Scrittori per sempre

Posts written by Arianna 2016

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    Incipit che calza come un guanto e collegato in modo originale.
    Racconto divertentissimo: sei davvero bravo, mi ha fatto spataccare dal ridere!
    Scritto molto bene; ti segnalo solo alcune imprecisioni:
    che avrebbero portata= portato, al maschile; qui non è possibile l’alternativa al femminile.
    camera a letto= camera da letto

    Bellissima idea, ben realizzata, ottima costruzione, dialoghi naturali, grande capacità di ottenere effetti comici senza ricorrere ad effetti speciali o a sovrabbondanze lessicali.


    Il racconto migliore che ho letto finora.
    Complimenti!
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    CITAZIONE (Tony-the-sub @ 6/12/2020, 19:15) 
    Io credo tu sia riuscita a raggiungere un livello al quale stavo pensando da molto tempo: un flusso di coscienza onirico. Sei stata bravissima perchè non ti ho mollata un attimo dal principio fino alla fine. Non so dove volesse portarti quel flusso di pensiero. Se a una liberazione dell'anima o alla creazione di un qualcosa. Quelle crepe che si aprono e si diramano come fossero dendriti permettono al lettore di decidere lui stesso cosa tu abbia voluto significare. incredibilmente bello. Bel colpo Arianna. Che dici? Non ci ho capito nulla! Allora sei ancora più brava!

    Tony, se devo essere onesta, nemmeno io avevo la minima idea di dove il flusso di pensiero volesse portarmi: l'unica cosa che avevo in mente era che volevo terminare il racconto in tempo per partecipare al Flash. Bellissima l'immagine dei dendriti: mi sembra che voi commentatori stiate trovando cose a cui io nemmeno avevo pensato, ma che in effetti nel racconto ci sono. Hai capito, Tony, hai capito magari, anche più di quanto abbia capito io.

    CITAZIONE (mezzomatto @ 9/12/2020, 00:44) 
    Direi una buona prova di narrazione introspettiva, cui manca però lo scatto trascinante che fa sospendere al lettore la sua incredulità. O almeno, a me.
    Mi dispiace di appartenere alla minoranza che non è stata capace di entrare in questo racconto, o di farsene catturare. Io per principio diffido quando non capisco dove l'autore voglia andare a parare. Ho la sensazione che mi stia prendendo per i fondelli.
    Strutturalmente è un racconto di epifania, di rivelazione, di scoperta. Ma alla fine quel mare e quel cielo non sono spazi aperti, ma un fondale che delimita un altro spazio chiuso.
    Quindi richiederebbe una analisi dei simboli, cosa superiore alle mie capacità.
    E' chiaro che l'io parlante è imprigionato: la bruma della terra del sogno, la prima cura, il supervisore. Però non soffre, nemmeno quando impara il significato della parola divertire. Allora perché vuole uscire dall'involucro (le crepe sono un bel simbolo del desiderio di evadere).
    Non è chiaro chi è invece il suo mentore, l'uomo che le parla all'inizio, e perché è ferito? C'è o c'è stato un conflitto? Io non l'ho visto. Non intendo un conflitto fisico, ma la lotta per impadronirsi del narrante fra il mentore e il supervisore.
    Il linguaggio è buono, incalzante nel momento topico (dall'apparizione delle crepe all'apertura della porta). Però ha dei momenti di stanca. Uno di questi purtroppo è proprio l'inizio. Il lettore non sa ancora nulla di chi sta parlando e alla fine del dialogo, anche se si tratta solo di sei battute, non si ricorda più chi ha detto la prima (l'io narrante o il misterioso ospite?).
    Un altro momento di stanca è il dialogo con l'uomo ferito, troppo lungo, e lì che avviene l'epifania, ma è troppo diluita per essere convincente.
    Che altro dire? Che la stoffa c'è, gli strumenti per abbigliarla pure, forse è il modello o la taglia che non sono perfettamente a fuoco.
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    Sono d'accordo con te: un racconto con alti e bassi, pregi e difetti, forse appunto più una scrittura epifanica che un racconto vero e proprio.

