Scrittori per sempre

Posts written by mezzomatto

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    CITAZIONE
    “Se li ha trovati lassù, perché li sta cercando quaggiù” borbottò Mino.

    questa frase non la comprendo, forse doveva essere "perché li stai cercando quaggiù" rivolto al padre?
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    E' un commento che vorrebbe chiarire che la cercatrice di funghi intende mandarli via per fare la sua cerca in pace. Il papà boccalone ci casca. Non chiedere mai a un cercatore di funghi: "dove vai a cercarli" o "dove posso trovarli" ti manderà a casa del diavolo, non vuole concorrenti nel suo territorio. Idem pescatori e cacciatori.
    Credo che Tommasino possa confermare (io sono andato a funghi una volta sola e ho trovato porcini eccellenti per un colpo di c... Dovevo soddisfare una necessità e, nel bel mezzo della meditazione, ho visto un paio di chili di porcini che mi guardavano. Quando mi sono sentito male erano funghi raccolti da altri).
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    Racconto intenso, prosa semplice e asciutta, senza inutili ricercatezze o frasi ad effetto. Il risultato di avvincere il lettore è pienamente centrato, personaggi non descritti eppure presenti e ben delineati dall'inizio alla fine.
    Concordo che sarebbe stato bello far comparire i nomi, nel corso del racconto, così, casualmente, senza parere.
    Lo stile però è un po' troppo trascurato. Un po' più di pulizia alle frasi e alla successione di elementi da narrare non avrebbe fatto male.
    "Il viaggio della speranza… parole residue, tra le tante in fondo alla giornata." Non ho capito questa frase, ed è quella iniziale! Male. Residue di o da cosa? La prima frase avrebbe dovuto agganciarmi, invogliarmi alla lettura. Per fortuna l'amo me lo lanci subito dopo, con la spiegazione del foglietto in farmacia.
    Poi cadi un po' in confusione enunciando concetti contraddittori o usando tempi verbali non perfettamente adatti alla situazione (non sbagliati grammaticalmente):
    - "senza di lui sarei morta di dolore" Non è del passato che parli adesso, ma del futuro che ti aspetta: "senza di lui morirei di dolore", dà un senso al viaggio della speranza e chiarisce d'un colpo ogni cosa.
    - "l'unica soluzione era quel viaggio per cercare di trovare qualche soluzione" Due soluzione ravvicinate. meglio sarebbe: "Sì! L'unica soluzione era quel viaggio" Tutto il resto è ridondante.
    - "Tutto pareva convincermi" lascia intendere che la decisione sia ancora in bilico, ma poi, senza che nulla sia accaduto, tranne il flash-back della sua dichiarazione d'amore" salti a "Ormai era tutto pronto. Niente ripensamenti"
    Ti assicuro che queste non sono critiche, ma indicazioni delle possibilità di miglioramento di un racconto già buono.
    Del resto sono un vecchio barbogio nato nella prima metà del secolo scorso e tante volte mi prende il tic del "gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare", :-)
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    Sono un appassionato lettore e un feroce critico della narrativa storica. Per me l'aderenza alla realtà è essenziale, basta scegliere i fatti suscettibili di drammatizzazione e non forzarli o stravolgersli come succede in troppa narrativa pseudo-storica. Il tuo racconto è molto fedele ai fatti accaduti, scelti con estrema perfezione e di scrittura pregevole, molto gradevole da leggere. Non disturba per niente il diffuso passatismo della tua prosa. Forma e contenuto nel tuo caso, si sposano alla perfezione.

    Il tema del ballo lega i tre momenti della storia, che altrimenti sarebbero completamente staccati. Forse sarebbe il caso di renderli ancor più espliciti. Nel secondo il ballo è tirato... in ballo solo alla fine, e nel terzo il ballo della nave sul mare grosso non è così azzeccato. Forse occorrerebbe carattaerizzare il ballo, sia quello da sala, che quello guerresco, che quello nautico, come tumulto di sentimenti. Nel tuo racconto c'è questo tumulto, ma non è così centrale come sarebbe necessario. Belle le immagini dell'inchiostro che bolle e dei barili che rotolano.

