Scrittori per sempre

Posts written by Byron.RN

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    Davvero una gran bella prova questa.
    Mi piace il genere, anche se il linguaggio ottocentesco mi disturba, lo trovo troppo pomposo; eppure in questo caso non mi ha infastidito.
    La trama è ben congegnata e la rivelazione finale per me è stata una sorpresa. Un pò mi scoccia non esserci arrivato.
    Probabilmente mi sono lasciato distrarre dall'atteggiamento licenzioso della protagonista, non riuscivo a credere al fatto che una dama dei secoli passati si lasciasse irretire dalle avances di un bellimbusto addirittura sulla tomba del marito da poco seppellito. Poi, come hai detto tu, si capisce il perché del suo comportamento e chi è stato ad irretire chi. La verità è che sei stato bravo tu a gestire la cosa.
    Sull'excipit anche io avevo dei dubbi, nonostante la psicologia vanesia ed immatura del tuo protagonista, però se facciamo sua la tua spiegazione allora la cosa regge: se Anthon sapesse che l'incontro con quelle creature diaboliche potrebbe portare a una sorta di morte sospesa, la chiusa ci sta tutta.
    Ti faccio i miei complimenti, perché sei proprio una bella scoperta.

    Aspetto con trepidazione il commento al brano della nostra Caipiroska. Il suo giudizio sui racconti di questo genere è Cassazione. =)
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    Come ha detto qualcuno molto resoconto e poco racconto, dialoghi praticamente inesistenti eppure, nonostante questo, sei riuscito a delineare un tratteggio psicologico e comportamentale dei due protagonisti davvero valido.
    Il limite è che succede poco o nulla, ma nonostante questo, grazie alla tua scrittura, sei riuscito a rendere la lettura ugualmente gradevole e interessante.

