Scrittori per sempre

Votes given by Lycia

  1. .
    Essere noi stessi ci fa apparire belli anche in uno specchio deformante, Gian caro.
  2. .
    Sono d'accordo, tutta la destra, e non solo quella che sta in parlamento, ha sposato la tesi negazionista, per squallidi interessi personali.
  3. .
    Bar, il virus c’è e produce vittime ogni giorno. Certo non sono in grado di quantificare quanto questo numero di vittime sia significativo in termini percentuali. È un dato di fatto che tutti gli abitanti di questo pianeta (forse anche gli animali) risultino particolarmente esposti all’attacco di questo “nemico invisibile” e dunque, per una mera questione di grandi numeri, è possibile che la percentuale globale sia piuttosto significativa. Se poi, complessivamente, si muoia più per cancro o problemi cardiaci o altre amenità, non saprei dire. Vero è che scaricare tutto sull’entità “complotto” è una manovra facile. Denaro & Potere sono moventi universalmente accettati, a qualcuno la colpa deve essere pure data. È cibo per gli ignoranti, non costa molto, riempie le bocche, e poi si tratta di una condanna in contumacia. I colpevoli mai si presenteranno al processo. La mia teoria complottista è che ci sia tutto l’interesse a far credere che esista un complotto. Oggi al tg Sky, dopo le interviste di rito ai commercianti disperati e ai medici allarmati, hanno fatto seguire un gustoso servizio sulla giornata dello “shopping day” che oggi si sta svolgendo in Cina. Francamente qualche riflessione “di pancia” mi è venuta spontanea.
  4. .
    Quinto commento, menomale che non c'è gara.
  5. .
    A me il racconto è piaciuto così com'è.
    Descritti molto bene i sentimenti del ragazzo che si masturba mentalmente, immaginando situazioni che nascono solo dal suo desiderio.
    Il coup de théatre, anche se un po' scontato, è presentato perfettamente, grazie allo stile asciutto e secco che arriva come uno schiaffo o... come il quadernetto di poesie.
    Quanto a dare un seguito al racconto, non mi sembra il caso; a mio parere rovinerebbe tutto, scadendo nella melensaggine.
    Il mio giudizio: BRAVA LYCIA!
  6. .
    :)
  7. .
    La solitudine parla da sola
    Si piscia addosso e sputa la vita
    Lenta trascina le gambe
    Velati ha gli occhi indifferenti
    La solitudine cammina per strada
    Ombra tra ombre
    Tanfo insopportabile
    Freddo deserto che gela le ossa
    La solitudine si veste da sera
    Elegante signora
    Inebriante di profumi
    Tasti che scorrono veloci sotto le dita
    Amori virtuali
    Amici virtuali
    La solitudine è un camaleonte
    Inganno sottile e mimetizzato
    Da folla che urla la sua allegria
  8. .
    storia semplice ma davvero gradevole, ottimo esempio di vita
    purtroppo anche in questo frangente pare che l'uomo non abbia imparato granché...
  9. .
    Dolore infinito. Molto composto. Molto comprensibile
    Hai voluto che tutti lo sapessero, non ti importa del concorso, ti importa di lei.
    Forse era una chiacchierona, una che amava stare tra la gente, e l'hai portata tra di noi.
    Qualcuno le spedirà cartoline, se c'è la posta in Cielo.
    Ti ringrazio a nome di tutti.
    Che Dio ti benedica.
  10. .
    Mi è piaciuta molto la prima parte: drammatica e tristemente realistica. La parte horror l'ho trovata un po' sbrigativa, anche se l'immagine del cappio che si stringe al collo del colpevole ha una sua indubbia efficacia. Quanto al messaggio sulla vendetta delle vittime sui carnefici... Be', se il carma esistesse, non ci sarebbero più cattivi sulla faccia della terra, e nel nostro parlamento, o nei comizi, quando certi figuri parlano si aprirebbero voragini pronte a inghiottirli. Il che sarebbe anche piacevole in certi casi. Ma sono contenta che non sia così. Il sole splende sui buoni e sui cattivi e spetta a noi decidere da che parte vogliamo stare. Preferisco restare un essere umano che crede in qualcosa di meglio della vendetta, per sperare in una società tentativamente giusta. Bye! :)
  11. .
