza, ho un pelo un problema a essere calorosa, chiusa in una cantina a dieci gradi, al buio, a mangiare come i cani una volta al giorno, solo il cazzo di cibo che decidi tu e a cagare ghiaccioli in un secchio.
    - Amore mio, è necessario – rispose lui, improvvisamente calmo – ti eri invaghita dell’uomo sbagliato, sin dai tempi del liceo. Dovevo salvarti.
    - Devi salvare solo te stesso, pezzo di merda. L’uomo di cui mi sono invaghita è il padre di mio figlio, coglione, è mio mar…
    - NON… dire quella parola – la interruppe lui alzando un dito – non ti permettere. Tu sei destinata a me e alla fine di questo percorso prematrimoniale te ne renderai conto.
    Lei stava per ribattere con una sequela di insulti da record ma un lieve rumore che proveniva dalle scale fece voltare Nicola, che si diresse verso la porta.
    - Cazzo, ho lasciato la porta del garage aperta…
    Un rumore che a Laura apparve come una corda lanciata a una donna immersa nelle sabbie mobili fino al collo.
    - Hai ragione… a… amore! – sussurrò – ma a Nicola quelle parole parvero urlate al cielo e si fermò, tornando sui suoi passi.
    - Oh! Cos’hai detto, amore mio. Ti prego, ripetilo.
    La donna fissò i suoi occhi in quelli dell’uomo, cercando di mostrare l’espressione più adorante che riuscisse a esprimere.
    - Io… Sono stata una stupida… Non volevo vedere, non… riuscivo a credere al tuo amore.
    - Non credevi che avrei potuto amarti, nevvero?
    - Sì, non riuscivo a credere che un uomo del tuo spessore potesse davvero amare una sgualdrina come me.
    A quelle parole, Nicola fece un passo indietro e vide lampeggiare lo scherno sul viso della futura moglie.
    - Maledetta strega, io ti ammazzo – urlò l’uomo alzando una mano per colpirla, ma una presa ferrea lo bloccò da dietro e chiuse quella mano e anche l’altra in un paio di manette, e il novello sposo si trovò in meno di tre secondi placcato faccia a terra.
    - Ma che cazzo succede? Lasciatemi, questa è casa mia. Non conosco questa donna, pensavo fosse una ladra. Dovete credermi, sono una persona rispettabile…
    Laura cadde in ginocchio, sull’orlo di una crisi isterica. Guardava come in un sogno due carabinieri che trascinavano via il suo carceriere e in fondo alla stanza il proprietario della ferramenta che l’aveva vista crescere, immobilizzato dallo shock.
    Aveva trovato la porta del garage aperta e sapendo che il campanello non funzionava aveva chiamato il 112.

    Nicola venne infilato in macchina e il maresciallo si avvicinò al finestrino.
    - Nicola Argento, lei è in arresto per tanti di quei reati che a memoria non li ricordo nemmeno, fra i quali sequestro di persona, abusi, sevizie e riduzione in schiavitù. Ci vediamo in centrale, sarà bello farle vedere cosa significa prigionia.
    - Mi ha chiamato amore, – rispose lui, guardando nel vuoto – amore, come nel film.
    Mentre la gazzella si dirigeva in centrale non faceva che ripeterlo.
    - Mi ha chiamato amore.
    E sorrise al finestrino e al mondo che sfrecciava accanto a lui.
    Forse non era così che dovevano andare le cose. Ma così stavano.
    "Nel complesso", rifletté, "sarebbero potute andare decisamente peggio".

    Edited by mangal - 29/11/2020, 17:15
     
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    Con toni macabri passiamo dal profilo di un un impacciato quarantenne, quasi un buontempone, in cerca di moglie a quello di un pericoloso maniaco disturbato mentalmente.
    Il racconto è tracciato in maniera scorrevole e ha in sottofondo una sottile vena ironica.
    Il colpo di scena è efficace e inatteso e lascia gustare il seguito anche se il finale risulta essere prevedibile. Ottimo racconto.
     