    Pochi sono gli appunti che ritengo di fare, e condivido quelli già esposti da altri:
    - la farraggine dei nomi nel primo episodio. E' buona norma, anche se un po' scolastica, dare il nome per intero alla prima apparizione del personaggio, per esempio Sir Arthur Wellesley Duca di Wellington, in seguito potrai usarne solo una parte senza ingenerare confusione.
    - due piccole imprecisioni storiche: il Duca per tutto il ballo mantenne un contegno assolutamente sereno, non voleva allarmare la cittadinanza di Bruxelles, tanto che ordinò che gli ufficiali lasciassero il ballo alla spicciolata, non tuti assieme, alcuni si trattennero fino al mattino. Hai fatto bene a far trasparire la preoccupazione del Duca, ma, a mio avviso, avresti fatto meglio a mettere in evidenza lo sforzo di mascherarla, anche se all'intuito femminile la preoccupazione non sarebbe comunque sfuggita. In secondo luogo durante il ballo non gli arrivò la notizia che i francesi muovevano verso il confine (lo sapeva fin dalle nove del mattino), ma che stavano ammassandosi davanti a Quatre Bras (un reggimento di cavalleria polacca aveva addirittura occupato per breve tempo la cittadina)
    - un'altra precisazione che potresti fare nel secondo episodio riguardo l'artiglieria e il terreno molle: non solo il fango rallentava i movimenti, ma impediva anche il rimbalzo delle palle, che era un effetto non secondario delle cannonate. Non occorreva dare un alzo precisissimo, bastava sparare davanti alle fanterie o ai ripari dei cannoni che sarebbero stati comunque colpiti dal rimbalzo del proiettile.
    - infine è migliore il primo excipit.
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    Non mi ricordo più perché ti ho considerato narratrice. Forse perchè solo una donna può scrivere che una donna non h mai bisogno di niente e di nessuno. O forse perchè solo una donna può parlar così male di una donna.
    Comunque prendilo come un complimento perché le donne sono la parte migliore dell'umanità (non è un'ironia).
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    La storia è buona, il titolo azzeccatissimo, la struttura regge. Sono buoni punti di partenza, basta avere l'umiltà di riconoscere i difetti, studiare e correggerli, per fare il salto di qualità. Mi sembra che sul piano della punteggiatura e dell'uso dei tempi verbali ti abbiano già detto tutto, perciò non infierisco.
    Mi concentro sulla struttura.
    Cominci con delle riflessioni, sulla pioggia, sulle meditazioni e sull'espediente di tua mamma per farti star buono. Queste riflessioni dovrebbero far capolino qua e là nel racconto, ma ciò non avviene. Fai tesoro dell'osservazione di Cechov: se nel primo capitolo appare un fucile appeso alla parte, nel secondo o terzo capitolo quel fucile deve sparare (cito a memoria), cioè ogni cosa che metti nel racconto deve avere una funzione.
    Molto ben riuscita la cadenza di eventi che descrive la mancata promozione: l'attesa, la preparazione anche scaramantica all'evento, l'entrata e l'uscita dalla porta che avrebbe dovuto essere quella del paradiso e invece diventa quella dell'inferno. Come sia andata dentro non ha nessuna importanza, hai fatto bene a ometterlo, l'essenziale era il prima e il dopo.
    Altrettanto buona mi sembra la cena da Pitch, la visione completamente disinteressata del protagonista a quello che gli sta attorno.
    Un po' meno la pioggia e il temporale successivi. Ecco, qui qualche richiamo alle meditazioni iniziali ci starebbe bene.
    La sua situazione di pre-morte richiederebbe dei toni un po' più sognanti. Purtroppo, o fortunatamente, non sono esperienze comuni, quindi è difficile dire come ci si troverebbe. Ma l'atteggiamento del personaggio è troppo simile a quello tenuto da Pitch. In fondo è quello il momento di maturazione, l'incontro con moglie e figlia è solo la ciliegina sulla torta.
    Ne hai di strada da fare, ma mi sembra che la costituzione sia buona e il passo energico. Buon viaggio.