    CITAZIONE (mangal @ 9/12/2020, 09:34) 
    sinceramente, se non fosse stato per le spiegazioni che hai poi dato, ammetto che non avrei capito praticamente niente.
    leggendolo mi sonno fatto mille ipotesi, dall'ospedale psichiatrico a un mondo futuro, passando per altre vie oscure, ma tutte sbagliate.
    che sia scorrevole è indubbio, ma nonostante i tuoi chiarimenti la storia non riesce a prendermi.
    ti faccio i complimenti per avere osato, una storia del genere non la mandano tutti.

    Come ho già scritto, non mi sorprende affatto che il racconto a tanti risulti oscuro, anzi: mi meraviglia di più leggere in quanti invece hanno trovato chiavi di comprensione e, ognuno a suo modo, mi abbiano seguita nel mio strano viaggio, rivelandomi per lo più cose a cui io nemmeno avevo pensato.
    Invece mi ha sorpreso che sia tu che Tommasino abbiate usato la parola "osare": ti dirò che a me sembra sempre di scrivere cose trite, ritrite e banali, di cui tutti gli scrittori hanno già parlato; insomma, non mi viene da scrivere altro, per cui non mi sembra nemmeno di fare qualcosa di insolito, né nello scriverlo né nel farlo leggere. Il fatto che qualcuno associ a me l'idea dell'osare, mi stupisce e mi fa in qualche modo piacere.

    CITAZIONE (Giancarlo Gravili @ 9/12/2020, 13:49) 
    Corridoio, muri e crepe e muratori... siamo in una scuola, sì, ma quale? Io ero lì e mi chiamo vita e tu che scrivi sei così presa dal tuo lavoro che il corridoio non porta dove vorresti, non conduce ma ti conduce in modo quasi forzato, abulico, inerme e tu intanto cominci a chiederti, a cercare quelle crepe che qualcuno ripara in fretta, cerchi i tuoi sogni e li rendi vivi nel tuo io.
    Intanto il Supervisore decide che questa è la tua vita, ma tu cerchi la porta che sveli ciò che cerchi e ciò che cerchi è il sunto di tutto il pensiero scibile e non scibile, quello che genera sogni e mostri, quello che difficilmente mostri e del quale nulla vorresti mostrare... Sei chiusa tra corridoi e crepe e non apriresti facilmente porte che non esistono, eppure le vuoi aprire per sfuggire alla supervisione immateriale del tuo mondo materiale che ti confina spesso in stanze e corridoi e allora non resta che aprire quella porta, che la tua anima sempre aveva voluto nascondere alla tua visione interiore. È siamo con te... a percorrere corridoi, a veder turare crepe, a cercare porte dentro di noi...