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    Mamma mia che racconto choccante.
    Veramente notevole: un inizio tranquillo, anche un po' noioso che inaspettatamente si apre su una realtà insospettabile; ma, del resto,.è sempre così, no? Gli orchi sono insospettabili.
    Stile pulito e lineare, incipit ed excipit ben amalgamati nella storia. Il personaggio femminile è sbozzato e tutto il focus è sul personaggio maschile e il suo disagio.
    Per quanto mi riguarda, una buona prova.
     
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    Mi piace molto la costruzione del racconto: la svolta inaspettata che fa del grigio protagonista un pericoloso psicopatico; anche il ritmo incalzante e il linguaggio ironico sono molto efficaci. Il testo si collega perfettamente all'excipit, mentre ho trovato un po' forzato l'icipit con il reale inizio della storia. Non vedo molto il nesso tra la frase della Austin e il ribaltamento ironico che il protagonista fa: perché si dovrebbe definire "povero come la merda"? Non lo è. Capisco l'immagine che vuol dare di sé agli altri, ma che sia contento tra sé di ribaltare in questo modo la frase della Austin, non mi sembra pertinente. Vero è che è uno psicopatico, però... Buon testo in ogni caso.
     
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    Ben descritta la doppia personalità dello psicopatico: uomo grigio, senza qualità, quasi un eroe alla Musil all’esterno e spietato aguzzino tra le mura domestiche. Anche se la trama è un po’ scontata, non manca di sorprendere, grazie alla sapiente regia del narratore. Una particolare nota di merito: finalmente qualcuno che quando scrive non insulta l’italiano. Bravo!
     
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    racconto che scivola veloce, molto scorrevole e pieno di sarcasmo e ironia.
    prtlomeno fino a due terzi, poi cambia tutto in modo repentino e inatteso, almeno per me.
    si passa dallo scapolo d'oro al sequestratore di persona, assolutamente glaciale nei confronti della donna fino a che non sente la parola "amore".
    bello, forse un po' accelerato il finale, ma il limite imposto non dava la possibilità di ampliare oltre.
    un paio di refusi, ma per il resto è scritto bene e con ottime descrizioni.
     
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    Il mio disagio ha una origine incerta, ma disagio è.
    Non riconosco più Ecly, qui sembra qualcun altro pure nella prima parte del racconto, quella divertente.
    Forse sono solo arrabbiato perché Nicola e Fausto hanno avuto il loro cammeo e a me niente.
    Al di là delle mie perplessità il racconto è scritto bene.
    Nicola lo riempie bene con il suo canto, per certi versi orribile.
    Ben ripagato dallo scherno di Laura, Nicola abbocca alle sue sdolcinatezze farneticanti.
    Tutto finisce in malora, giustamente.
    E a me resta il 'Dubbione'.
    Era Ecly, o no?
     
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    "Aveva uno strano senso dell'umorismo, ma pensavo fosse un bravo ragazzo" direbbe la fioraia.
    "Era un uomo tranquillo, veniva qui tutti i giorni a comprare le brioches..." direbbe il proprietario della pasticceria.
    E lo direi anch'io, se mi fossi fermata alla prima metà della storia.
    Una svolta terrificante quella al termine del racconto, in cui uno scapolo perditempo e scansafatiche si rivela essere un pericoloso psicopatico.
    Da brivido il livello di malattia mentale raggiunto da Nicola che arriva a pensare che Laura lo ami davvero, mentre è evidente (a qualsiasi persona sana) che lo sta schernendo.
    Scritto bene, scorrevole e con delle tempistiche ben distribuite. Mi sarebbe piaciuto qualche dettaglio in più sull'arresto, ma probabilmente Nicola era troppo preso dall'aver visto il suo amore (malato) finalmente corrisposto (nella sua mente).
     
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    Un racconto che presenta un personaggio complesso e al contempo ridicolo nella sua veste di psicopatico, quasi una parodia se mi passi il termine.
    Hai disseminato indizi del disturbo mentale fin dal primo episodio.
    CITAZIONE
    Detestava il profumo dei fiori da quando ne aveva memoria, un’avversione che sua madre non aveva mai tollerato, diceva che solo un pazzo potrebbe detestare il profumo delle viole.
    Ma si sa, le donne adorano i fiori e allora si sforzava di tollerarli.
    E tollerarle.