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    "Uno di questi granelli di felicità fu donato a Mauro il giorno in cui, trovandosi in seria difficoltà nella sua vita lavorativa e non ricevendo alcun aiuto da parte dei superiori e dei colleghi, decise di adottare un provvedimento che, infrangendo regole di prassi aziendale, non scritte ma consolidate, fece venire alla luce carenze che, una volta colmate, migliorarono alcuni aspetti gestionali dell’azienda." Aiuto, non respiro, troppe subordinate! Un punto fermo, per pietà.
    A parte una certa propensione per l'uso di frasi subordinate, l'italuano è rispettato, molto rispettato.
    Il racconto è un po' troppo resoconto. Manca di drammatizzazione. Ed è un peccato perché il materiale per renderlo drammatico c'è, e un poeta di haiku ha le capacità di cogliere i simboli nascosti. Probabilmente la paura che i lettori non conoscessero i tecnicismi nascosti nelle cambiali ha messo troppi scrupoli all'autore e gli fatto lasciare sotto traccia la ricetta del racconto: protagonista, antagonista, conflitto, mescolare bene e alla fine aggiungere lo scioglimento.
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    Il racconto incatena e abbacina, come i riflessi delle luci da un cristallo sfaccettato, a ogni paragrafo cambiano le aspettative del lettore e la narrazione sembra trasformarsi in un gioco enigmistico. Abbastanza efficace la voce del narratore, con qualche opacità di stile che più avanti segnalo. Lo sviluppo però è povero di indizi e quei pochi sono troppo criptici. Non so quanti lettori arrivano alla Sirenetta e alla Bella e la Bestia. Io non ci sono arrivato, e il fatto di non appartenere alla minoranza che riesce ad arrivarci mi ha seccato moltissimo :-).
    Percé non ci sono arrivato? Perchè nella sirenetta Ariel non c'è l'immortalità (Ariel vive trecento anni, se non sbaglio), perlomeno in quella di Andersen, in quelle cinematografiche non so. E poi perché non trovo il motivo dell'accostamento a Belle (versione Beaumont).
    Quindi direi che il racconto ci guadagnerebbe molto se perdesse la sua cripticità. Dovrebbe essere più chiaro che le modifiche alla favola di Andersen rendono E vissero per sempre felici e contenti una favola assolutamente originale. E bisogna anche rendere più chiaro che i segni significano mutismo. Io li avevo percepiti come magia.
    Le mie osservazioni riguardo a certe espressioni:
    - "Rimase ancora un attimo a fissare quella frase, che con il tempo era diventata un po' il motto della sua vita, anche se presto non poté più farlo, perché le parole iniziarono a vacillare." 'fissare' quella frase lascia intendere che la veda scritta, invece, probabilmente, l'aveva fissa in mente (era il motto della sua vita) 'presto' potrebbe riferirsi alla sua vita, cioè a un momento del passato, oppure al momento attuale, in questo caso sarebbe meglio dire 'subito' o qualcosa di simile. La frase è oscura perché lo dici dopo che sta leggendo un libro. Tu lo sai, ma il lettore no.
    - Gli a capo sono troppo frequenti. Non è obbligatorio metterli a ogni punto fermo. Anzi, dovrebbero essere centellinati per segnalare salti logici o cambi di argomento.
    - "in modo che la guardasse e segnò". Quel segnò incomprensibile urta il lettore. Bisogna far capir subito che lei è muta.
    - I riferimenti al mare rimangono senza seguito. Ariel fa pensare all'aria,ci vuole uno sforzo per ricordarsi che era una sirena. E il mare non viene più citato nel racconto.
    - "li sentiva volteggiare intorno alla testa come rapaci intorno alla preda" Ripetizione di intorno troppo ravvicinata.
    - L'excipit non lo trovo coerente col racconto.
    Refusi:
    - da l’eco della falcata= Dall'eco della falcata. Perchè 'eco'? non basta suono?
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    Esposizione brutale della feroce sopraffazione di genere che ha connotato la storia della nostra specie dall'origine (probabilmente) a oggi. Sono sempre in difficoltà a commentare storie di violenza sulle donne, perché mi assumo il carico di responsabilità del mio sesso come se fosse una responsabilità personale. E se mi estranio dal contenuto del racconto per analizzarne la sola struttura, mi sembra di respingere il carico di dolore che da esso prorompe.
