Scrittori per sempre

Posts written by mezzomatto

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    CITAZIONE (mangal @ 2/1/2021, 17:02) 
    CITAZIONE (mezzomatto @ 2/1/2021, 16:46) 
    Preferisco il nome per esteso. grazie.

    intendi nome e cognome, giuto?

    Sì.
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    Preferisco il nome per esteso. grazie.
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    Ho avuto un crash e, complici le feste, me l'hanno ridato solo ieri. Evidentemente col cell qualcosa non ha funzionato. Perchè ero sicuro di averlo fatto. Comunque, come dice tommasino2, non avrebbe cambiato le cose.
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    Con la morte nel cuore devo selezionarne solo cinque. Difficilissima scelta, mi scuso per gli esclusi, hanno perso proprio solo per una microincollatura:
    1 - Adelaide
    2 - Agnès alla laguna
    3 - E vissero per sempre felici e contenti
    4 - Crepe nei muri
    5 - L'ultimo ballo
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    CITAZIONE (mangal @ 19/12/2020, 21:38) 
    CITAZIONE (mezzomatto @ 19/12/2020, 21:25) 
    Uno, col nome Giuseppazzo, aperto nel 1919

    nel 1919 sps non c'era, comunque va bene, vediamo di bannarlo
    *_* *_* *_*

    Ma va? Avete meno di un secolo di vita? E pensare che vi stimavo essere dei vecchi saggi!

    Mi sa che questo svarione rimarrà negli annali.

    P.S. - Stavo giocando a un gioco che si ispira a ritorno al futuro e...
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    HELP ME!
    Mi sono accorto di avere due account su Scrittori per sempre.
    Uno, col nome Giuseppazzo, aperto nel 1919 e praticamente mai usato (solo i saluti iniziali)
    Dimenticato completamente, tanto che ne ho aperto un altro, col nick "mezzomatto" con cui ho parteicpato al conocrso flash 2020.

    Mi rimetto alla clemenza della Corte.

    Potete annullare Giuseppazzo? O devo disiscrivermi io, e allora, ditemi come fare.
    Grazie e scusate ancora, se potete
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    CITAZIONE (Esterella @ 14/12/2020, 11:23) 
    il limite di questo racconto è la brevità, dovresti approfondire il tema , l'antefatto che ha scatenato tutto e il finale che appare troppo sommario, invece di dire il resto lo fece la setticemia facci vedere invece come le piaghe degenerano e in pochi giorni massimo una settimana lo portano alla morte.
    Hai notevoli capacità descrittive ed è stato un piacere leggerti. :emoticons-saluti-6.gif?w=593:

    Grazie dei complimenti. Penso che la brevità sia un pregio, una maggior lunghezza rischia di allungare il brodo. Comunque ci penserò su.
    Quanto alle piaghe che degenerano, sì, è un ottimo suggerimento.
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    Riflessioni più che flusso di coscienza. Metrica nelle frasi, non in tutte. L'hai fatto apposta perché non la scambiassimo per poesia? Ma è poesia.
    Detto questo c'è forse troppo. Il vero fulcro del racconto è difficile da trovare. Oltre cosa? Alla fine sembra oltre la vita, cioè la morte, "ov'ei precipitando il tutto oblia".
    C'è parecchio Leopardi dentro "Oltre", a parte che, invece dell'abisso, qui c'è il dolce cullare del liquido amniotico che suggerisce un eterno ritorno.
    Un solo appunto: "La sostanza delle cose si è frantumata..." contiene un passato prossimo, mentre tutti gli altri verbi sono al presente.
    Alla prossima.
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    Grazie Petunia, suggerimenti importanti i tuoi. La descrizione della cella è difficile, rischiano di interrompere il flusso dei pensieri di fra Gerolamo con descrizioni inappropriate. cercherò di trovare elementi ambientali che si integrino spontaneamente con i pensieri del frate. Quanto alla setticemia cercherò una espressione medioevale che equivalga a infezione diffusa e mortale. Pensavo di finire semplicemente con: continuò fino alla morte, ma forse è eccessivo arrivarci. Meglio lo sfinimento e un'infezione. Anche se i frati tenevano le loro celle molto pulite, ma gli ami, chissà che pesci avevano pescato prima.


