Scrittori per sempre

Posts written by mezzomatto

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    Troppe domande si fa il lettore, quindi il racconto non è perfettamente riuscito. A meno che l'autore non sia uno che "se chi legge non mi capisce, peggio per lui".
    Cominciamo dall'inizio: "Allora, triste per triste, avrebbe scambiato volentieri la propria situazione con quella di Massimo, se non fosse che poi lui avrebbe dovuto stare lì… no, non glielo poteva augurare. E non c’era proprio nessuno al mondo che potesse prendere il suo posto!" Boh!?
    Proseguiamo con la ligerata del portafoglio e lo scippo della busta della spesa. Descrizione piatta, nessuna reazione della vecchia signora. Nulla, proprio nulla, nulla? Ma siamo sicuri che c'era una vecchia signora? O una borsetta e una borsa se ne andavano in giro sole solette?
    E finiamo con Giulio : Giulio, Giulio, chi carneade è costui? (cit)) e con: "Troia! e la sberla: per il lucidalabbra in offerta, il cinque nella verifica, le scarpe di Pittarello." Boh???

    OK, so' de coccio.

    Ciò non toglie che stile, tono e annessi sono eccellenti, vestono bene il nulla (i personaggi). Nullità assolute raccontate nel loro squallore che più squallido non si può. Nemmeno una cosa simpatica come prendere a sassate i lampioni (ho fracassate anch'io qualche lampadina, da ragazzino, dietro mancette degli innamorati che amavano limonare al buio) mi ha reso simpatica la culona.

    A rileggere Achillu su qualche storia con sostanza.
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    CITAZIONE (Stefia @ 1/12/2020, 10:29) 
    D'accordo che gli uomini con i colori non vanno molto d'accordo, ma è la prima volta che leggo "color viola vomito".
    Ho sentito di un verde vomito, ma viola? ;)

    A Milano lo chiamano "Trà su de ciucch" vomito di ubriaco.
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    Un bozzetto di un pomeriggio di tenerezza. Non posso definirla storia perché non c'è dinamica. I due personaggi rimangono fino alla fine quello che erano all'inizio, e il loro rapporto non muta. Ecco perché lo chiamo bozzetto. Il linguaggio è leggero, a tratti pensoso, adeguato. Io però l'avrei preferito ancora più leggero,

    "Il vecchio Gustave guardava fuori dalla finestra. Fissava il solito punto lontano, quello dal quale, .."
    Io ho sentito altre pesantezze in alcune frasi e un uso di analessi che rompono il fluire sereno dei sentimenti. Dovresti fare un lavoro di cesello per arrotondare quelle che io chiamo asprezze. Peccherei di saccenteria se te le elencassi e ti suggerissi modifiche, ma se ti fa piacere potrei provare a essere più specifico.
    In un bozzetto non è necessario che ogni elemento abbia una funzione narrativa (il famoso fucile di Cechov), possono comparire personaggi che rimangono sospesi. Però devono essere molto ben descritti, colorati, e Mariele è un po' troppo sbiadita, il lettore non riesce a vedere le caratteristiche del legame amicale fra le due coppie.
    Il racconto si chiude come si è aperto, nella tenerezza, molto bene. Vedo perfettamente coerente l'excipit.

    Edited by mezzomatto - 11/12/2020, 20:56
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    CITAZIONE (solenebbia @ 9/12/2020, 14:45) 
    mezzomatto
    tommasino2
    Ora che piano piano vi sto conoscendo, sarebbe un vero peccato perdervi.

    Corriamo il rischio di perderci? Ditemi, ditemi, io sono appena arrivato e non so nulla dei pregressi.
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    Un bel racconto, senza smancerie né esaltazioni ribellistiche, piacevole da leggere, spontaneo.
    Non faccio caso ai refusi, se sono ragionevolmente pochi, come nel tuo caso.
    L'inizo è un po' lento, si sente che il motore è ancora freddo e deve girare in folle per un po' prima di ingranare. Poi si dipana con naturalezza. Credibili sia l'ambiente descritto, sia i tipi incontrati. Una sorpresa scoprire la 'deviante', un personaggio accattivante, aperto, ma non esibizionista. E anche la reazione inizialmente scettica, ma comunque cordiale, della narratrice mi è sembrata naturale.
    Mi ha fatto piacere che, tra tutti i maschi incontrati Giuseppe era passabile, così, per simpatia di nome (indovinate come mi chiamo?).
    Quindi tono giusto, pulizia di linguaggio, le cose che succedono succedono nel momento e nel modo giusto.
    Circa il finale in terza persona: effettivamente non valeva la pena di cambiare tutto per narrare in terza. Sarebbe utile un accorgimento per far dire ad Anto la battuta di excipit.
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    Da buon gattofilo ho apprezzato moltissimo il punto di vista del felino. E ho trepidato per Stefano perché i giudizi di Dustin avrebbero potuto essere diverso dal desiderato. Mi è piaciuto il fatto che il punto di vista sia stato adottato mantenendo il narratore in terza persona. Ciò lo ha equidistato (concedetemi il neologismo) dai tre personaggi, permettendogli quella agilità di destreggiarsi fra l'uno e l'altro che l'io/gatto narrante non avrebbe concesso. Le parentesi non mi hanno dato fastidio, anzi le ho interpretate come riuscita entrata in campo di un secondo narratore o di un secondo punto di vista.
    Il tono è felicemente leggero e adeguato al tema, lo stile gradevole, la sintassi corretta, il lessico abbastanza variato da non essere mai monotono.
    Un solo appunto: non è del tutto chiaro se la resa del gatto sia stata determinata da sua una effettiva approvazione di Sandra, o solo per non dare un dispiacere a Stefano. Conoscendo il solipsismo dei gatti propendo per la prima ipotesi (nonostante gli anelli).
    Grazie per i dieci munuti di assoluto piacere che ho provato durante la lettura del racconto.
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    CITAZIONE (tommasino2 @ 29/11/2020, 15:44) 
    ... Dustin non è neppure geloso
    ....
    Il punto non l'ho dimenticato, se lo metto la g di geloso diventa maiuscola e una così bella famiglia di un registratore non sa cosa farsene.