    Cerco di trovare il giusto mezzo.
    L'attacco, la ricerca dei segni, è stupendo. C'è tutta l'ipocrisia della società maschile: la vittima deve nascondere di esserlo, quindi via i segni dal corpo. I segni li trovi negli occhi, le finestre sull'anima.
    E qui Adelaide è brava. "Forse perché è una donna. Forse perché è empatica, intelligente, accogliente. Forse solo perché in quell'abisso c'è stata." tu dici. Mi permetto un piccolo appunto: tutti quei forse mettono sullo stesso piano la donna, l'empatia, l'intelligenza, l'accoglienza. Direi di togliere i forse e mettere l'accento sul fatto che Adelaide ci è stata, in quell'abisso. Per esempio, così "E' empatica, intelligente, accogliente. E'una donna e in quell'abisso ci è stata". Certo, detta così sembrerebbe che allora, chi non è stato in quell'abisso non potrebbe nè capire nè aiutare. Purtroppo ogni medaglia ha il suo rovescio. Non riesco a trovare il modo di dire che TUTTI, indipendentemente dal fatto di averlo o non averlo provato, devono essere dalla parte della vittima.
    "...bisognava dimenarsi non per essere felici..." dimenarsi mi sembra un verbo molto debole, contorcersi, dibattersi, divincolarsi, mi sembrano più adatti, mantengono sempre la condizione di inferiorità del succube, ma preludono allo scatto di ribellione.
    L'efficacia della tua narrazione ha del tutto sospesa la mia incredulità, per cui, per me, è perfettamente plausibile che la ferocia dell'aggressore si trasformi di colpo in stupore di fronte a un fatto inaspettato. Per convincere le più ostinate incredulità occorrerebbe qualcosa di sottotraccia, di non detto, che suggerisca che la furia dell'uomo è rivolta solo alla capacità generativa della donna, non alle sue caratteristiche di oggetto di piacere. Il coltello risparmia la vulva, a quanto mi è dato di capire e quindi anche le mani della donna sono degne di rispetto perchè danno piacere.
    "un ventre secco contro un aguzzino morto". Quel "contro" suggerisce l'idea di un contatto fisico. Forse sarebbe meglio dire "in cambio di" o "per". O addirittura "un ventre secco e un aguzzino morto", perchè non c'è nessun prezzo di scambio per un ventre secco.
    Altro dirti non so, se non che il racconto mi ha scosso e quindi è ben fatto.


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    Perentorio, il tono della storia è perentorio come la frase che introduce il vero inizio: "...e una donna non ha mai bisogno di niente e di nessuno...". E' un pensiero della protagonista o della narratrice? Sembrerebbe della narratrice (una donna anche lei, è evidente). E qui ti sei già giocato il lettore, perché, se non è d'accordo, non trova spazio per il dubbio e il contraddittorio.
    Be', proprio bisogno di nessuno, no. Perché la reazione di fronte all'outing di Paolo, tutto il suo bisogno di nessuno va in pezzi, e assieme al bisogno va in pezzi lei. E il lutto dura otto anni, mica bruscolini.
    Se devo condensare il tuo racconto in una frase direi: Camilla non accetta che un uomo la rifiuti, si immagina di non avere, lei, bisogno del maschio, e il suo ego si appaga nel servizio agli altri. Così può rimanere nella convinzione che siano gli altri ad aver bisogno di lei. Nessun arco di trasformazione del personaggio. Se questo coincide con il tuo concetto originario, OK, l'hai espresso bene, se il tuo concetto era un altro, vuol dire che qualcosa non ha funzionato.
    Secondo me il tuo racconto parla solo alla parte razionale dei tuoi lettori, dimenticando che hanno anche una pancia (che sente le emozioni), dei genitali (che sentono gli istinti) e un'anima (che percepisce il bene e il male).
    Manca del tutto l'introspezione e, anche senza esasperarla nel flusso di coscienza, una minima spiegazione dei processi interiori è sempre necessaria.