    Forte, Giancarlo: una lettura che è una riscrittura, sempre in stile onirico-surreale.
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    Eh, no, qui con me vuoi vincere facile: un gatto! Un racconto dal punto di vista di un gatto. Sì, mi piacciono i gatti, ne ho due e mi sdilinquisco anche davanti a quelli degli altri.
    E, certo, anche io parlo con i miei gatti, anche se magari non faccio lunghi discorsi come Stefano.
    A parte la mia simpatia per i gatti, il racconto mi sarebbe piaciuto lo stesso. È simpatico (scusa la ripetizione), ben gestito, costruito e scritto in modo corretto, chiaro e pulito.
    In questo racconto, che mi piace, gli unici elementi che non trovo bene inseriti sono l’incipit e l’excipit. L’incipit è un po’ messo lì quasi come un titolo: potresti integrarlo nella narrazione anche solo con una frase, qualcosa tipo: “Be’ ‒ pensava Dustin ‒ certo Stefano non era in possesso di un’ampia fortuna, ma di sicuro era scapolo e, altrettanto di sicuro, diverse ragazze pensavano che avesse bisogno di una moglie, o almeno sembrava pensarlo Stefano.”
    Ecco, una cosa del genere.
    Invece, secondo me, l’excipit è proprio diverso dal tono complessivo e dal significato del racconto, ma nel frangente del contest siamo stati quasi tutti costretti a qualche forzatura.
    Comunque, un buon lavoro.
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    Questo racconto mi ha quasi dato l’idea della traccia di fondo per la stesura di un romanzo, credo soprattutto per le lunghe parti molto “raccontate” e spiegate.
    All’inizio, infatti, l’unico dialogo suona non molto naturale, non ben incastrato. Meglio forse il secondo, ma entrambi appaiono appunto come inseriti in una narrazione di genere diverso.
    Io credo che, appunto, potresti ricavarne un buon romanzo, passando dal “raccontare” al “mostrare”.
    La scrittura è corretta, manca solo qualche elemento di punteggiatura.
    Bene l’excipit, un po’ meno l’incipit.
    Trovo interessante che Camilla riesca a stringere relazioni vere solo con uomini con cui non può fare sesso.
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    Non ho letto nel dettaglio i commenti precedenti, ma dando anche solo una scorsa veloce, ho capito che i numerosi problemi di forma ti sono già stati segnalati, quindi questa volta lascio la palla ad altri.
    Ho fatto due ipotesi.
    La prima: non sei di madrelingua italiana, per cui sei in fase di acquisizione linguistica; sarebbero quindi del tutto comprensibili la difficoltà nella gestione dei tempi, gli errori di ortografia e quelli nell’uso delle preposizioni, l’uso scorretto del lessico. Fanno proprio parte di un percorso normale, nell’apprendimento di una lingua come L2.
    La seconda: sei molto giovane e hai letto molto poco libri scritti in italiano corretto; il nostro cervello impara la lingua per immersione, anche per quanto riguarda la lingua scritta.
    In entrambi i casi, l’unico rimedio è leggere tanto, libri scritti in buona lingua italiana contemporanea. Vanno bene anche libri di autori stranieri in traduzione.
    L’idea per un racconto c’è, ma la realizzazione è da consolidare.
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    “Di queste felicità mi nutrivo in ogni perdizione della vita stessa in cui sprofondavo nei miei giorni cupi di odio per me stesso e nei quali raggruppavo i pensieri distrutti da un orologio fasullo spennellandoli con argute argomentazioni sulla bellezza imprescindibile e unica del momento che istantaneamente vivevo.
    Ero dotato di un inferiore io e guardavo con disprezzo il super e tutto ciò che lo raffigurava, persino i supereroi dei fumetti, ai quali il loro creatore aveva concesso poteri soprannaturali che invece io non possedevo per una distrazione fortuita del mio autore o creatore se la parola vi piace di più.”
    Un po’ pesantino da leggere, però andando con calma e tornandoci su, ci si riesce e trovo la riflessione molto universale.

    “Figlio degli anni sessanta in quegli ottanta mi districavo tra Le Corbusier e il più classico Sallustio
    cercando di non finire nelle grinfie di quel tavolo da biliardo che ospitava alcune mattinate in cui la mia preparazione architettonica e latina era alquanto scarsa e vi confesso che in quella bettola del porto, al piano interrato, spesso ci si poteva incontrare il professore di matematica e mi sa che la sua impreparazione era nei riguardi degli alunni...”
    Di nuovo un periodo molto lungo che, spezzato, si leggerebbe meglio.