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    Un racconto intenso e sofferto, reso verosimile da una scrittura coinvolgente, magari acerba e aspra in qualche passaggio, ma potente. Su refusi et similia non mi soffermo, ci ha già pensato Molli (ma che? Sei un editor professionista?).
    Quando c'è una buona scrittura la sospensione dell'incredulità è automatica. Non mi è passato nemmeno per l'anticamera del cervello che fosse implausibile una simile empatia fra sconosciuti.
    Faccio solo un appunto strutturale: i dialoghi sono troppo lunghi, a un certo punto non capivo più di chi era la battuta.
    Però non sono mai stati banali, neanche nelle schermaglie iniziali, anche quando non era ancora chiaro che dinamica avrebbero sviluppato.
    Io direi una prova matura, di una scrittrice che ne ha di cose da dire e le sa dire.
    Non è stato ammesso al concorso per la lunghezza? Effettivamente supera le 12.000 batture spazi inclusi.
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    Stavo già pensando: "Mamma mia, racconto non adatto ai diabetici", poi è arrivata la secchiata gelata del finale, Meno male.
    Sì, siamo su un piano elevato di scrittura, scorrevole e profondo nello stesso tempo. Ci sono ottimi passaggi, come le sensazioni sotto la doccia e le pennellate impressioniste con cui dipinge il vecchio contadino.Inoltre, formidabile, il modo con cui hai mostrato, senza minimamente descriverlo, l'uovo sbattuto in testa.
    Di appunti da fare ne ho pochi:
    - all'inizio avrei gradito di capire subito la situazione, sapere chi sono Livia e Mirna e che relazione c'è fra loro. Basterebbe mettere nella prima frase a chi Livia aveva letto ad alta voce la frase. Tra l'altro cominciare col soggetto Livia, proseguire con una battuta di dialogo di non si sa ancora chi, poi con una azione di un altra, disorienta un po' il lettore. Io ho dovuto fermarmi e rileggere da capo. Forse basterebbe invertire: "sbottò Mirna". Cominciare col maiuscolo di Mirna può suggerire l'idea che ci sia un punto fermo. Sono minuzie, ma un autoe che mira in alto deve tener conto anche di queste minuzie.
    - bisogna attendere parecchi capoversi prima di capire la relazione che c'è fra Livia e Mirna.
    - l'accenno dell'excipit alle cose che avrebbero potuto andare peggio non è correlato a quanto raccontato. Occorrerebbe un cenno, nel corso del racconto, a che cosa di peggio avrebbe potuto succedere.
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    L’ INQUISITORE
    Fra Gerolamo annodò con molta cura le corregge del gatto a nove code e fissò tre uncini di ferro a ogni coda. Intanto pensava a quanto il male avesse permeato il mondo e quanta penitenza sarebbe stata necessaria per debellarlo. Tre uncini per ogni coda, in totale ventisette uncini: il tre, la sintesi perfetta, elevata alla terza potenza. Rabbrividì pensando alle pene che avrebbe subito il suppliziato, ma sorrise al pensiero che ogni fitta di dolore gli avrebbe rimesso un peccato. Una sola frustata avrebbe inferto nove staffilate e ventisette arpionate alle carni del penitente. Ventisette peccati rimessi in un colpo solo. Calcolò quante sferzate sarebbero state necessarie per superare il demonio: venticinque frustate avrebbero inferto seicentosettantacinque uncinate, nove in più del numero di Satana, il seicentosessantasei. Nove, il numero triplamente perfetto.
    Poi si preparò: si denudò e s’inginocchiò dinanzi al Crocefisso. S’inebriò nel contemplare le cinque piaghe del Signore e anelò di patire la stessa sofferenza. La sua mano tremava quando impugnò il gatto a nove code, ma s’immobilizzò in una saldissima presa appena invocò: «Dio, dammi la forza».
    La prima sferzata non fu particolarmente dolorosa, non è facile colpire con forza la propria stessa schiena, ma gli uncini si conficcarono nella carne e la strapparono quando la sferza fu ritratta. Il dolore era sufficientemente intenso, il suo peccato sarebbe stato senz’altro rimesso al venticinquesimo colpo. Arrivato al settimo, dovette fare una sosta. «Mio Dio» pregò «la carne è così debole che non riesco ad andare avanti?» Ed ebbe la visione dell’inquisita, nuda, appesa alla corda per le braccia dietro la schiena. Si agitava scompostamente, urlava e chiedeva pietà. «Sono quindi come lei, la peccatrice eretica, strega, debole di fronte al dolore?» Si frustò furiosamente per altre dieci volte, urlando come la suppliziata, con la visione di quel corpo rotondo e morbido, di quei seni danzanti ad ogni strattone.
    «Non bisogna dimenticare il peccato, bisogna confessarlo» urlò.
    Lo straccio che avevano messo all’inguine della suppliziata per nasconderne le intimità era scivolato giù e ora il suo sesso era completamente esposto. Fra Girolamo ne ricordava bene tutti i particolari, il pelo folto che lo nascondeva, poi l’apparizione improvvisa, in mezzo a quella selva nera, del rosa delle labbra a seguito di uno scomposto allargamento delle gambe. S’inflisse furiosamente le ultime otto frustate piangendo e chiedendo pietà al Signore per l’orrendo peccato commesso: una polluzione spontanea.
    Con un urlo si inflisse con tutta la forza possibile il venticinquesimo colpo e si accorse, con orrore, di avere avuto, anche adesso, erezione e polluzione.
    «Sono il Male, non avrò redenzione».
    Continuò a flagellarsi, tutto il corpo, fino a crollare. La setticemia fece il resto.
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    Linguaggio e tono classici, scorrevoli, appropriati per l'ambienta (classe sociale elevata, benstante, donna intelligente e colta, anche se di umili origini), ben giocato sui due piani reale/virtuale. Struttura ben congegnata: coerente l'incipit, l'inizio chiarisce l'ambiente e il personaggio di Addie, il centro lo sviluppa e introduce l'enigma Ermes (mercurio non era anche dio dei ladri?), la conclusione è il classico effetto Murphy, uno spiritello ha fatto sbagliare qualcuno e la frittata è servita.
    Però ci sono delle confusioni: l'uso del corsivo sia per i pensieri di Addie, sia per gli eventi nel virtuale disturbano l'equilibrio. A mio parere è indispensabile caratterizzarli in modo differente, i pensieri appartengono comunque al mondo reale anche quando si intrecciano agli eventi del virtuale.