    I mezzi espressivi li hai. Anche la criticatissima frase: "Poi una sera a teatro con tre amiche, una compagnia poco più che dilettantistica, una di loro conosceva il regista, erano amici, andarono a cena dopo lo spettacolo, Camilla si ritrovò seduta di fronte a lui, Paolo, attore dilettante, parlarono per tutta la sera." a me piace. Potrebbe diventare una tua cifra stilistica, lo spezzettare la frase in periodi incompleti, dà l'idea della leggerezza nel prendere la vita, della futilità dell'ambiente che ti sta attorno (la compagnia dilettantesca esclude impegno culturale), del disimpegno. Ovviamente non la devi usare in tutte le frasi, solo nelle circostanze simili a quella del racconto.
    Un sincopato di quel genere potresti usarlo per sommarizzare la sua vita in Camerun o per descrivere la sua aspettativa della festa dell'indomani. Si intonerebbe meglio all'excipit che, così come è messo, mi suona un po' stonato..
    Lo "... stipendio mensile di tremila euro vita natural durante..." lo trasformerei in :"consistente rendita vitalizia" e lo metterei a conclusione della frase, dopo la vendita dei beni di famiglia.
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    Un racconto di formazione che ha più di un pregio: i buoni sentimenti innanzi tutto, il tono, nello stesso tempo serio e sereno, che mi ha ricordato quello che avevo respirato al circolo giovanile cattolico del mio paese, infine la bella scrittura, scorrevole e chiara.
    Ho però un paio di appunti. "...e per lei la chiesa
    rappresentava una sorta di svago dai brutti pensieri." Le parole 'una sorta di svago' mi sembrano stonate, mi sembra meglio 'distrazione' o 'allontanamento' o 'conforto' dai brutti pensieri.
    "...quando eri più giovane hai lavorato..." 'hai' è giustamente colloquiale, ma a me sembra che la mimesi dovrebbe arrestarsi se non serve a caratterizzare il personaggio (don Fausto). Qui potrebbe andar meglio il più grammaticalmente corretto 'avevi'.
    "Don Fausto si ispirò alle antiche botteghe..." invece di 'ispirò' è ,eglio 'si era ispirato' (IMHO, of course).
    Per quanto riguarda il collegamento con l'excipit ho un piccolo appunto. L'esclamazione “Maledetti bastardi, sono ancora vivo!” dovrebbe essere preparata da un chiara definizione di chi siano i bastardi. Così com'è non è per nulla chiaro.
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    CITAZIONE (Stefia @ 3/12/2020, 17:40) 
    si affrettò a dire Sandrone. “C’è giusto una camera a letto singola."
    Scusa, ma come faceva a saperlo? Aveva già prenotato? Prima ancora di chiedere alla famiglia?
    ...
    Non ho apprezzato molto la premessa, ovvero che "ogni componente si preoccupava della felicità degli altri"; voglio dire: in una famiglia mi sembra normale (a parte i fratelli che generalmente tendono a litigarsi l'aria che respirano). Ho capito che ti serviva per mettere in piedi l'impianto, ma così mi sembra tutto troppo "telefonato".
    ...
    A volte è leggermente ridondante, e forse se lo alleggerissi ne sarebbe esaltata la comicità.
    Comunque Incipit ed Excipit sono ben integrati nel racconto.
    Buona prova.

    Al primo appunto: aveva visto l'offerta su uno dei tanti siti web dedicati alle prenotazioni.
    Al secondo: sei molto ottimista se ritieni che in tutte le famiglie ci si preoccupa della felicità degli altri membri. Sto pensando a qualcosa di meno telefonato. Non è facile, però.
    Concordo sulla necessità di alleggerimenti. Sull'episodio dei funghi potrei evitare il secondo incontro con la paesana fungarola. Difficilmente a lei sarebbe sfuggito il fungo avariato.
    Grazie per gli apprezzamenti.
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    Ma come siete buoni, ma come siete bravi, ma come siete belli.
    Grazie a tutti per la simpatia con cui avete accolto il mio raccontino.
    Vedrò di mandare qualcosa anche in racconti lunghi e in racconti brevi, così ci conosceremo meglio (e prometto anche di frequentare quelle stanze, a cui ho dato solo un'occhiata veloce fino a ora). Al momento vorrei riservare le mia scarse energie ai racconti del concorso Flash.
