Scrittori per sempre

Votes taken by Giancarlo Gravili

  1. .


    Er vello

    C’è er vello?
    Quello d’oro
    Quello dell’argonauti
    C’è o non c’è?
    Insomma me volete da risponne…
    C’è er vello?
    No
    Er cervello se lo so trafugato li ladri
    nottetempo se so ‘ntrufolati a casa mia
    e li hanno razziato tutti l’ori
    e siccome che avevo lasciato il prezioso avere
    in una cassapanca lo hanno trovato e se lo so piato
    Dovemo capii in fonno feceva freddo e coprisse con
    un vello era utile specie se era puro de orificeria.

    Ma mo me sto a chiede
    come devo da fa si non lo posso più indossa?
    E di che me serviva proprio dimani, ci ho un colloquio
    de lavoro e come se po fa?
    Me ricordo quanno che c’era er vello... come se stava bene
    sempre ar carduccio, me potevo permettere pure de pensa
    pe li fatti miei e poi ansai quanti che me invidiavano er vello mio.
    Me sa che quarcheduno ha fatto la spia…
    Ma si lo pio, je smozzico tutto er culo.
    Nun se po campa senza er vello
    so scoperto nelle idee, nun ci ho protezione
    me se intruppa il pensare
    Io ar carduccio me sento mejo
    protetto e accudito
    In fonno si c’è er vello pe ognuno
    sai quante cose meno agghiaccianti che avrebbero meno ner monno...
  2. .
    Va bene nome e cognome per me...
  3. .
    In morte...

    E giaci ora
    inerme
    nel tuo spazio
    per un futuro che non sa
    Giaci tra legni rozzi
    e travi senza cuore
    e chiodi arrugginiti serrano il piombo…

    Va il becchino a consolar il fosso
    e terra salta
    un badile va e l’altro viene
    e tu non sei

    Piange un tizio con un martini on ice in mano
    brinda e non sa perché
    Suona la banda jazz dimenticati
    e un ritornello s’infila pe i platani dormienti
    e scuote i larici e gli abeti
    e lascia muti e tristi pur i cipressi

    E giaci ora ascoltando suoni lontani
    immagini rubate
    voci interpretate
    Ma non senti
    Come puoi sentire oramai
    Tu morto tra i morti
    che nei vivi eri pur morto?

    E giaci nudo di pelle cotta
    dai mali
    dai veleni
    e giallognolo appare il viso
    e scarti la confezione del tuo corpo
    e litighi con il becchino
    e urli dicendo il tuo nome

    Ma chi t’ascolta?
    Il vento forse?
    Il tizio che beve martini?
    Una pagina d’un libro rubato?

    Urla pure che niun ascolta
    e declama nel viaggio tutti i compagni
    e chiedi a ogni voce d’urlare
    e ti scuoti
    Tu morto nei morti…

    Un corteo funebre s’avvicina e una dopo l’altro
    s’ammucchiano i legni sepolcrali
    uno sull’altro
    nella strage dell’uno e del molto
    e un nome non si scrive
    e cento se ne sussurrano
    e una è la lapide
    Bianca
    spoglia

    Piantata la felce
    Acceso un lume
    Una scritta inesistente adorna il mausoleo
    e gli uomini in silenzio
    sfilano fra cipressi
    e la banda suona jazz serale
    e la pioggia ti saluta
    ticchettando sulla nuda terra
    e vive la felce
    piangendo nomi che non sa
  4. .
    Ove

    Ove il vento parla
    e l’alberi tremano al cospetto
    Ove il folle parte
    dimenticando di innestare il passo
    Ove un ove è senza ove
    e nessun posto vale
    Ove trecento volti si mangiano tra loro
    e l’ultimo rimasto scopre di non aver volto
    Muore ogni ove misero piangendo
    tutti gli ove dove non è stato
    e quanti ove ha perduto
    e ove avrebbe potuto andare
    e l’ove tace silente
    dove il giglio spunta
    dove una cassa che non è panca
    si serra nella fine
    e lì or giace l’ove
    e trema il pensiero
    di non aver un ove futuro
    e nulla giace invano senza ove
    e ove il fulmine cade
    ove
    ove
    ove
    ove s’ode il silenzio delle mortadelle
    il vecchio ove assaggia pistacchi
    e tra un dente cariato e altro
    declama l’ove

    «Ove s’ode, ove s’ode…
    Chi vole ove sode fresche di iornata, ove sode fresche e belle
    avvicinatevi al furgoncino…
    Ove paesane fresche e sode, gente venite a comprare l’ove sode
    dall’ovaio sodo il vostro ovomo di fiducia.
    Gente venite a comprare l’ove sode, forza non aspettate che poi
    si marciscono in fretta, ove sode col pepe nero, avanti gente
    ci metto pure il pepe nero, comprate le mie ove sode...»
  5. .
    Grazie del voto!
  6. .
    Grazie del voto!
  7. .
    Grazieee!
  8. .
    Grazie Tom!
  9. .
    Grazieeeeee e abbraccioni a te e i tuoi cari Man...
  10. .
    Oggi a Natale ho visto cose...