    mammasantissima, che gelo!Hho dovuto aumentare a palla i termosifoni. Ma prima di quando bisogna essere nati, per sapere cosa erano i Geloso?
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    CITAZIONE (mangal @ 9/12/2020, 16:37) 
    racconto leggero e divertente, molto scorrevole nel testo.
    buone le descrizioni, soprattutto a livello visivo.
    la caratterizzazione dei personaggi è invece un po' scarsa.
    molto ben integrati incipit ed excipit.
    ci sono alcuni refusi, nulla di grave se nnon che Marco poi diventa Mauro.

    Sorry poer i refusi, evidentemente nessuno è un buon correttore di bozze dei propri scritti.
    Grazie per gli apprezzamenti
    Per i personaggi: una bella impresa caratterizzarli con quei pochi caratteri concessi. La prossima volta ci proverò.


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    CITAZIONE (resdei @ 8/12/2020, 22:42) 
    ciao
    la premessa del tuo racconto mi aveva irritata.

    ...ogni componente si preoccupava della felicità degli altri membri.

    Mi chiedevo ma perché si annientano solo per far piacere? Non hanno un’opinione propria, un desiderio
    o se ce l’hanno perché se lo tengono dentro? Tutta una facciata.

    Hai ragione, la frase è un po' cruda. Ne terrò conto per eventuali futuri usi del racconto.

    Grazie per i successivi apprezzamenti.
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    Ho cominciato a leggerlo e mi sono subito chiesto: è prosa o poesia?. No, non per gli a capo frequenti, proprio per la musicalità del testo e la freschezza delle immagini. Qualche aggiustatina alla metrica di alcune frasi e il gioco è fatto.
    L'immagine che più mi ha colpito è "mi sembra di sentirne il vento uscire". Io non ero mai riuscito a sentire quel vento, forse ipnotizzato dalle sue mani mi tappavo anch'io le orecchie.
    Grazie per avermele stappate.
    Forse togliendo i verbi di percezione o modificando le frasi relative, i concetti verrebbero più incisivi:
    - "la mia attenzione viene carpita" potrebbe diventare "vengo afferrata"
    - "Ricordo quando mi comprasti un orsetto peloso". Perchè non dire solo "Mi comprasti un orsetto peloso"?
    - "Mi guardo attorno per cercare qualcuno". Basterebbe: "Cerco qualcuno"
    - "Vedo appeso ad una parete i girasoli di Van Gogh e mi scappa un sorriso". O "Adesso vedo i girasoli di Van Gogh" (è ovvio che siano appesi a una parete. Oppure: "L'ultima tessera della greca mi porta davanti ai girasoli di van Gogh".
    - Infine evita le "d" eufoniche. Sono diventate una idiosincrasia. Un "ed allora" potrebbe costarti la vittoria in un concorso.
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    CITAZIONE (Tony-the-sub @ 8/12/2020, 16:40) 
    Ho un neurone correttore di bozze che ti segnale un: Si verrò, invece di un: Sì verrò ma non dargli retta, lui è un pignolo che ha anche una domanda: perchè scrivi vacanza di m... e poi in seguito ci schiaffi un cazzo nel pieno delle sue lettere?. A rileggerti spero.