    L’immagine che la presentazione ci dà è dolorosa e scava a fondo nel cuore.
    Questi eventi colpiscono duramente.
    Sembra trovarsi di fronte all’elogio funebre del rammarico, grande e incolmabile, che prende e tormenta l’autrice.
    Tanto avrebbe voluto fare e del fare altro ha realizzato…
    Questa è una narrazione scritta con il senso profondo dell’anima che ci parla attraverso la
    trasposizione dell’anima. La sensazione che il lettore ha è quella d’una confessione ultima
    a chi non può più sentire, ma soprattutto è un parlare a se stessi.
    La protagonista ripercorre in breve tempo e nei periodi scritti la propria esistenza, lo fa immersa in un crogiolo d’emozioni che si fondono insieme come un gioiello prezioso.
    Molto viene attinto dalle esperienze vissute e da questo trasuda un vissuto intenso e tribolato.
    Un vissuto mai veramente “esploso”.
    Questo è il fulcro che anima tutto il racconto.
    Sullo sfondo il tema dei dolori che nascono in seno all’ambiente familiare e che spesso vengono mal vissuti…
    Il racconto passa poi alla seconda parte che, conclusa la prima di introspezione, si tuffa completamente nell’onirico dialogo con la madre e il lettore sente le parole che la protagonista
    avrebbe voluto sempre sentire dalla madre.
    Toccante e commovente nell’insieme e una trama che denota una ottima capacità d’articolare i concetti e i periodi.
    Ho apprezzato quest’opera che ben si sposa con l’excipit, complimenti.
  12. .
    Ginevra è una ragazza prodigio della mia stessa età, del mio stesso banco, della mia stessa ultima fila.
    Lo specifico perché la classe, dietro, sembra un’altra classe, ognuno cura le sue attività, i suoi interessi , le sue letture. La capacità di gestione di Ginevra mi intimidisce tanto quanto le sue belle ginocchia scoperte, anche se per lei sono soprattutto un ventilatore a pale che mantiene fresco il suo umore.
    Nulla scalfisce la sua sostanza. Non lo so spiegare bene, e chiedo perdono a Dio se sembra una bestemmia: io credo che lei sia un’anima sovrapposta alla mia, una decalcomania che riesce a cristallizzare pensieri e parole e a guidarli. Con lei interpreto ogni forma di compagno di banco, e quando divento troppo espressivo mi bacchetta dicendo: Ci stai provando?
    Il massimo della mia capacità attoriale lo sfoderai il giorno che il professore di italiano dopo aver battuto con forza il pugno destro sulla cattedra, urlò: Chi mormora?
    Una voce sottile e lontana che sembrava non appartenermi e invece mi apparteneva rispose: Il Piave.
    Ero sempre capace di regalare a Ginevra qualcosa di personale e di imprevisto nonostante la mia timidezza. Lei conquistata dalla velocità e originalità della mia battuta rise a squarciagola come tutti gli altri, e diventai il suo eroe.
    Ora, trenta anni dopo quella esibizione umoristica, mentre le piattaforme di ghiaccio si sgretolano, comincio a pensare che il caos caloroso di schiamazzi che seguì in quella piccola e fondamentale aula di scuola di periferia potesse essere stato l’inizio dello scioglimento delle calotte polari o almeno in piccola parte aver contribuito alle mutazioni climatiche.
    Io e Ginevra cominciammo a frequentarci con più continuità e accanimento, anche fuori della scuola, questo è sicuro. I miei amici mi invidiavano, lei era di una bellezza unica.
    Ufficializzata la coppia in famiglia, e terminata la scuola, avevamo affittato un minuscolo e fatiscente monolocale proprio sopra un supermercato. Lei, all’inizio, si vergognava perfino di fare la pipì perché i muri erano di cartongesso e qualsiasi rumore non veniva placcato. C’era un lungo balcone ricco di fiori affacciato sopra la malinconica sequenza dei posteggi vuoti e male illuminati, dopo ogni sigaretta fumata ritornavamo dentro contenti di lasciare alle spalle lo squallore di quella semioscurità penitenziaria , ma con i calzoni sporchi di foglie e di insetti uccisi.