    Oggi ho aperto il supermercato prima dell'invasione barbarica per colpa dello scellerato decreto che chiude i comuni in Veneto alle 14 e che in mattinata mi causa caos per strada e assembramenti nei maggiori iper...

    Visto che alle due tutti a casa...
    Visto che, si ma che?

    E poi vedo una frenesia anormale nella gente, automobili che sfrecciano a duecento km orari in centro, alieni col carrello pieno di barattoli di nutella, marziani con dieci pacchi di lenticchie a testa, un babbo natale su una motoslitta munito di autocertificazione e certificato di vaccinazione delle renne.

    Babbo di Natale (un mio amico) che compra patatine bio riscaldate per i nipoti, uomini nudi che fanno la fila per vestirsi di luci a led, pupazzi di Natale che comprano donne da appendere all'albero, bambini che scartano le mamme prima ancora dei pacchi, ho visto cose che voi umani nemmeno immaginate...
  11. .
    Ringrazio tutti per l'esegesi del racconto, ho voluto rendere vicende passate perno d'un racconto che molto fonda le sue radici sul vissuto... Quel vissuto che spesso aiuta lo scrittore a rielaborare accadimenti e trasporre sensazioni ed emozioni all'esterno del proprio io ponendole sul foglio bianco del web sperando che qualcuno entri in sintonia col raccontare personale. La scrittura va dal tipico raccontare di natura romantica in stile quasi ottocentesco al melanconico osservare che non vuol essere in alcun modo retorica fine a se stessa e infatti non lo è. Accanto alla descrizione della natura, come spesso accadeva nella metà del diciannovesimo secolo, vi è la trasfigurazione della sofferenza interiore in toni "amari". Il romantico non sarà mai colui che esalta l'amore o il lieto fine, romantico è colui che vive la vita intrecciandola intensamente con ogni elemento vicino al suo sentire. Il fulcro su cui ruota il racconto è la strada all'interno della diga che spesso viene inondata dal mare in tempesta, questo elemento da me spesso vissuto ha fatto da genesi a tutto il racconto. Pubblico sotto alcune foto della diga dove spesso andavo e che esiste realmente... La bocca di porto a Brindisi è abbastanza alta rispetto ai blocchi di cemento ma quando il mare urla...

    Le_onde_scavalcano_la_diga_di_Bocche_di_Puglia

    onde_sul_molo_al_porto_di_Brindisi_0
  12. .
    atauapa_0
    GiancarloGraviliComics2018

    A spasso col fumetto


    Scuro, matita nera sul foglio che non sa cosa disegnare... ed ero prigioniero di me stesso, vagavo nei campi deserti dei fiori morti, quelli che li disegni come ti pare.
    Cercavo il tuo sguardo, mentre un gelo arido ricopriva ogni singolo lembo di pelle.
    Non esisteva l'esistenza, ognuno nella terra poteva vedere le vene aperte e scorrere il proprio sangue verso l'ignoto orizzonte del corpo umano.
    Dal fango spuntavano mani in rivolte al cielo e tornando indietro alla sguardo ognuno ci può stampare il proprio foglio sopra e va bene che a tirarti la lingua non diresti mai di chi sono quegli occhi.
    Nenie di sciacalli e cani accompagnavano i passi confusi, bevevo acqua dalle radici dei cactus, ma non basta a placare l'ira dei rimpianti, pensavo d'essere un fumetto, avrei superato quel posto d'inferno grazie al mio autore.

    «Ehi, non vedi che sto morendo, per favore disegnami una pozza d'acqua buona, dai sbrigati!»
    La marcia continuava ma quel cazzo di scrittore si divertiva a disegnare Canyon e tapee indiani.
    «Acqua accidenti... scrittoreeeeeeeeeeeeeeeee, acqua o per lo meno una fazenda dove ristorarsi, porca vacca»
    Ci mancava pure che mi disegnasse le pistole: «A cosa cazzo servono nel deserto le pistole se nessuno ti disegna le pallottole, meglio morire sbranato a questo punto»
    Finalmente da lontano s'intravide un piccolo villaggio di rinnegati.
    «Scrittoreeee deciditi a scegliere un tempo per la narrazione, presente, imperfetto, passato, insomma ma gira la testa...»
    Mi vengono incontro due tipi strani, accidenti brillano come cento monili d'argento.
    Ma io non ero un pistolero, a me piacevano le avventure di Salgari, perché mi ritrovo in questo fumetto?
    «Stronzo sai solo parlare o spari anche, abbiamo ritrovato nel deserto il cadavere del nostro compare, sei stato tu ad ammazzarlo, sporco bastardo»
    «Non sono stato io e non avevo nemmeno intenzione di attraversare questo deserto e non ci ho nmmeno le pallottole»
    «Non blaterare, puzzi come sterco di bisonte, prova a sparare se ti riesce prima che ti ficchi in gola un chilo di piombo fresco»

    Bang, bang, bang...!