    Hai un neurone molto ragionevole, è vero mi è scappato c... a piene lettere. Mi cospargo il capo di cenere.
    Certo che mi rileggerai. Commenterò qualche vostro racconto, poi posterò qualcosa di mio. Ho giusto un breve che ha bisogno di revisione. E dei lunghi niente male (per i miei neuroni narcisisti).
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    Direi una buona prova di narrazione introspettiva, cui manca però lo scatto trascinante che fa sospendere al lettore la sua incredulità. O almeno, a me.
    Mi dispiace di appartenere alla minoranza che non è stata capace di entrare in questo racconto, o di farsene catturare. Io per principio diffido quando non capisco dove l'autore voglia andare a parare. Ho la sensazione che mi stia prendendo per i fondelli.
    Strutturalmente è un racconto di epifania, di rivelazione, di scoperta. Ma alla fine quel mare e quel cielo non sono spazi aperti, ma un fondale che delimita un altro spazio chiuso.
    Quindi richiederebbe una analisi dei simboli, cosa superiore alle mie capacità.
    E' chiaro che l'io parlante è imprigionato: la bruma della terra del sogno, la prima cura, il supervisore. Però non soffre, nemmeno quando impara il significato della parola divertire. Allora perché vuole uscire dall'involucro (le crepe sono un bel simbolo del desiderio di evadere).
    Non è chiaro chi è invece il suo mentore, l'uomo che le parla all'inizio, e perché è ferito? C'è o c'è stato un conflitto? Io non l'ho visto. Non intendo un conflitto fisico, ma la lotta per impadronirsi del narrante fra il mentore e il supervisore.
    Il linguaggio è buono, incalzante nel momento topico (dall'apparizione delle crepe all'apertura della porta). Però ha dei momenti di stanca. Uno di questi purtroppo è proprio l'inizio. Il lettore non sa ancora nulla di chi sta parlando e alla fine del dialogo, anche se si tratta solo di sei battute, non si ricorda più chi ha detto la prima (l'io narrante o il misterioso ospite?).
    Un altro momento di stanca è il dialogo con l'uomo ferito, troppo lungo, e lì che avviene l'epifania, ma è troppo diluita per essere convincente.
    Che altro dire? Che la stoffa c'è, gli strumenti per abbigliarla pure, forse è il modello o la taglia che non sono perfettamente a fuoco.
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    Eccitante la tempesta emozionale che sconvolge Anna, fra la lettura del libro e le infelicità famigliari, perfettamente plausibile (e ben narrata) la tentazione di farla finita di Anna. Tenero il ripensamento per non dare un dispiacere all'amica. Ho rivissuto i miei sedici anni e mi ci sono ritrovato, anche se sono dell'altro sesso. Ma allora il mondo non è così cambiato come si sente dire in giro dai vecchiacci inaciditi. A meno che l'autrice non sia una diversamente giovane in vena di amarcord. ma non credo, la freschezza della scrittura mi fa propendere per un età verde.
    Mi rileggerò La leggerezza da Le lezioni americane di calvino, per vedere se ci ho preso nel giudicare questo racconto.
    E a questo punto mi sembra un sacrilegio mettersi a segnalare le cose che non vanno. Preferisco godermi l'atmosfera giovanilnatalizia in cui mi ha immerso e, chissà, passata l'euforia, ritornarci sopra per fare "critica costruttiva".
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    CITAZIONE (tommasino2 @ 6/12/2020, 22:04) 
    Confermo.
    Io avevo la mia riserva personale nella tenuta del Presidente, a Castel Fusano.
    Ma era tutta una guerriglia con i carabinieri a cavallo e le guardie forestali in jeep. Potrei scrivere un romanzo sull'argomento e su quanti dei miei amici volevano venire con me. Un po' a turno lì portavo, ovviamente in autunno. Poi una diffida dei carabinieri mi fece cambiare idea e posto di ricerca. Ma quello che stava lì dentro non l'ho trovato da nessuna parte.
    Naturalmente, è preistoria.
    Adesso al massimo sfioro qualche pacifico castagneto.

    E scrivilo 'sto romanzo. Sarebbe imperdibile.
    Oppure si potrebbe fare un concorso su questo tema, titolo obbligatorio: "Tommasino ficcanasino".
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    Una serie di bozzetti di vita africana ben collegati fra loro diventano racconto che si legge facilmente. Un po' di suspense è dato dal buio che avvolge Nyah e dal delirio di Simba che sembra profetico, ma per fortuna non è. Per farne un vero racconto manca la tensione dell'obbiettivo che il protagonista (che non c'è) si propone di raggiungere. Questa mancanza di scopo e di conflitto fanno classificare lo scritto un bozzetto piuttosto che un racconto. Ben fatto, efficace, scorrevole.
    Stilisticamente non ci sono grossi rilievi da fare, qualche frase un po0 pesante, risolvibile con una attenta revisione. Piuttosto occorrerebbe variare il tono con la situazione. Nel deliro del nonno manca del tutto l'accento allucinatorio. Il suo è un racconto troppo da 'nonno e nipoti attorno al fuoco' Quì occorrerebbe concitazione, sincopi, animazione e anche incoerenza. E qui, in qualche modo, dovrebbe esserci l'elemento che induce a mandare Khamisi a scuola.
    Sono un po' stringato, non trovo altro da dire.
    Se l'autrice mi vuole fare domande specifiche, sono disponibile a rispondere, per quel che posso.
62 replies since 2/10/2012
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