    Eppure in fondo, nonostante tutte le differenze, si volevano bene. Si erano incontrati quando lei era rimasta vedova e lui era stato cacciato di casa dalla moglie. Due solitudini che si erano riconosciute e avevano deciso di percorrere un tratto di strada insieme. Un tratto che ormai ammontava a diversi anni. Avevano imparato in qualche a modo a convivere, anche se lui era un cuor contento e lei una donna sempre sull’orlo della depressione. Lui aveva accettato le paure e le ossessioni di lei, lei aveva trovato nella semplicità di lui un’evasione dalla gabbia grigia in cui troppo spesso finiva per autoconfinarsi.
    A fatica avevano trovato un loro equilibrio.
    Questo è il passaggio che più mi è piaciuto, due solitudini che si erano riconosciute e che nonostante le differenze erano riuscite a trovare un punto di equilibrio.
    Una buona prova, non da primissimi posti ma comunque ben riuscita.
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    Ho fatto ragioneria, sono un impiegato amministrativo pentito, ma pur sempre un impiegato amministrativo.
    Non mi ha stupito sapere che anche nel 1963 gli amministrativi si dovevano sbucciare le rogne mentre i commerciali, fatto il loro lavoro da paraculi, potevano grattarsi le chiappe. Forse parlo solo per invidia, avrei dovuto fare il commerciale.
    Detto questo il racconto è scritto bene, l'ho trovato interessante, ma anche un pò freddo, troppo nozionistico. Sarebbe stato più affascinante farci conoscere meglio Mauro e la situazione all'interno della ditta, con qualche dialogo, creando maggiore partecipazione.
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    Prima di tutto voglio dire che mi è piaciuto il tuo messaggio, tratti una tematica che mi appassiona da sempre.
    Forse sarò talebano in questo aspetto, però ho sempre considerato un idiota chi sacrifica la famiglia per il lavoro. Non so, mi sono sempre detto che le due cose possono coesistere, oppure se non si è capaci di farlo si fa una scelta: ti vuoi dedicare anima e corpo al lavoro? Allora non ti sposi e non metti al mondo un figlio.
    Ma dedicare una vita intera al lavoro, a una o più promozioni, magari nell'ambito di un lavoro che non gratifica neppure particolarmente ma solo per astratta ambizione, e in tutto questo tralasciare il nucleo che ti sta vicino, che nessuno ti ha obbligato a creare, per me è inconcepibile.
    Quindi il soggetto della storia l'ho apprezzato molto, sulla forma invece come ti hanno detto c'è molto da rivedere. Gli aspetti principali sono due:
    1-Il ritmo del brano è confusionario e caotico. Utilizza la punteggiatura, ci sono periodi che non finiscono mai, un turbine di parole che stordisce il lettore.
    2-I tempi verbali: mi passi dal presente al passato all'imperfetto all'interno della stessa frase. Fai una scelta di fondo, decidi se procedere con una narrazione tutta al presente o tutta al passato e portala avanti.
    Po c'è questo passaggio che non mi convince: ciao Matteo, volevo dirti che i tuoi amici, cari colleghi, non sanno neanche dove sei ricoverato da quando sono il nuovo direttore mi leccano il culo tutti i giorni e il capo è molto contento del mio operato , pensa, ti ha già sostituito… nonostante tutto però, ti stimo! Ho sempre ammirato le tue capacità, questa promozione spetterebbe a te e sarebbe stato un onore lavorare assieme, questo è tutto addio! ...e perdonami ma non dirò mai a nessuno che sono venuto qui, credo che capirai, non voglio che mi pensino debole o inferiore a te!> Non so, mi pare molto contorto, cioè i colleghi non lo vanno a trovare perché se ne sbattono che oramai c'è il nuovo capufficio, Gianluca invece va, perché lo stima, dice addirittura che la promozione sarebbe stato giusto darla a lui e poi alla fine si congeda dicendogli che per non sembrare un inferiore come lui non dirà a nessuno di essere passato in ospedale a trovarlo. Tutto troppo cervellotico, io questa parte la toglierei.
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    Il fulcro di questa storia è il tenero rapporto che c'è tra Gustave e Thomas, un rapporto profondo, fatto anche di silenzi, basato sulla vicinanza. Questa cosa traspare perfettamente, riesci a farla percepire al lettore.
    Devo essere sincero però, per mio gusto personale, per le letture a cui sono abituato, è tutto troppo statico, succede davvero poco. Capisco che hai voluto evidenziare il concetto della semplicità, delle piccole cose che magari diamo per scontate e non apprezziamo abbastanza, ma uno spunto in più avrebbe dato sicuramente più appeal al pezzo.
    Anche io ho notato due cose che già ti hanno fatto notare:
    1-Prima definisci la casa del nonno col termine maniero, ovvero una sorta di castello, poi la definisci una specie di capanna che è tutt'altra cosa.
    2-La figura dell'amica di famiglia che ha perso il marito è marginale, non aggiunge nulla alla storia, avresti potuto anche non inserirla.
    Incipit ok, l'excipit l'hai adoperato in maniera un pò strumentale, però ci può stare.
    Un pezzo onesto, con discrete qualità, ma che per il motivo che ti ho specificato sopra a mio avviso non spicca.
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    A me questo racconto è piaciuto tantissimo.
    Si legge bene, è semplice, è costruito bene ed è avvincente. Leggendo la storia ti trovi a chiederti: il vecchio Simba guarirà dalla febbre? Riuscirà Nyah a trovare la strada per l'ospedale prima che faccia buio? E poi c'è l'appassionante racconto del vecchio a tu per tu col leone.
    Credo sia tutto davvero molto buono.
    Ti segnalo solo due piccole cose, due sole cose che nella lettura mi sono suonate poco bene.
    La capanna dove abitavano era distante, ma madre e figlio parevano maratoneti che si sfidano per arrivare al traguardo. Non mi piace molto questa similitudine, io la toglierei.
    In realtà il ragazzo non sapeva se credere o meno alla storia che il vecchio gli aveva raccontato, sembrava un sogno, ma una cosa gli era molto chiara il più forte trovava sempre il modo di decidere ed esprimere il proprio potere. Questo concetto espresso in questi termini da un bambino di 6 o 7 anni mi è parso subito troppo perentorio troppo risoluto, non molto credibile, io lo attenuerei, lo metterei in altri termini. Mi limiterei al concetto di forza, non di potere.
    Ti faccio tanti complimenti Esterella, la storia mi ha preso dall'inizio alla fine. Davvero una gran bella prova.
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    CITAZIONE (tommasino2 @ 30/11/2020, 15:21) 
    Perdonami, ma credo che il giocatore giochi solo per giocare.
    Per sentirsi qualcuno. Per sentirsi importante.
    A un certo punto non gli importa più nemmeno vincere.