    Non so perché io e Ginevra ci allontanammo, all’improvviso. Forse il nostro rapporto smise di funzionare proprio perché funzionava troppo, o perché pur essendo felice di trovarmi in sua presenza avevo cominciato a sentire il bisogno di altra gente, di altri mondi, e pure per lei, credo, accadeva la stessa cosa.
    Cercai di conservare una mappa per ritrovarla, un minimo contatto. Pur essendo non di rado afflitto da problematiche economiche non le feci mai mancare gli auguri per ogni tipo di festa, accompagnati da un piccolo omaggio: delle rose bianche. Erano le rose bianche i fiori più disciplinati che conoscessi e a quel non colore si poteva affidare ogni sfumatura di sentimento, ogni interpretazione personale. Confesso che da parte sua non arrivò mai un ringraziamento.
    L’elemento più sorprendentemente moderno di questa storia fu una specie di ravvedimento facilitato da Intuizioni mediatiche, che si trasformò ben presto in stravagante riappacificazione pura tra noi due.
    Senza manipolazioni, molto spontaneamente decidemmo di rivederci.
    Lei aveva mantenuto il suo attraente pallore, sembrava un vero giglio della sabbia. Io sulla faccia avevo il riassunto di tutte le mie debolezze, oltre a una esordiente barba grigia poco curata.
    A lei, comunque, continuavo a piacere.
    Disse, sorridendo imbarazzata, che ero diventato come un muro del centro, scrostato nella parte bassa, ma ancora robusto. Poi mi baciò storcendo le labbra a destra e a sinistra, senza sfiorarmi, una smorfia brutta come uno sbadiglio di sonno.
    -Se mi devi baciare baciami davvero, i baci finti lasciamoli ai finti di questo mondo, - dissi.
    - Ma si usa così, - disse.
    Esserci riavvicinati poteva essere la via d’accesso a una serena vecchiaia, anche se ogni tanto la vita in comune somigliava alle scaramucce di due insetti infilati in una bottiglia di vetro, dove hanno poca aria e poca via di uscita. Tutte le volte che cercavo nella sua borsa un paio di occhiali da lettura provavo a tastare velocemente qualche indizio, un ‘suggerimento’, che mi facesse capire quei trenta anni di distanza. Sarebbe stato più facile chiedere, ma non si gioca con il tempo e poteva costarmi caro. E poi il piacere con cui mi osservava mentre cucinavo qualcosa, o lavavo i piatti , o dipingevo i miei sgorbi, l’aveva del tutto riabilitata ai miei occhi.
    Finché un giorno qualunque,vagamente depressa e consapevole della propria sgradevolezza, mi urlò a distanza dentistica: Non abbiamo un soldo neppure per il funerale.
    Non avevamo mai dato importanza al denaro, e io rimasi di stucco, ferocemente mortificato.
    - Se ci prende un colpo qualcuno ci seppellirà, - risposi.
    - Mannaggia a te e alle tue maledette mani bucate.
    - Abbiamo comprato l’automobile da poco e in contanti, - risposi.
    - Due anni fa, l’abbiamo comprata, due anni fa.
    - Senti, forse è meglio stare per un po’ lontani, ti sento stufa.
    - Questo lo dicono le coppie che si separano, ma tranquillo ho il ‘risultato’, tra un po’ ti saluto e me ne vado all’altro mondo.
    La sua finta serenità sommata al suo cinismo mi fece paura.
    - Non scherzare, che ‘risultato’? - Chiesi con tono mansueto.
    - E chi scherza, chi scherza, ciccio mio.- Rispose.
    Lacrime enormi, indimenticabili, sbatterono sui suoi zigomi, presero velocità e atterrarono sul pavimento con il fragore di una fontana del centro storico.
    - Be’ i tuoi amici almeno smetteranno di invidiarti adesso che sono vecchia, grassa, e pure malata.
    - Non smetteranno.
    Che poi di amici ne avevamo davvero pochi, perché il ‘mucchio’ fa sembrare la merce scadente e noi non siamo scadenti, diceva.
    - Mi abbracci?- Non così forte, mi fai male.
    - Hai tenuto tutto nascosto, perché?
    - Non volevo essere straziante, non ho voluto mai essere straziante.
    - Tu sei matta, amore mio.