    Una sistematina alla punteggiatura aiuta la lettura. Ecco qualche esempio, gli altri punti li lascio a te:
    Ecco questo= Ecco, questo
    Marilena,= per rendere più fruibile la frase, qui occorre il punto fermo
    sessanta in= sessanta, in
    Sallustio cercando= Sallustio, cercando
    tant’è mi= tant’è, mi

    riuscì= riuscii

    Non so se il racconto è autobiografico, ma lo sembra molto. È sempre interessante leggere questi ricordi adolescenziali dal punto di vista maschile, mi mostra un mondo che non avrei modo di raffigurarmi.
    Racconto tenero.
    Apprezzo che tu provi a tenere parzialmente imbrigliata la tua foga espressiva, in modo che il lettore riesca a seguirti.
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    Gran bel pezzo, forte, incisivo, scritto molto bene: hai una scrittura corretta, pulita, limpida e intensa al tempo stesso. Ben costruito e sviluppato in modo fluido e coerente.
    Per mio gusto personale, avrei forse tagliato la seconda frase, “E questo significa essere riconoscibili, venire fuori dalla massa di piatta felicità e mostrarsi a tutti. Non proprio a tutti, non tutti sanno guardare davvero.”, mi sembra che interrompa il ritmo. Avresti potuto collegarti quasi direttamente a quello che viene dopo.
    Ottimo lavoro.
  8. .
    Leroux, hai ragione: non ho resistito.
    Non tanto però a spiegare quello che intendevo, quanto a entrare subito nel dialogo dei feedback, senza aspettare la fine del contest.
    Dato che questa volta il regolamento lo permetteva, ne ho approfittato per diversi motivi, dei quali forse il principale è quest'aria di precarietà che tira quest'anno: adesso ci siamo, domani chi lo sa, e via dicendo. A volte sento come se la vita mi stesse sfuggendo via e io non voglio avere il rimpianto di avere rimandato momenti, parole, relazioni, nell'attesa del "tanto poi ci sarà tempo dopo".
    Sono sempre più consapevole che tutto quello che, alla fine della mia vita, non avrò condiviso, sarà perduto, per cui ho sentito questa volta molto forte il desiderio di condividere: i miei racconti dicono tanto di me (hai ragione, Gianfranco, i miei racconti sono praticamente sempre delle sedute di auto-psicanalisi) e mi piace pensare che un granello di me rimarrà da qualche parte e magari farà un giorno nascere altro.
    A questo, si aggiunge il fatto che, forse, questo sarà l'ultimo contest di scrittoripersempre, almeno da quanto mi è sembrato di capire, quindi, se così è, non voglio privarmi di quello che questa esperienza mi può dare.
    Per questo mi fa piacere sia trovare l'apprezzamento di Vittorio Veneto (davvero troppo buono) e di resdei (e ti ricordo che "La Tessitrice" è nato grazie al tuo excipit), sia leggere quanto cervellotico, confuso, surreale, incomprensibile, faticoso sia questo racconto per Gianfranco, Leroux, Gipoviani.
    E' tutto un mondo che mi viene restituito, e di tutto ringrazio.