    Centrate e divertenti alcune similitudini:
    CITAZIONE
    pulendosi le mani sporche di cioccolato in un grembiule sporco come la coscienza di un nazista

    eh eh!
    CITAZIONE
    sorridendo con l’espressione di chi ha trovato l’auto ripassata con un chiodo.

    Dal l’episodio della ferramenta in poi, il registro narrativo cambia, come se il racconto non fosse scritto dalla stessa penna e perde quella vena ironica iniziale senza riuscire a presentare un personaggio veramente inquietante. Lo psicopatico non fa realmente paura.Il momento di maggior tensione rimane la descrizione del garage, con i vasi di fiori rovesciati, dopodiché la tensione “smolla”.
    Laura è troppo lucida rispetto alla condizione in cui si trova.
    La spiegazione dell’arrivo repentino dei carabinieri, non aiuta.

    La storia nell’insieme si fa leggere con piacere, l’incipit e l’excipit sono ben integrati. La sensazione alla fine è quella che il racconto dopo una fase iniziale in crescendo, ceda un po’ sul finale.
     
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    Per fortuna si è evitata la tragedia, un vero psicopatico con enormi disturbi comportamentali, un bel racconto, ho ammirato il coraggio della donna nonostante fosse incatenata, sei ben riuscita a trasmettere ciò che volevi, mi complimento anche per il linguaggio utilizzato, si è passati da una prima parte tranquilla e poi azione, si piaciuto, complimenti!
     
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    Mi sono immaginato tutto alla perfezione: Nicola che vestito di tutto punto va a prendere le brioches da Pier, poi passa in ferramenta, fa lo splendido e a Fausto gli prudono così tanto le mani che ha voglia di affibbiargli una catenata nella schiena. =)
    A parte tutto la prima parte mi è piaciuta molto, mi ha davvero divertito, soprattutto la contrapposizione tra le battute e le considerazioni oscene di Nicola e le reazioni e i pensieri dei commercianti.
    Il cambio di scenario della seconda parte ci sta, mi piace, però non mi convince pienamente il finale. È un pò telefonato, perché sapendo che Fausto porterà la catena a domicilio si intuisce quale sarà l'epilogo. Anche il fatto che Fausto chiami i carabinieri perché nota la porta del garage aperta è piuttosto sbrigativo.
    Forse la scelta più d'impatto per una resa finale maggiore sarebbe stata quella di sacrificare il lieto fine, ma ognuno giustamente fa finire le proprie storie come vuole.

    CITAZIONE (tommasino2 @ 30/11/2020, 16:53) 
    Il mio disagio ha una origine incerta, ma disagio è.
    Non riconosco più Ecly, qui sembra qualcun altro pure nella prima parte del racconto, quella divertente.
    Forse sono solo arrabbiato perché Nicola e Fausto hanno avuto il loro cammeo e a me niente.
    Al di là delle mie perplessità il racconto è scritto bene.
    Nicola lo riempie bene con il suo canto, per certi versi orribile.
    Ben ripagato dallo scherno di Laura, Nicola abbocca alle sue sdolcinatezze farneticanti.
    Tutto finisce in malora, giustamente.
    E a me resta il 'Dubbione'.
    Era Ecly, o no?

    Tom, ti sei dimenticato del gustoso cameo di Pier, versione pasticcere. Nicola poi altro che cameo, attore protagonista =)
     
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    Ti dirò, i discorsi dell'uomo mi hanno inquietato da subito. Sapevo che era un farabutto. Quindi, lo hai reso bene questo personaggio: inquietante al punto giusto.
    Il finale è davvero simpatico, anche se non ho ben capito come la polizia sia arrivata a lui. Bella la scena nella volante!
     