    La penso come Tom su questa cosa.
    Chi gioca più che vincere vuole dimostrare di saperci fare, di avere ragione nelle scelte che fa, di essere il più bravo di tutti.

    Passando al racconto, da ex giocatore ho apprezzato l'episodio di partenza, il caso, quella strada chiusa che ha dato inizio all'odissea del protagonista.
    Mi è piaciuto(nel senso che lo trovo coerente) il suo estraniarsi da tutto, dalla famiglia, concentrarsi solo sul gioco, perché quando il gioco prende la mano diventa la prima cosa a cui uno pensa. Quindi anche dimenticarsi della moglie per due settimane lo trovo plausibile, poiché ogni altra cosa passa in secondo piano. Lo svenimento del protagonista è esagerato? Magari sì, ma non impossibile. Con tutte quelle emozioni violente(vincita e perdita al gioco, litigi in famiglia, l'abbandono, la possibilità di riguadagnare gli affetti perduti) concentrate in un lasso di tempo limitato la cosa non mi stupisce troppo.
    La critica, o meglio l'appunto, che mi sento di fare è che è molto raccontato, quasi cronachistico. Sì, i dialoghi ci sono, ma sono tutti riservati all'aspetto famigliare. L'aspetto del gioco, del vizio, ce lo mostri come attraverso una barriera, non dal di dentro. Sarebbe stato bello farcelo vedere al tavolo, in una situazione vincente e una perdente, con le sue godurie e le sue incazzature feroci.

    Adesso vado, che tra un pò inizia l'Europa League e devo andare a giocare la bolletta... ;P Dai scherzo, non è vero
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    Ciao,