    Poi c'è l'ambiguità del colpo di scena. E' Ermes che sta chattando in simultanea e ha sbagliato chat (cosa per sui io propendo), o è il marito di Addie che, magari sta spiando la moglie mentre chatta a sua volta, e combina il pasticcio?

    Un solo refuso, già segnalato.

    Excipit perfettamente apppropriato. Ottima prova.
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    E' proprio vero che il giudice più severo è quello dentro di noi, il super-io. Secondo Freud incita l'io a difendersi, ma provoca anche il bisogno di punirsi. E questo racconto mostra magistralmente la subdola natura di questa parte di noi.
    Stile e tono sono ottimi per la prima parte, fino all'aggressione. Ma la reazione di Agnès allo stupro è un pochino fredda, raccontata più che narrata. Non ci ho sentito lo scatto della furia, che pur deve esserci stato se l'esito è stato quello scritto.
    Un bell'espediente letterario è il far raccontare da Luis il suicidio di Agnès. Uno degli errori condannati dai puristi è infatti quello di far narrare in prima persona un defunto. Se è morto come fa a raccontare? E soprattutto a raccontare la propria morte.
    Invece Luis racconta il suicidio con quello che può sapere E lo fa in modo coinvolgente, mi ha preso. E' anche perfettamente collegato con l'excipit, mentre l'incipit mi sembra troppo generico, non specifico della vicenda narrata.
    Un'ottima storia, un'ottima scrittura. Occorre una superpignoleria per trovarci difetti.
    Riceverà da me un punteggio alto.
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    Sul linguaggio, lo stile, il tono narrativo non c'è nulla da eccepire. I refusi purtroppo sono stridentissimi, come macchie nere su uno sfondo splendente. Peccato. Non li elenco perché altri lo hanno già fatto.
    Anche la struttura in tre atti è canonica. La scansione fatta attraverso le misteriose missive va benissimo.
    Mi sarei aspettato un finale diverso dopo la terza !Anna è morta..." cioè una fuga di Adele e Lisbeth. E l'agnello con patate nel forno sarebbe stato l'ultimo saluto.
    Questo finale avrebbe giustificato le precedenti missive tolstojane.
    Invece il lieto fine lascia irrisolto il perché di quelle missive.
    Se Adele gliele mandava per dire: "Sveglia, marito, che se vai avanti così mi perdi" hanno fallito il loro scopo. Dal racconto non si nota nessun cambiamento in Marcus (sbronza a parte, comunque insufficiente).
    Questa lacuna indebolisce, a mio avviso il racconto, peraltro scritto benissimo.
62 replies since 2/10/2012
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