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    La storia è esile e si regge tutta sullo stile della narrazione. Lo stile è buono nella prima parte, meno convincente nella seconda. Il personaggio di Nicola è ben delineato. E' chiaro fin dall'inizio che è strambo e non ha una precisa visione della realtà. Ci si aspetta che ne combini una e l'acquisto della pesantissima catena fa intuire che la stramberia sarà bella grossa. Eccellenti gli schizzi folgoranti dei negozianti, delineati con pochissimi tratti e con batture di dialogo molto centrate. Però il colpo di grancassa della rivelazione della sua perversione non è perfettamente riuscito, probabilmente per l'indeterminatezza del personaggio di Laura, né vittima distrutta dalle privazioni e dalle sevizie, né in preda alla sindrome di Stoccolma. Insomma, sembra una moglie borbottona. Assolutamente non credibile. Per fortuna la sterzata del racconto non compromette il personaggio di Nicola che rimane assolutamente coerente con la sua vacuità mentale. Un autore meno scafato lo avrebbe trasformato in un mostro da hard horror condannando il racconto al cestino. Così non è stato, ma lo lascia nel limbo de senza infamia e senza lode.
     
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    Il racconto mi è nel complesso piaciuto. Scrivi bene, in modo corretto, chiaro e vivace insieme, tieni avvinta l’attenzione del lettore.
    Ti è solo scappato qualche refuso
    - Fausto guardò= senza il trattino di dialogo
    scoppio a ridere= scoppiò
    pagò e usci= uscì
    qualche metrò= metro
    natale= Natale
    Ogni tanto esci dal ruolo del narratore e fai fare una veloce comparsa alla mano di Ecly: mi riferisco alle similitudini ‒ scapolo povero come la merda, in un grembiule sporco come la coscienza di un nazista ‒ che secondo me stonano, anche se non so esattamente dirti perché mi suonino dissonanti; è come quando a teatro l’attore fa un ammiccamento al pubblico, quindi per un attimo mi fa uscire dalla finzione coerente che tu hai creato. Non so se sono riuscita a spiegarmi…
    Un’altra cosa che mi ha destabilizzata nella lettura è che i pensieri dei diversi negozianti su Nicola sembrano quasi alludere a una loro conoscenza di altri aspetti di lui, quelli nascosti che poi si manifestano alla fine. C’è un’antipatia o almeno un’insofferenza nei suoi confronti che emerge, che in me lettrice crea un’aspettativa di giustificazione, che però poi non arriva, dato che solo alla fine si scopre cosa sia Nicola in realtà.
    Non dico niente sul particolare della porta del garage lasciata aperta, perché la storia criminale è piena di disattenzioni, per cui anche questa può essere credibile.
    Incipit ed excipit sono ben integrati.
    Il racconto si legge molto bene, è ben costruito.
    Davvero un buon lavoro.
     
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    Alcune cose buone, anche molto buone, altre che mi lasciano, invece, un po' perplesso.
    Molto bene il contrasto tra una prima parte leggera, quasi scanzonata, che non lascia presagire nulla di ciò che avverrà dopo.
    Rileggendolo, però, si scopre che qualche indizio qua e là. lo avevi seminato...
    CITAZIONE
    diceva che solo un pazzo potrebbe detestare il profumo delle viole.

    CITAZIONE
    rasatura contropelo maniacale

    Ci sono un paio di espressioni che mi sono piaciute molto:
    CITAZIONE
    uno scapolo povero come la merda

    CITAZIONE
    un grembiule sporco come la coscienza di un nazista

    Quella che mi ha convinto meno, invece, è la seconda parte del racconto, a partire dalla figura di Laura: sembrerebbe essere lì da parecchio tempo eppure le sue risposte mal si adattano alla sua condizione, il dialogo tra i due appare quasi surreale.
    Anche il finale con l'arrivo dei carabinieri appare un po' affrettato e poco spiegato (spiegabile): il ferramenta trova il garage aperto e chiama i carabinieri?
    Ci sono, infine due frasi che non mi hanno convinto:
    CITAZIONE
    si fermò un attimo a osservare la sua immagine riflessa fra torte sacher e il resto dell’allestimento che sommava in un’immagine una quantità di calorie stratosferica.

    C'è la ripetizione della parola "immagine" e non mi piace il verbo "sommava"
    CITAZIONE
    ai tempi d’oro facevano affari d’oro

    anche qui la ripetizione non mi entusiasma
     
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29 replies since 29/11/2020, 16:22   424 views
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