    Qualche colpo di matita dopo…

    «Ma ora dove sono, sembra il paradiso questo! Sono morto, allora? E il resto della storia? Finito? Mah... sapevo che sarebbe andata così»
    Una pallida luna ricopriva le foreste del Cumba Jajja, un mamba brasiliano si nascondeva all'interno d'una felce tropicale, mentre Joe si faceva strada con il suo coltello nella fitta vegetazione, il tempio della montagna splendente attendeva nascosto da secoli di storia.
    Le pietre preziose del dio Mbarincot erano l'ultimo dei tesori del pianeta, molti lo cercavano e nessuno ritornava per raccontare l'impresa…

    «Orca la vacca, ma dove sono ora? Scrittoreeeeeee ma dove mi hai disegnato? Ho paura pure dei ragnetti, comprese ragnatele, ma dove sei scrittoreeeee, oh mamma mia, aiutoooooo»
    La tribù dei tagliatori di unghie incarnite viveva in quei luoghi e nessuno poteva attraversare la montagna della luna senza essere loro preda.
    Joe a fatica seguiva quella vecchia mappa del museo di Jonstonebridge, la fama lo spingeva in un'impresa più grande di lui.
    «Aiuto, ho finito lo spray per le zanzare, il tempio dovrebbe trovarsi a nord- nordest dalla mia posizione. Devo fare attenzione questa calma non mi piace»
    D'improvviso dalla foglie umide una marea d'uomini minuscoli si riversa su Joe, viene catturato, spogliato e legato.
    Il gran sacerdote Te Rutt Tutto s'avvicina a Joe, fa tre giri intorno alla pietra sacra dove è stato legato, spella una banana, la mastica e poi la sputa sul corpo inerme del malcapitato poi ingurgita un pezzo di radice di Catzumaru e compie lo stesso rituale, poi mastica ancora una miscela di fegato di CariBùestinto e stesso rituale poi... insomma una smerdata da nulla per l'avventuriero.

    «Scrittoreeeeeeeeeeeeeeeeeee, dove sei andato a finire? Aiuto, aiutoooooooooo mi senti imbecille, cambia finale cazzooo, ohi, ohi... no, fermo là stregone delle mie balle, no che fai aiutooooo!»

    La matita continua a tracciare solchi neri per fatti suoi...

    Spazio infinito, l'astronave Antares sfreccia alla velocità ipersonica fra la costellazione di Andromeda verso il pianeta Sirius 3000.

    «Comandante abbiamo un'avaria al motore principale, dovremo atterrare sul pianeta delle Amazzoni Perverse, ci disintegreremo fra due betaperiodi altrimenti»
    «Cosa ci faccio su questa poltrona e dov'è il sacerdote? No... così non vale io soffro il mal di spazio, ma possibile che mai s'ascolti il parere del fumetto, ma con chi parlo? Tanto lui se ne frega altamente, rincorre le sue storie e non pensa ai poveretti che le rendono reali»

    “Comandante lanciamo la navicella di salvataggio, presto!”
    «Ma io vedevo Star Trek in tv e mo che cazzo si fa in queste occasioni, dov'è il manuale d'uso della astronave»

    Un'esplosione tremenda illumina le stelle e la minuscola navicella atterra sul pianeta della Amazzoni Perverse.
    «Benvenuti stranieri io sono la regina Copuloniabona e queste sono le mie amazzoni»
    «Ammazza ste amazzoni, era ora finalmente! Ahhhhhhhhhh! Ma cosa succede, cos'è questa nuvola che m'avvolge?»

    E ancora quella cavolo di matita disegna…

    Un orso polare osserva la banchisa, mentre inesorabilmente i ghiacci invadono ogni lembo d'Artico.
    Amundsen con il suo aeronave dirige verso il centro del Polo Nord.

    «Augustesen rimuova le cinghie di sostegno degli ancoraggi, siamo troppo pesanti e perdiamo quota, presto buttare a mare le zavorre»
    «Agli ordini, eseguo immediatamente»
    Il dirigibile Norge risale lentamente il pericolo sembra passato.
    «Porca miseria ma e le tette di Copuloniabona? Questa me la paghi, scrittoreeeeeeeee, riportami indietro e poi soffro di vertigini, rivoglio le tetteeeeeeeeeeeeeeeeeeeee»

    “Ma chi è che urla in questo modo?”