    chi mi ha preceduto ha già detto praticamente tutto.
    La storia in se non è male, l'inizio poi promette gran belle cose, ma ciò che destabilizza il lettore è l'alternarsi del punto di vista del narratore, o meglio dei narratori.
    Prima inizi col professore che ci parla di come ha conosciuto Dean, quindi io ipotizzo queste sono le memorie del professore della sua resistenza.
    Poi nella parte centrale si inserisce un narratore esterno che ingarbuglia un pò la lettura.
    Nel finale, se ho capito bene, i tedeschi fanno fuori i cinque della resistenza, tra cui Dean che ha fatto il doppio gioco e lo stesso professore. A questo punto, a mio parere, se così stanno le cose va a decadere l'impianto iniziale con la narrazione in prima persona del professore.
    Dean è un personaggio che non sono riuscito a capire bene, sembra una sorta di fatalista, che sembra giustificare qualsiasi scelta di ognuno, anche la più infame e incomprensibile, perché ogni cosa succede perché deve succedere, indipendentemente dalla volontà individuale di ciascuno. Cioè, tutti sono delle pedine mosse da un ingranaggio che va avanti per conto suo, asfaltando tutto e tutti.
    Ci sono alcune costruzioni di frasi un pò farraginose, semplificale, vai subito al punto. Te ne segnalo qualcuna:
    La brutalità non tardò a presentarsi, molte persone accusate d’aver aiutato gli attentatori si videro giustiziare la propria famiglia per poi unirsi a loro. Molte erano le vittime delle accuse di coloro che desideravano vedersi assegnare il denaro promesso dal tenente colonnello a chi offriva informazioni utili alla cattura dei suoi attentatori.
    Io farei così per esempio: La brutalità non tardò a presentarsi; molte persone accusate di aver collaborato con gli attentatori vennero giustiziate assieme alle proprie famiglie. Fra i giustiziati, tanti vennero denunciati da uomini senza scrupoli, desiderosi soltanto di entrare in possesso della ricompensa.
    In quel nuvolone di polvere e detriti c’erano padri, figli, fratelli, cugini, amanti, mariti, tedeschi, spagnoli, francesi che si uccidevano. Non so, questa frase mi sembra un pò esagerata, sopra le righe.
    Ripeto, la storia ha il suo perché, a mio avviso però devi chiarire meglio Dean, dargli più carattere, qui è troppo qualunquista se mi passi il termine, e poi cercare di dare alla narrazione un punto di vista più chiaro e preciso.
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    Un bel racconto fresco e leggero, nonostante l'argomento che tocchi.
    Il racconto si legge davvero bene ed è interessante immergersi nei pensieri di una sedicenne, i suoi rapporti con la madre e il fratello, la presenza dell'amica del cuore sempre sullo sfondo vedere i suoi stati d'animo e il modo in cui affronta il problema relativo al padre e alle feste in famiglia. Anche per quelle soluzioni paradossali e estemporanee che le passano per la testa anche solo per gioco, e che comunque caratterizzano bene la sua età.
    Bella la figura del nonno, ce lo fai vedere solo un attimo, ma quell'attimo è più che sufficiente per farcelo amare.
    Ti devo dire che leggendo ho provato anche un pò di tensione con l'incontro nel vicolo; avevo pensato a qualcosa di poco piacevole e invece, per fortuna, era solo il ragazzo del calorifero.
    Lettura davvero gradevole.
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    Ciao Tom,

    leggere qualcosa di tuo è come andare nel ristorante preferito, quello con cucina casalinga, dove mangi tanto e bene e ti trovi a tuo agio perché ti trattano bene.
    I tuoi racconti sono così, rassicuranti, famigliari, ti fanno passare dei momenti sereni.
    Sì, c'è sempre quel senso di agrodolce in quello che scrivi, non è tutto rose e fiori, però alla fine prevale quel tocco di poesia per un mondo che forse non c'è più.
    Belli tutti e tre i tuoi personaggi, soprattutto Vida, ma le protagoniste femminili a te riescono sempre bene.
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    A me il racconto è piaciuto, e pure parecchio.
    Come hanno detto gli altri ci sono errori di battitura da correggere, rivedere la gestione dei dialoghi con molte parti da inserire all'interno del discorso diretto e non fuori, ma la ciccia, la sostanza c'è, senza alcun dubbio.
    Questo racconto mi ha fatto emozionare e sinceramente non mi è sembrata una trama improbabile o impossibile, tutt'altro. Ogni persona è diversa dalle altre, siamo 8 miliardi e se anche un individuo su tot miliardi si comporta in un modo la cosa è evidente che sia possibile e reale.
    A parte questo il senso della storia è coerente, i personaggi sono coerenti e a mio avviso sono caratterizzati davvero bene.
    Ripeto, la storia è davvero buona, basta solo prendersi un pò di tempo e fare quelle piccole correzioni per renderlo ancora più bello.
    L'unica cosa che non mi ha convinto è l'uso dell'incipit e dell'excipit, non tanto la scelta, quanto proprio l'impostazione che gli hai dato. Mettendoli così separati crei una barriera tra loro e la storia, dando la sensazione di vedere due corpi estranei. Amalgamandoli, appiccicandoli alla storia e fondendoli nel miglior modo possibile con essa avrebbero avuto tutta un'altra resa.
    A metà letture comunque, per me questo è uno dei racconti migliori.
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    Ciao Paluca,