    P.S.
    Novelle Vesperiane, adesso che l'hai citata, mi rendo conto di avere già sentito la frase "topi nei muri", ma non so o non ricordo cos'è.
    Resdei, hai ragione: quella frase è pesante, lo sento anche io.
  9. .
    Carino e divertente. Ho cominciato a sospettare un capovolgimento quando è stato nominato il taccuino. Avevo però ipotizzato qualcosa tipo una serial killer, un vampiro non mi era venuto in mente.
    Tenuto su un filo tra ironia e horror, si legge piacevolmente.
    Scritto bene, con qualche errore che ti segnalo:
    scorreva la sua falce= faceva scorrere la sua falce
    nel consolare un cuore straziato, per il solo gusto di abbandonarla ancora= “cuore straziato” è maschile, quindi la concordanza di “abbandonare” deve essere al maschile= abbandonarlo
    il so nome= il suo nome
    ai incamminò al letto= si incamminò verso il letto
    scorse= fece scorrere
    “Sì”, affermazione, va accentato
    aggiunse. «…annoterete= aggiunse: «
    secoli fa= secoli prima
    Mi piace come hai usato l’incipit, per fare partire il racconto, ma la frase in sé non la trovo ben collegata al resto.
    Qualche perplessità anche sull’excipit: ho capito che il finale vuole essere ironico, ma non mi suona perfettamente congruente.
    A parte questo, mi sembra un buon lavoro.
  10. .
    Direi che hai raccontato la quotidianità di molti in questi mesi di pandemia. Hai realizzato una sintesi scritta in modo pulito e corretto.
    Incipit ed excipit sono ben integrati.
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    Inizio a leggere il tuo racconto ed entro in un mondo strano, sconosciuto e familiare insieme. Sconosciuto, perché mi trovo immersa in situazioni che non ho mai vissuto, da cui sono sempre stata lontana, nella mia adolescenza, sia per volontà sia perché semplicemente non facevano parte della mia vita; familiare, perché invece riconosco in quello che tu racconti l’umanità e le esitazioni di quel periodo della crescita. C’è una certa familiarità anche in questa atmosfera di mancanze che non sono vera povertà, perché da mangiare c’è, ma sono comunque una forma di povertà che un po’ rimane dentro.
    Mi sembra che la narrazione, nello stile frammentato che ti è caratteristico, si sviluppi in modo omogeneo e coerente: una situazione che inizia con delle aspettative da parte di tutti i ragazzi, poi la progressiva scoperta delle rispettive umanità e la rivelazione della vita di Vida.
    C’è qualcosa di dolce e amaro insieme.
    Scritto bene, in modo personale, con un tuo stile fatto di ruvidezza, dolcezza e imbarazzo insieme.
    Un po’ di punteggiatura da sistemare.
    Buon lavoro!
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    Grazie, Dafne. Mia mamma in realtà l'ho già convinta: il duro adesso è mio fratello. Sentiamo l'Asl...
    Caffè anche per me, grazie. Ho un sonno che muoio e quattro ore di DaD... una voglia...
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    Abbiamo elaborato alcune ipotesi con alberghi, ma bisogna prima sentire domattina l'Asl, per capire se e come anche mia mamma debba stare in quarantena. Poi, come dire, non è sempre facile far fare alle persone la cosa giusta... Grazie, Tom.
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    Questo racconto me ne ricorda un altro, sempre scritto per un concorso del forum, anche se non ricordo da chi, in cui le cose si scoprivano così, con lo stesso meccanismo, una rivelazione tramite la grafia.
    Mi ha dato quasi l’impressione che tu abbia qui trasposto una storia vera, o molto simile al vero.
    La scrittura è sintatticamente corretta, ma ci sono tanti errori di forma, che mi danno l’impressione di una mancata revisione finale, magari anche dovuti al passaggio da una narrazione inizialmente pensata in prima persona poi approdata a una terza.
    di collega= di un collega
    Tolstoj, fosse= senza la virgola
    fra un poco e il mio= fra poco è il mio
    Era una sua impressione o prima che indossasse anche lei un caldo sorriso, un’ombra aveva attraversato lo sguardo di Adele.= chiuderei la frase con il punto interrogativo
    che gli assomigliava= “le” e non “gli”, perché è riferito a un precedente “quella”
    uguali a gli= uguali agli
    del suo sentirmi= del suo sentirsi
    fui lui= fu lui
    ubbriaco= ubriaco
    Sessa carta= stessa carta
    Si sentii= si sentì
    senza nessuna una reale ragione= “senza nessuna reale ragione” oppure “senza una reale ragione” oppure “senza una nessuna reale ragione”
    Ben collegato l’incipit, invece ho trovato non molto naturale l’excipit.
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    Il racconto è coerente con l’incipit: un pomeriggio di piccole felicità, narrato in modo piano, placido, dolce.
    L’excipit non è perfettamente incastrato, a causa del particolare della capanna, però mantiene il tono della narrazione.
    La scrittura è gradevole e corretta. Ti segnalo solo questo:
    che fosse bisogno= “che ci fosse bisogno” oppure “che fosse necessario”
1491 replies since 27/9/2016
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