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    Tema molto attuale, con la proliferazione delle macchinette in ogni bar. Spero che il lockdown abbia almeno il merito di aver disintossicato i ludopatici. Il racconto ha per protagonista proprio uno di loro, e ci fa vedere, abbastanza efficacemente, l'abisso in cui si infila e in cui infila anche la sua famiglia. Ci suscita il giusto orrore della cosa e ci fa trepidare per le sorti del poveraccio e dei suoi congiunti. Il lieto fine addolcisce un po' la bocca.
    Sul piano narrativo lo sviluppo è lineare, segue il tempo del narrato, senza analessi e con una sola prolessi ("che si sarebbe rivelato micidiale per gli anni a venire"), anticipazione che suscita curiosità nel lettore, lo aggancia (gli anglosassoni non per nulla chiamano "hook", gancio, amo, gli elementi che afferrano il lettore e lo inducono al proseguimento della lettura). Amo messo al punto giusto, che non svela nulla di quello che succederà, ma che mette il lettore in stato di inquietudine. Anche la narrazione lineare, cronologica, è ottima per questo tipo di storie.
    Lo sviluppo narrativo però è un po' troppo raccontato, limitato all'esposizione informativa di quello che succede. Lo avrei preferito più vissuto, più fatto di suggestioni, di gesti rivelatori dell'interiorità del protagonista.
    Anche la reazione della moglie al primo ritardo mi è sembrata eccessiva. Giusta la sua apprensione e l'irritazione.
    E infine la presa di coscienza di Ale non è spiegata. Il travaglio interiore non è minimamente accennato.
    Ovviamente le scelte stilistiche le fai tu, Mangal, ma al lettore, così come sono appaiono fredde, poco coinvolgenti. Prova a introdurre qua e là, fra le azioni, qualche particolare che permetta al lettore di vedere dentro i personaggi.
    Infine non vedo pecche né nella punteggiatura (dove non ci sono solo regole prescrittive, ma anche opportunità descrittive), né nel lessico e nella sintassi. In alcune frasi forse si sarebbe potuto usare il trapassato: "Rientrando dal lavoro avevo trovato (invece del trovai usato dall'autore) la strada...", ma sono quisquile. D'altra parte il trapassato è più defunto del congiuntivo nella scrittura odierna.
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    CITAZIONE (Paluca66 @ 2/12/2020, 22:54) 
    CITAZIONE
    Io ne vedo solo 29 di racconti, compreso quello fuori concorso. Dove sbaglio?

    mezzomatto devi andare alla pagina due per trovare gli altri tre: tutti in una pagina non ci stavano.

    Grazie per l'attenzione e scusate il disturbo.
    C'è qualcosa sul mio PC o sul monitor perchè tutte le schermate perdono la parte bassa, dove ci sono i bottoni delle pagine. Fortuna che ho anche un portatile, su cui tutto è OK.
    Cordialmente
    Giuseppe mezzomatto
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    La storia è esile e si regge tutta sullo stile della narrazione. Lo stile è buono nella prima parte, meno convincente nella seconda. Il personaggio di Nicola è ben delineato. E' chiaro fin dall'inizio che è strambo e non ha una precisa visione della realtà. Ci si aspetta che ne combini una e l'acquisto della pesantissima catena fa intuire che la stramberia sarà bella grossa. Eccellenti gli schizzi folgoranti dei negozianti, delineati con pochissimi tratti e con batture di dialogo molto centrate. Però il colpo di grancassa della rivelazione della sua perversione non è perfettamente riuscito, probabilmente per l'indeterminatezza del personaggio di Laura, né vittima distrutta dalle privazioni e dalle sevizie, né in preda alla sindrome di Stoccolma. Insomma, sembra una moglie borbottona. Assolutamente non credibile. Per fortuna la sterzata del racconto non compromette il personaggio di Nicola che rimane assolutamente coerente con la sua vacuità mentale. Un autore meno scafato lo avrebbe trasformato in un mostro da hard horror condannando il racconto al cestino. Così non è stato, ma lo lascia nel limbo de senza infamia e senza lode.
62 replies since 2/10/2012
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