    non so se era un tuo obiettivo, ma sei riuscito a rendermi insfangabile la tua protagonista. Altera, scostante, aggressiva, forse anche superficiale, insomma così antipatica che non sono riuscito a riqualificarla neppure col suo cambio di registro.
    La storia secondo me ci può stare, forse la delusione con Paolo è solo la goccia che fa traboccare il vaso: la perdita dei genitori, la responsabilità di mandare avanti un'azienda, un'incapacità di sapersi relazionare con l'altro sesso, pretese magari spropositate, sono tutte cose che hanno contribuito nel tempo a minare la sua situazione emotiva e la scoperta dell'omosessualità di Paolo è solo la scintilla che ha fatto deflagrare il tutto.
    La seconda parte, quella sul Camerun come ti hanno già fatto notare è poco accennata e poi solo raccontata. Sarebbe stato bello farci vivere un pò il paese o anche solo il rapporto con frate Andrea. Ci parli di scontri, discussioni, scaramucce, cose che poi rientrano nel binario dell'amicizia; sarebbe stato più bello, più completo inserire qualche dialogo, farci sentire quei battibecchi dalla voce stessa dei due protagonisti, farci provare davvero i loro scazzi e le successive riappacificazioni.
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    Ciao Arianna,

    affascinante e interessante questo tuo racconto. Tra l'altro mi ha ricordato un pò un altro tuo lavoro, non ricordo bene il titolo, forse Il tessitore di sogni, dove anche lì i sogni, l'immaginazione o comunque l'universo onirico aveva il suo peso.
    Io mi sono immaginato il tutto come il processo della creazione, la descrizione dell'equilibrio instabile tra il mondo di sopra e quello di sotto, quello del razionale e quello dell'immaginazione.
    Il supervisore è il funzionario della razionalità, il conservatore che tenta di tenere il controllo della macchina uomo, farlo stare coi piedi per terra. Il fatto è che non può nulla e non ha neppure i mezzi e il potere di farlo quando si innesca il processo creativo. Il processo inevitabilmente sgretola le sovrastrutture, fa apparire crepe nei muri del reale, permettendo così di fare uscire quell'alito creativo che è intrappolato dentro ognuno di noi, qualcosa che non ha forma, è sola a livello embrionale, ma che ogni volta, stimolato e con un pò di fatica, riesce a trovare la propria strada.
    Non so, magari dico una stronzata, ma la tua mi ha dato il senso di una sorta di scrittura automatica, un fluire libero di pensieri che hai poi riadattato.
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    Un racconto agrodolce, malinconico, che mischia ricordi, leggerezza, le tragedie finte della vita e quelle vere.
    Soprattutto è un racconto semplice, fatto di immagini che penso facciano capolino dalla giostra delle memoria di tanti: il nonno che borbotta, il cavallino dal barbiere, il nascondiglio sotto il lettone.
    Daniela io l'ho vista come la moglie, ma potrebbe essere benissimo la sorella. Non ha molta importanza ai fini della narrazione.
    Ti sottolineo, come ha già fatto Stefia, le ripetizioni. Oltre a ragazzino ripeti frangia troppe volte, utilizza qualche sinonimo.
    A parte questo posso solo dirti che hai scritto davvero un buon racconto.
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    Un bel racconto, con una bella ambientazione sullo sfondo, quella della laguna.
    Anche se non sono un fanatico delle immagini troppo liriche, devo dire che la tua scrittura mi è piaciuta, grazie come detto anche all'ambientazione particolare che riesce a dare al componimento quel tocco di suggestione che non fa mai male.
    Forse la scelta epistolare fa un pò da filtro a quello che è successo e sta per succedere, comunque il risultato è convincente.
    come una tartaruga appena nata, sono scappata verso il mare, con il cuore impazzito per la paura di essere, ancora, facile preda. Gran bella immagine questa.
986 replies since 30/12/2013
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