    - Sì, sono matta, fammi ridere un po’, dai! - Fammi la faccia del mostro che mi fai sempre in
    ascensore, anche quando non siamo soli.
    - Non mi viene.
    - E questa cos’è?
    Con amarezza ride. Rido.
    - Ce la faremo, Ginevra.
    - Ce? Farai la chemio pure tu per solidarietà?
    - No, meglio di no.
    - Ma che risposta. -Ti sei offeso? - mi fa molto piacere quel ‘ce’ collettivo. - Giuro, - mi fa tanto piacere. - Il mondo va così. - All’improvviso tutto si rovescia e tutto appare come una stupida perdita di tempo. - La prevenzione, la prevenzione. -Tutti gli anni ho fatto la mammografia ed è servito a nulla, come è servito a nulla correre quella stupida gara che non sta immunizzando te dal dolore e me dalla malattia. - Tu correvi per cinque chilometri mentre il mio corpo veniva fatto a pezzi dalla malattia, farcito di mine antidonna, da metastasi.- Ma ti pare giusto? - Mi piazzavo sempre all’arrivo per vedere le magliette rosa che tagliavano il traguardo sorridenti, mano nella mano, osservando con gratitudine il pubblico che applaudiva, il cielo che esisteva ancora, le nuvole che esistevano ancora. - Gli uccellacci che volavano sopra le nostre teste sembravano rondini . - Non erano rondini!
    - E ora chi aiuta me? - che non so dove sbattere la testa? - che non so dove guardare? - Mi mettevo vicino alle bottiglie di minerale e le passavo, le passavo a tutti: a uomini giovani, a uomini vecchi, a bambini, a donne operate, a donne non operate.- Mi mettevo lì per avere l’arrivo più vicino. - Ora l’arrivo ce l’ho dentro, a portata di mano, a portata di mano, a portata, di, mano.
    - Amore mio.
    - Piantala di chiamarmi amore, stavi per lasciarmi, disgraziato.
    - Ma quando?
    - Quindici minuti fa.
    - Non lo dire nemmeno per scherzo, e se ti succede qualcosa, io ti vengo dietro, giuro.
    - Come ai bei tempi? come ai tempi di scuola? - Non posso svignarmela, ma tu non ti azzardare nemmeno a pensarlo o ti uccido con le mie mani, o pensi di averla solo tu la forza? - ce l’ho pure io, anche se non vado in palestra. -Ti uccido Perdio, se solo la pensi quella cosa!

    Ho mantenuto l’auto grande, e guido piano, come se avessi tanta gente da trasportare, un trucco per sentirmi meno solo. Ginevra non c’è più, è morta da qualche mese. Il sogno si ripete quasi tutte le notti:
    Da un braccio della croce penzola una piccola altalena. Dondola, leggera, spinta dal vento. Un fiore bianco è sbocciato ai suoi piedi, si nutre del mio amore. Mi sono sbagliato. La croce non l’hanno piantata nel mio cervello, ma dritta nel mio cuore.


    Edited by mangal - 11/11/2019, 11:25
  13. .
    Spesso Danilo ripesca delle perle interessanti.
    È se fosse lui, il nuovo angelo?
  14. .
    Nella pioggia
    ho lasciato scivolare
    lacrime amare
    e ricordi dolci
    come i tuoi baci.
    La pioggia
    ha lavato ferite
    purificando
    l'anima mia perduta
    nell'abisso del tuo amore.
    Sei stato uomo virile
    a tratti rude e gentile
    quando piangevo
    supplicando amore.
    Amico e amante
    hai curato le mie paure
    con saggezza e attenzione
    indicandomi sentieri sicuri.
    Oggi nella pioggia
    il mio cuore zigano
    rinfrescando ricordi
    ancora ti cerca.
    So che tornerai
    in un giorno di pioggia
    e stringendomi al petto
    placherai l'assenza.

    Stesura maggio2015
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    donnapioggia_0
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    Questa è la triste storia del Roby calciatore che fu perseguitato da un piccolo grande amore e per finire in bellezza nel crepuscolo della carriera stuzzicò le ire d'una ragazza un po' megera che per dispetto molto villano gli fece cascare in terra l'aeroplano...
774 replies since 30/12/2016
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