    «Scrittoreeeeee, ti prego fammi morire in una storia, non resuscitarmi di continuo, non ce la faccio più, ho una certa età oramai»
    «Scusami me sei tu che parli?»
    «E chi altri se no? Sono anni che mi sbatti in tutte le epoche, per una volta che ero tra le braccia di Copuloniabona, me mandi pure via!»
    «Mi dispiace, non pensavo te la prendessi così, in fondo sono io che scrivo e invento»
    «E allora inventa meno, perché io non posso seguitare in questo modo, mi rivolgo al sindacato dei fumetti»
    «Ok, ok... prometto che ti mando in un posto d'incanto nella prossima storia, ma dimmi una cosa, era così bella la regina Copuloniabona?»
    «Una figa da sturbo!»
    «Aspetta cambio pagina e spostati un attimo che entro dentro pure io, uhmmmm, ecco ci sono quasi, accidenti sono ingrassato a furia di scrivere, ecco, ecco ce l'ho fatta! Ciao io sono lo scrittore e tu come ti chiami»
    «Ma se mi disegni e poi scrivi le mie storie, non mi riconosci, io sono il tuo fumetto»
    «Come si chiamava quel posto delle amazzoni?»
    «Se non lo sai tu, chi lo può sapere?»
    «Cazzo e ora che io sono di qua, chi è che scriverà di là? come faremo ad andare dalla regina?»
    «E bravo il coglione, ora siamo tutti e due prigionieri per sempre, ma chi me l'ha fatto fare di nascere per mano di questo stronzo, ohi, ohi… e tutto per due tette disegnate!»
  13. .
    Un chiarore dentro
    Pulsa il sangue
    Sono giovane e vecchio
    Non importa
    Nulla importa
    Se non lasciare appesi i miei pensieri sui tuoi occhi

    Lasciare che questo infame desiderio non si avveri
    Sarà mia cura
    Per vomitarlo ogni giorno
    Per cercarlo ogni dannato giorno della mia vita

    Sì,
    Per te farò così
    E sarò vivo
    Ogni volta che mi guarderai
  14. .
    La mia Africa... qui si sente tutto l'amore per ciò che è oltre noi stessi, luoghi della realtà o dell'anima.
    L'autrice nella sua trama trova il giusto gancio per prendere visivamente il lettore e fargli vivere la storia nell'immaginifico interiore.
    Vedo la capanna, i frutti dell'orto, i volti di madre e figlio, i colori sgargianti e figli del sole africano, i modi d'essere e di vivere... il tutto attraverso una descrizione e caratterizzazione ottima dei personaggi e io mi godo in toto questo film e osservo con attenzione quegli occhioni del nonno e la sua canuta figura esaltata dal bianco senile.
    Vedo una madre correre nel buio della savana sfidando i predatori padroni pur di salvare l'anziano genitore, e qua emergono i valori fondanti del nucleo familiare che s'associa all'accenno del dramma che l'Africa deve subire con l'immigrazione e lo sfaldamento dei nuclei familiari.
    Un racconto di vita vissuta e una morale che vuol trovare nel "sapere" una giusta collocazione in un mondo ancestrale dove vivere vuol dire vivere secondo le tradizioni della tribù, ma la storia in realtà insegna altro, ciò che va oltre le convenzioni occidentali e che nel suo passato vede tesori, arte e scienza... Ecco questo io ho letto, grazie autrice!
  15. .
    Un racconto lineare, pulito da fronzoli, secco e diretto a spiegare il perché della storia. La trama si svolge in maniera automatizzata, quasi meccanicamente e si beneficia delle proposizioni ben gestite e per nulla arzigogolate. Quando si sceglie di narrare in questo modo tale tipo di scrittura necessità assolutamente di chiarezza e facilità di lettura e tutto ciò è ampiamente rispettato.
    Spesso nella chiarezza d'esposizione risiede il pregio maggiore e non sempre la semplicità è sinonimo d'incapacità, anzi...
    Che bei tempi quelli delle cambiali e di coloro che rincorrevano il creditore per un rinnovo, pregandolo di non scontare sta benedetta cambiale.
    Un intera generazione ha vissuto con questo metodo di pagamento che in fondo aveva la sua ragione anche nelle marche da bollo che parevano quell'accento di poesia che allo Stato non manca mai quando si tratta di suggere del buon sangue dal cittadino probo e pure dal cittadino improbo.
    Complimenti bella prova!
259 replies since 30/5/2017
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